Gianmarco Busca La Settimana santacon i cristiani d’oriente “È il tempo quando fiorisce il tiglio” Lipa
© 2014 Lipa Srl, Romaprima edizione: febbraio 2014Lipa Edizionivia Paolina, 2500184 Roma¥ 06 4747770fax 06 485876e-mail: [email protected]: //www.lipaonline.orgAutore: Gianmarco BuscaTitolo: La Settimana santa con i cristiani d’orienteCollana: Pubblicazioni del Centro AlettiFormato: 130x210 mmPagine: 368In copertina: “Noli me tangere”, particolare del mosaico realizzato da p. MarkoI. Rupnik e l’Atelier del Centro Aletti nella Sala capitolare della cattedraledell’Almudena, Madrid.Stampato nel febbraio 2014Impianti e stampa: Graficapuntoprint, RomaProprietà letteraria riservata Printed in Italycodice ISBN 978-88-89667-48-4
IndicePresentazione .......................................... 9Bibliografia e abbreviazioni ...................... 12Introduzione: La Grande e Santa Settimana: 15una memoria ecclesiale della Pasqua ..........La festa annuale della Pasqua (15); Dalla Pasqua annua-le al ciclo pasquale (20); Tre livelli della memoria pa-squale (22); Anamnesi liturgica e memoria spiritualedella Pasqua (25); La riforma liturgica della Pasqua nel-la Chiesa cattolica (28); Celebrare la Settimana santa coicristiani d’oriente (29); L’atmosfera liturgica della Set-timana santa nelle Chiese orientali (32)1. Il Sabato di Lazzaro............................... 352. La Domenica delle Palme ...................... 41Osanna al Figlio di David! (41); La festa della regalità diCristo nella liturgia bizantina (47); L’antica liturgia del“Giorno delle Palme” a Gerusalemme (59); La domenicadegli ‘āwššaʻne nelle Chiese siriache (60); L’ingresso delMessia sacerdote nel santuario celeste nella tradizioneetiopica (68); La “Benedizione per i campi dei quattroangoli del mondo” della liturgia armena (82); La pro-cessione con la “croce gloriosa” nella Chiesa copta(93); L’Ufficio per i defunti della Settimana santa nel-la tradizione alessandrina (105) 5
3. I primi giorni dellaGrande e Santa Settimana.......................... 107La Chiesa è una preparazione alla Pasqua eterna del re-gno (107); Il Cristo degli ultimi tempi Sposo e Giudice(110); L’Ufficio dello Sposo nel rito bizantino (118): Al Grande Lunedì: memoria del fico sterile e del casto e giu- sto Giuseppe, 122; Al Grande Martedì: memoria delle die- ci vergini, 126; Al Grande Mercoledì: memoria della mere- trice che unse il Signore, 131L’Ufficio delle Lampade o dell’Arrivo al Porto nelleChiese siro-occidentali (136); Il Rito dell’Apertura delBattistero nelle Chiese siriache (142)4. Il Santo e Grande Giovedì ...................... 154Il “Giovedì dei Misteri” (154); Il “Giovedì di Pasqua”nelle chiese siriache (157); Il “Giovedì dell’Alleanza” deicopti (163); Il “Giovedì della preghiera” degli etiopi(166); La lavanda dei piedi o “mandatum” (168): La benedizione dell’acqua del catino, 170; Il rito della la- vanda dei piedi, 173; Gli inni cantati durante la lavanda dei piedi all’assemblea, 178La consacrazione del myron (187): Il rito bizantino della consacrazione del myron, 187; La con- sacrazione del myron nella liturgia siriaca, 194; La benedi- zione del myron nella Chiesa armena, 1965. Il Santo e Grande Venerdì ..................... 200L’Ufficio bizantino della santa Passione (203): L’ora delle tenebre, 205; Il buon ladrone, 209; L’atto di ve- nerazione della croce, 213; Il ladro beato e Adamo, 216; Gli ultimi istanti di vita di Gesù, 217; Il cosmo partecipa alla morte del Pantocratore, 218La deposizione e sepoltura di Gesù nella tradizione bi-zantina (223); La processione al Calvario e la sepoltu-ra di Gesù nelle liturgie siriache (229):6
La processione al “golgota”, 229; L’adorazione della croce, 231; La sepoltura e sigillatura del sepolcro, 238Il Ritorno di Adamo in paradiso nelle liturgie siriache (243): I “due Adami”, 243; Il Messia “redentore” della disobbe- dienza di Adamo, 245; La redenzione dalla morte, 253; Adamo rientra in paradiso col buon ladrone, 260Riti di venerazione della croce nella liturgia etiopica(265); L’Esaltazione della croce nella tradizione copta(274): I riti della Passione gloriosa, 275; Una tradizione liturgica ispirata all’“ora” della gloria, 2796. Il Santo e Grande Sabato ....................... 286Riti di glorificazione dell’Agnello nella liturgia copta(286): L’Ufficio dell’attesa, 286; La “preghiera dell’Apocalisse”, 288; Il frutto della Pasqua: la Gerusalemme celeste, 296Il Rito del compianto nella liturgia bizantina (304); La sconfitta del nemico: l’ade, 305; Chi è disceso nell’ade?, 314; La tomba che dona la vita, 315; La risurrezione di Cristo e la con-risurrezione di Adamo, 317; Il riposo sab- batico e la nostra condizione nel mondo, 321; Il rito del com- pianto e la processione dell’epitaphios, 3247. La Santa e Grande Domenica di Pasqua .. 330La veglia pasquale nella liturgia bizantina (330): L’annuncio della risurrezione, 330; L’ufficio dell’orthros, 334; La divina Liturgia di Pasqua, 348L’Ufficio siriaco della pace della risurrezione (350): L’annuncio della risurrezione di Cristo, 350; Il rito dell’Esal- tazione della santa croce, 352; Il rito della pace della risur- rezione, 359 7
“Nessuno pianga oggi la sua miseria, poiché il regno è venuto tra di noi” (pseudo-Giovanni Crisostomo, Catechesi sulla santa Pasqua). Se, come diceva Leone Magno, “ciò che era visibile nel nostroRedentore è passato nei sacramenti”,1 se tutti i sacramenti hannola loro radice e traggono la loro efficacia dal mistero di Cristo, se ciassimilano al Signore morto e risorto, è quasi inevitabile che chi, co-me Marco Busca, si occupa di sacramentaria, prima o poi si cimenticon il tema della Pasqua. Tutti i sacramenti, infatti, sono pasqua-li, perché hanno la loro radice nella celebrazione della Pasqua, per-ché sgorgano da ciò che ha fatto Dio nella morte e nella risurrezio-ne di Cristo, facendoci passare da una vita in questo mondo soggettoal peccato, e quindi alla morte, a una vita nel regno di Dio, nel tem-po futuro, nel tempo della risurrezione, quindi alla vita vera, in-corruttibile, che non muore più. In Cristo risorto che, nella sua uma-nità, passa al di là della morte e del tempo mortale, ciascuno di noimuore alle modalità decadute del tempo e dello spazio e partecipadella comunione della santa Trinità, vivendo la vita creaturaleinondata della pienezza divina che segretamente ci ricrea e ci tra-sfigura. Essere crocifissi in Cristo è morire alla propria morte per par-tecipare in Lui, la cui umanità è il luogo di una perpetua Pentecoste,alla vita dello Spirito Santo. E questa modalità di esistenza ci è of-ferta nella Chiesa, mistero del corpo pneumatico del Signore, spa-zio in cui siamo attratti sempre di più nel grande dinamismo di ri-1. Sermo 74 (De ascens. 2) 2, PL 54, 398. 9
G. Busca, La Settimana santa con i cristiani d'Orientesurrezione che porterà alla manifestazione del regno – che è la per-sona stessa del Signore Gesù, nel quale finalmente Dio e l’uomosi sono pienamente e definitivamente incontrati. Se il mistero pasquale è allora la ricapitolazione di tutta l’eco-nomia della salvezza – e quindi sta al cuore di ogni celebrazioneliturgica e di ogni vita cristiana –, è chiaro che la Chiesa ha sem-pre sottolineato la sua centralità. Non potrebbe non farlo, senzasmettere di esistere. Quando però cerchiamo di esplicitare il signi-ficato della Pasqua, vediamo che ogni Chiesa e ogni epoca della sto-ria cristiana ha fatto le sue sottolineature, corrispondenti al suo ge-nio, ma talvolta anche legate a oscuramenti e a perdite di prospet-tiva. Questo ha valso particolarmente per la cristianità occidenta-le, per il fatto che sempre più l’unità di teologia, dottrina ed espe-rienza spirituale nate dall’evento liturgico si sono smembrate, ren-dendo la stessa liturgia una realtà marginale all’intelligenza dellafede e facendone al massimo una fonte illustrativa della teologia. Nonè un caso se la celebrazione della veglia pasquale è caduta progres-sivamente in disuso, fino alla sua soppressione nel XVI secolo, esi è dovuto aspettare fino alla metà del secolo scorso per il suo ri-pristino, insieme alla ristrutturazione della Settimana santa, com-pletata dalla riforma liturgica del Vaticano II. Ma la Pasqua è troppo grande perché ci si accontenti di affron-tarla esclusivamente con le categorie e le angolature di un’epoca cul-turale. Anche se ciascuno di noi porta inevitabilmente i tratti di unperiodo storico preciso, è la stessa dinamica pasquale – che inquanto mistero del Signore morto e risorto si identifica con il mi-stero cristiano tout court – che ci spinge ad allargare la sua com-prensione a tutta l’ampiezza della tradizione. E questo si può fa-re solo con la lex orandi, con la liturgia, compresa non tanto comeun insieme di testi, ma come la comunicazione della vita trasmes-sa attraverso l’esperienza liturgica.10
Presentazione Questo libro di Marco Busca ha il pregio, senza nessuna pre-tesa di essere uno studio storico-critico, di visitare le liturgie dellaSettimana santa delle Chiese orientali, per allargare, attraverso iloro tanti registri e il loro simbolismo pluriforme, quest’unicarealtà della Pasqua. Busca esce fuori da un ambito convenziona-le degli studi di sacramentaria perché è sempre più cosciente che stu-diarla significa comprenderla nel suo ambito proprio che è la liturgiae, per studiare la liturgia, è necessario anzitutto studiarla nella suagenesi e nella identità delle sue tradizioni. Non è assolutamentesufficiente conoscere una sola liturgia, per di più degli ultimi seco-li. Guardando alle altre liturgie, si capisce meglio ciò che è centraleper tutte e ciò che è particolare della nostra. E, se una tradizionesviluppa maggiormente un aspetto che nella nostra è più in om-bra, la conoscenza dell’altro può portare solo ad una maggiore ric-chezza e ad una più grande comprensione dell’interezza del mi-stero, nella consapevolezza che tutto ciò che è di Cristo è nostro econtribuisce ad approfondire la sua conoscenza e a muovere il cuo-re verso di lui. È la cattolicità della liturgia, l’argomento che ren-de serio uno studio. Il libro è consigliabile proprio a tutti coloro che– semplici cristiani, o quelli impegnati nella pastorale, sacerdoti,religiosi – vorrebbero vivere organicamente la Pasqua, la liturgia ela propria vita. p. Marko I. Rupnik 11
Bibliografia e abbreviazioniDi seguito alle abbreviazioni più utilizzate nel corso del libro, indico,suddivise sulla base delle diverse famiglie liturgiche, traduzioni dei ritiin lingue europee più accessibili dell’originale, insieme a testi che ne dia-no una qualche descrizione. ABBREvIAzIoNI GENERALIAL = Analecta LiturgicaBELS = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae, SubsidiaBulgakov, Agnello = S. Bulgakov, L’Agnello di Dio, Città Nuova, Roma 1990Bulgakov, La luce = S. Bulgakov, La luce senza tramonto, Lipa, Roma 2002Bulgakov, Sposa = S. Bulgakov, La Sposa dell’Agnello, Dehoniane, Bologna 1991Corbon = J. Corbon, Liturgia alla sorgente, Bose, Magnano 2003DH = H. Denzinger, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, cur. P. Hünermann, EDB, Bologna 52009EL = Ephemerides LiturgicaeHebdomadae Sanctae Celebratio = A. G. Kollamparampil (ed.), Hebdomadae Sanctae Celebratio. Conspectus Historicus Comparativus. L’antica cele- brazione della Settimana santa a Gerusalemme e il suo sviluppo nei ri- ti dell’oriente e dell’occidente, BELS 93, Roma 1997Léon-Dufour, Dizionario = X. Léon-Dufour, Dizionario di teologia biblica, Marietti, Genova 51976LMD = La Maison-DieuoCA = orientalia Christiana AnalectaOCP = Orientalia Christiana PeriodicaOS = L’Orient syrienPdO = Parole de l’OrientPOC = Proche-Orient ChrétienPG = Migne, Patrologia GraecaPo = Patrologia OrientalisSA = Studia AnselmianaSC = Sources chrétiennes12
Bibliografia e abbreviazioni LITURGIA BIzANTINAAnthologhion = Anthologhion di tutto l’anno, II-III, trad. di M. B. Artioli, Lipa, Roma 2000Andronikof = C. Andronikof, Il senso della Pasqua nella liturgia bizanti- na, I-II, LDC, Leumann (To) 1986Calivas = A. C. Calivas, Great Week and Pascha in the Greek Orthodox Church, Holy Cross orthodox Press, Brookline (Mass.) 1992Getcha, J., “La Grande Semaine”, in Le Typikon décripté. Manuel de li- turgie byzantine, Cerf, Paris 2009, 237-67Janeras = S. Janeras, Le Vendredi-Saint dans la tradition liturgique byzanti- ne. Structure et histoire de ses offices, AL 13 = SA 99, Roma 1988Mercenier = E. Mercenier, La Prière des Églises de rite Byzantin, II: Les Fêtes, Chevetogne 1948Taft, R. F., “In the Bridegroom’s Absence. The Paschal Triduum in the Byzantine Church”, in I. Scicolone (ed.), La celebrazione del Triduo Pasquale. Anamnesis e Mimesis, Atti del III Congresso Internazionale di Liturgia, AL 14 = SA 102, Roma 1990, 70-97.——, “La Settimana santa nella tradizione bizantina”, in Id., A partire dalla liturgia. Perché è la liturgia che fa la Chiesa, Lipa, Roma 2004, 250-84 LITURGIE SIRIACHEAcharya = F. Acharya, “The Week of the Life-giving Passion”, in Prayer with the Harp of the Spirit. The Prayer of Asian Churches, III: The Crown of the Year – Parte II, Pampakuda, Kurisumala Ashram 1985, 377-631Acharya, F., “The Great Sunday of the Resurrection”, in Prayer with the Harp of the Spirit. The Prayer of Asian Churches. I: A Weekly Celebration of the Economy of Salvation, Pampakuda, Kurisumala Ashram 1996, 208-51.Gebran = A. Gebran, Il Venerdì santo nel Rito siro-maronita, BELS 136, Roma 2006Hadaya = M. Hadaya, L’Office maronite du Samedi Saint. Traduction et étu- de liturgico-théologique, Bibliothèque de l’Université Saint-Esprit 37, Kaslik – Liban 1995Hambye = E. R. Hambye, “La Semaine Sainte dans l’Église Siro-Ma- lankare”, OS 2 (1958) 209-44Kollamparampil = A. G. Kollamparampil, The Life-Giving Paschal Lamb. Great Week Celebrations in the East Syrian Liturgy, HIRS Publica- tions, Changanasserry (India) 1997 13
G. Busca, La Settimana santa con i cristiani d'OrienteKollamparampil A. G., “Week of the victorious Paschal Lamb: from Palm Sunday to Easter Sunday in the East Syrian Liturgy”, in Hebdomadae Sanctae Celebratio, 135-63Khouri-Sarkis = G. Khouri-Sarkis, “La semaine sainte das l’Église sy- rienne”, LMD 41 (1955) 96-117Pathikulangara = v. Pathikulangara, Osa’na to Resurrection. The Holy Week Celebrations in the Syro-Malabar Church, Dehna Services, Kottayam (India) 1990Pathikulangara, v., Resurrection, Life and Renewal, Diss. Pont. Athenaeum Anselmianum 1980varghese, B., “Holy Week Celebrations in the West Syrian Church”, in Hebdomadae Sanctae Celebratio 165-86 LITURGIA ARMENARenoux = C. Renoux, “La Grande semaine dans les textes du rite armé- nien”, in Hebdomadae Sanctae Celebratio, 51-66———, “Le Triduum Pascal dans le rite arménien et les hymnes de la Grande Semaine”, Revue des études arméniennes, 7 (1970) 55-122, ripubbl. in L’économie du salut dans la liturgie, BELS 25, Roma 1982, 169-188, con aggiunta della tradizione dei canoni del Grande Giovedì, venerdì, Sabato e della Pasqua, pp. 189-218 LITURGIA CoPTA E ETIoPICABreve guida = Breve guida delle funzioni della Settimana santa secondo il rito etiopico, a cura di Agostino da Ḥēbo - Ghebriel Stefanos, Pontificio Collegio Etiopico, Città del vaticano 1962Burmester = o. H. E. Burmester, The Egyptian or Coptic Church. A Detailed Description of Her Liturgical Services and the Rites and Ceremonies Observed in the Administration of Her Sacraments. Publications de la Société d’Archéologie Copte. Textes et Do- cuments X, Cairo 1967Fritsch = E. Fritsch, The Liturgical Year of the Ethiopian Church. The Temporal: Seasons and Sundays, Addis Ababa 2001 (Ethiopian Revue of Cultures, voll. IX-X)Habtemichael-Kidane = Habtemichael-Kidane, “La celebrazione del- la Settimana santa nella Chiesa Etiopica”, in Hebdomadae Sanctae Celebratio 93-134Sidarous = A. Sidarous, “La Pâque Sainte ou la Semaine Sainte selon la liturgie Copte”, POC 17 (1967) 3-4314
IntroduzioneLA GRANDE E SANTA SETTIMANA: UNAMEMORIA ECCLESIALE DELLA PASQUA Ci fu un’epoca nella vita della Chiesa in cui la Pasqua era, per così dire, tutto. Non solo perché essa comme- morava, senza spartirla con nessun’altra festa, l’intera sto- ria della salvezza dalla creazione alla parusia, ma anche perché essa era il luogo di formazione di alcune com- ponenti essenziali nella vita della comunità: la liturgia, l’esegesi tipologica, la catechesi, la teologia e lo stesso canone delle Scritture.1 LA FESTA ANNUALE DELLA PASqUA quando nasce la Pasqua liturgica?2 Certamente dopo gliavvenimenti accaduti a Gerusalemme nei giorni in cui Gesùha molto sofferto, è stato ucciso e dopo tre giorni è risusci-tato (Mc 8,31). I suoi discepoli, sebbene abbiano continua-to, per un certo tempo, a “salire al tempio” (At 3,1) per ce-lebrare la liturgia giudaica, ben presto iniziarono a vivere lafesta annuale di Pasqua non più come ricordo degli eventidell’Esodo e come attesa della futura venuta del Messia, ben-sì come memoria del passaggio di Gesù attraverso la morteper salire al Padre e come attesa del suo ritorno glorioso. Icristiani hanno vissuto una graduale presa di distanza dal giu-daismo, un distacco anzitutto interiore a motivo della fedein Gesù come Messia e per il modo di celebrare la sua pa- 1 R. Cantalamessa, La Pasqua nella Chiesa antica, Traditio christiana3, SEI, Torino 1978, XIII. 2 Cf R. Cantalamessa, La Pasqua della nostra salvezza, Marietti,Torino 1984, 109-56. 15
G. Busca, La Settimana santa con i cristiani d’orientesqua “in spirito e verità”(Gv 4,23), che col tempo comportòanche la creazione di una festa e di un rito propri alla Chiesanascente, già testimoniati negli scritti del Nuovo Testamentoche nascono nell’alveo della pratica liturgica delle comunitàe che – a detta degli studiosi – sono delle vere e proprie“omelie pasquali cristiane”, basti pensare all’invito di Paolo:“Cristo, la nostra pasqua è stato immolato. Celebriamodunque una festa…” (1Cor 5,7-8). qui non si tratta più diuna pasqua tutta spirituale e interiore, ma di una festa rituale,anche se l’apostolo non precisa con che frequenza sia cele-brata, se ogni anno oppure ogni settimana. È a partire dal II secolo che ci si interroga sulla data incui celebrare la Pasqua e sul contenuto stesso della festa: diche cosa è memoriale e attesa? Il discernimento non fu pa-cifico e si accese una controversia di non lieve importan-za – come riferisce lo storico Eusebio di Cesarea – tra leChiese dell’Asia minore, il cui portavoce era il vescovoPolicrate, e il papa vittore, vescovo di Roma.3 La contesariguardava l’anniversario annuale della Pasqua cristiana, cheper i cristiani asiatici doveva essere celebrato nel giorno de-cimoquarto del mese lunare di Nisan (quindi al plenilunio),in continuità con l’usanza giudaica di immolare in quelgiorno gli agnelli, mentre per gli altri (Roma, Alessandria,Gerusalemme, Gallia) la Pasqua andava celebrata soltantodi domenica, secondo la novità che la fede cristiana attri-buiva al “giorno del Signore” (Ap 1,10), giorno della suarisurrezione (Mc 16,1ss), caratterizzato fin dall’epoca apo-stolica dall’assemblea liturgica settimanale (At 20,7; 1Cor 3 Cf B. Botte, “La question pascale: Pâque du vendredi ou Pâquedu dimanche?”, LMD 41 (1955) 84-95.16
Introduzione16,2) in diretta continuità con le apparizioni del Signoredurante i pasti presi coi discepoli dopo la risurrezione (At10,40). I cristiani asiatici ponevano l’accento sull’anniver-sario della morte di Gesù e volevano rimanere fedeli alladata originaria della Pasqua biblica, cioè il 14 Nisan (perquesto furono chiamati “quartodecimani”), celebrandol’anniversario annuale della Pasqua in un giorno fisso delmese. Il resto della cristianità, cappeggiato da Roma, po-neva l’accento sulla memoria della risurrezione di Gesù,abitualmente celebrata in un giorno fisso della settimana,la domenica, come “Pasqua settimanale”. Se si tiene con-to che nei tempi più antichi la Chiesa romana non prati-cava un anniversario annuale della Pasqua, né il 14 Nisanné la domenica successiva, si intravede uno sviluppo internoalla questione: nel confronto con le Chiese d’Asia, laChiesa romana si interrogò dapprima se celebrare o non ce-lebrare affatto una Pasqua annuale, poi si chiese se celebrarlail 14 Nisan o la domenica successiva a tale data. Da studi più recenti è emerso che le “due pasque”(quella quartodecimana e quella domenicale) non sono il ri-sultato della controversia che si è accesa tra le Chiese che so-stenevano due diverse tradizioni, ma risalirebbero in manieraautonoma ai tempi del Nuovo Testamento. All’originedella Pasqua quartodecimana ci sarebbe la pratica del giu-daismo ufficiale, recepita e adattata dalla Chiesa che hamantenuto la data e la cornice del rito, ridefinendoli in or-dine alla memoria della morte di Gesù, vissuta in un climadi attesa del suo ultimo ritorno. questa matrice è facilmentericonoscibile nella struttura liturgica della veglia pasquale cri-stiana che ha ereditato la teologia giudaica della veglia not-turna: “questa sarà una notte di veglia in onore del Signore” 17
G. Busca, La Settimana santa con i cristiani d’oriente(Es 12,42). Nella notte di Pasqua un targum di Es 12,42 col-loca i quattro eventi cardine della storia d’Israele che si con-sumano nelle “quattro notti” della creazione, del sacrificiodi Isacco, della liberazione dall’Egitto e in quella futuradell’avvento del Messia. oltre alla visione storico-salvificache va dalla creazione all’escatologia, l’antica veglia cristia-na ha recepito anche l’elemento dinamico dell’Esodo: laPasqua è il passaggio da una condizione negativa a una con-dizione positiva, come afferma Melitone di Sardi che iden-tifica la Pasqua con Gesù stesso: “Egli è colui che ci ha fat-ti passare dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce,dalla morte alla vita, dalla tirannia al regno eterno [...]. Egliè la pasqua della nostra salvezza”.4 Guardiamo ora la Pasqua domenicale alle cui origini cisarebbe una tradizione risalente all’antico calendario sa-cerdotale in uso presso le comunità degli esseni e di alcu-ni gruppi dissidenti del giudaismo. Il sistema che regola que-sto calendario si basa sul principio che le feste dell’anno ca-dono tutte in un giorno fisso della settimana e non del me-se, come previsto nel calendario lunare del giudaismo uf-ficiale e del tempio. Nel computo di questo diverso ca-lendario, il primo giorno successivo al sabato che chiude-va la settimana di Pasqua era l’inizio dei 50 giorni di Pen-tecoste e la festa delle primizie (Lv 23,11), detta festa del-l’Omer, la quale era preceduta da una veglia notturna conalcuni riti che ricordavano il passaggio del Mar Rosso. Inquesta festa sarebbe prefigurata la futura Domenica di risur-rezione dei cristiani. Se la Pasqua quartodecimana celebral’anniversario della morte di Gesù avvenuta il 14 Nisan, la 4 Melitone di Sardi, Sulla Pasqua 68-9.18
IntroduzionePasqua domenicale celebra il ricordo annuale della sua ri-surrezione avvenuta “il primo giorno dopo il sabato” (Mc16,2.9) nel contesto della festa dell’Omer che avrebbe sug-gerito a Paolo di applicare a Cristo il simbolismo della “pri-mizia” di coloro che risorgono dai morti (1Cor 15,20.23). La questione controversa non era tanto se la Pasqua cri-stiana consiste nel ricordare la morte o la risurrezione diGesù, ma se la Pasqua debba essere celebrata nel giorno del-la morte o nel giorno della risurrezione di Cristo. En-trambe le prospettive sono accettabili, l’una evidenzia lacontinuità con la cronologia e la tipologia risalenti all’Esodo(l’immolazione dell’agnello), l’altra segnala la novità cri-stiana della risurrezione agganciandola alla Pentecoste giu-daica con un’operazione che spiegherebbe anche l’intimonesso liturgico che la Chiesa antica ha stabilito tra la Pasquae la Pentecoste che insieme costituiscono un’unica festa del-la risurrezione secondo un calcolo di settimane che va dadomenica a domenica. La Pasqua quartodecimana fu pre-sto abbandonata come prassi liturgica della Chiesa, anchea motivo delle spinte antigiudaiche. Tuttavia, sebbene il le-game tra Pasqua e domenica si fosse sempre più imposto,la scelta della data (mobile) della festa rimase come condi-zionata dall’antica regola della Pasqua giudaica. Infatti, ilconcilio di Nicea (325), nell’intento di celebrare la Pasquaall’unanimità, scelse di far cadere la domenica di Pasqua do-po il plenilunio successivo all’equinozio di primavera, cioèla domenica dopo il 14 del mese lunare di Nisan, in un in-tervallo di tempo che va dal 22 marzo al 25 aprile. 19
G. Busca, La Settimana santa con i cristiani d’oriente DALLA PASqUA ANNUALE AL CICLo PASqUALE Fino al termine del III secolo, la Pasqua (intesa comecinquantina pasquale) fu l’unica festività annuale dellaChiesa e il fatto che tutta la sua liturgia fosse racchiusa nel-la Pasqua è di estremo interesse in quanto rivela il predominio del criterio mistico della concentrazio- ne rispetto al criterio cronologico della distribuzione, affermatosi in epoca posteriore, secondo il quale ogni episodio della vita di Cristo andava commemorato sin- golarmente nel tempo esatto del suo anniversario. La Pasqua era allora il condensato dell’intera storia della sal- vezza che in tal giorno riviveva come storia unitaria e continua dalla creazione alla parusia. Nessun momen- to di questa storia, per quanto rilevante, neppure l’in- carnazione, le era sottratto per essere celebrato a parte.5 La Pasqua era la festa dell’unità dei due Testamenti e gliautori delle più antiche omelie pasquali (Melitone, lo pseu-do-Ippolito) parlano del “mistero pasquale” a partire dallapreesistenza del Logos, per passare attraverso l’incarnazionefino all’ascensione del Signore e al suo secondo avvento glo-rioso. È a partire dal Iv sec. che si assiste a un processo diespansione della Pasqua per cerchi concentrici sempre piùampi. Da una veglia pasquale preparata da un digiuno di po-chi giorni e prolungata da un tempo abbastanza lungo di in-tensa gioia (Pentecoste) si è passati “al sacratissimo triduo del-la crocifissione, della sepoltura e della risurrezione”,6 un pas- 5 R. Cantalamessa, La Pasqua della nostra salvezza 140. 6 Agostino, Ep. 55, 14,24. “Triduo sacro” è un’espressione nata nelcontesto del cristianesimo latino in rapporto alla tipologia di Giona rima-sto per tre giorni nel ventre del pesce, applicata da Gesù stesso ai tre gior-20
Introduzionesaggio che ha comportato profonde trasformazioni liturgi-che e spirituali. origene distribuisce sui tre giorni i signi-ficati teologici della Pasqua: il venerdì è consacrato al ricordodella passione, il sabato alla discesa agli inferi e la domeni-ca alla risurrezione. In accordo con la sua visione della pa-squa-passaggio, egli concepisce il triduo come il nuovoesodo spirituale dell’umanità e fissa il suo traguardo nella do-menica e precisamente nel “mistero del battesimo” che è ilnostro con-morire e con-risorgere insieme a Cristo per pas-sare con lui alla gloria del regno.7 A questa accentuazionesacramentale della Pasqua si deve l’istituzione della quare-sima (tessarokostē) come ultima tappa del percorso catecu-menale in vista della celebrazione dei “sacramenti pasqua-li”, a cui è concomitante la creazione dell’ottava di Pasqua,sempre dedicata all’istruzione mistagogica dei neofiti. Allapreparazione dei catecumeni è legata anche l’estensione delperiodo di digiuno prepasquale che, se prima oscillava da1 a 6 giorni, ora arriva ai 40. La Pasqua viene così a collo-carsi tra due tempi simmetrici, ciascuno con un suo dina-mismo spirituale: quello penitenziale della quaresima chela prepara e quello festivo della Pentecoste che la segue e laprolunga. Il posto centrale è ancora riservato alla veglia pa-squale, che rimane la “madre di tutte le sante veglie”,8 maessa perde la sua capacità inclusiva della totalità del misteroe, a partire dal Iv secolo, prevale il criterio liturgico delladistribuzione cronologica, così che due giorni della cin-quantina pasquale emergono sopra gli altri dando luogo ani della sua morte (Mt 12,40). Cf P.-M. Gy, “Semaine Sainte et TriduumPascal”, LMD 41 (1955) 7-15. 7 Cf origene, Omelie sull’Esodo 5, 2. 8 Agostino, Discorso 219, 1. 21
G. Busca, La Settimana santa con i cristiani d’orientedue feste cristiane distinte dalla Pasqua: il 40° assorbe in séil mistero dell’ascensione e il 50° quello della discesa delloSpirito santo. Il ciclo dell’anno liturgico prende sempre piùla sua fisionomia e la sua stabilità: i fatti posteriori allaPasqua confluiscono nelle feste dell’Ascensione e dellaPentecoste e quelli anteriori, relativi all’incarnazione eall’infanzia di Gesù, formano il ciclo del Natale e della ma-nifestazione del Signore. Per un ulteriore impulso di espan-sione del potenziale iscritto nel mistero pasquale, nella se-conda metà del Iv secolo va configurandosi in manieracompleta la Settimana santa, prendendo le mosse dalla liturgiadella Chiesa madre di Gerusalemme. TRE LIvELLI DELLA MEMoRIA PASqUALE A questo ulteriore stadio di scomposizione della festadi Pasqua ha contribuito il fenomeno della sua storicizza-zione, cioè la tendenza a moltiplicare le liturgie dellaSettimana santa e a scandirle sulla base della successione sto-rica degli eventi della passione, con l’effetto che i diversimisteri della Pasqua di Gesù vengono ora celebrati sepa-ratamente. La liturgia commemorativa di questi eventisalvifici si è sviluppata nella cornice ambientale originaledi Gerusalemme, e ciò non poteva non esercitare un for-te impulso in direzione della mimesi drammatica degli even-ti stessi.9 Per poter rivivere l’avvenimento in tutto il suo rea-lismo bisognava adattarlo alla sua fattualità storica, rievo-candolo mediante l’imitazione esteriore e rappresentandolo 9 Cf C. valenziano, “«Mimesis Anamnesi» spazio-temporale per iltriduo pasquale”, in La celebrazione del Triduo pasquale, AL 14, Roma 1990,13-54.22
Introduzioneall’immaginazione dei fedeli, il ché stimolò una origina-le creatività in ordine agli edifici sacri, all’iconografia e airiti grazie ai quali i fedeli, specie i pellegrini che accorre-vano numerosi ai luoghi santi, potevano rivivere con unforte coinvolgimento gli avvenimenti della Settimana san-ta nell’ora stessa e sui luoghi dove erano accaduti.10 Gre-gorio di Nissa, nel resoconto del suo pellegrinaggio inTerra santa, scrive di essere andato a “vedere nei luoghi diGerusalemme i segni della venuta del Signore nella car-ne”.11 Nonostante questa evoluzione della memoria pa-squale in direzione di una liturgia più attenta alle dimen-sioni storiche e alla rappresentazione rituale imitativa deifatti della passione, rimase ben presente nella liturgia del-la città santa il primitivo senso dell’anamnesi complessiva delmistero di Cristo. Basti accennare allo svolgimento di al-cuni riti come la veglia notturna tra il Giovedì e il venerdìche si teneva nella chiesa dell’Ascensione e solo più tardinel giardino del Getsemani o la liturgia pomeridiana delvenerdì, tutta incentrata sulla passione, che però termina-va nella chiesa della Risurrezione (l’Anastasis). L’elemen-to “estetico” del rito celebrativo non seguiva uno svilup-po indipendente, ma era coordinato con il fondamento “li-turgico” dell’anamnesi della storia della salvezza. In un di-scorso pronunciato in occasione della “Esaltazione della ve-neranda croce e la santa Anastasis”, il patriarca Sofronio 10 Cf S. Janeras, “La Settimana santa nell’antica liturgia di Geru-salemme”, in Hebdomadae Sanctae Celebratio 19-50; S. verhelst, “Les lieuxde Station du Lectionnaire de Jérusalem. IIème Partie: Les Lieux Saints”,POC 54 (2004) 247-89. 11 Gregorio di Nissa, La vita di santa Macrina 1; cf Ep. 2, 2; 3, 1. 23
G. Busca, La Settimana santa con i cristiani d’orienteesprime con lucidità l’equilibrio tra i tre livelli di memo-ria inclusi nella liturgia. Egli spiega la ragione per cui è “ce-lebrata prima la lietissima e splendidissima festa dell’Ana-stasis e subito dopo l’Esaltazione della croce” dicendo che,se da un punto di vista storico è vero che la “croce pre-cedette la risurrezione”, è altrettanto vero che per la “vi-sione” – cioè per l’intelligenza spirituale del mistero – “orala risurrezione è guida e quasi introduzione alla croce”.Rivolgendosi ai pellegrini che rischiavano di fermarsi so-lo alla memoria storica della Pasqua mediata dall’elementoestetico dei luoghi santi e dei riti che in essi si svolgeva-no, il patriarca li stimola ad elevarsi al livello della anam-nesi del mistero e lo fa introducendo un terzo elementodella memoria, che chiamerei spirituale, il quale funge daraccordo dei due livelli precedenti. Sofronio afferma chegli antichi hanno capovolto intenzionalmente l’ordinesuccessivo delle due feste (prima l’Anastasis e poi l’Esalta-zione della croce) “allo scopo di far portare con sé a quan-ti dai confini della terra vengono a venerare entrambe [lefeste] la potentissima memoria [della croce], quale viaticoegregio e salutare; che avessero la croce accanto nel cam-minare per terra e nel navigare per mare […] e la piantas-sero presente in ogni luogo”.12 La visita alla città santa do-veva, in effetti, innescare nei pellegrini un atteggiamentocentrifugo intorno alla memoria della croce, per cui di ri-torno nelle loro regioni essi l’avrebbero diffusa in ogni luo-go, facendo di ogni città un’imitazione spirituale diGerusalemme sulla cui pietra fu conficcata la croce. 12 Sofronio di Gerusalemme, Oratio 4, PG 87, 3304-5.24
Introduzione ANAMNESI LITURGICA E MEMoRIA SPIRITUALE DELLA PASqUA Di fatto la liturgia gerosolimitana divenne la matricedella ritualità pasquale di molte altre Chiese, favorita so-prattutto dalle testimonianze dirette dei pellegrini che tor-navano a casa e riproponevano i riti visti e celebrati nella cittàsanta. Trasportata dai luoghi santi alle Chiese locali, la me-moria liturgica era destinata a subire una forte rivisitazioneal livello estetico del rito: se la creatività liturgica della Chiesadi Gerusalemme si fondava sulla “memoria nei luoghi”in cuigli eventi pasquali sono accaduti, le altre Chiese potevanocreare delle forme imitative solamente in base alla “memo-ria dei luoghi santi” mediata dai racconti dei pellegrini e ri-vestita delle connotazioni culturali proprie a ogni Chiesa. Perridimensionare gli entusiasmi eccessivi dei pellegrini e cor-reggere il rischio di fermarsi a un livello solo esteriore, e dun-que superficiale, della memoria, si levarono alcune voci cri-tiche che, ispirandosi alla figura del pellegrino tratteggiata nelNuovo Testamento (1Pt 1,17; Fil 3,20) e cara all’autoredell’A Diogneto, richiamarono l’attenzione sul livello spiri-tuale della memoria. Lo stesso Gregorio di Nissa mette inguardia dal rischio di ritenere la visita ai luoghi santi un vei-colo privilegiato di incontro con il Signore: Cambiamento di luogo non comporta avvicinamento di Dio, ma, dovunque tu sia, sarà Dio a venire da te, purché l’albergo della tua anima sia trovato tale che il Signore possa abitare in te e camminare con te. Ma se tu hai pieno l’uomo interiore di pensieri malvagi, an- che se stia sul Golgota, anche se sul Monte degli ulivi, anche se giù nel Sepolcro della risurrezione, sei tanto lontano dall’aver accolto in te stesso Cristo quanto co- loro che non l’hanno riconosciuto affatto. Consiglia, dunque, ai confratelli di andar pellegrini dal corpo al 25
G. Busca, La Settimana santa con i cristiani d’oriente Signore e non dalla Cappadocia in Palestina. [Avendo Dio nel cuore] si ha anche Betlemme, il Golgota, il Monte degli ulivi, la risurrezione e tutto il resto.13 Dopo la risurrezione, l’umanità non deve più cercareGesù nel passato, ma nella sua memoria vivente, e il luo-go ecclesiale per eccellenza della memoria Dei è la liturgia.Per il cristiano la memoria di Cristo non è un fatto me-ramente psicologico, ma ontologico: “fare memoria”della sua Pasqua significa acconsentire alla presenza diCristo in me, incontrarlo come mio Salvatore, più intimoa me di me stesso, e lasciare che questa memoria formi imiei pensieri, i miei sentimenti e le mie azioni, in modoche l’“uomo interiore” che con-vive unito a Cristo (Gal2,20) diventi il mio io autentico e cresca fino alla sua “pie-na maturità” (Ef 4,13). La celebrazione della Pasqua nonpuò essere ridotta a un mero ricordo devoto di Gesù cheha sofferto per noi. Far memoria nella liturgia significacreare il contatto con la memoria di Dio dove tutto è eter-namente presente. La liturgia ci rende contemporanei atutti i misteri della vita di Cristo, raccolti nella sua per-sona, affinché li possiamo assimilare e rivivere in noi.L’anamnesi liturgica “ci fa entrare non in un’eternità a-stratta e statica, ma nella vita che fa vivere, dove tutto èvivente, tutto vive nella memoria vivificante di Dio e do-ve tutto è nostro, il mondo, la vita, la morte, il presente,il futuro, tutto è nostro, ma noi siamo di Cristo e Cristoè di Dio (1Cor 3,22-23)”.14 La memoria liturgica è crea- 13 Gregorio di Nissa, Ep. 2, 16-18. Cf anche Girolamo, Ep. 58, 2. 14 A. Schmemann, L’Eucaristia, sacramento del regno, qiqajon, Bose2005, 173.26
Introduzionetiva di una memoria spirituale nel credente che dalloSpirito è condotto a rivivere e assimilare in modo perso-nale i misteri di Cristo, conformandosi a lui e divenen-do a sua volta un alter Christus e una memoria Christi peril mondo. Tipica dell’approccio orientale alla liturgia è lacapacità di stare nella “visione”, di vivere nello sguardo edi accogliere il mistero dalla forma simbolica che lo ma-nifesta e lo concede, e infine di lasciarsi trasformare in ciòche si è contemplato, come suggerisce questo testo siria-co che ripercorre il pellegrinaggio interiore della Setti-mana santa: Togli la pietra davanti a Lazzaro per imparare la risur- rezione tra i morti [...]. Piangi con Maria Maddalena e bagna i suoi piedi con le tue lacrime per ascoltare da lui una parola che ti conforti; con Giovanni, posa la te- sta sul suo petto per sentire il battito del suo cuore che batte d’amore per il mondo intero! Prendi un pezzo di quel pane che ha benedetto nell’ora della cena per unirti al suo corpo e rimanere con lui per l’eternità. Tendi il piede perché te lo lavi, al fine d’essere purifi- cato dai tuoi peccati e dalle tue impurità. Esci con lui verso il Monte degli ulivi, perché t’insegni a pregare e a piegare le ginocchia fino a essere, come lui, coperto di sudore; alzati e accogli con lui coloro che ti insul- tano e ti crocifiggono, con lui porgi le mani alle cate- ne e, come lui, abbandona il tuo volto ai colpi e agli sputi e offri la tua schiena nuda alla frusta. Alzati, ami- co mio, non cedere, porta la croce, l’ora del viaggio è suonata. Con lui tendi la mano ai chiodi e non rispar- miare i tuoi piedi; con lui, bevi il fiele. Alzati allo spuntare dell’aurora quando è ancora buio, vai alla tomba per vedere la meravigliosa risurrezione. Siediti nella camera alta e aspettalo, a porte chiuse. Apri le tue orecchie per riempirle delle parole di pace uscite dal- 27
G. Busca, La Settimana santa con i cristiani d’oriente la sua bocca. va’ con tutti gli altri in quel luogo solita- rio e piega il capo per ricevere l’ultima benedizione pri- ma dell’ascensione.15 LA RIFoRMA LITURGICA DELLA PASqUA NELLA CHIESACATToLICA L’equilibrio dei tre livelli della memoria pasquale sug-gerito da Sofronio è talmente delicato da essere facilmen-te compromesso. La tendenza a storicizzare i misteri del tri-duo pasquale, distinguendoli e celebrandoli separatamen-te, è incorsa nel rischio di frammentare la profonda unitàdel mistero, specialmente lo stretto nesso tra la croce e larisurrezione, facendo della prima un giorno di lutto e cor-doglio e della seconda un giorno di festa. La spaccatura indue versanti della Pasqua si è verificata soprattutto nella tra-dizione liturgica occidentale quando si venne a creare, difatto, un “doppio triduo”, un triduo della passione, compostodi giovedì, venerdì e sabato santo, contrapposto a un tri-duo della risurrezione che comprende la domenica, il lunedìe il martedì in albis. La Pasqua diventò una festa della ri-surrezione sganciata dalla comprensione pasquale del mi-stero della croce, commemorata più nella pietà popolaree nel folklore che nella liturgia. Un’ulteriore anomalia cheha contribuito a stravolgere il significato della Pasqua e asmarrire il ruolo centrale della veglia nella vita cristiana fula decisione di ascriverla liturgicamente al sabato, in quan-to doveva finire prima della mezzanotte. La tendenza fuquella di anticiparla sempre più al pomeriggio e, da quan- 15 Giovanni di Dalyatha, Omelia sulla meditazione dell’economia delSignore, cit. in Matta el Meskin, L’esperienza di Dio nella preghiera, qiqajon,Bose 1999, 65-6.28
Introduzionedo si stabilì che le messe dovevano essere tutte celebrate pri-ma di mezzogiorno,16 la veglia “notturna” slittò al matti-no del sabato, cioè in un giorno non festivo. Il significa-to di “vigilia” passò da quello di “veglia” a quello di “gior-no che precede” la festività. quest’ultima era ormai la do-menica di Pasqua nella quale si celebra una liturgia euca-ristica propria, alla presenza della comunità al completo. Laveglia pasquale finì col non essere più una veglia notturna(in quanto celebrata al mattino), non più la celebrazioneprincipale della festa (in quanto celebrata in un giorno fe-riale), non più una liturgia battesimale (in quanto si bat-tezzavano quasi solo neonati e nei primissimi giorni di vi-ta) e soprattutto non era più una liturgia pasquale, in quan-to il ricco simbolismo legato alle azioni rituali e alla veritàoraria della celebrazione risultava incomprensibile a mo-tivo della sua anticipazione. Provvidenzialmente la rifor-ma liturgica voluta dal concilio vaticano II ha restituito al-la Chiesa cattolica la possibilità di celebrare il triduo pa-squale come vertice di tutto l’anno liturgico e di recupe-rare il suo centro nella veglia.17 CELEBRARE LA SETTIMANA SANTA CoN I CRISTIANID’oRIENTE Negli ultimi decenni, parecchi autori si sono cimenta-ti in studi apprezzabili sulla Settimana santa della tradizio- 16 Cf J. A. Jungmann, Missarum sollemnia 1, Marietti, Casale Mon-ferrato 1953, 205-11. 17 Sulla vicenda storica della Settimana santa nella Chiesa latina cfH. Auf der Maur, “La celebrazione annuale della Pasqua”, in Id., Le celebra-zioni nel ritmo del tempo – I. Feste del Signore nella settimana e nell’anno, 5, LDC,Leumann (To) 1990, 134-5, 193-217. 29
G. Busca, La Settimana santa con i cristiani d’orientene latina, sotto il profilo storico e teologico-liturgico.18 Ilnostro libro si propone di offrire ai cristiani d’occidente unameditazione sul mistero pasquale “visto da oriente”, se-condo un approccio che definirei “cattolico” nel senso piùgenuino della parola greca kath’olon (“secondo il tutto”):“Non è invano che fin dalle origini il mondo cristiano ab-bia comportato un oriente ed un occidente [...] La teolo-gia non è pienamente «cattolica» che quando, a somi-glianza di un organismo sano, respira profondamente e siossigena con i suoi due polmoni”.19 Il mistero cristiano nonsi lascia abbracciare tutto da un solo sguardo e a partire daun angolo prospettico unilaterale. Lo stesso concilio vati-cano II afferma che alcuni aspetti della fede comune sonotalvolta percepiti in modo più adatto e posti in miglior lu-ce da una tradizione cristiana piuttosto che dall’altra.20 questo libro non vuole essere uno studio accademicocondotto secondo la metodologia scientifica delle discipli-ne liturgiche. L’intento è di offrire una meditazione teo-logica a partire dalle liturgie orientali della Santa e GrandeSettimana che si avvale, chiaramente, dei risultati dei lavo-ri di numerosi studiosi, ma che si propone anzitutto di apri-re lo scrigno dei tesori delle liturgie dell’oriente ai cristia-ni d’occidente per introdurli alla contemplazione dellaPasqua e alla conseguente visione della vita cristiana che loSpirito del Signore ha ispirato a queste Chiese sorelle. Co- 18 Cf A. Nocent, “La Semaine sainte dans la liturgie romaine”, inHebdomadae Sanctae Celebratio 277-310; R. Amiet, La Veillée pascale dans l’Égli-se latine, I: Le rite romain, Cerf, Paris 1999; A. Catella - G. Remondi (edd.),Celebrare l’unità del Triduo Pasquale, 3 voll., LDC, Leumann (To) 1994-1998. 19 Y. Congar, Conversazioni d’autunno, queriniana, Brescia 1987, 73. 20 Cf Decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio 17.30
Introduzionenoscere l’altro richiede, anzitutto, la capacità di osservarlonel suo modo di essere e ciò giustifica la scelta di soffer-marmi a descrivere i riti come le fonti li presentano e gliautori orientali li commentano, così che il lettore sia mes-so a contatto diretto con i testi liturgici, li possa conosce-re e gustare. La coscienza ecumenica risvegliata dal conci-lio vaticano II ha posto in rilievo la necessità per noi lati-ni di “conoscere, venerare, conservare e sostenere il ric-chissimo patrimonio liturgico e spirituale degli orientali;[ciò] è di somma importanza per la fedele custodia dell’in-tegra tradizione cristiana”.21 Nell’ottica dello “scambio deidoni” fra Chiese sorelle, ci mettiamo in ascolto della lorotradizione con gratitudine, consapevoli che attingendo al lo-ro deposito della fede riceviamo nuova luce per una co-noscenza più completa del mistero cristiano, consapevoli diavvicinarci a un mondo liturgico che non ci appartiene na-tivamente e che solo chi lo vive e lo celebra in prima per-sona è in grado di comprenderlo e trasmetterlo ad altri.22Sullo sfondo dei riti emerge un’imponente visione teolo-gica e spirituale del mistero della Pasqua che, secondo il clas-sico adagio lex orandi lex credendi, può nutrire la nostra fe-de e aiutarci a pregare non solo per l’unità delle Chiese, maanche nell’unità delle Chiese. 21 Decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio 15. 22 Taft, parlando dell’apporto delle liturgie orientali all’intelligenzaoccidentale del culto cristiano, precisa come l’interesse degli studiosi occidentaliper queste tradizioni ha l’intento di allargare la propria visione, pur nella con-sapevolezza che in questa indagine si deve fare i conti con i filtri interpre-tativi tipici dell’osservatore occidentale. Cf “L’apport des liturgies d’orientà l’intelligence du culte chrétien”, in La Liturgie, lieu théologique, Beauchesne,Paris 1999, 98-101. 31
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