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Published by gferrarofano, 2015-01-13 04:18:21

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CORSO PERSONALE ALIMENTARISTACORSO DI RICHIAMOMODALITA’ ON LINEMODULO 1 Evoluzione normativa in materia di igiene degli alimentiProgramma: - Uno sguardo alla normativa Europea e Nazionale; - Sintesi del Regolamento 178/2002 (Analisi del rischio, principio di precauzione, tutela degli interessi dei consumatori, principio di trasparenza, rintracciabilità, autorità europea per la sicurezza alimentare); - Sintesi del Regolamento 852/2004 ( campo di applicazione, definizioni, disposizioni generali e disposizioni specifiche, il sistema HACCP, manuali di corretta prassi operativa e applicazione del sistema HACCP, registrazione o riconoscimento delle imprese del settore alimentare, rintracciabilità e ritiro dei prodotti alimentari, controlli ufficiali)La normativa in materia di sicurezza alimentare è stata oggetto di diversi regolamenti che sono statiemanati nel corso del tempo.Il regolamento 852/2004 sull’Igiene dei Prodotti Alimentari è istituito dal Parlamento europeo, è statopreceduto dal regolamento CE 178/2002 che stabiliva i principi della legislazione alimentare nazionale ecomunitaria, e l’obiettivo della realizzazione della libera circolazione degli alimenti nella CE. Adottato il 29aprile 2004 fissa i requisiti generali in materia di igiene che devono rispettare le imprese alimentari in ognifase della catena alimentare.L’esperienza dimostra che queste norme e procedure costituiscono una solida base per garantire lasicurezza alimentare. Nell’ambito della politica agricola comune sono state adottate varie direttive volte afissare norme sanitarie specifiche per la produzione e l’immissione sul mercato dei prodotti alimentari. Talinorme sanitarie hanno ridotto le barriere commerciali per i prodotti di cui trattasi, contribuendo allacreazione del mercato interno e garantendo nel contempo un elevato livello di tutela della salute pubblica.L’obiettivo fondamentale delle nuove norme di igiene generali e specifiche è quello di a garantire unelevato livello di tutela dei consumatori con riguardo alla sicurezza degli alimenti. Per garantire la sicurezzadegli alimenti dal luogo di produzione primaria al punto di commercializzazione o esportazione occorre unastrategia integrata. Ogni operatore del settore alimentare lungo la catena alimentare dovrebbe garantireche tale sicurezza non sia compromessa. I pericoli alimentari presenti a livello della produzione primariadovrebbero essere identificati e adeguatamente controllati per garantire il conseguimento degli obiettivi 1

del presente regolamento. Tuttavia in caso di fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari, daparte dell’operatore del settore alimentare che li produce, al consumatore finale o a dettaglianti locali, èopportuno tutelare la salute pubblica mediante la normativa nazionale, in particolare data la strettarelazione tra il produttore ed il consumatore.L’applicazione dei principi del sistema dell’analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo HACCP allaproduzione primaria non è ancora praticabile su base generalizzata. Manuali di corretta prassi operativadovrebbero tuttavia incoraggiare l’uso di prassi corrente in materia di igiene a livello di azienda agricola. Seoccorre tali manuali dovrebbero essere integrati da norme d’igiene specifiche per la produzione primaria. Èopportuno che i requisiti d’igiene applicabili alla produzione primaria e a operazioni connesse differisconoda quelli previsti per altre operazioni.La sicurezza degli alimenti è il risultato di diversi fattori: la legislazione dovrebbe stabilire requisiti d’igieneminimi; dovrebbero essere effettuati controlli ufficiali per verificarne l’osservanza da parte degli operatoridel settore alimentare e questi ultimi basati sui principi del sistema HACCP. L’efficace applicazione delleprocedure basate sui principi del sistema HACCP implica la collaborazione e l’impegno pieni dei dipendentidelle imprese alimentari. A tal fine, sarebbe necessaria una formazione degli stessi.. il sistema HACCP è unostrumento volto ad aiutare gli operatori del settore alimentare a conseguire un livello più elevato disicurezza alimentare. Tale sistema non dovrebbe essere considerato come un meccanismo diautoregolamentazione e non dovrebbe sostituire i controlli ufficiali.Per comprendere a fondo tutti gli aspetti del regolamento CE n.852/2004 è fondamentale conoscere anchealtre parti della legislazione comunitaria, in particolare i principi e le definizioni contenuti nei seguenti atti: - Regolamento CE n.178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio che stabilisce i principi ed i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare; - Regolamento CE n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio , del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti ed alle norme sulla salute e sul benessere degli animali; - Regolamento CE n.2073/2005 della Commissione del 15 novembre 2005, sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari; - Regolamento CE n.2074/2005 della Commissione, del 5 dicembre 2005, recante modalità di attuazione relative a taluni prodotti di cui al regolamento CE n.853/2004 del parlamento europeo e del Consiglio e all’organizzazione di controlli ufficiali a norma dei regolamenti del parlamento europeo e del Consiglio CE n.854/2004 e CE n.882/2004.Per quanto riguarda il regolamento CE n.853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile2004, stabilisce le norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, nei quali sonostati segnalati rischi microbiologici e chimici. Tutto ciò in relazione alle responsabilità dei fabbricanti e delleautorità competenti, requisiti strutturali, operativi ed igienici degli stabilimenti, procedure diriconoscimento degli stabilimenti, requisiti per il magazzinaggio e trasporto e bolli sanitari. Ciò al fine diassicurare un livello elevato di tutela dei consumatori per quanto attiene alla sicurezza dei prodotti, inparticolare assoggettando gli operatori del settore alimentare in tutta la comunità alle medesime norme, edi garantire il corretto funzionamento del mercato interno dei prodotti di origine animale, in tal modocontribuendo al conseguimento degli obiettivi della politica agricola comune. 2

I requisiti generali in materia di igiene applicabili a tutti gli operatori del settore alimentare sono diversiconsultabili nei regolamenti.SI CONSIGLIA LA LETTURA DEI REGOLAMENTITRACCIABILITA’ E RINTRACCIABILITA’ DEGLI ALIMENTI ( stampigliatura uova, etichettatura della carne)Mentre un tempo ci si limitava a conoscere le caratteristiche di un prodotto alimentareattraverso l'etichetta, oggi diventa sempre più importante conoscere anche la sua storia.La tracciabilità è l'identificazione delle aziende che hanno contribuito alla definizione di undeterminato prodotto alimentare e viene incontro alle richieste del consumatore riguardol'origine e la qualità degli alimenti.Essa permette di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime o di unanimale destinato alla produzione animale oppure di una sostanza destinata o atta adentrare a far parte di un alimento o di un mangime, attraverso tutte le fasi dellaproduzione, della trasformazione e della distribuzione.In sintesi, è la possibilità di risalire alla storia, alle trasformazioni o alla collocazione di unprodotto alimentare attraverso informazioni documentate. L'identificazione è basata sulmonitoraggio dei flussi materiali dal produttore della materia prima fino al consumatorefinale.Gli attori coinvolti possono essere molteplici ed ogni attore che partecipa al processoproduttivo con materie prime, semilavorati, accessori ecc., deve essere rintracciabilemediante una gestione che identifichi la tracciatura con un codice che descrive tutti ipassaggi della filiera.Regolamento CE 178/2002Adottato nel febbraio 2002 ed entrato in vigore nel gennaio 2005, il regolamento fondatoredella legislazione alimentare europea definisce cinque principi generali fondamentali:  l'affermazione del carattere integrato della filiera alimentare;  l'analisi del rischio quale fondamento essenziale di tale politica;  l'impegno della responsabilità degli operatori del settore;  la definizione della tracciabilità dei prodotti in tutte le fasi della filiera alimentare;  il diritto dei cittadini a un'informazione chiara e precisa.Il regolamento istituisce anche l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (AESE) consede a Parma (Italia) che ha il compito principale di fornire pareri scientifici indipendentisu questioni attinenti alla sicurezza alimentare, raccogliere e analizzare informazioni suirischi potenziali o emergenti e instaurare un dialogo permanente con il pubblico.Più in specifico il regolamento si propone la prevenzione di pratiche fraudolenti oingannevoli, adulterazioni ed ogni tipo di pratica in grado di indurre in errore ilconsumatore. Esso dispone che diventi cogente la rintracciabilità, ed in particolareall'art.18: «E' disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e delladistribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati allaproduzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte diun alimento o di un mangime». 3

L’obbligo è dettagliato per produttori, trasformatori e distributori, soprattutto in relazionea richieste delle autorità di controllo: «Gli operatori del settore alimentare dei mangimidevono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, unanimale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrarea far parte di un alimento o di un mangime. A tal fine detti operatori devono disporre disistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti,che le richiedano, le informazioni al riguardo. Viene pertanto richiesta sia la rintracciabilitàtotale del prodotto all'interno dell'azienda (nell'accezione minima di provenienza dellematerie prime, stato dei semilavorati, destinazione dei lotti di prodotto finito) sia larintracciabilità di filiera, intesa come capacità di ricostruire la storia e di seguire l'utilizzo diun prodotto mediante identificazioni documentate (relativamente ai flussi materiali ed aglioperatori di filiera).Tracciabilità e rintracciabilitàUtilizzati spesso come sinonimi, si tratta invece di due processi opposti.La tracciabilità è il processo che segue il prodotto partendo dall'inizio fino alla fine dellafiliera in modo che, ad ogni passaggio, vengano lasciate opportune tracce (informazioni).La rintracciabilità è il processo inverso, che raccoglie le informazioni (tracce)precedentemente rilasciate e che ricostruisce il percorso di un alimento. E' lo strumento cheattua precise disposizioni sulla sicurezza alimentare e quindi va a soddisfare parametri bendefiniti, esclusivamente di natura salutistica.I due processi sono ovviamente fortemente interconnessi. L'Unione Europea vuole daresicurezza ai propri cittadini e attua in modo rigoroso il regolamento 178/2002: è sufficientela mancanza delle informazioni necessarie a dimostrare che un alimento (o un mangime,oppure una delle materie prime che lo compongono) sia salubre per sospenderneprovvisoriamente la commercializzazione all'interno dell'UE con l'immediato ritiro dalmercato per i prodotti già distribuiti provvisoriamente.Tracciabilità internaE' la tracciabilità lungo tutto il processo o la trasformazione svolta da ciascuna azienda suipropri prodotti.Ha luogo indipendentemente dai partner commerciali e si concretizza in una serie diprocedure interne specifiche di ciascuna azienda, che consentono di risalire allaprovenienza dei materiali, al loro utilizzo e alla destinazione dei prodotti.Tracciabilità di filieraSi tratta di un processo interaziendale, il risultato dei processi di tracciabilità interni aciascun operatore della filiera, uniti da efficienti flussi di comunicazione.La realizzazione di sistemi di tracciabilità interna costituisce dunque un prerequisito senza ilquale non vi può essere tracciabilità di filiera (in tutte le sue fasi: produzione, 4

trasformazione, distribuzione). Quest'ultima è un processo non governabile da un singolosoggetto, ma basato sulle relazioni tra i vari operatori; per questo motivo necessita ilcoinvolgimento di ogni soggetto che ha contribuito alla formazione del prodotto. Dunqueogni processo di produzione, trasformazione, confezionamento e distribuzione deverispettare criteri di salubrità e garantire che il cibo non sia inquinato, contaminato oavariato, ma anche che il consumatore sia correttamente e sufficientemente informato sugliingredienti (con particolare riferimento a quelli che potrebbero causare allergie) e sullaprovenienza.Tutti i prodotti alimentari di provenienza extra UE immessi sul mercato europeo devonorispettare i medesimi livelli di sicurezza e le medesime regole in merito all’etichettatura:per questo motivo, produttori “esclusi” dal mercato europeo (si pensi alla carne degli StatiUniti che non può essere commercializzata perchè contenente ormoni, vietati in Europa)fanno notevoli pressioni.Si pone un importante problema di controlli alle frontiere esterne UE sulle merci in entrata,visti i crescenti livelli di importazione sia di materie prime che di semilavorati e anche diprodotti alimentari finiti: alle dichiarazioni di conformità di produttori e importatori occorreaggiungere costosi e lunghi controlli di laboratorio, costosi e ma di importanzafondamentale sia per una corretta concorrenza con i produttori europei che per la sicurezzadei consumatori.In Europa è vietato l’impiego di ormoni nella produzione agricola e zootecnica, severamenteregolamentato quello di pesticidi e antibiotici, così come l’aggiunta di additivi neglialimenti, vigono rigorose prescrizioni per l’igiene dei locali e dei procedimenti dilavorazione. A tutela dei consumatori le disposizioni europee prevedono un sistema dimonitoraggio e controllo, ma soprattutto è stata istituita la tracciabilità, ovvero l’obbligo dietichettare i prodotti in modo che sia sempre possibile risalire ai soggetti e ai processi diproduzione, alla provenienza ecc.Etichettatura dei prodotti ortofrutticoliSecondo quanto disposto dall’Unione Europea, i prodotti ortofrutticoli venduti all’ingrosso devonocontenere, stampate sugli imballaggi e ben visibili, le seguenti informazioni:  Identificazione: informazioni sull’imballatore e lo speditore della merce;  Natura del prodotto: nome e varietà commerciale;  Paese d’origine del prodotto, eventualmente zona di produzione;  Caratteristiche commerciali: categoria ed eventuale calibro (diametro massimo e minimo);  Marchio ufficiale di controllo (facoltativo).Non tutte queste informazioni sono visibili al consumatore, a meno che non si effettuino spese all’ingrossooppure nei punti vendita dove il prodotto sia ancora contenuto negli imballaggi di trasporto. Pressoqualsiasi punto vendita di ortofrutta, comunque, è necessario specificare la provenienza del prodotto: 5

basta guardare l’etichetta o i pannelli informativi per capire l’origine della frutta e della verdura cheacquistiamo.Carne bovina e rintracciabilitàIl sistema di identificazione e rintracciabilità delle carni bovine nel nostro Paese è conforme al RegolamentoCE n. 1760 del 2000. Attualmente il sistema di etichettatura è stabilito al D.M. del 25 febbraio 2005 “Lineeguida per i controlli sulla etichettatura delle carni bovine”, e riguarda le carni bovine preincartate (cioè leconfezioni che troviamo nel banco frigo del supermercato). Secondo la legge i prodotti in commerciodevono mostrare in modo trasparente al consumatore informazioni quali:  Codice di riferimento dell’animale;  “Nato in:” (Paese di nascita dell’animale);  “Allevato in:” (Paese/i di allevamento ed ingrasso);  “Macellato in:” (denominazione e sede del macello: “Paese di macellazione” e “N. di approvazione macello”);  “Sezionato in:” (denominazione e sede del sezionamento: “Paese di sezionamento” e “N. di approvazione laboratorio di sezionamento”).Se anche solo una di queste voci non è specificata nell’etichetta del prodotto, si tratta di un illecito, punitodalla legge: i casi vanno denunciati alle autorità competenti.Altre informazioni aggiuntive possono essere rappresentate dalla denominazione del punto vendita erelativo codice di identificazione; dal numero di lotto del prodotto; da sede e denominazione della o delleaziende dove sono avvenuti allevamento e ingrasso; da categoria, sesso e razza dell’animale. Il codiceidentificativo dell’animale, in particolare, può essere verificato presso il sito internet dell’IstitutoZooprofilattico Sperimentale (http://www.anagrafe.izs.it/) e consente di seguire passo passo la “storia” delbovino destinato alla nostra tavola.Tutte queste informazioni consentono perciò di ricostruire la filiera del prodotto, e di effettuare sceltealimentari in piena consapevolezza.Le carni avicoleRicorderemo tutti l’ondata di panico scoppiata nel 2004, quando sembrava che l’influenza aviaria H5N1dovesse mettere a repentaglio l’intera popolazione mondiale. Anche se in realtà si trattò più un cancanmediatico che di un rischio reale per la popolazione italiana, nel 2005 il governo sotto pressione emanòun’Ordinanza Ministeriale (“Misure di polizia veterinaria in materia di malattie infettive e diffusive dei 6

volatili da cortile”) nella quale si specificava l’obbligo di etichettatura del prodotto: non solo delle carniintere e sezionate, ma anche dei prodotti a base di carni avicole (cordon bleu, cotolette, spiedini, ecc.).Le informazioni obbligatorie presenti in etichetta devono contenere:  Denominazione di vendita (per esempio, “fusi di pollo”) e quantità netta o nominale;  Origine delle carni (con indicazioni su Paese e provincia di allevamento: per esempio, “Allevato in Italia – PC”);  Ragione sociale e sede dello stabilimento di produzione;  Codice dell’allevamento di provenienza;  Data di macellazione o di sezionamento;  Codice identificativo del macello o dello stabilimento di lavorazione;  Lotto di produzione;  Indicazione del termine preferenziale di consumoL’etichettatura dei prodotti itticiSono ben due (CE n. 104/2000 e n. 2065/2001) i regolamenti specifici dell’Unione Europea che regolanol’etichettatura dei prodotti ittici freschi, recepiti dalla legislazione italiana con il D.M. del 27 marzo 2002. Iprodotti esposti in vendita devono riportare sul cartellino indicazioni come:  Denominazione commerciale della specie (per esempio, “Orata”): secondo il regolamento europeo, ogni Stato deve essere provvisto di una lista che identifichi in modo univoco le specie ittiche, a prescindere dai nomi legati alle tradizioni locali.  Denominazione scientifica della specie, (ad esempio, “Sparus aurata”), informazione di tipo facoltativo;  Metodo di produzione (prodotto “pescato”, “pescato in acque dolci”, “allevato”);  Zona di cattura: per i prodotti pescati in mare si fa riferimento alle cosiddette “Zone FAO”, consultabili al sito http://www.fao.org/fishery/area/search/en; per quelli pescati in acque dolci o allevati è necessario specificare il Paese di origine;  Bollo sanitario.Per quanto riguarda invece i prodotti ittici surgelati, sulla confezione devono essere riportate le seguentiindicazioni, alcune delle quali in comune col pesce fresco:  Denominazione commerciale o di vendita, eventuale denominazione scientifica;  Metodo di produzione;  Zona di cattura; 7

 Elenco degli ingredienti e delle specie presenti (singole se il prodotto è monospecifico, oppure l’elenco completo delle specie all’interno, per esempio, delle zuppe di pesce). Se sulla confezione viene messo in particolare rilievo un ingrediente (per esempio: “Preparato per risotti all’astice”), è obbligatorio riportare la percentuale di questo ingrediente sul totale. Quantità netta o nominale (nel caso di prodotti preconfezionati); Termine minimo di conservazione (la classica dicitura “da consumarsi preferibilmente entro…”); Modalità di conservazione del prodotto (temperatura e tipologia di congelatore richiesta), istruzioni per l’uso, avvertenze per la conservazione (“Una volta scongelato, il prodotto non deve essere ricongelato e deve essere conservato in frigorifero per non più di 24 ore”); Codice identificativo del lotto di produzione; Dicitura e sede del produttore e dello stabilimento di produzione/confezionamentoUova e codiciLe uova sono fra i prodotti per i quali, sul mercato, il consumatore è in grado di ricavare le informazionimaggiormente dettagliate. Esiste infatti l’obbligo di riportare, stampigliato sul guscio, un codicealfanumerico (formato da numeri e lettere) che riporta tutte le informazioni relative a:  Tipologia di allevamento delle galline (uova da agricoltura biologica, da allevamento all’aperto, da allevamento a terra oppure da allevamento in gabbia);  Paese, comune e provincia di allevamento;  Codice identificativo dello specifico allevamento di provenienza.Per un approfondimento, si consiglia di consultare la guida relativa a “Come scegliere e conservare le uova”.L’etichettatura del mieleLa produzione e la commercializzazione del miele sono regolate in Italia dal D.Lgs. n. 179 del 2004, cheprevede per legge queste indicazioni obbligatorie in etichetta: Denominazione di vendita (per esempio, “miele millefiori”); Quantità netta o nominale; Nome, ragione sociale o marchio depositato; Sede del produttore, confezionatore o venditore; Paese d’origine del prodotto; Codice relativo al lotto di produzione; Indicazione della data di scadenza. 8

Il Paese (o eventualmente i Paesi) di origine del miele, cioè dove è avvenuta la sua raccolta, devono esserechiaramente indicati. Questo obbligo nasce infatti dalla commercializzazione diffusa e fraudolenta,antecedente alla legge, di prodotti denominati come “miele italiano” ma realizzati con materie primeprovenienti dall’estero. I prodotti che perciò contengono mieli esteri devono essere così denominati, aseconda dell’origine: “Miscela di mieli originari della CE”, “Miscela di mieli non originari della CE” oppure“Miscela di mieli originari e non originari della CE”, senza però che sussista l’obbligo di specificare inetichetta i Paesi di provenienza.Assolutamente vietate sulle confezioni sono invece frasi o slogan che richiamano ad ipotetici effetti positivi,terapeutici o curativi del prodotto, attribuendogli caratteristiche che esso non possiede, “imbrogliando”perciò il consumatore.L’etichettatura dell’olio di olivaIn Italia le disposizioni sull’etichettatura di origine degli oli sono contenute nel D.M. 9 ottobre 2007, cheriguarda però esclusivamente gli oli d’oliva vergini ed extravergini. E gli altri oli? Essendo consideratiprodotti di qualità inferiore, si è deciso di chiudere un occhio sulla provenienza degli stessi e delle oliveutilizzate. Per gli oli di categoria superiore, avendo costi notevolmente maggiori, si è ritenuto invece che ilconsumatore avesse il diritto di conoscerne la zona di raccolta e di produzione.In etichetta, perciò, nel caso di oli vergini o extravergini di oliva devono obbligatoriamente essere indicati ilPaese (o Paesi) di raccolta, coltivazione e molitura delle olive. Questi stati possono appartenere all’UnioneEuropea o a Paesi extraeuropei, e tutti devono essere elencati chiaramente in etichetta in ordinedecrescente a seconda delle quantità utilizzate.Se le olive sono state coltivate in un Paese diverso da quello di molitura, in etichetta vanno riportateobbligatoriamente la dicitura “Olio estratto in [Paese dove è situato il frantoio] da olive coltivate in [Paese oPaesi di coltivazione delle olive]”.Per quanto riguarda i prodotti italiani, solo gli oli a denominazione protetta (DOP, IGT, IGP) possonoriportare in etichetta la zona geografica di coltivazione o dove è situato il frantoio.La provenienza del latte fresco 9

Secondo la normativa vigente nel nostro Paese, è obbligatorio specificare il luogo di origine e provenienzadei soli prodotti appartenenti alle categorie “latte fresco pastorizzato” e “latte fresco pastorizzato di altaqualità”.Tutti gli altri prodotti lattiero caseari, come latte a lunga conservazione, yogurt o formaggi sono infattiesenti da questo obbligo, e la denominazione della provenienza viene indicata sulla confezione solo su basevolontaria. Ciò significa che i 3.5 milioni di litri di latte e derivati come cagliate, caseina, prodottisemilavorati (Fonte: Coldiretti) che ogni giorno attraversano le nostre frontiere possono impunementeentrare a far parte dei prodotti che quotidianamente consumiamo, mettendo a rischio il vero Made in Italy.Questa è una gravissima carenza dal punto di vista normativo: non ci sono garanzie per il consumatore checompra questi alimenti, e lo scandalo delle “mozzarelle blu” scoppiato di recente è solo l’ultimo dei casi diprodotti di provenienza estera di pessima qualità, se non nocivi alla salute.Il consiglio è naturalmente preferire il latte fresco e, se possibile, anche latticini e derivati di produttorilocali. Oltre ad essere di qualità sicura e controllata, si eviterà di finanziare la concorrenza sleale di prodottiesteri a basso costo che mettono a repentaglio la sopravvivenza degli allevatori italiani.La rintracciabilità della passata di pomodoroIl D.M. del 17/02/2007 impone che sull’etichetta sia indicata la zona di coltivazione dei pomodori utilizzatiper la produzione di passata; per “passata di pomodoro”, ricordiamolo, la legge intende il “prodottoottenuto dalla spremitura diretta del pomodoro fresco”, escludendo perciò quelle conserve prodotte apartire da concentrato di pomodoro reidratato.Sulle confezioni perciò deve essere indicata la zona di coltivazione del pomodoro fresco che è statoutilizzato come ingrediente della passata, permettendo quindi al consumatore di tutelarsi contro i rischidi frode e sofisticazione, ma anche consentendo di “proteggere” il settore italiano dall’aggressività deiprodotti esteri a basso costo.Sulla carta è un provvedimento efficace, ma nella pratica ha delle falle enormi. Sono esentati dall’obbligodella dichiarazione di origine, infatti, tutti i prodotti dell’industria conserviera diversi dalla passata, comepreparati per sugo, concentrati di pomodoro, ecc.. Sono molte le associazioni di consumatori e diproduttori che lottano per un’etichettatura obbligatoria anche per questi altri prodotti, ma la battaglia ètuttora in corso.Infine, una raccomandazione. Spesso la pubblicità è ingannevole, e tende a promuovere la polpa dipomodoro come un prodotto di maggior qualità rispetto alla passata. Si può essere attratti nell’acquistodalla presenza pomodoro in pezzi mentre, per quanto riguarda la passata, spesso si pensa “chissà cosa ci 10

finisce dentro”; eppure, mentre per la passata esiste la definizione chiara e univoca della legge, è dentroalla polpa non si hanno certezze di cosa ci finisca. Al momento, infatti, in Italia non esistono disciplinari perla produzione di questa conserva, che può essere ricavata anche da materia prima congelata. E,ovviamente, estera: basti pensare che nel 2009 sono stati importati ben 82mila tonnellate di pomodoroproveniente dalla CinaGli OGM (Organismi Geneticamente Modificati) e la loro etichettaturaL’Unione Europea ha emanato nel 2003 un regolamento (n. 1830) che contiene le disposizioni necessarie agarantire la tracciabilità e l’etichettatura degli OGM: non solo quella degli organismi tal quali, ma anche deimangimi e degli alimenti ottenuti a partire da OGM.In etichetta perciò i produttori sono obbligati a specificare che i prodotti commercializzati sono OGM,oppure ne contengono; al di sotto di questa dicitura deve essere riportato il codice alfanumericocorrispondente a questi OGM. Vale la pena infatti ricordare che esistono degli OGM il cui utilizzo èautorizzato dall’Unione Europea, e a ciascuno dei quali è stato assegnato un codice univoco allo scopo disorvegliare i suoi potenziali effetti sulla salute umana e sull’ambiente. Al momento dell’acquisto, sbagliarsiè impossibile: la dicitura “Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati”o “Questoprodotto contiene [nome dell'organismo]” deve essere ben visibile sulla confezione; sono altrettanto benvisibili i bollini che indicano invece i prodotti “OGM free”.Esiste tuttavia la possibilità che degli OGM siano accidentalmente presenti negli alimenti: se ciò non èdovuto alla volontà del produttore, ma è dovuto a questioni tecniche inevitabili, esiste l’esenzione didichiarare in etichetta la presenza di tracce di OGM inferiori allo 0.9% del prodotto. Cosa significa questo?Che la sicurezza al 100% di consumare alimenti senza OGM non c’è mai… 11


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