COMUNICARE, CONDIVIDERE, PARTECIPARE Piano Formativo Integrato sulla prevenzione ed il trattamento delle dipendenze Aggiornamenti informativi e buone praticheSeminario 13 marzo 2015Legislazione e effetti sociali, economici e sanitari di mercato delle sostanze psicoattive. Ruolodei mass-media
Stefano Anastasia – Docente di Filosofia del diritto dell’Università di PerugiaL’intervento di Stefano Anastasia fornisce una panoramica sull’approccio legislativo in materia didipendenze in Italia e nel resto del mondo. Di seguito i punti salienti della sua relazione. La nozione di dipendenza dal punto di vista legislativo non è univocaInnanzitutto bisogna sottolineare che la nozione di dipendenza dal punto di vista legislativo ètutt’altro che univoca: ci troviamo infatti difronte a una legislazione non omogenea e differenziata aseconda dei diversi fenomeni di dipendenza. Altra premessa: quando parliamo di dipendenze stiamofacendo riferimento a dipendenze invalidanti per le quali si rendono necessarie delle politiche disostegno. L’analisi di Anastasia va a considerare il problema delle dipendenze da sostanzeconsiderate illegali, tenendo conto che cambia il modo di rapportarsi con il problema, con chi ne fauso, con i servizi: più in generale cambia l’ordine del discorso. La frammentazione del quadro legislativo italianoAndando ad analizzare il quadro legislativo italiano notiamo una grande frammentazione, risultatodi una successione ventennale di interventi fra di loro anche contraddittori. Possiamo cosìriassumerlo: 1) La legislazione italiana in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope ha avuto una prima sistemazione organica nel 1990 con la Legge Iervolino-Vassalli, tarata principalmente sulle droghe degli anni Settanta ovvero su un’idea del consumatore di sostanze fortemente invalidato (eroinomane). Questa si configura come “legge contro la droga”, dove il contrasto del traffico si basa sul contrasto del consumo, prevedendo sanzioni amministrative e penali per i consumatori. 2) Il referendum popolare del 1993 mette in discussione la precedente legge e cancella alcune delle norme chiave della criminalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti. A partire da qui iniziano ad aprirsi le maglie dell’assistenza socio-sanitaria su questi temi (riduzione del danno). 3) Questo processo conosce un’inversione con la Legge Fini-Giovanardi del 2006: si torna a una concezione prettamente punitiva, l’intervento si incentra sui “rami bassi”, i consumatori. Non si fa distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Nel contempo si offrono maggiori opportunità per quanto riguarda gli affidamenti in prova ai servizi sociali. 4) In questo quadro è intervenuta nel 2014 la sentenza della Corte Costituzionale (32/2014) che giudica incostituzionale la Fini-Giovanardi e fa retrocedere alla situazione del ’93 con tutta una serie di problemi di ordine pratico per quanto riguarda soprattutto i giudicati. Effetti della sentenza sono: abrogazione ex tunc della Fini-Giovanardi e ritorno allo status quo ante e cioè al DPR 309/90 come modificato dal referendum. Emergono però problemi e contraddizioni per quanto riguarda la definizione delle pene che restano tutt’ora irrisolti. 5) La situazione attualmente appare frammentata, le principali modifiche intervenute sono: parziale ripristino della Fini-Giovanardi; nuovo reato di detenzione e spaccio di lieve entità. Il panorama internazionale e la tendenza a depenalizzazione e legalizzazione delle
droghe leggereIl travaglio della normativa interna ha però a che fare con la dimensione internazionale. Inparticolare facciamo riferimento alla Convenzione ONU sul traffico di sostanze stupefacenti del1988 che è alla base di tutte le fattispecie penali presenti nella legislazione italiana. Convenzionecon una ben precisa connotazione geopolitica (rapporti USA-America Latina), già contestata nel ’99dalla Bolivia e oggi ampiamente ridiscussa. Se da un punto di vista interno la situazione sembraancora abbastanza confusa, nel panorama internazionale troviamo degli spunti interessanti, in unquadro in profonda evoluzione. In particolare sta cambiando l’approccio statunitense, con ladepenalizzazione della cannabis ad uso terapeutico in molti stati USA e con un grande fermentodell’opinione pubblica. Si ha un diffuso mutamento anche in America Latina (Uruguay, Messico…)con esperienze di legalizzazione della marijuana e di tolleranza ai fini di consumo. Segnaleprincipale di questo mutamento di paradigma è la nuova Assemblea dell’ONU in materia di sostanzestupefacenti che si terrà nel 2016. Il quadro europeo: dalla riduzione del danno ai cannabis social clubPer quanto riguarda più nello specifico il quadro europeo possiamo affermare che l’Europa è ilcontinente che negli ultimi vent’anni ha avuto un’apertura maggiore alla sperimentazione dipolitiche nuove (riduzione del danno e presa in carico delle dipendenze), sia in seno all’UE, sia neisingoli paesi. Si stanno diffondendo pratiche sperimentali, come i cannabis social club nati inSpagna e oggi presenti anche in Belgio e in altri Paesi dell’Unione. Inoltre abbiamo il consolidatocaso della depenalizzazione portoghese e la nota tolleranza olandese.RISORSEFar riferimento ai mutamenti internazionali aiuta a intuire quali possano essere gli sviluppi interni.La sentenza della Corte Costituzionale del 2014 ha comunque riaperto una discussione, inoltre alivello territoriale vi è una maggiore attenzione e sensibilità. Scambi multidisciplinari fornisconoinoltre un arricchimento su temi di grande attualità e interesse pubblico.BISOGNI/PROBLEMATICITÀIn Italia abbiamo a che fare con una legislazione obsoleta e frammentata che non tiene conto deicambiamenti intervenuti a livello internazionale, ovvero di quel passaggio da un regime di indistinta“guerra alla droga” a una maggiore attenzione alla tutela della salute, distinguendo tra contrasto alleorganizzazioni criminali e sostegno socio-sanitario alle persone con problemi di tossicodipendenza.SPUNTI/PROPOSTEIl panorama internazionale offre spunti di riflessione importanti con i quali la legislazione italianadovrebbe confrontarsi. C’è un mutamento di paradigma consistente in vista dell’Assemblea delleNazioni Unite del 2016, ed è facile immaginare che un cambiamento a livello internazionale possaessere rilevante anche per le prospettive della legislazione italiana.
Maurizio Fiasco – sociologo, docente e esperto della Consulta Nazionale AntiusuraA partire da una riflessione sul modo in cui i contesti territoriali si modificano, nella distribuzionedei luoghi d’incontro tra domanda e offerta delle sostanze stupefacenti, Fiasco si interroga sulleripercussioni socio-economiche di questo mercato illegale. Un popolo di consumatoriDal 2007 l’Italia sta vivendo la più lunga crisi socio-economica dal dopoguerra, subendo unaprolungata fase di stagnazione e recessione che si ripercuote nella riduzione della capacitàproduttiva (rispetto al 2008, il PIL nazionale è crollato del 6,2%). Gli italiani sono un “popolo diconsumatori”, che non basa la propria idea di futuro sull’impiego fruttuoso di energie fisiche,mentali e collettive; la loro risposta allo squilibrio tra sovrapproduzione e sottoconsumo di beni eservizi è l’incremento del debito pubblico, familiare e aziendale. Tutto ciò comporta unavulnerabilità generale. Contabilizzazione del reddito criminaleLe attività criminali hanno un effetto redistributivo: sottraendo beni, denaro, liquidità ai detentoriche ne fanno un uso legittimo, li trasferiscono a coloro che ne fanno un uso illegale. Eppure, questeattività contribuiscono all’aumento del PIL, e da diversi anni una delibera dell’Unione Europea haimposto agli Stati membri una contabilizzazione del reddito criminale. I Paesi sono quindi costrettia rendicontare anche le entrate e quella porzione del PIL riconducibile all’economia informale eillegale. Due modelliPossiamo immaginare due modelli di circolazione del credito. Il primo, privo d’intrusioni da partedelle attività delinquenziali, prevede una circolazione degli utili che coinvolge diversi soggetti; iconsumi alimentano la produzione e alcuni risparmi si tramutano in investimenti, che attivanoulteriormente la produzione e i consumi. Questo schema prevede, dunque, un moltiplicatorepositivo, e cioè un’espansione degli investimenti e conseguentemente della produzione.Il secondo modello, invece, include gli introiti ricavati dalle attività illegali, i quali interferisconocon quelli “non criminali”, istituendo un “reddito criminale” rivolto a “consumi criminali”, tra cui ladroga. Secondo l’ISTAT, l’Italia è un Paese che prevalentemente consuma (e non produce)stupefacenti, il cui mercato rialloca i suoi ricavati in altre attività. Dal punto di vista economico,quindi, il moltiplicatore negativo è moderato, mentre risulta disastroso in una prospettiva etica esociale. Le ibridazioni della legalitàL'attività criminale si proietta in tutto il ciclo di produzione della ricchezza, come nel riciclaggio.Abbiamo infatti un reddito legale-criminale, il quale presenta una forma legale e un'originecriminale. Dinamiche di questo genere inaspriscono i fattori depressivi dell’economia, poiché gliinvestimenti illegali fanno concorrenza al settore legale dell'economia stessa, fortementepenalizzato da questi meccanismi.RISORSELa normativa europea relativa alla contabilizzazione dei dati sull’economia illegale in quantostrumento di consapevolezza del fenomeno e di ulteriore regolamentazione.
BISOGNI/PROBLEMATICITÀDifficoltà nell’individuazione degli introiti derivati da attività legali e illegali. L’ostico risanamentodelle conseguenze della crisi economica, sociale e individuale.SPUNTI/PROPOSTEIl ripristino della sovranità pubblica, per uscire dalla recessione sociale, economica e intellettuale,con rischi di snaturamento di tipo antropologico. Una ristrutturazione dell’identità collettiva,attraverso la diffusione di comportamenti produttivi e non relativi al consumo (subordinando lescelte del presente a un risultato futuro, dosando con razionalità il rapporto tra mezzi e fini,instaurando un legame intergenerazionale).
Roberto Segatori – Docente di Sociologia dei fenomeni politici dell’Università di PerugiaL’intervento del di Roberto Segatori vuole fungere da ponte tra il primo e il terzo seminario.Servendosi di una serie di testimonianze dirette raccolte in alcune indagini sociologiche fornisceuno sguardo più ravvicinato sulla situazione perugina. Il clima culturaleÈ importante partire da una premessa: in ogni società prevale un certo clima culturale, è questo chedefinisce (tra le altre cose) le trasgressioni attese, i comportamenti borderline, ecc. Ogni stagionestorica produce il suo particolare concetto di trasgressione. Il fenomeno del consumo di droga, nondiversamente da altri comportamenti collettivi, si inserisce in questo quadro. I tre mondi: consumo, spaccio e percezione della comunitàRiportando una serie di interviste Segatori mette in luce la presenza di tre mondi: “il mondo disotto”, quello sommerso del consumo delle varie sostanze, con motivazioni diverse a seconda dellasostanza utilizzata; “il mondo di mezzo”, quello dello spaccio, altrettanto variegato, di cui vengonoriportati due casi opposti ed emblematici; “il mondo di sopra”, quello dei residenti, degli studenti,dei commercianti del centro storico di Perugia, tra insicurezza e indifferenza. In più viene riportatala situazione registrata nel 2011 dalle forze dell’ordine, molto critica, oggi leggermente migliorataanche grazie al contributo delle associazioni cittadine. La droga e i giovani: un fatto “normale”Dalle due ricerche di Ambrogio Santambrogio, docente dell’Università di Perugia, sul rapporto tra igiovani delle scuole superiori e la droga emerge un dato rilevante: se nel 1994 la droga venivapercepita come un danno, nel 2012 il consumo di droga è ritenuto un fatto normale. Il rapporto sicapovolge. No ai giudizi morali: i passi da compiere per cambiare il clima culturaleL’analisi dovrebbe essere il più possibile scevra da giudizi di tipo morale; la finalità di interventi ditipo multidisciplinare dovrebbe essere quella di contribuire a cambiare il clima culturale. Sonoinfatti i climi culturali che tendono a ridefinire via via il rapporto con la devianza, gli spazi dilibertà, i valori di riferimento.RISORSEIndagini sul campo, interviste, ricerche sociologiche.BISOGNI/PROBLEMATICITÀEvitare giudizi morali nell’analisi della situazione. Concentrare l’attenzione piuttosto sull’aspettodell’illegalità, delle mafie e delle economie criminali.SPUNTI/PROPOSTEÈ necessario rafforzare il più possibile l’approccio multidisciplinare, creare una rete tra forzedell’ordine, servizi socio-sanitari, mass media, scuole e associazioni, implementando leoccasioni d’incontro.
Angela Bravi, Gian Paolo Di Loreto, Paolo Eusebi – Osservatorio epidemiologico regionaleGli interventi dei tre esponenti dell’Osservatorio epidemiologico regionale hanno voluto fornire unapanoramica statistica del fenomeno delle dipendenze visto sotto diversi aspetti, con una particolareattenzione al rapporto tra dato nazionale e dato regionale. Gian Paolo Di LoretoLo studio riguarda la presenza di detenuti dipendenti e assuntori di stupefacenti nelle quattrocarceri umbre (Perugia, Spoleto, Terni, Orvieto). I dati si riferiscono all’arco temporale 2010-2014, i rilevamenti sono stati effettuati dai SERT locali. È interessante osservare che i detenuti umbriin tutta Italia sono circa cento. Solo una minima parte della popolazione dei penitenziari dislocati inUmbria, quindi, è di estrazione locale.Il picco della presenza di dipendenti e assuntori di stupefacenti tra i detenuti in Umbria èregistrato al 31 dicembre 2011 (402, pari al 24% del totale). Da quel momento e fino a tutto il 2014(238, 17% del totale) il dato è stato in calo. Orvieto è un caso sui generis, perché ospita pochissimidetenuti, per lo più comuni (83 nel 2014). Si spiega così l’alto tasso di incidenza (37% nel 2014).Le fasce di popolazione maggiormente rappresentate tra i dipendenti e assuntori di stupefacentipresenti nelle carceri dislocate in Umbria sono quelle tra i 25 e i 34 e tra i 34 e i 44 anni. Seguonoquella tra i 45 e i 54 anni e quella tra i 18 e i 24 anni.Quanto alla classificazione dei detenuti dipendenti o assuntori il dato più interessante, relativoal 31.12.2014, è che mentre a Perugia i presenti sono in maggioranza schiacciante consumatori dieroina (76%) e i poli-abusatori (89%) nelle altre tre carceri quasi uno su due è consumatore dicocaina. Angela BraviL’intervento riprende alcuni dei concetti espressi nel seminario del 27 febbraio. Si fa riferimento altasso di mortalità per overdose da stupefacenti nella Regione (per 100mila abitanti compresi trai 15 e i 64 anni), paragonandolo al dato italiano. Il confronto in effetti impressiona: nel 2013 i mortiper overdose a livello nazionale erano lo 0,9% del totale, a livello umbro il 3,2%.Occorre rilevare alcuni elementi. Il sistema di rilevamento umbro è molto accurato, rispetto al restod’Italia, e si serve degli istituti di medicina legale degli ospedali di Perugia e Terni. Il monitoraggioè costante, e ad ampio raggio. Nel resto d’Italia si difetta di accuratezza, e il rilevamento non èomogeneo (spesso è a carico delle Prefetture).Il picco di morti per overdose in Umbria risale al 2007, quando se ne verificarono 36. È seguitoun calo, un nuovo aumento fino al 2011 (26), e un nuovo calo. Il dato più recente è quello del 2013:18 morti, di cui 14 a Perugia e 4 a Terni.Gli interventi del 118 per intossicazione acuta hanno seguito negli ultimi anni una curvairregolare. Nel 2013 sono stati 113, dei quali il 46% con codici rossi. Si riscontra una conclamatadifficoltà a diminuire l’andamento, nonostante le campagne informative.
Tornando alle morti, alcuni dati specifici. Sono dovute soprattutto ad abuso di eroina o a un poli-abuso, e interessano per lo più individui over 40. Nel 2013 il 94,4% dei morti erano maschi. Quantoalla provenienza degli individui deceduti, la stragrande maggioranza è, ed è sempre stata, umbra:nel 2013 erano il 94,4%, ma il dato non è mai sceso sotto al 75%. Gli stranieri nel 2013 eranol’11%, in calo rispetto al 25% del 2012. Nel 2013 il 72% dei decessi è avvenuto in casa.Varie le misure suggerite per la prevenzione del danno: ricorrere all’assunzione di metadone,premunirsi del farmaco antidoto Narcan, evitare di isolarsi al momento di assumere droghe,accettare e alimentare un processo di responsabilizzazione propria e delle proprie famiglie. Paolo EusebiRelazione sull’incidenza dell’abuso di alcol e fumo sulla mortalità in Italia. Si fa riferimento alconcetto di “mortalità attribuibile”: quantità di decessi che sarebbe completamente evitabile se sievitasse completamente l’esposizione della popolazione a un dato fattore di rischio.Secondo l’Istituto superiore di sanità i morti attribuibili all’alcol in Italia sono 20mila all’anno, parial 3% del totale. Quelli attribuibili al tabacco 85mila, pari al 12% del totale.In Umbria - negli anni 2010, 2011 e 2012 - i dati sono in linea con quelli nazionali. La rilevazione èstata effettuata basandosi su dati Istat e Passi e Passi d’argento. Per l’alcol si tratta di 130 decessi(1,3% del totale). Per il tabacco di 1.200 (12% del totale).
Fabrizia Bagozzi – Giornalista di «Europa», Gruppo AbeleLa narrazione giornalistica del fenomeno droga, soprattutto per quanto riguarda il versante delconsumo e dell’abuso di sostanze illegali, è fortemente mutata nel corso degli ultimi 20-30 anni. Matra operatori del settore e giornalisti il conflitto non è mai venuto meno. Di certo, esistonomolteplici ostacoli a una corretta informazione sul fenomeno droghe: un alto tasso di polemicapolitica; un concetto stesso di droga fortemente ambivalente; un impatto sempre più consistentedella letteratura, della cinematografia e delle rappresentazioni televisive del fenomeno. A questedifficoltà si sommano poi i difetti propri del racconto giornalistico, il cui più grande vizio ègeneralmente quello di decontestualizzare. Stereotipi duri a morireNel racconto pubblico il drogato diventa, nel migliore dei casi, il malato da curare, nel peggiore, ildelinquente da sanzionare. Anche le diverse sostanze vengono rappresentate con immaginifortemente stereotipate: l’eroina è il “buco nel cesso pubblico”, mentre la cocaina è “la polvere distelle”. L’automatismo “droga uguale allarme”La narrazione giornalistica del fenomeno droga, soprattutto nel secolo scorso, ha sempre fattoampio ricorso al concetto di allarme, associandolo in maniera quasi automatica al tema, senzaparticolari distinzioni tra le diverse sostanze e pratiche di consumo raccontate. Molto utilizzateanche le immagini di dannazione/inferno.Da questo punto di vista, l’avvento dell’ecstasy o MDMA alla metà degli anni ‘90, e quindil’evoluzione degli stili di consumo (droga da discoteca, droga di larghissima diffusione) harappresentato uno spartiacque, aprendo a una progressiva accettazione dal basso del consumo disostanze stupefacenti illegali. L’ecstasy ha in qualche modo svelato che la drammatizzazione delfenomeno droga non sempre corrispondeva alla realtà dei fatti. Questo progressivo cambio diprospettiva porta alla situazione odierna, in cui anche la “destra mainstream” si esprimeapertamente per la legalizzazione delle droghe leggere. Maledetti giornalisti?Condannare semplicisticamente i giornalisti per la rappresentazione che hanno dato e danno deifenomeni collegati alla droga è sbagliato. Al tempo stesso, i professionisti dell’informazionedovrebbero provare a costruire “un racconto pubblico meno parziale”. In questo sforzo i nuovimedia e i social network in particolare possono rappresentare un’opportunità importante.RISORSEL’osservazione costante nel tempo della narrazione giornalistica del fenomeno droga consente dicogliere anche come cambia la lettura sociale del fenomeno.BISOGNI/PROBLEMATICITÀServe “un racconto pubblico meno parziale” del fenomeno droga. Per questo i giornalistidovrebbero provare a contestualizzare maggiormente le notizie. Vanno superati gli “stereotipi duri amorire”
SPUNTI/PROPOSTECondannare i “maledetti giornalisti” in maniera semplicistica è sbagliato. Occorre piuttosto unmaggiore confronto con i professionisti dell’informazione. Da questo punto di vista i social mediapossono rappresentare uno strumento importante.
TAVOLA ROTONDAIL RUOLO DEI MASS-MEDIA TRA NOTIZIABILITÀ E APPROPRIATEZZA DELL’INFORMAZIONERoberto Segatori – Università di PerugiaGiuseppe Castellini – direttore del «Giornale dell’Umbria»Roberto Conticelli – «La Nazione», Ordine dei Giornalisti dell’UmbriaLorenzo Federici – Radiophonica, Perugiatoday.itRiccardo Regi – vicedirettore del «Corriere dell’Umbria»Vanna Ugolini – «Il Messaggero»Il professor Segatori mette i relatori di fronte a due questioni di fondo.La prima: vi siete mai posti il problema di come trattare, nei vostri giornali, il tema della droga, dalpunto di vista dei consumatori e del traffico?La seconda: Perugia ha vissuto male l’enfatizzazione della realtà sui media nazionali, che le ha fattoguadagnare l’etichetta di “capitale della droga”; che opinione avete in merito?Riccardo RegiQualche anno fa ci siamo trovati di fronte a una situazione per cui il sindaco in carica, era RenatoLocchi, sosteneva che il fenomeno droga non riguardava Perugia perché a morire non erano iperugini ma i forestieri. Un approccio che testimonia la difficoltà di chi amministrava la città acomprendere la realtà, e a farci i conti.Il «Corriere dell’Umbria» ha cercato di coinvolgere le forze dell’ordine perché ci spiegassero il loromodo di lavorare e vedere la realtà. Li abbiamo invitati in redazione e abbiamo avviato un dialogofruttuoso.Abbiamo poi sviluppato insieme alla Provincia un progetto nelle scuole superiori intitolato“Cronache del sabato sera”. Di fatto chiediamo ai ragazzi di raccontarci le loro esperienze. Partendodalla ricerca di Ambrogio Santambrogio (Una normalità deviante, Morlacchi, 2012) secondo cui iragazzi sono divisi tra quelli che pensano che tutte le droghe fanno male e quelli che pensano cheassumere droghe sia normale.Giuseppe CastelliniIl «Giornale dell’Umbria» in effetti si è occupato più dello spaccio che del consumo di droga.Perché a Perugia e in Umbria questo fenomeno ha avuto delle conseguenze anche politiche. Noiabbiamo sempre cercato di andarci coi piedi di piombo, anche perché abbiamo rilevato che dati epercezioni non coincidono. In ogni caso la nostra scelta è stata per certi versi anche obbligata: cimancano giornalisti competenti sul tema del consumo di stupefacenti.Nel giornalismo fa più notizia un albero che cade di una foresta che cresce. Noi proviamo araccontare anche questa foresta che cresce, quando è possibile. Poi occorre dire che una morte peroverdose a Perugia ormai non fa più notizia.In generale bisogna stare attenti al web, un mare magnum dove non è ancora avvenuta unafisiologica selezione naturale. Circola di tutto, senza filtro. Anche in fatto di droga.
Roberto ConticelliÈ vero che la «Nazione», chiede Segatori, essendo a livello nazionale una testata di destra, havoluto creare allarme sociale a discapito delle amministrazioni rosse?Innanzitutto è vero che la droga non fa più notizia. Da anni. Quanto a noi: no, non abbiamo volutocreare allarme sociale. Semplicemente, cerchiamo di indagare il fenomeno droga attraverso gliocchi della gente che vive nei quartieri, non solo al centro. Riportiamo le loro impressioni.Il vero problema è il seguente: che fa lo Stato per cercare di arginare il fenomeno droga? Le forzedell’ordine sono eccezionali, ottengono anche risultati brillanti. Ma gli altri gangli dello Stato?Perché non si fa di più per sensibilizzare la società, a partire dalle scuole?Vanna UgoliniSu tante cose la stampa è indifendibile. Ma sulla questione dello spaccio la stampa locale ha fattoun lavoro di altissimo livello. Tanto che proprio su questo è caduta la giunta Boccali. Si puòchiacchierare quanto si vuole, ma la realtà parla chiaro: a Perugia ci sono tanti morti d’overdose.Noi abbiamo studiato i meccanismi e le ragioni di queste morti. Forse a volte siamo stati sopra lerighe, ma è perché per anni la classe politica aveva voluto che tutto rimanesse troppo sotto.Il problema dello spaccio è complesso. Spesso anche i magistrati non se ne sono fatti bene carico.Segnalo il Dossier Droga (2014) di Libera e Regione a cura di Fabrizio Ricci e Matteo Tacconi. C’ètutto. è una pietra miliare della letteratura sull’argomento, senza un solo luogo comune.Lorenzo FedericiI ragazzi non si fidano dei giornali perché spesso scrivono cose fuori luogo. Equiparando drogheleggere e pesanti, per esempio. La verità è che in dieci anni a Perugia sono spariti diecimilauniversitari. Il centro della città ha subito un’evidente desertificazione: gli studenti che parlano conRadiophonica – e lo fanno senza alcun tipo di filtro, il mezzo in questo senso aiuta molto -percepiscono questo prima di tutto. Per la maggioranza di loro il problema droga non esiste. Perloro Perugia non è la capitale della droga.Su Perugiatoday spariamo titoli forti, perché siamo sicuri di quello che diciamo. Verifichiamo lenotizie, poi le diamo con titoli audaci. Sul web funziona così. L’importante è la fondatezza. Rispettoalla droga riceviamo molte segnalazioni ogni giorno. Ma non tutte sono attendibili. Internet è il FarWest, bisogna stare attenti e verificare sempre.Roberto Conticelli IISecondo Giovanni Dozzini, direttore di «Luoghi Comuni», buona parte della stampa locale ha ildifetto di non contestualizzare i fenomeni che racconta. Con particolare riferimento alla sicurezza,alla droga e allo spaccio. Perugia, a suo avviso, va sempre valutata senza dimenticare i suoiriferimenti: è una città chiamata ad affrontare opportunità e problematiche proprie di questi tempinella gran parte del mondo occidentale.Non credo che contestualizzare sia compito della stampa. I giornali devono raccontare i fatti nudi ecrudi, senza interpretazione.
Giuseppe Castellini IIA lungo Perugia non ha avuto bisogno del miglior personale dello Stato: era una città tranquilla,spesso prefetti e questori venivano qua a prepensionarsi. Da qualche tempo, quando si è capito chec’era un problema, il vento è cambiato. Ormai da parecchio abbiamo prefetti e questori di altolivello.Altro punto. Secondo me non è vero che bisogna riportare solo i fatti. Linguaggi e interpretazionicambiano sempre, da testata a testata. È vero che spesso pecchiamo in quanto a contestualizzazionedelle vicende che raccontiamo.Ultimamente, infine, la comunicazione con le forze dell’ordine si è fatta molto più fluida. Sonomolto più ben disposte a dare le notizie e a spiegare.RISORSEMaggiore apertura e volontà di comunicazione da parte delle forze dell’ordine.Iniziative nelle scuole per coinvolgere i ragazzi e farli raccontare le proprie esperienze in primapersona.Crescita del livello di preparazione e personalità del personale dello Stato in attività a Perugia,prefetti e questori in primis.BISOGNI/PROBLEMATICITA’Responsabilità della classe dirigente locale che negli anni scorsi ha sottostimato la gravità delfenomeno droga.Tendenza di parte della stampa locale a non contestualizzare la situazione di Perugia a livellostorico e politico-sociale.Le morti per over-dose ormai non fanno più notizia.Il web al momento è ancora un Far West: ancora non si è verificata una selezione naturale delletestate attendibili.Mancanze riscontrate in alcuni gangli dello Stato.SPUNTI/PROPOSTEPredisporre iniziative per la sensibilizzazione sul tema su vari fronti, insistendo con le scuole.Fare sempre maggiore attenzione nel recepire le segnalazioni via web.I giornalisti locali dovrebbero sforzarsi di non enfatizzare troppo la situazione perugina e umbra,accettando la sfida di un’informazione più completa e che non prescinda dai processi ditrasformazione in atto in tutte le società occidentali contemporanee.
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