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Guida di Verrès

Published by WeeJay Informatica, 2020-04-09 07:18:56

Description: Guida di Verrès

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Collegiata notizie storiche e Castello di VERRES PE dizioni edrini 1

la Collegiata il Castello www.infoeventi.org tutti i diritti riservati © Copyright anno 2020 2

St. Gilles la Collegiata Il complesso religioso della collegiata Fondata di Saint Gilles è un prezioso monu- mento storico di Verrès da conoscere nel MILLE e scoprire. Meno noto dell’inconfon- dibile castello che con la sua forma cubica e la sua posizione arroccata caratterizza il profilo del paese, il priorato è pa- ragonabile ad un pregiato scrigno che conserva all’interno un tesoro artistico. La sua storia si perde nella notte dei tempi della cristianità. Per un’iscrizione incisa su di un muro dell’antico refettorio che riportava l’anno 911, fon- ti farebbero risalire la fondazione del convento al volere di Gisla, figlia di Berengario, re d’Italia ed imperatore d’occidente e, moglie di Adalberto marchese di Ivrea. Una diversa interpretazione storica ne attribuirebbe la fondazione ai potenti marchesi del Monferrato alcuni decenni succes- sivi, certa comunque è la datazione del 1.050 del primo documento sul quale vengono menziona- ti i canonici di Saint Gilles a Verrès. Conservata nell’archivio della prevostura, la Charta Augustana riporta la donazione di appezzamenti di terreno da parte di tale Guglielmo di Montjovet ai canonici Sanctii Egidi. L’ordine dei canonici di Saint Gilles trova origine nei pressi di Arles in Provenza dove un religioso di nome Egidio (Gilles in francese) proveniente dalla Grecia fondò l’omonimo monastero. La leggenda vuole che Egidio vivesse da eremita in compagnia di una cerva che gli forniva il latte, il re dei Goti durante una battuta di caccia scagliò una freccia per catturare l’animale ma colpì ad una gamba il 3

religioso che si era posto a scudo per proteggerla. Il re impressionato dal gesto donò all’eremita le terre sulle quali egli fece ergere l’abazzia. La fama di Egidio giunse anche al re Carlo Martello che gli rivolse la supplica per essere perdonato da un im- pronunciabile peccato. Saint Gilles, la cui ricorrenza religiosa cade nel giorno della sua morte il 1° di settembre, è invoca- to contro le paure, la follia ed il delirio della febbre. La presenza a Verrès a cavallo dell’anno mille di una comunità dell’ordine testimonia l’e- sistenza di legami politici e culturali fra la Valle d’Aosta e la Provenza in quanto entrambe le aree geografiche appartennero fra il 934 ed il 1.032 al secondo Regno di Borgogna. La bolla papale del 1207 del pontefice Innocenzo III, tutt’ora conser- vata nell’archivio del priorato, informa che i cano- nici di Saint Gilles seguivano la regola agostiniana, ispirata all’epistola 211 di Sant’Agostino. Nell’anno 1113 il decreto del vescovo Boson affi- dava ai canonici la parrocchia di La Thuile ed una bolla di papa Alessandro III, datata 21 dicembre 1180, autorizzava la donazione delle parrocchie di Arnad e di Chambave. Nel 1182 l’abazia benedettina Fruttuaria del Cana- vese in Piemonte cedette alla prevostura di Saint Gilles tutti i propri beni posseduti in Valle d’Aosta fino a Bard, determinando così l’espansione ter- ritoriale della collegiata che negli anni successivi divenne l’istituzione religiosa più importante della Valle d’Aosta. Il priorato arrivò a contare alle sue dipendenze sessanta benefici ecclesiastici quali chiese, parrocchie ed ospizi nella diocesi di Aosta; dodici in quella di Ivrea; uno nella città di Vercelli 4

e sette in quella di Moûtiers in Tarantasia nel terri- torio savoiardo dello Stato Sabaudo. (Non è infatti casuale che ai giorni nostri il comune di Moûtiers sia gemellato con quello di Verrès). Ai piedi degli edifici della collegiata, che domina la Place ed il quartiere del Martorey sviluppati sulla destra oro- grafica dell’Evançon, iniziava il sentiero detto La Bastiotta che risaliva la Valle di Challand (ora detta Valle d’Ayas). La mulattiera era una delle più im- portanti vie commerciali e di comunicazione fra la Lombardia, la pianura padana ed il nord dell’Eu- ropa attraverso il colle del Teodulo e la Svizzera. Indicata come Krämerthal (valle dei mercanti) la mulattiera era percorsa da carovane di merci pro- venienti dall’oriente e l’attivo transito lascia pre- sagire al clima di curiosità e di vivacità culturale che si diffondeva intorno alle novità portate dai mercanti fra la popolazione locale di quell’epoca storica, poi definita buia. La vita dei religiosi nella collegiata di Saint Gilles durante il periodo medio- evale la possiamo immaginare un po come quella nel monastero descritto nel romanzo di Umberto Eco Nel nome della Rosa, con lo scrittorio, il chio- stro ed i religiosi dediti ad una vita di studi, di pre- ghiera e di meditazione. La collegiata verreziese era peraltro un’importante scuola per la formazio- ne del clero alla quale affluivano novizi apparte- nenti a famiglie nobili avviati alla vita ecclesiastica e religiosi che approfondivano studi teologici. Verso la metà del 1300 agli edifici della prevostura vennero eseguiti lavori di manuten- zione ed ampliamento come la ricostruzione di un’intera ala della casa parrocchiale, grazie agli in- terventi finanziari di influenti famiglie nobili locali. 5

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Erano queste infatti a garantire il sostentamento della comunità religiosa con donazioni e lasciti, nel 1227 protezione al priorato fu offerta dal conte Tommaso I di Savoia che ne vincolò al servizio il castellano di Châtelargent. Il periodo di massimo fulgore del priorato fu raggiunto quando la colle- giata nel basso medievo rientrò sotto l’egida della nobile famiglia Challant, infeudata sul territorio. Ibleto di Challant, capitano del Piemonte, con- sigliere di tre generazioni dei conti di Savoia ed abituale frequentatore dei palazzi sabaudi, fu uno fra quelli che maggiormente incisero sulla storia della collegiata. E’ datata 27 marzo 1393 la stipula dell’atto fra Ibleto ed il prevosto Hugues de l’Epi- ne che concedeva la deviazione delle acque del torrente Evançon, convogliate nel ru Herbal da Champlan de Ville Challand, affinchè potessero essere canalizzate per irrigare i terreni della pre- vostura situati nella zona collinare di Quassù resi aridi dalla siccità, in cambio della celebrazione di periodiche funzioni religiose a commemorazione dei defunti della casata Challant. La collegiata di- sponeva infatti di fertili campi coltivati a vite, ce- reali, frutteti ed uliveti che soddisfacevano buona parte del proprio fabbisogno. La produzione ed il consumo di olio di oliva denota la raffinatezza delle abitudini di vita riservate alle eminenti figu- re del clero. Tutt’ora piante di ulivo sono coltivate nell’area circostante la collegiata chiamata Paliné che gode evidentemente di una posizione partico- larmente difesa da condizioni climatiche avverse come le basse temperature invernali. Se nella seconda metà del XIV sec Ibleto di Chal- lant, il Capitano, volle l’edificazione del maestoso castello sulla sponda opposta dell’Evançon che 7

con la sua imponenza celebrasse idealmente la grandezza della sua stessa figura, passata l’ap- prossimativa età settant’anni, egli progettò la sua ultima dimora. Nel 1405 vennero così avvia- ti, nell’area cimiteriale circostante la chiesa della collegiata, i lavori per la realizzazione della cripta funeraria e la sovrastante cappella dedicata No- tre-Dame ed a San Giorgio con all’interno due al- tari, uno di questi dedicato a Maria Maddalena, forse a voler richiamare le giovanili avventure in terra santa del committente. Ibleto morì il 25 settembre del 1409, presumibilmente nel suo ca- stello di Verrès, e le spoglie furono deposte nella cripta della cappella sepolcrale dove sul sarcofago venne adagiata la ricca armatura, gli speroni d’oro, l’elmo e la spada. Alla data della sua morte i lavori di realizzazione della cappella non era ancora stati completati e solo il 21 dicembre del 1410 l‘edificio venne consacrato. Ad officiare la cerimonia fu il vescovo di Vercelli Jacques di Canalis in quanto la sede vescovile di Aosta era vacante per la morte del vescovo Pierre de Sonnaz, avvenuta il 18 gen- naio e non ancora sostituito. Nel suo testamento Ibleto predispose che ogni anno nell’anniversario della sua morte fosse di- stribuito gratuitamente pane ai poveri di Verrès e fossero versati 180 lire della moneta corrente alla collegiata di Saint Gilles per le messe di suffragio. Il prevosto di Saint-Gilles Sulpice de Baulun fu incaricato per la cura della cappella e per la cele- brazione delle messe. Dall’insediamento a Verrès della confraternita del Santissimo Sacramento il 18 marzo del 1640, la cappella divenne poi sede per i loro esercizi spirituali. L’edificio richiamava la forma cubica del castello prospiciente e domina- 8

va la place con la finestra gotica a trifora ogivale, internamente la notevole volta a crociera quadrata con archi cordonati in pietra rendeva la cappella una fra le opere più raffinate dell’architettura goti- ca di tutta la regione. L’affresco presente è invece certamente di epoca successiva all’edificazione della cappella anche se di incerta datazione ed è insolito il soggetto raffi- gurato che riproduce la lotta fra san Giorgio ed il drago alla presenza di una dama e di un fanciullo, anzichè della consueta principessa da liberare. Fra le ipotesi interpretative si attribuiscono alle due figure i nomi della contessa Giovanna Antrevet de Coursans e di suo figlio Luigi, terzo conte di Challant, ritratti nell’atto di ringraziare il santo per l’assegnazione del titolo comitale al loro ramo del- la casata. Una lunga e sanguinosa lotta alla suc- cessione per anni aveva infatti visto Catherine, la figlia del primo conte Francesco, difendere contro i cugini la volontà testamentaria del padre di tra- smettere il titolo ad una donna. Assegnatario del titolo di priore, intorno agli anni 80 del XV sec, fu Giorgio di Challant che contemporaneamente lo era della collegiata di Sant Orso ad Aosta, egli però vi rinunciò in favore del giovane cugino Carlo del quale ne era stato tutore. Carlo, fratello del IV conte di Challant Fili- berto, rivestì così il ruolo nel priorato di Verrès dal 1484 al 1518. Di Giorgio di Challant, anche arte- fice della trasformazione del maniero di Issogne nell’elegante dimora della nobile famiglia, bisogna sottolineare che quale influente ecclesiastico tra- sformò la carica di priore in una commenda così da sciogliere il titolare dall’obbligo di risiedere nel 9

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convento e di osservare la regola monastica. Alla luce del nuovo profilo della carica nel 1512 Carlo, investendo ingenti risorse economiche, av- viò massicci lavori di ampliamento al complesso religioso per realizzarvi una prestigiosa residenza. Fu così aggiunta all’edificio della prevostura una nuova ala della quale un lato si chiude con l’erezio- ne di una torre quadrata, in linea con il preesisten- te campanile romanico. Ad anello intorno alla nuo- va torre il committente fece scolpire, in caratteri epigrafici romani, l’iscrizione: “Karolus de Challant hujus praepositurae comendatarius fabricam hanc suam penitus a fundamentis erexit anno domini millesimo quingentesimo XII”. Sopraelevata poi della cella campanaria in un successivo intervento della fine del settecento, la torre presenta impor- tanti quanto inutili mensole in pietra, riccamente scolpite con motivi gigliati di chiaro richiamo al gotico flamboyant francese. Agli spigoli due nic- chie ospitano, su raffinate mensole a nuvola di derivazione nordica, le statue di sant Egidio e di san Grato. Si distingue per la ricca modanatura in pietra con grandi bugne a testa di diamante anche la finestra quadrata della camera priorale. Nello stesso anno Carlo fece anche edificare, su terreni di proprietà del priorato che si estendeva- no in località Mas, la cascina con la torre colomba- ia chiamata la Murasse. Il 13 febbraio del 1533, il pontefice Cle- mente VII concesse il diritto di patronato sulla pre- vostura, che attribuiva anche la facoltà di nomina- re il superiore della collegiata, al conte di Challant. A detenere il titolo era allora Renato, figlio del fratello di Carlo, che nel 1545 nominò priore suo 11

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figlio naturale Francesco, già canonico a Saint Gil- les. Singolare la motivazione che portò Francesco ad intrapprendere la via per una vita ecclesiastica. Renato, quinto conte di Challant, era infatti sposa- to in seconde nozze con la nobildonna portoghese Mencia di Braganza ma la coppia aveva solamente due figlie femmine ed il fatto, vigendo la legge sa- lica che imponeva la successione del titolo al solo primogenito maschio, lo affliggeva particolarmen- te. Avendo egli avuto da un’altra donna un figlio maschio, prima di partire per una delle tante me- diazioni da ambasciatore che i duchi di Savoia gli affidavano tendolo lontano per lunghi periodi dalla sua contea, confidò alla moglie un suo desiderio. Renato aveva infatti ipotizzato di riconoscere le- galmente il figlio nato fuori dal matrimonio che sarebbe così stato incluso nell’asse ereditario ed alla sua morte avrebbe acquisito il titolo di conte, altrimenti assegnato ad un altro ramo della nobile famiglia valdostana. Donna Mencia, preoccupata per il futuro delle sue due figlie Filiberta ed Isabel- la, incontrò il giovane Francesco per riferirgli che il padre Renato avrebbe desiderato al suo ritorno vederlo indossare la veste talare. L’ignaro, orgo- glioso di compiacere al desiderio dell’autorevole genitore, fece immediato ingresso al seminario di Saint Gilles cosicchè Renato, al suo rientro, non potè che prendere atto della situazione. Con il XVII sec per la collegiata cominciò una fase di forte decadenza con il distacco di nu- merose parrocchie, prevosto dal 1635 era Carlo Emanuele Madruzzo: principe -vescovo di Trento; ottavo conte di Challant; nipote di Isabella la figlia di Renato, che cercò di arginare il declino con una 13

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rigorosa riforma attuata anche con l’unione nel 1648 dei canonici di S. Gilles con quelli di Lorena del Santissimo Salvatore, presenti nella regione da quattro anni presso il collegio Saint Bénin di Aosta. L’unione dei due ordini durò fino al 1717, quando il conte Giorgio Francesco di Challant fece intervenire il re Vittorio Amedeo II di Savoia per espellere da Verrès i canonici lorenesi. Nella seconda metà del 1700 il prevosto Nicolas Amédée Bens, nativo di Verrès, decise l’edifica- zione di una nuova chiesa parrocchiale. La realiz- zazione di un edificio di culto più ampio fu motiva- ta dall’incremento demografico della popolazione locale, risulta infatti da un atto datato 27 giugno 1786 che le anime fossero settecento ottantuno. Costruita in stile barocco fra il 1776 ed il 1797, la nuova chiesa inglobò nella struttura la cappella sepolcrale di Ibleto di Challant e determinò il com- pleto abbattimento di quella romanica preesisten- te della quale ne rimane a testimonianza solo il raffinato portale, a modanatura in pietra a cordone incrociato riposizionato sull’accesso del priorato. Alla cappella tardomedievale fu abbattuta la pa- rete della facciata mentre il portale di ingresso, ruotato di 90 gradi, fu riutilizzato come accesso principale alla nuova chiesa. La fonte battesimale fu un dono del comune di Verrès che commissionò l’opera allo scultore Pier- re Alliod di Ayas ed anche la torre, voluta da Carlo di Challant, fu sopraelevata della cella campanaria e vi fu collocato l’orologio. L’idea di inglobare l’an- tica cappella alla nuova opera non si rivelò però così scontata in quanto l’edificio era ancora di proprietà degli eredi della nobile famiglia. I religio- si presero contatti con il conte Carlo Francesco 15

Ottavio che però morì prima della conclusione della trattativa, portata poi a termine con il figlio Francesco Maurizio Gregorio. Questi, per accon- sentire, pose come clausola che alla sua morte la sua salma fosse deposta nella cripta di Ibleto e così avvenne nel maggio del 1796. Francesco Maurizio Gregorio si spense a Torino dove, con la moglie Gabriella Canalis di Cumiana (nipote di Vittorio Alfieri), risiedeva per obblighi di frequen- tazione alla corte dei Savoia e dove svolgeva per passione ricerche scientifiche. Con la sua scom- parsa si estinse la dinastia degli Challant. La notte del 25 maggio 1800 le stan- ze della collegiata ospitarono il primo console di Francia Napoleone Bonaparte che pochi giorni prima aveva valicato il colle del Gran San Ber- nardo per raggiungere le sue truppe, scese per combattere la seconda campagna d’Italia. La col- legiata era infatti stata scelta dal comandante in campo dell’Armée de Réserve Alexandre Bertier come base per studiare i piani d’attacco al vicino forte di Bard che opponeva resistenza all’avanza- ta dell’esercito francese. Ad accogliere Napoleo- ne fu l’abate Jean François Chentre che poi nei mesi successivi, quando l’occupazione francese divenne operativa e furono attuate le norme che ridimensionavano drasticamente il potere eccle- siastico, assunse forti posizioni contrarie. Egli fu infatti tra gli ideatori del secondo Régiment des socques, l’insurrezione di una parte della popola- zione valdostana contraria alle innovazioni sociali che i giacobini abbracciavano. A scatenare la rivol- ta fu l’imposizione di staccare dai campanili tutte le campane, tranne quella che richiamava i fedeli 16

in chiesa per le funzioni, perchè il loro metallo fos- se fuso per battere moneta. Il prevosto Chentre venne arrestato il 20 gennaio del 1801 e portato nelle carceri di Ivrea da dove fu scarcerato solo dopo alcuni mesi di detenzione. Il primo settem- bre del 1802 il governo transalpino soppresse la congregazione appropriandosi dei loro beni ed ob- bligando i religiosi ad abbandonare la prevostura, il patronato della chiesa dai signori di Challant passò direttamente ai Savoia. Dopo la caduta del gover- no napoleonico, Vittorio Emanuele I, nel gennaio 1816 ristabilì la Congregazione nella sua sede ma solo pochi anni dopo la legge Rattazzi dello stato Sardo del 1855 autorizzò l’esproprio generalizza- to dei patrimoni ecclesiastici ed i terreni e gli ap- pezzamenti di proprietà dei canonici nelle località Martorey e Murasse furono confiscati ed assog- gettati ad un regime di libero mercato che ne rese possibile l’acquisizione da parte dei privati cittadi- ni. Per volere di papa Pio X, dall’8 giugno 1911 la congregazione dei canonici di Saint Gilles fu unita ai Canonici Regolari Lateranensi di S. Giovanni in Laterano e nel 1926 la prevostura venne elevata ad abazia. I prevosti di Saint Gilles rivestirono nel tempo importanti incarichi come consiglieri e con- fessori di conti e di duchi di Savoia e del delfino di Francia, una galleria di ritratti di molti di loro, e fra questi oltre ai citati si annovera anche Cristoforo della Rovere nipote del papa Sisto VI, è conser- vata nel corridoio degli appartamenti del priorato. Pergamene, libri antichi, bolle papali e documenti sono invece conservati nella ricca e preziosa bi- blioteca dell’abbazia. 17

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Castello di Verres Cubo perfetto di 30 metri di lato, la rocca di Verrès compatta e soli- il Cubo da rappresenta la fortezza per ec- Perfetto cellenza ed esprime il carattere e l’importanza di Ibleto, signore di Challant, che nella seconda metà del XIV sec lo eresse per farne la sua abitazione. Della maestosa opera è certa la data della fine dei lavori nel 1390, come testimonia l’incisione a ca- ratteri gotici sul portale in pietra di accesso ad una delle sale del primo piano: “M.CCC.LXXXX. Magnificus dominus Eballus do- minus Challandi Montisioveti, etc etc aedificare fecit hoc castrum viventibus egregiis viris Franci- sco de Challant dominus de Bossonem et Castel- lionis et Johannes de Challant domino de Cosso- na eius filiis”. Le cronache riportano inoltre che l’inaugurazione avvenne il 21 agosto di quell’anno alla presenza del conte Amedeo VII di Savoia det- to il Conte Rosso che dal 1 marzo del 1383, in se- guito alla morte del padre Amedeo VI, era sovrano del regno sabaudo. Progettata nell’ottica delle nuove strategie militari che all’epoca si stavano affinando con l’avvento delle prime armi da fuoco, la fortezza di Verrès rappresentò un’innovazione del concetto di ca- strum medievale. La progettazione fu frutto di una collaborazione fra architetti di diversa formazione e provenienza, leggibile fra le scelte costruttive in alcuni casi ritrovabili in manufatti coevi nei territori sabaudi oltre che lombardi, piemontesi e del nord Europa. La sua posizione arroccata rendeva il castello ine- 23

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spugnabile e risultava strategica per la difesa del territorio di Verrès oltre che della via francigena e dell’imbocco della valle di Challand. Il percorso di accesso obbligava il cavaliere in visita ad offri- re sempre alle sentinelle di guardia al maniero il fianco destro, una saracinesca scorrevole in sca- nalature del portale in pietra, mossa da sistemi a carrucola, isolava il locale di accesso e botole con- sentivano un sistema di comunicazione interna fra ambienti di livelli diversi. Perimetralmente sullo spessore superiore del- le mura è realizzato un camminamento di ronda coperto a cornice del edificio coronato con 148 caditoie ad aggetto, realizzate con l’uso del matto- ne secondo una tecnica costruttiva rintracciabile in Piemonte e Lombardia ma insolita per il luogo. L’aspetto austero dell’esterno della struttura è in- gentilito da undici maestose finestre a bifora ogi- vali tutte diverse fra loro e da pregevoli esempi di monofore che si aprono su ognuno dei quattro lati, mentre sono notevoli i portali scolpiti di ac- cesso agli ambienti interni. In ogni sala imponenti camini, proporzionati alle superfici da scaldare, compongono un’importante elemento d’arredo. Le camere da letto del piano padronale, destina- te ai Signori del feudo ed agli ospiti illustri, erano inoltre dotate di servizi igienici, a conferma della volontà di Ibleto di realizzare una fortezza bellica che consentisse però di dimorarvi con tutti gli agi ed i confort disponibili alla fine del XIV sec. Gioiello dello scrigno, magistralmente architetta- to dal genio creativo di Ibleto, resta comunque lo scalone in pietra ad archi autoportanti che, dal cor- tile quadrato interno con un andamento ad elica quadrata, conduce ai piani superiori. 25

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Edificato sui resti di una precedente costruzione fortificata, una torre o una casaforte appartenuta ai Signori di Verrès, presumibilmente la cisterna con una capacità di 54 mila litri per la raccolta delle acque piovane scavata nella roccia ed il corpo di guardia con le celle delle prigioni sono elementi già appartenenti al preesistente edificio, come an- che il portale in pietra sormontato da una lunetta a tutto sesto ricollocato ad accesso della grande sala nel lato est del piano terra. Nel 1536 Renato di Challant, erede del titolo comi- tale e del feudo, ben conscio della delicata situazio- ne politica della corte sabauda con l’occupazione francese dei territori della Savoia e del Piemonte, decise di fortificare ed ammodernare il castello. Per la realizzazione dell’opera Renato si avvalse della competente collaborazione del capitano spa- gnolo Pietro de Valle, esperto ingegnere militare definito sul libro paga ‘magister lathomum’. Fu così eretta la cinta muraria progettata con speroni a contrafforte, munita di alloggiamenti per canno- ni e spingarde il cui accesso era consentito da un ponte levatoio. Sull’arco del nuovo ingresso la lapide celebrativa riporta gli stemmi del conte e della seconda mo- glie Mencia di Braganza, fra i due un’iscrizione in latino elenca i titoli del signore al quale il maniero apparteneva ed i lavori eseguiti per abbellirne l’in- terno e munirne l’esterno di fortificazioni belliche. 27

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