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Fiabe dei Fratelli Grimm

Published by WeeJay Informatica, 2020-04-08 10:58:09

Description: Fiabe dei Fratelli Grimm

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le fiabe dei fratelli Grimm Cappuccetto Rosso Raperonzolo i Musicanti di Brema illustrazioni di Vanda Sarteur PE dizioni edrini

Breve biografia dei fratelli Grimm Figli di un giurista, i due bambini trascorsero i primi anni della loro giovinezza a Steinau e frequenta- rono il liceo a Kassel. Rispettiva- mente dal 1829 e dal 1839 furono professori a Kassel. A causa della partecipazione alla protesta dei “Göttinger Sieben” furono banditi dal paese. Dal 1840 circa vissero entrambi a Berlino, città in cui morirono: Ja- cob il 20.9.1863, mentre suo fratello Wilhelm il 16.12.1859. Jacob Grimm Professore di lettere antiche e bibliotecario di Gottinga, fu destituito nel 1837 a causa delle sue idee liberali. Nel 1840 Friedrich Wilhelm IV lo chiamò a Berlin. Con il fratello Wilhelm Karl (17861859), pubblicò una raccolta di Saghe tedesche (Deutsche Sagen, 1816-1818) e una di Fia- be (Kinder und Hausmärchen, 1812-1822), riprese dalla viva voce del popolo. Sono testi orali, che spesso propongono motivi di altri paesi. I curatori vedevano in essi le tracce di antichissime credenze. Le due raccolte ebbero vasta risonanza. Fiabe (1812-1815) Sollecitati da Achim von Arnim e Clemens Brentano i fratelli Grimm raccolsero dal 1807 brevi racconti di prosa, in prevalen- za dall’Assia, che definirono fiabe popolari. Queste fiabe rac- contano di esperienze e desideri umani che vengono espressi in motivi ricorrenti, ogni volta con variazioni e nuove combinazi- oni. Esse coniugano il soprannaturale-portentoso con il razio- nale-terreno e di regola hanno una funzione didattico-morale. Questo spiega il loro finale che premia sempre i protagonisti innocenti ed altruisti.

PRESENTAZIONE Le fiabe sono luoghi della mente nei quali, almeno fino a qualche ge- nerazione fa, i bambini vivevano da fantasiosi coprotagonisti. Fiabe narrate per secoli da voci familiari poi trasformate dalla tecnologia in disegni animati proiettati al cinema, in voci ascoltate dai mangiadi- schi, in fiabe sonore, fino ad app per gli smartphone, ma che hanno da sempre esercitato il fascino del mondo magico. I testi delle fiabe sono sempre stati accompagnati da illustrazioni, ognuno di noi conserva nella propria memoria quei disegni che han- no stimolato il nostro immaginario e l’artista Vanda Sarteur regala ai lettori di questo volume colorate interpretazioni attualizzate dei mondi incantati dei fratelli Grimm. Delle tre fiabe raccontate in questo volume ‘Cappuccetto Rosso’ è certamente la più conosciuta, l’avventura fra la bambina, la nonna ed il lupo è infatti ancora oggetto di contemporanea citazione in spot pubblicitari, seppur adattati allo sviluppo cognitivo dei bambini del- la società contemporanea. Ma le fiabe narrano di paure ataviche, di pericoli subdoli presenti nella natura umana ed una lettura attualizza- ta può consentire di affrontare, con delicatezza, argomenti forti che i mass media a volte enfatizzano. E se la strega cattiva che rapisce la bella Raperonzolo nel secondo rac- conto del volume rientra nel classico schema fiabesco, non sarà il prin- cipe azzurro a salvare la fanciulla, anzi lui ne è la causa della sventura. Certo uno sviluppo inaspettato per la società maschilista dell’800 nel quale la fiaba fu scritta, per di più da autori uomini. ‘I Musicanti di Brema’ è invece la fiaba emblematica al rispetto degli animali, creature descritte come capaci di sentimenti e consapevolez- ze, ambientata in un luogo specifico a stimolo di conoscenze geogra- fiche. Le fiabe restano comunque ancora uno dei mezzi per viaggiare nel tempo, in mondi lontani o di fantasia e questa pubblicazione può di- ventare uno strumento con il quale adulti e bambini, genitori e figli condividono nuovi brevi momenti insieme, alternativi ai moderni sti- moli. Utilizzate per trasmettere valori e saperi fra generazioni, le fiabe erano strumenti per insegnare a distinguere il bene dal male, il buono dal cattivo secondo le credenze della società nelle quali erano narrate. Patrimonio culturale antico, anch’esse hanno contribuito all’evolvere della nosta società, così da portarci ad essere ciò che adesso siamo. Chissà che trasmettere alle generazione future la conoscenza delle antiche fiabe non possa rilevarsi una bella storia.

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Cappuccetto Rosso C’ era una volta una dolce bimbetta; solo a vederla le volevan tutti bene, e spe- cialmente la nonna che non sapeva più che cosa regalarle. Una volta le regalò un cap- puccetto di velluto rosso, e poiché‚ le donava tan- to, ed ella non voleva portare altro, la chiama- rono sempre Cappuccetto Rosso. Un giorno sua madre le disse: “Vieni, Cappuccetto Rosso, eccoti un pezzo di focaccia e una bot- tiglia di vino, portali alla nonna; è debole e malata e si ristorerà. 6 7

Sii gentile, salutala per me, e va’ da brava senza uscire di strada, se no cadi, rompi la bottiglia e la nonna resta a mani vuote.” - “Sì, farò tutto per bene,” promise Cappuccetto Rosso alla mamma, e le die- de la mano. Ma la nonna abitava fuori, nel bosco, a una mezz’ora dal villaggio. Quando Cappuccetto Rosso giunse nel bosco, incontrò il lupo, ma non sapeva che fosse una be- stia tanto cattiva e non ebbe paura. “Buon giorno, Cappuccet- to Rosso,” disse questo. - “Grazie, lupo.” - “Dove vai così presto, Cappuccet- to Rosso?” - “Dalla nonna.” - “Che cos’hai sotto il grembiule?” - “Vino e fo- caccia per la nonna debole e vecchia; ieri abbiamo cotto il pane, così la rinforzerà!” - “Dove abita la tua nonna, Cappuccetto Rosso?” - 8

“A un buon quarto d’ora da qui, nel bosco, sotto le tre grosse quer- ce; là c’è la sua casa, è sotto la macchia di noccioli, lo saprai già,” disse Cappuccetto Rosso. Il lupo pensò fra se’: Questa bimba tenerella è un buon boccone prelibato per te, devi far in modo di acchiapparla. Fece un pezzetto di stra- da con Cappuccetto Rosso, poi disse: “Guarda un po’ quanti bei fiori ci sono nel bosco, Cappuccetto Ros- so; perché‚ non ti guardi attorno? Credo che tu non senta neppure come cantano dolcemente gli uc- cellini! Te ne stai tutta seria come se andassi a scuola, ed è così al- legro nel bosco!” Cappuccetto Rosso alzò gli occhi e quando vide i raggi del sole filtrare attraverso gli alberi, e tutto intorno pieno di bei fiori, pensò: Se porto alla nonna un mazzo di fiori, le farà piacere; è così presto che arrivo ancora in tempo. 8 9

E corse nel bosco in cerca di fiori. E quando ne aveva colto uno, credeva che più in là ce ne fosse uno ancora più bello, correva lì e così si adden- trava sempre più nel bosco. Il lupo invece andò dritto alla casa della nonna e bussò alla porta. “Chi è?” - “Cappuccetto Rosso, ti porto vino e focaccia; aprimi.” - “Non hai che da alzare il saliscen- di,” gridò la nonna, “io sono trop- po debole e non posso alzarmi.” Il lupo alzò il saliscendi, entrò, e senza dir mot- to andò dritto al letto della nonna e la inghiottì. Poi indossò i suoi vestiti e la cuffia, si coricò nel letto, e tirò le cortine. Ma Cappuccetto Rosso aveva girato in cerca di fiori, e quando ne ebbe raccolti tanti che più non ne poteva portare, si ricordò della nonna e si mise in cammino per andare da lei. Quando giunse si meravigliò che la porta fosse spalan- cata, ed entrando nella stanza ebbe un’impres- sione così strana che pensò: “Oh, Dio mio, che paura oggi! e dire che di solito sto così volentie- ri con la nonna!” Allora si avvicinò 10

al letto e scostò le cortine: la non- na era coricata con la cuffia ab- bassata sulla faccia, e aveva un aspetto strano. “Oh, nonna, che orecchie grandi!” - “Per sentirti meglio.” - “Oh, nonna, che occhi grossi!” - “Per vederti meglio.” - “Oh, nonna, che mani grandi!” - “Per afferrarti meglio.” - “Ma, nonna, che bocca spaventosa!” - “Per divorarti meglio!” 10 11

E come ebbe detto queste parole, il lupo balzò dal letto e ingoiò la povera Cappuccetto Rosso. Poi, con la pancia bella piena, si rimise a letto, s’addormentò e incominciò a russare sonora- mente. Proprio allora passò lì davanti il caccia- tore e pensò fra se’: “Come russa la vecchia! devi dar- le un’occhiata se ha bisogno di qualcosa.” Entrò nella stanza e avvicinandosi al letto vide il lupo che egli cercava da tempo. Stava per pun- tare lo schioppo quando gli venne in mente che forse il lupo aveva ingoiato la nonna e che po- teva ancora salvarla. Così non sparò, ma prese un paio di forbici e aprì la pancia del lupo addor- mentato. Dopo due tagli vide brillare il cappuc- cetto rosso, e dopo altri due la bambina saltò fuori gridando: “Che paura ho avuto! Era così buio nella pancia del lupo!” Poi venne fuori anche la nonna ancora viva. E Cappuccetto Rosso andò a prendere dei gran pietroni con cui riempirono il ventre del lupo; 12

quando egli si svegliò fece per correr via, ma le pietre erano così pesanti che subito cadde a terra e morì. Erano contenti tutti e tre: il cacciatore prese la pelle del lupo, la nonna mangiò la focaccia e bevve il vino che le aveva portato Cappuccetto Rosso; e Cappuccetto Rosso pensava fra se’: “Mai più correrai sola nel bosco, lontano dal sentiero, quando la mamma te lo ha proibito.” fine 12 13

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Raperonzolo C’ era una volta un uomo e una donna che da molto tempo desideravano invano un bimbo. Finalmente la don- na scoprì di essere in attesa. Sul retro della loro casa c’era una finestrella dalla quale si poteva vedere nel giardino di una maga, pie- no di fiori ed erbaggi di ogni specie. Nessuno, tuttavia, osava entrarvi. Un giorno la donna stava alla finestra e, guar- dando il giardino vide dei meravigliosi rape- ronzoli in un’aiuola. Subito ebbe voglia di mangiarne e, siccome sapeva di non poterli avere, divenne magra e 14 15

smunta a tal punto che il marito se ne accor- se e, spaventato, gliene domandò la ragione. “Ah! Morirò se non riesco a man- giare un po’ di quei raperonzoli che crescono nel giardino dietro casa nostra.” L’uomo, che amava la propria moglie, pensò fra se’: “Costi quel che costi, devi riu- scire a portargliene qualcuno.” Così, una sera, scavalcò il muro, colse in tut- ta fretta una manciata di raperonzoli e li por- tò a sua moglie La donna si preparò subito un’insalata e la mangiò con avidità. Ma i ra- peronzoli le erano piaciuti a tal punto che il giorno dopo la sua voglia si triplicò. L’uomo capì che non si sarebbe chetata, così penetrò ancora una volta nel giardino. Ma grande fu il suo spavento quando si vide davanti la maga che incominciò a rimproverarlo aspramente per aver osato entrare nel giardino a rubarne i frutti. Egli si scusò come potè‚ raccontan- do delle voglie di sua moglie e di come fosse 16

pericoloso negarle qualcosa in quel periodo. Infine la maga disse: “Mi contento di quel che dici e ti permetto di portar via tutti i raperonzoli che desideri, ma a una condizione: mi darai il bam- bino che tua moglie metterà al mondo.” Impaurito, l’uomo accettò ogni cosa e quando sua moglie partorì, subito comparve la maga, diede il nome di Raperonzolo alla bimba e se la portò via. Raperonzolo divenne la più bella bambina del mondo, ma non appena compì dodici anni, la maga la rinchiuse in una torre alta alta che non aveva scala nè porta, ma solo una minu- scola finestrella in alto. Quando la maga vole- va salirvi, da sotto chiamava: “Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli che per salir mi servirò di quelli.” Raperonzolo aveva infatti capelli lunghi e bellissimi, sottili come oro filato. Quando la 16 17

maga chiamava, ella scioglieva le sue trecce, annodava i capelli in alto, al contrafforte del- la finestra, in modo che essi ricadessero per una lunghezza di venti braccia, e la maga ci si arrampicava. Un giorno un giovane principe venne a tro- varsi nel bosco ove era la torre, vide la bella Raperonzolo alla finestra e la udì cantare con voce così dolce che tosto se ne innamorò. Egli si disperava poiché‚ la torre non aveva porta e nessuna scala era alta a sufficienza. Tutta- via ogni giorno si recava nel bosco, finché‚ vide giungere la maga che così parlò: “Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli che per salir mi servirò di quelli!” Così egli capì grazie con quale scala si pote- va penetrare nella torre. Si era bene impres- so nella mente le parole che occorreva pro- nunciare, e il giorno seguente, all’imbrunire, andò alla torre e gridò: “Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli che per salir mi servirò di quelli!” 18

Ed ecco, ella sciolse i capelli e non appena questi toccarono terra egli vi si aggrappò sal- damente e fu sollevato in alto. Raperonzolo da principio si spaventò, ma ben presto il giovane principe le piacque e insieme decisero che egli sarebbe venuto tutti i giorni a trovarla. Così vissero felici e contenti a lun- 18 19

go, volendosi bene come marito e moglie. La maga non si accorse di nulla fino a quando, un giorno, Raperonzolo prese a dirle: “Ditemi, signora Gothel, come mai siete tanto più pesante da sollevare del giovane principe?” - “Ah, bimba sciagurata!” replicò la maga, “cosa mi tocca sentire!” Ella comprese di essere stata ingannata e andò su tutte le furie. Afferrò allora le belle trecce di Raperonzolo, le avvolse due o tre volte intorno alla mano sinistra, prese le for- bici con la destra e “zic zac,” le tagliò. Indi portò Raperonzolo in un deserto ove ella fu costretta a vivere miseramente e, dopo un certo periodo di tempo, diede alla luce due gemelli, un maschio e una femmina. La stessa sera del giorno in cui aveva scac- ciato Raperonzolo, la maga legò le trecce re- cise al contrafforte della finestra e quando il principe giunse e disse: “Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli che per salir mi servirò di quelli!” 20

ella lasciò cadere a terra i capelli. Come fu sorpreso il principe quando trovò la maga al posto dell’amata Raperonzolo! “Sai una cosa?” disse la maga furibonda “per te, ribaldo, Rape- ronzolo è perduta per sempre!” Il principe, disperato, si gettò giù dalla tor- re: ebbe salva la vita, ma perse la vista da entrambi gli occhi. Triste errò per i boschi nutrendosi solo di erbe e radici e non facen- do altro che piangere. Alcuni anni più tardi, capitò nello stesso deserto in cui Raperonzo- lo viveva fra gli stenti con i suoi bambini. La sua voce gli parve nota, e nello stesso istante anch’ella lo riconobbe e gli saltò al collo. Due lacrime di lei gli inumidirono gli occhi; essi si illuminarono nuovamente, ed egli potè‚ veder- ci come prima. fine 20 21

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i Musicanti di Brema U n uomo aveva un asino che lo aveva servito assiduamente per molti anni; ma ora le forze lo abbandonavano e di gior- no in giorno diveniva sempre più incapace di lavorare. Allora il padrone pensò di toglierlo di mezzo, ma l’asino si accorse che non tirava buon vento, scappò e prese la via di Brema: là, pensava, avrebbe potuto fare parte del- la banda municipale. Dopo aver camminato un po’, trovò un cane da caccia che giaceva sulla strada, ansando come uno sfinito dalla corsa. 22 23

“Perché‚ soffi così?” domandò l’asino. “Ah,” rispose il cane, “siccome sono vecchio e diven- to ogni giorno più debole e non posso più andare a caccia, il mio padrone voleva accoppar- mi, e allora me la sono data a gambe; ma adesso come farò a guadagnarmi il pane?” - “Sai?” disse l’asino. “Io vado a Brema a fare il musicante, vieni anche tu e fatti assumere nella ban- da.” Il cane era d’accordo e andarono avanti. Poco dopo trovarono per strada un gatto dall’a- spetto molto afflitto. “Ti è andato storto qualcosa?” domandò l’asino. “Come si fa a essere allegri se ne va di mez- zo la pelle? Dato che invecchio, i miei denti si smussano e pre- ferisco starmene a fare le fusa accanto alla stufa invece di dare la caccia ai topi, la mia padro- 24

na ha tentato di annegarmi; l’ho scampata, è vero, ma adesso è un bel pasticcio: dove andrò?” - “Vieni con noi a Brema: ti in- tendi di serenate, puoi entrare nella banda municipale.” Il gatto acconsentì e andò con loro. Poi i tre fuggiaschi passarono davanti a un cortile; sul portone c’era il gallo del pollaio che strillava a più non posso. “Strilli da rompere i timpani,” disse l’asino, “che ti piglia?” - “Ho annunciato il bel tempo,” ri- spose il gallo, “perché‚ è il gior- no in cui la Madonna ha lavato le camicine a Gesù Bambino e vuol farle asciugare; ma doma- ni, che è festa, verranno ospiti, e la padrona di casa, senza nes- suna pietà, ha detto alla cuo- ca che vuole mangiarmi lesso, così questa sera devo lasciar- mi tagliare il collo. E io grido a squarciagola finché‚ posso.” 24 25

- “Macché‚ Cresta rossa,” dis- se l’asino, “vieni piuttosto con noi, andiamo a Brema; qualcosa meglio della morte lo trovi dap- pertutto; tu hai una bella voce e, se faremo della musica tutti insieme, sarà una bellezza!” Al gallo piacque la proposta e se ne andarono tutti e quattro. Ma non potevano raggiungere Brema in un giorno e la sera giunsero in un bosco dove si apprestarono a passare la notte. L’asino e il cane si sdraiarono sotto un albero alto, mentre il gatto e il gallo salirono sui rami, ma il gallo volò fino in cima, dov’egli era più al sicuro. Prima di addormentarsi guardò anco- ra una volta in tutte le direzioni, e gli parve di vedere in lontananza una piccola luce, così gridò ai compagni che, non molto distante, doveva esserci una casa poiché‚ splendeva un lume. Allora l’asino disse: “Mettiamoci in cammino e an- diamo, perché‚ qui l’alloggio è cattivo.” E il cane aggiunse: “Sì, un paio d’ossa e un po’ di carne 26

mi andrebbero anche bene!” Perciò si avviarono verso la zona da cui pro- veniva la luce e, ben presto, la videro brillare più chiara e sempre più grande, finché‚ giun- sero davanti a una casa bene illuminata dove abitavano i briganti. L’asino, che era il più alto, si avvicinò alla finestra e guardò dentro. “Cosa vedi, testa grigia?” do- mandò il gallo. “Cosa vedo?” rispose l’asino. “Una tavola ap- parecchiata con ogni ben di Dio e attorno i briganti che se la spassano.” - “Farebbe proprio al caso nostro,” disse il gallo. “Sì, sì; ah, se fossimo là dentro!” esclamò l’asino. Allora gli animali tennero consiglio sul modo di cacciar fuori i briganti, e alla fine trovaro- no il sistema. L’asino dovette appoggiarsi alla finestra con le zampe davanti, il cane saltare sul dorso dell’asino, il gatto arrampicarsi sul cane, e infine il gallo si alzò in volo e si posò sulla testa del gatto. Fatto questo, a un dato segnale incominciarono tutti insieme il loro 26 27

concerto: l’asino ragliava, il cane abbaiava, il gatto miagolava e il gallo cantava; poi dal- la finestra piombarono nella stanza facendo andare in pezzi i vetri. I briganti, spaventati da quell’orrendo schiamazzo, credettero che fosse entrato uno spettro e fuggirono atterri- ti nel bosco. I quattro compagni sedettero a tavola, si accontentarono di quello che era ri- masto e mangiarono come se dovessero patir la fame per un mese. Quando ebbero finito, i quattro musicisti spensero la luce e si cercarono un posto per dormire comodamente, ciascuno secondo la propria natura. L’asino si sdraiò sul letamaio, il cane dietro la porta, il gatto sulla cenere cal- da del camino e il gallo si posò sulla trave mae- stra; e poiché‚ erano tanto stanchi per il lungo cammino, si addormentarono subito. Passata la mezzanotte, i briganti videro da lontano che in casa non ardeva più nessun lume e tutto sembrava tranquillo; allora il capo disse: “Non avremmo dovuto lasciarci impaurire” e mandò uno a ispezionare la casa. Costui tro- vò tutto tranquillo andò in cucina ad accende- 28

re un lume e, scambiando gli occhi sfavillanti del gatto per carboni ardenti, vi accostò uno zolfanello perché‚ prendesse fuoco. Ma il gat- to se n’ebbe a male e gli saltò in faccia, spu- tando e graffiando. Il brigante si spaventò a morte e tentò di fuggire dalla porta sul retro, ma là era sdraiato il cane che saltò su e lo morse a una gamba; e quando attraversò di corsa il cortile, passando davanti al letamaio, 28 29

l’asino gli diede un bel calcio con la zampa di dietro; e il gallo, che si era svegliato per il baccano, strillò tutto arzillo dalla sua trave: “Chicchiricchì!” Allora il brigante tornò dal suo capo correndo a più non posso e disse: “Ah, in casa c’è un’orribile stre- ga che mi ha soffiato addosso e mi ha graffiato la faccia con le sue unghiacce e sulla porta c’è un uomo con un coltello che mi ha ferito alla gamba; e nel cortile c’è un mostro nero che mi si è scagliato contro con una mazza di legno; e in cima al tet- to il giudice gridava: ‘Portatemi quel furfante!’ Allora me la sono data a gambe!” Da quel giorno i briganti non si arrischiaro- no più a ritornare nella casa, ma i quattro musicanti di Brema ci stavano così bene che non vollero andarsene. E a chi per ultimo l’ha raccontata ancor la bocca non s’è freddata. 30

fine 30 31

Si ringrazia per le illustrazioni VANDA SARTEUR www.vandasarteur.com per la presentazione EZIA BOVO Prima edizione febbraio 2019 PE dizioni edrini www.infoeventi.org © Copyright anno 2019 Tutti i diritti riservati nessuna parte di questo volume può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico digitale, o altro senza autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore

si ringraziano i seguenti inserzionisti che hanno contribuito alla realizzazione di questo libro

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