Gli elementi fondanti I SImboLI • berreTTo frIgIo Elemento fondante e simbolo di libertà della Festa, nonchè sorta di lasciapassare durante la Battaglia per non ri- schiare di essere fatti segno di grazioso e moderato getto di arance, il Berretto Frigio è il pezzetto più antico dello Storico Carnevale di Ivrea sebbene sia entrato nella storia eporediese con la connotazione at- tuale diversi secoli dopo la sua comparsa nel mondo. Fa la sua prima apparizione nel 1100 a.C. come copricapo dei sacerdoti del Sole nella regione da cui prende il nome, ovvero la Frigia (Asia Minore), e come tipico indumento orientale in Grecia nel periodo ellenistico. Il Frigio sopravvive ai cambiamenti cultu- rali del mondo: viene adottato dai soldati dell’esercito persiano e, molto più tardi, nell’antica Roma acquista finalmente il suo valore di libertà. Difatti, conosciuto come pileus, era il copricapo che il pa- drone donava agli schiavi liberati (i liberti). Coniato su monete anti- che, rappresentato in stemmi si- gnorili e fonte di ispirazione, il Ber- retto Frigio fa finalmente la sua comparsa più famosa, in Francia. Indossato, di nuovo come simbolo di libertà, dai galeotti di Marsiglia durante la liberazione del 1792 di- venne a tutti gli effetti il simbolo per eccellenza della Rivoluzione Francese. Associato ad altri ele- menti quali il sole (prosperità, avvenire, progresso) e il fuoco (purifica- zione) e indossato da Marianne, una giovane donna che ancora oggi personifica la Repubblica Francese e i suoi ideali – Liberté, Égalité, Fraternité – il Berretto Frigio appare perfino in America durante le rivoluzioni anti-coloniali.
Ma come arriva ad Ivrea? Se è lampante che la sua presenza nello Storico Carnevale di Ivrea rappresenti (come in Francia) la libertà ri- trovata degli eporediesi dopo la sconfitta del Tiranno, meno chiaro è come via sia giunto. Sebbene la rivolta del Tuchinaggio lo vedesse già in uso dagli eporediesi nel 1300, la tradizione vuole che sia merito dell’esercito napoleonico che stabilendosi in Piemonte per la domina- zione di fine ‘700, influenzò non poco parecchi aspetti della tradizione carnascialesca. Oggi, a ben guardare, i migliaia di berretti frigi che invadono Ivrea durante il Carnevale non sono tutti uguali. Nato in pelle di capretto, oggi in lana ma sempre di colore rosso, è caratterizzato dalla tipica forma conica con la punta ripie- gata in avanti. Questo lo vedre- te indossato dalla maggior parte dei Citoyens. Vi sono poi delle versioni con la punta più lunga e l’estremità più ampia portate, per esempio, da Alfieri e Pifferi. An- cora più lunga è quella indossata dalla vezzosa Mugnaia! Il pubblico che assiste al Carnevale ha liberta di scelta. Molti lasciano sbizzarri- re la propria fantasia. Posto che la forma debba sempre essere la stessa, i commercianti lo propongono di varie lunghezze mentre sta all’eporediese scegliere come portarlo. La tradizione lo richiede ripie- gato sul lato sinistro del viso e fermato con la spilletta di Pich e Pala. Ma negli ultimi anni le signore, soprattutto, lo hanno trasformato in un vero e proprio accessorio di bellezza (rossi turbanti, elaborati chi- gnon). Impresa ardua e divertente per un copricapo che difficilmente aumenta il proprio fascino personale e che molti trovano difficile da gestire. Per questo tanti lo calzano sacrilegamente su cappelli rigidi o lo poggiano semplicemente sulla spalla. Grazie anche alle varie com- ponenti e al merchandising ufficiale, moltissimi lo usano per esibire orgogliosamente tutte le spillette raccolte nel corso degli anni. Cosa
fondamentale è che il Berretto Frigio sia calzato dalle 14 del giovedì grasso, su Ordinanza del Generale, fino al termine della marcia fune- bre. Mai prima... ma non sono pochi coloro che già lo indossano al 6 di gennaio, forse troppo presi dall’entusiasmo scatenato dalle note che annunciano un nuovo Carnevale da dimenticarsi qualche regola! • pICh e paLa Tutti i simboli della tradizione sono racchiusi in uno solo: Berretto Frigio, pala e piccone delle Zappate e spadino degli Abbà annodati da un nastro. Ormai marchio grafico della Fondazione, il Pich e Pala si può ritrovare sulle coccarde del Corteo Storico. La più impor- tante è la spilla che la vezzosa Mugnaia porta appuntata sul petto.
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A tavola con il Carnevale a TavoLa Con IL CarnevaLe lo storico e la sua enogastronomia tra luce e inchiostro le emozioni Ogni carnevale è anche convivialità. Questo fattore è particolarmente lo Storico e la sua enogastronomia dello Storico Carnevale di Ivrea sentito e apprezzato a Ivrea. Non solo per via di quella cucina colma di piatti tipici e delle lunghe distese di vigneti che il Canavese può vantare. Lo Storico Carnevale di Ivrea cela storia e tradizione dietro ogni suo più piccolo dettaglio. E i faseuj grass, suo simbolo culinario per eccellenza, non fanno eccezione. Accanto ai banchetti di piccole leccornie dolci e salate, esaltati dai brindisi di vin brulè, te caldi corretti al rum, dorati bombardini e cioc- colate fumanti, le Fagiolate sono le regine della gastronomia carna- scialesca. Un piatto semplice e di palese origine povera ma ricco di ingredienti genuini, frutto della terra e del lavoro contadino la cui pre- senza nello Storico ha origine nel Medioevo. All’epoca era difatti usanza delle Confraternite eporediesi donare ai poveri delle razioni di fagioli, bene prezioso e basilare per il popolo. Ma c’è di più. Si narra infatti che, una volta l’anno, i Signori di Ivrea avessero abitudine di distribuire ai “poveri più poveri” qualche man- ciata di fagioli secchi misti ad altri legumi, consentendo loro l’uso gratuito dei forni per la cottura dei medesimi. Ma siccome i poveri eporediesi ben più che affamati erano fierissimi, rispondevano a tale concessione, gesto insignifi- cante e grottesco di fronte alle nu- merose tasse ad opera degli stessi Signori, gettando i fagioli a terra. E preferendo il digiuno e la dignità a quella elemosina che di certo non risolveva la crisi e il malcontento, nè toglieva loro la fame. Così i fagioli grassi entrarono a pieno diritto nel Cerimoniale dello Storico Carnevale di Ivrea in ricordo dell’anti- co Tiranno e possono vantare un nutrito (è proprio il caso di dirlo) numero di ammiratori tanto da aver forgiato nel linguaggio popolare
il termine “A dan-ne ij faseuj?” (“Danno forse i fagioli ?) che si usa esclamare quando si scorge un assembramento di persone. Sebbene col passare degli anni e con l’evolversi dei vari atti che com- pongono l’evento, le Fagiolate si siano trasformate assumendo quella veste festaiola che ben si confà alla logica carnascialesca, sempre resta alla base delle stesse il loro intento benefico. Non solo la di- stribuzione dei fagioli è gratuita ma l’acquisto degli ingredienti è con- cesso da una raccolta fondi che unisce tutte le libere offerte dei cit- tadini. Ad Ivrea sono centinaia i volontari che lavorano nelle Fagiolate carnascialesche: – Fagiolata di Bellavista, di San Giovanni (Terzultima Domenica) – di Torre Balfredo, Cuj dij Vigne, di Montenavale, dei San- tissimi Pietro e Donato (Penultima Domenica) – di Via Palma (Giovedì Grasso) – di San Lorenzo, di San Bernardo, di Via Dora Baltea e del Castellazzo (Ultima Domenica) Per tutta una notte i fagioli di Saluggia (si dice siano i più buoni) ven- gono lentamente cotti per ben dodici ore nelle grosse pentole, in compagnia di salamini e cotiche di maiale (che qui si chiamano prei- ve) per essere distribuiti, fin dalle prime ore della mattina seguente, nelle Fagiolate. Sicuramente la colazione più speciale dell’anno! Per molti è una gustosa e intima tradizione la visita alla Fagiolata Benefica del Castellazzo, la più importante, la sera del sabato grasso, terminati
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i festeggiamenti per Violetta. Il profumo dei faseuj si avverte già a metà di Via Arduino. Giunti in Piazza Maretta ci si troverà davanti un tra luce e inchiostro le emozioni gran movimento di braccia, di lunghi mestoli, di calderoni gorgoglian- dello Storico Carnevale ti, di espressioni deliziate e concentrare. E un gran via vai di silenziosi cin cin a colpi di bicchieri di plastica. Perché è così che i fagiolari di Ivrea vivono questa notte: lavorando sodo e coscientemente, ridendo, pe- scando ricordi e aneddoti nella memoria, combattendo il freddo con generose sorsate di vino caldo e speziato. Solo pochi passi distano dalla sede e qui, lasciati alle spalle i suoni e le risate della festa e, varcato un arco, vi ritroverete in un piccolo cortile. Ecco, la vedete laggiù quella fi la che attende pazientemente di entrare? Pochi istanti e sarete circondati dalla storia. Una piccola taverna piena di lunghe tavolate e panche di legno, un soffi tto a botte che vi ricorderà le case di un tempo, le pareti arancio tappezzate di ritratti. Eccoli lì: tutte le Mugnaie e i Generali del passato, proprio come li ricordate o li avreste voluti vedere! Eccoli lì a sorridervi, a guardare con orgoglio una Festa senza fi ne. Il trascorrere del tempo non ci separa da ciò che è stato. Accomodatevi! Niente formalità qui, il vicino è il tuo fratello e ci si passa amorevolmente le pentole di coccio traboccanti di faseuj grass fumanti con le cotiche. Delizia! E’ proprio piacevole star qui, tra amici, al riparo dal freddo... ma raschiato l’ultimo cucchiaio di fagioli bisogna
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uscire perché ci sono ancora tanti altri che aspettano il loro turno. Si lascia scivolare qualche soldo nella cassetta delle offerte (perché le tra luce e inchiostro le emozioni Fagiolate funzionano così) e si esce di nuovo ma questa volta con la dello Storico Carnevale pancia piena e calda! Si torna in Piazza Maretta dai fagiolari, a compli- mentarsi per la bontà dei fagioli appena gustati e per un ultimo saluto di Ivrea che però è solo un arrivederci a domani. • La fagIoLaTa benefICa deL CaSTeLLazzo Nella storica piazza Maretta, alla presenza di Mugnaia, Generale e del Corteo Storico, il popolo si riunisce intorno ai calderoni traboccanti di gustosi fagioli. I suoi volontari si compiacciono di usare 15 quintali di fagioli, quasi 10 quintali fra preive e cotechini e ben 2 quintali di cipolle (così se non ci stende il freddo ci pensa l’alito!). E ci vogliono o no 300 litri di vino per digerire questo ben di dio? Ma ciò di cui vanno più orgogliosi sono le razioni benefiche (ben 900) che distribuiscono ai bisognosi della città. Infatti secondo il parere degli studiosi l’origine di questa Fagiolata risiede nelle antiche distribuzioni alimentari ad opera delle Confraternite di Santo Spirito, associazioni di fedeli riconosciute dalla Chiesa e finalizzate ad imprese di pietà e carità.
Il Carnevale visto nell’arte: “Tripudio cittadino” opera del noto artista canavesano Galliano Gallo
ringraziamenti Marianna GIGLIO TOS (testi e fotografi e) Galliano GALLO (opere di copertina e interno) PE dizione edrini la Guida ed il Libro “Una volta anticamente - tra luce e inchiostro le emozioni dello Storico Carnevale di Ivrea” sono distribuiti da MEDIAEDITOR s.r.l.s. www.infoeventi.org
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