RALOBSINSOI
a Chiara e Filippo
ROSSIALBINO L’Anima della Natura
Con la collaborazione e il sostegno di Regione Autonoma Comune di Trentino-Alto Adige/Südtirol SanzenoPROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO BIM dell’Adige Bacino Imbrifero Montano Consorzio dei comuni della provincia di Trento
ARLOBSINSOI L’Anima della Natura 23 luglio - 10 ottobre 2016 Casa de Gentili Centro Culturale d’Anaunia Sanzeno (Trento)Assessore alla cultura della Provincia Mostra e catalogo a cura di autonoma di Trento Patrizia Buonanno Tiziano Mellarini Studio Buonanno Arte Contemporanea Trento Sindaco del Comune di Sanzeno Biografia ragionata di Paolo Pellizzari Gianni Faustini Assessore alla cultura Testi di del Comune di Sanzeno Giampaolo Visetti Danilo Curti-Feininger Serena Cicolini Progetto allestimento Centro Culturale d’Anaunia Mariano Pichler Provincia autonoma di Trento Allestimento Comunità della Val di Non 2emme project Trento Comune di Sanzeno Graphic Line Trento Associazione Culturale G.B. Lampi Crediti fotografici Bim dell’Adige Nicola Eccher per le opere Archivio fotografico MART Coordinamento per allestimenti loro sedi Centro Culturale d’Anaunia Immagine coordinata Casa de Gentili Alberto Forni Lucia Barison Arca Edizioni - Lavis (TN) Delegato alla Gestione di Si ringraziano tutti coloro che a vario titolo hanno reso Casa de Gentili possibile la realizzazione dell’evento. Un particolare ringraziamento ai collezionisti e prestatori Alessandro Branz delle opere e a Carlotta Fanti per la collaborazione.
È con vero piacere che accompagno con alcune mie riflessioni questa interessante mostra dedicata all’artista trentino Al-bino Rossi, dal titolo evocativo “L’anima della natura”. In queste parole si ritrova l’essenza dell’impegno artistico di Rossi,espressa in 40 anni di attività all’insegna dell’amore e dell’attaccamento alla sua terra, le valli del Noce ed il Trentino ingenerale. Emozioni e sentimenti che si ritrovano puntualmente nelle sue opere, nelle quali la montagna è vera protago-nista, così come il bosco e gli elementi tipici del paesaggio alpino, assieme alla “percezione” costante dell’ambiente insenso lato, sempre presente in filigrana.Temi e tecniche espressive legate a doppio filo con la tradizione e con il territorio, nell’impegno costante di valorizzareattraverso l’arte pittorica gli stati d’animo così intimamente connessi con l’ambiente, ed esprimibili a prescindere dallapresenza di figure umane.Ecco allora che questa mostra diventa un percorso alla scoperta di una parte importante della nostra identità alpina,quella più autentica legata al mondo della montagna, alle sue regole e alle emozioni che essa sa trasmettere, ben rap-presentate anche dalla suggestiva location di Casa de Gentili. Sensazioni e colori che accompagnano il visitatore e chediventano indicatori di un valore aggiunto di queste opere, riscontrabile proprio nella valorizzazione dei nostri profiliidentitari.Anche grazie a questi momenti di riflessione artistica il Trentino diventa vettore di positivi impulsi culturali, diffusi sulterritorio e che trovano la loro forza e capacità di narrazione proprio a livello locale per poi saper esprimere concettiuniversali e un linguaggio ampio ed aperto.Ai curatori della mostra vanno dunque i complimenti per l’allestimento, così come a Albino Rossi per il suo percorso arti-stico, al Comune di Sanzeno e al Centro culturale d’Anaunia. Ai visitatori, l’augurio che questo momento possa essere unaproficua occasione di arricchimento culturale. Tiziano Mellarini Assessore alla cultura, cooperazione, sport e protezione civile Provincia autonoma di Trento
Casa de Gentili è un palazzo che si è sempre distinto per la sua versatilità e duttilità, sorprendendo in ogni occasione siachi vi ha organizzato degli eventi, sia chi lo ha potuto visitare.Infatti gli ampi saloni che si dipanano all’ultimo piano, i locali illuminati e spaziosi comunicanti l’uno con l’altro, gli ampicorridoi, disegnano delle prospettive architettoniche che consentono di ospitare le più varie esposizioni ed i più varigeneri artistici, dall’arte classica a quella contemporanea, dalla paesaggistica più conforme agli stilemi tradizionali alleforme astratte delle più recenti avanguardie.In questo prestigioso contesto si inserisce a pieno titolo una mostra come quella dedicata alla lunga ed onorata vita arti-stica di Albino Rossi, la cui caratteristica più importante e ciò che la rende particolarmente attraente è il suo riferimentoal “territorio”, alle radici più profonde della terra di nascita ed educazione, ad un concetto di “natura” per nulla statico,ma dinamico, al passo con i tempi e sensibile ai suoi mutamenti.Peraltro v’è da dire che, per quanto la “territorialità” dell’opera di Albino Rossi sia molto legata alla Val di Sole e alle altrevalli del Trentino, le sue opere si caratterizzano per un respiro internazionale, che le qualifica ulteriormente e le pone incollegamento con le grandi correnti dell’arte contemporanea. In questo senso la proposta del nostro artista non ha nulladi localistico, ma anzi interpreta il paesaggio come un veicolo di apertura e di relazione con il mondo.Ebbene: sono proprio queste le ragioni culturali che hanno suggerito all’Amministrazione Comunale di Sanzeno di farsipromotrice, insieme alla curatrice Patrizia Buonanno e ad altri soggetti ed enti pubblici, di una mostra come quella cheCasa de Gentili ospiterà a cavallo fra estate ed autunno: in un contesto in cui il titolo dell’antologica, “L’Anima della Natu-ra”, si rivela particolarmente efficace nel descrivere il profondo collegamento con i luoghi di un vissuto che certamenteappartiene all’artista, ma che attraverso le sue opere diviene un patrimonio di tutti.Nella convinzione che anche in questa occasione troverà conferma quanto si diceva all’inizio, vale a dire che la mostra diAlbino Rossi si rivelerà perfettamente in sintonia con l’architettura, la storia ed il prestigioso passato di Casa de Gentili.Paolo Pellizzari Serena CicoliniIl Sindaco del Comune di Sanzeno L’Assessore alla Cultura del Comune di Sanzeno
IndiceTradizione e Innovazione Gianni Faustini 10Due brise, le chiavi per Parigi e le nuvole sopra il Lavatec Giampaolo Visetti 26La Grande Madre in carta Rosaspina Danilo Curti-Feininger 30L’Anima della Natura 35I Masi e le Cataste 48Nature Morte 58Montagna di Montagne 78Una ritrovata innocenza 90Opere Pubbliche 102Mosaico, Design, Xilografia 140Esposizioni ed allestimenti 158Bibliografia 166I servizi televisivi 174 9
Tradizione e InnovazioneGianni FaustiniUna mostra antologica per un artista è quasi sempre Nella valle sono nati ed hanno operato i Guardi appun-uno sguardo introspettivo nella memoria del proprio to, ma poi il paesaggista Giovanbattista Ferrari, che hapercorso artistico. lasciato molte vedute solandre, Bartolomeo Bezzi, uno dei grandi trentini, assieme a Segantini, dell’Ottocento,Per Albino Rossi è anche un viaggio dentro l’identità, la tra i fondatori della Biennale di Venezia, indi la cerchiatradizione e la ricerca di un continuo rinnovarsi del fare della “scuola di Caldes”, con Paolo Vallorz, che ha espo-pittura, del fare arte. sto a Parigi, New York, Londra oltrechè in Italia, Luciano Zanoni, Mauro Pancheri, Misseroni e giusto il nostro Ros-Cresciuto a Mastellina, Albino Rossi ha avuto il primo si, insomma un luogo magico nella storia della pittura.studio di lavoro in casa del padre, a Mastellina appunto,poi ha avuto studi a Daolasa, Menas, Roncio ed ora nuo- Rossi compie studi tecnici, ma contemporaneamentevamente a Mastellina, una serie di luoghi collocati entro affina l’arte della pittura, un’arte che è anche pazienteun raggio di pochissimi chilometri, quasi un ideale cer- lavoro artigianale, un metodo - ha scritto Raffaele Dechio concentrico attorno alla casa natale di Francesco Grada - “che sa bene come si produce un oggetto, cheGuardi. sa come anche la pittura sia prima di tutto un prodotto e che costa gran fatica trovare un modulo: trovatolo, siHa confessato lui stesso e il critico Raffaele De Grada può esprimere tutta la poesia che detta dentro, che re-lo ha puntualmente annotato, che il primo approccio sterà invece muta se il lavoro non è ben fatto, “a regolacon l’arte è stata la suggestione della casa natale di d’arte”.Guardi: i racconti dei vecchi del paese tramandano laleggenda di questo montanaro raffinato che fu desti- E seguendo appunto la ricerca di un modulo che il per-nato ad interpretare la malinconica decadenza della corso artistico di Rossi si può organizzare per “cicli”.raffinata Venezia. “L’identità è la chiave della mia ricerca e il mio modo di dipingere: in un certo senso tu sei quello che dise-“Molti elementi, di forma di movimento delle masse e gni. Il rispetto dell’identità è forse ciò che più conta deldella scenografia li ho potuti trovare anche negli affre- mio lavoro. Ai cicli sono arrivato gradualmente. L’ideaschi medievali delle nostre valli alpine con i Baschenis iniziale, nata forse negli incontri con Flavio Faganello,che molta testimonianza della loro opera hanno lasciato era quella di passare dal piccolo al grande formato. Met-in valle”. tendo i quadri piccoli uno accanto all’altro progettavo di ingrandire invece il pensiero”.La valle di Sole è poi uno di quei miracoli della storiache vede concentrati in una ristretta zona, i luoghi di Rossi muove da un dato naturalistico - e talora lo indicanascita di una lunga serie di pittori, come è, ad esempio, con precisione geografica: la cresta di quale monte vistol’alta valle dell’Arno per il Rinascimento o Rovereto per da quale altra località - per arrivare alla concettualizza-gli inizi del Novecento, con Belli, Depero, Melotti, Iras zione del minimalismo, all’astrazione.Baldessari, i Pollini e così via.10
“I cicli sono nati così: mi alzavo alla mattina prestissimo. in una delle occasioni organizzate da Paolo Vallorz - ilCamminavo per ore, studiando le luci. E all’improvviso maestro più significativo per Rossi - per Franco Rasma,appoggiavo la tela e iniziavo a dipingere. E questa non per Dieter Kopp, Robert Bosisio e così via.è solo la mia arte, è la mia vita. Non potrei vivere in una Questo valore delle mostre, come incontri culturali,metropoli: le frequento solo per visitare una mostra, per possibilità di conoscere stili e moduli diversi, si è an-incontrare persone. Certo non posso dipingere tutta la data perdendo per l’affermarsi di rassegne dedicate admontagna. Mi piace il gioco delle luci, il sole che arriva un cosiddetto “evento”, molto spettacolo e poca pro-e modifica il paesaggio i continui cambiamenti l’alba, il fondità, mentre per Rossi, ma non solo per lui, eviden-tramonto, non per romanticismo, ma per i colori, per le temente, le mostre, accanto ai grandi musei, sono stateluci. Il piccolo mi consente di lavorare in fretta, coglien- delle ideali stazioni di posta lungo il viaggio dentro lado le emozioni nell’attimo in cui si manifestano. I cicli misteriosa bellezza dell’arte. E i nomi delle gallerie chesono nati così e si sono portati dietro i titoli: i luoghi del possiamo leggere nell’apposito capitolo hanno rappre-silenzio, montagna di montagne. Poi, in nuovi cicli, la sentato delle stagioni, cicli storicamente datati, e nonmontagna si è fatta ulteriormente silenzio, grandi stesu- possiamo non citare qui l’opera silenziosa, ma costantere in nero sul bianco del fondo, anche se il bianco e nero di Patrizia Buonanno che ha organizzato anche l’antolo-sono invero composti da sottili stratificazioni di colori”. gica - 40 anni di pittura e scultura - che presentiamo in“Indi il bosco, un particolare che delinea un intreccio, queste pagine.che respinge, ma anche avvolge”. Accanto ai cicli pittorici, sono maturati, quasi natural- mente, la xilografia, il mosaico, il gusto dell’architetturaSu tutto, il silenzio. La critica ha ripetutamente insistito scenografica delle opere pubbliche e delle installazioni.sul silenzio, attratta forse dagli stessi titoli di tante mo-stre personali: luce silente, natura silenziosa, luoghi del I MASI E LE CATASTEsilenzio, luci dal silenzio. Il primo ciclo della pittura di Albino Rossi va grossoTra un ciclo e l’altro pause, talora lunghe, di riflessioni, modo dal 1978 al 1990, un periodo intimistico, nel solcodi confronti. dell’impostazione di Ambrosi, con figure femminili - per lo più madri con figlio - dai contorni sfrangiati, con na-Occasioni d’incontro spesso le mostre d’arte: Rossi ha ture morte, funghi in particolare, e i primi masi, le primeincontrato ad una mostra in valle, presentatogli da Qui- cataste di legno, un motivo che ritroviamo nella maturi-rino Bezzi, l’artista che per primo gli ha insegnato i ru- tà con l’opera pubblica a Mezzano di Primiero.dimenti del mestiere, Elmo Ambrosi, pittore di moda aTrento nella seconda metà del Novecento: il colore ad 11olio, le prime figure, un’icona poi tralasciata del tutto.Così è stato per Raffaele De Grada, conosciuto a Caldes,
Mestriago (TN), 1994. Albino Rossi nel suo atelier. Foto di Flavio Faganello per il paesaggio. Rossi si innamora di Parigi allora cuore artistico d’Europa, anche se progressivamente il cen-Rossi insegna disegno e applicazioni tecniche, succes- tro si andrà spostando verso Londra. Non è un caso sesivamente programmi formativi per l’inserimento lavo- Rossi andrà a Roma, all’Accademia di Francia, per poterrativo, alla Scuola professionale di Ossana, ma nel 1985 incontrare il grande pittore francese Balthus, pseudoni-- dopo le prime mostre - prende un anno di congedo; mo di Baklthasar Klossowski (1908 - 2001) dagli ambiguilascia l’insegnamento all’inizio del successivo ciclo. Ha sguardi surreali.due figli, Filippo che lavora in valle e Chiara, biologa.Nel 1978 l’incontro con Vallorz con il quale inizia un in- Balthus, del resto, assieme a Lucien Freud è tra i granditenso programma di studio e lavoro: nuove letture, visi- amori di Vallorz, nel solco del realismo; Vallorz era par-te a musei, specie in Francia, prove e prove pittoriche. tito da Gustave Courbet (1819 - 1877) per giungere aI pittori che più lo colpiscono sono Jean Baptiste Char- Soutine (1893 - 1943).din (1699 - 1779), dal grande rigore compositivo e JeanBaptiste Corot (1796 - 1875), tra i massimi esponenti del Le prime esposizioni pubbliche di Rossi sono del 1978,paesaggismo romantico, con uno stile innovativo che a Mezzana presentato da Quirino Bezzi (1914 - 1989)prelude all’Impressionismo, Corot prediletto appunto instancabile animatore culturale della valle di Sole, sto-12
Lago di Barco (TN), 1987. Albino Rossi con la moglie Giuliana e i figli Chiara e “caldo” per la presenza del colore rosso dentro gli im-Filippo pasti: il colore è tirato, ma con molte velature; la tela è quasi divisa a blocchi che ritmano sintetici paesaggi, dirico e alpinista assieme, e a Trento; poi nel 1979, e per case e fienili, o nature morte che spiccano su pavimentitre anni dal 1981 al 1983, a Caldes. riquadrati. L’emozione sgorga dal colore e dalla luce. Il paesaggio è già una rarefazione, una sintesi che inno-Dal 1984 seguono diverse mostre collettive a partire va un topos del Trentino, il paesaggio di montagna.dalla galleria Carini di Milano, con il gruppo “Città e L’identità dell’attaccamento alla terra si coniuga concampagna”: il critico Raffaele De Grada aveva pensato, una continua ricerca di un linguaggio innovativo, fonda-proprio a Caldes - ragionando con Vallorz, qui mecenate to sul colore, in questo primo ciclo, e sulla luce; l’emo-e animatore culturale, con Giovanni Testori e Domenico zione che suscita è quella prevalente del silenzio.Porzio - di unire assieme pittori di città e delle valli pe- Nel 1986 Rossi avvia una parallela attività incisoria xi-riferiche, aggregando sempre qualche artista del posto lografica con la quale scopre un ulteriore radicamentodove esponeva il gruppo, in località diverse del Nord e nella storia artistico - culturale della sua terra.del Sud Italia. PICCOLE TELE:Paolo Vallorz, in un testo introduttivo, ricorda come il NATURE MORTE E PAESAGGIgruppo, al quale appartiene inizialmente anche il fabbroscultore Luciano Zanoni, fosse nato in occasione delle Agli inizi degli anni Novanta Albino Rossi conosce unmostre sull’artigianato solandro. Per Rossi è l’occasione momento di stasi, di riflessione se non di crisi vera edi esporre fuori dal Trentino e di conoscere gli artisti propria. Ma riprende lena, dedicandosi a nature morteche via via fanno parte del gruppo sostenuto sempre in serie, lavori ad olio su tele di piccole dimensioni.dal critico De Grada che così presenta Rossi a Milano nel La ricerca continua approfondisce il tema dei paesaggi1984: “Albino Rossi dipinge da anni ritratti di famiglia- di montagna. Tiene due mostre che saranno molto signi-ri, figure di conoscenti e qualche paesaggio, ma il suo ficative per la conoscenza di nuovi pittori, di un nuovometodo non del pittore che si aggiorna sulle tendenze critico, a Torino e San Gallo in Svizzera.estetiche, è quello dell’artigiano”. L’artigianato in quegli A Roma incontro con Balthus, in val di Sole conosce Die-anni era al centro dell’attenzione di Vallorz che intende- ter Kopp, un pittore figurativo, amico di Vallorz, origina-va promuovere la valle, allestendo anche dei padiglioni rio di Monaco di Baviera che frequenterà periodicamen-fissi in località Le Contre, sulle rive del Noce a Caldes. te per anni, fino a poco tempo fa. Ho conosciuto per- sonalmente Kopp sui monti della valle di Sole mentreAlbino Rossi passa a dipingere sagome stilizzate di masi dipingeva su acquerello accanto a Vallorz che lavoravasolandri, grandi cataste di legno, file di pannocchie av- su tavolozza. Ho poi seguito Kopp nelle mostre allestitevicinandosi così alla natura morta. da Patrizia Buonanno, nel suo sodalizio con Piero Guc- cione, qualche volta, occasionalmente, a Roma; ho an-I paesaggi sono molto schematici, dei simboli identitari che collezionato alcune sue opere, come il San Carlo dimolto geometrici, ma come animati dal colore, un esito Roma, visto da lontano con la luce che cambia a seconda delle ore, quasi un ritmo musicale e non a caso ho inte- ressato a queste serie il musicista Carlo Galante. Rossi si lega soprattutto, specie in lunghe discussioni, con Franco Rasma, nato nel 1943, che vive nel Novare- se, che pure espone in valle di Sole e in Trentino. Sono pittori figurativi, ma che cercano, specie Rasma, un lin- guaggio contemporaneo, con tecniche originali. Con Rasma, anticipiamo la cadenza dei cicli, Albino Ros- si esporrà a Torino, galleria Alberto Weber - assieme a 13
Caldes (TN), 1991. Gianni Faustini, Paolo Vallorz, Albino Rossi e Adriano Morelli una perentoria immobilità. L’elogio dell’immobilità non può essere inteso come un rifiuto delle dinamiche cheBeuys, Diotalevi, Marcovinicio, Rizzoli, Strizek (pittore appartengono ai linguaggi della pittura, ma come unpraghese), e Viglino - poi a Malè, nel 2003, nei suggesti- esercizio di concentrazione. Questo suo atteggiamentovi “vouti del Tatin“ con un catalogo arricchito da poesie lo costringe ad uscire fisicamente dallo studio per poterdi Lillo Gullo. finalmente dipingere, in un attimo veloce e assoluto, le variazioni di temperatura della sua concentrazione. IlRossi esce dal guscio: “la Svizzera mi ha aperto le porte suo dipingere en plein air è ormai distante anni luce daldi nuovi ambienti, di nuovi collezionisti”. metodo codificato più di un secolo fa da Manet e amici impressionisti: Rossi non appartiene più all’ottimismoIl critico che accompagna le mostre di Torino e San Gallo positivistico di chi credeva di piegare la pittura a un’in-è Michele Bonuomo che così scrive: “Dopo Segantini e terpretazione scientifica dei fenomeni del mondo, a chidopo la profonda lezione etica e alchemica di Beuys, il cioè leggeva tutto in termini di variazione della luce econcetto di paesaggio cambia radicalmente di signifi- del colore: né tantomeno è interessato alle ibridazionicato, abbandonando i connotati della rappresentazione postmoderne del linguaggio pittorico. L’esperienza didella realtà. Il paesaggio diventa per il pittore un luo- Rossi ha una dichiarata valenza mistica: è una solitariago dello spirito in cui si addensano visioni, si esaltano disciplina di ascesi che non ammette interferenze e di-ossessioni, si annullano timori. La pittura ritrova un’es- strazioni. L’ossessiva ripetizione di uno stesso tema, lesenza primordiale dove il rito del fare e la disciplina del montagne, le variazioni minimali, inserite nello stessolinguaggio sono più importanti della rappresentazione soggetto dichiarano il grado di forte concettualità. Lastessa”. La pittura cerca l’essenza della natura. pittura per lui è tornata ad essere contemplazione. Con- centrazione su un solo pensiero per trovare il bando-E ancora, per la mostra Svizzera: “Rossi è un pittore dimontagne. Di volumi fermi, massicci, ritagliati nel nulla.È un artefice di visioni metafisiche congelate nel ricordodi un silenzio perduto, di volumi che sono consegnati a14
lo di un segreto perduto, di un bisogno profondamen- di lavori pubblici con riflessioni che si allargano dallate umano di sentirsi parte di una spiritualità ricacciata pittura allo spazio architettonico dei singoli interventi.chissà dove, ma che non può essere pensata morta”. Il colore, nelle tele realizzate, abbiamo già visto, en plein air - “andavo in montagna tutti i giorni, partendoSono tutte tele piccole, 25x40 cm o 20x40 cm che diver- da Menas” - è in verità una ‘cucina’ di colori, dal blu ol-ranno poi installazioni quando Rossi assembla 18 tele in tremare al verde smeraldo, dai tre gialli, alle ocre giallaun’unica composizione o altrettante nature morte che e rossa, dalla terra verde alla lacca di garanza, per averesono grandi ciotole con mele, pere, ciliegie, prugne con un rosso molto scuro. Rossi in montagna si portava duein primo piano un frutto spaccato, ciotole su una tova- cavalletti, uno appunto per poter lavorare i colori.glia bianca, oppure mele viste orizzontalmente in serie, Rossi ha lasciato le prime cerchie di amici e colleghi perintere o spaccate, anche in questa versione una contem- nuovi incontri.plazione della forma, una ricerca dell’essenzialità. I cicli, sintetizzando, appaiono tre: il primo esplicitato in una mostra, con Paolo Vallorz, a Castel Ivano; il se-Seguono mostre a Trento e all’estero organizzate da condo è “i luoghi del silenzio”, ricerca della luce e dellaGiovanna Nicoletti per la Provincia autonoma, esposi- spiritualità della montagna; il terzo, con tele più grandi,zioni in spazi significativi. “montagna di montagne”. Nel febbraio del 1994 il Mart gli dedica una monografia,Ne derivano, quasi seguiti logici, cicli seriali di piccole nel terzo volumetto della collana dell’Archivio di docu-dimensioni: i luoghi del silenzio, appunto la ricerca di mentazione arte contemporanea, una piccola bibliotecauna visione diversa della spiritulità della montagna, la sull’arte trentina contemporanea, apprezzata iniziati-montagna di montagne, con tele di maggiori dimensioni. va, lasciata poi inspiegabilmente cadere. Correda i dati classici - biografia, bibliografia, corredo documentarioAlbino Rossi, lo si intuisce narrando dei suoi interessi, - una svelta antologia della ciritica, con brani di Quiri-dei suoi amici, ascoltando le sue confessioni, è artistafilosofo, sensibile cioè alle tante voci del mondo con- Caldes - Località Contre (TN), 1981. Esposizione dell’Artigianato Solandro.temporaneo, dall’ambiente naturale ai problemi sociali, Albino Rossi, Gabriella Melchiori, Italo Covi, Paolo Vallorz, Raffaele De Gradaattento alle correnti artistiche che si affermano nei tor-menti dell’arte postomoderna. 15Progressivamente le composizioni - abbiamo visto daifienili e case di monte, alle nature morte, alle monta-gne - tendono quasi alla rarefazione, all’essenzialitàdella forma; da un colore forte passa ai colori più tenutiaccentuando un suo minimalsimo, una sorta di sintesidegli elementi del paesaggio che sono come riassuntidentro una luce fredda, di nuovo una tensione all’astra-zione, alla pura forma.CICLI SERIALI SULLA MONTAGNAIl periodo che va dal 1994 al 2004 è fortemente caratte-rizzato dal tema della Montagna, affrontato in vari cicli.I lavori sono di piccolo formato, 25x40 cm o 35x50 cmche, raggruppati, danno vita a grandi installazioni, an-che in spazi pubblici.Analoghe serie sviluppano la natura morta, che si modi-fica soprattutto per nuove impaginazioni, sempre geo-metriche, dei supporti.La periodizzazione ha ovviamente qualche elemento diarbitrarietà, ma è utile per leggere cronologicamente ilpercorso di Albino Rossi, che si esprime anche in gran-
no Bezzi, Paolo Vallorz, Raffaele De Grada, Mario Porta- dare singole notazioni critiche, che come preciso iterlupi, Erminio Cardamone, Alberico Sala, Danilo Eccher, cronologico.Giampaolo Visetti, Alessandra Taddei, Eva Polli, GianniFaustini. Del 1994 la mostra “la culla solandra” allestita da Erne- sto Bertoli, sempre vicino ad Albino, alla “Sosta dell’im-Poche citazioni, che concernono ovviamente i periodi peratore” a Folgarida, dove Rossi ritornerà nel 2000.iniziali. Del 1995 è la prima complessa opera pubblica, al Mu-Alberico Sala: “Rossi assume, elabora ed esalta nelle nicipio di Mezzana, con scritte e decori all’esterno e unsue opere di vigorosa materia, frammenti, reliquie della affresco gigantesco nella “Sala dei Monti”.vita all’aperto, brani d’architettura spontanea, muri conamore e lucidità analizzati nelle loro strutture, nel loro Nel 1996 la mostra alla galleria Weber a Torino, impor-tessuto cellulare, i trofei pacifici delle pannocchie”. Da- tante anche gli artisti che coespongono; nel 1997 allonilo Eccher: “Nella ripetizione quasi ossessiva del tema Studio Buonanno Arte Contemporanea a Mezzolombardodella legnaia si coglie l’esigenza di un equilibrio formale e la citata rassegna a San Gallo; del 1998 la installazioneche testimonia la fiducia nell’esistenza di certezze arti- permanente al Ristorante Da Pino a San Michele all’Adige;stiche. La ripetitività dell’immagine genera dinamiche del 1999 “natura silenziosa” da Patrizia Buonanno a Mez-simboliche. Anche l’elemento cromatico segue un per- zolombardo; nel 2001 “Montagna di montagne” a Malè,corso analitico, giocato sulle rifrangenze luminose e sui nel 2002 “Omaggio alla montagna” a Castel Ivano.rapporti gradazionali dei colori: il dato iconico muta cosìin pretesto per ricerche linguistico - formali”. Intervallate, numerose presenze a collettive: Pinerolo, Forni Avoltri (Ud.), Wiesabaden (Assia) Kreuzlingen (Ch),Della successiva continua attività espositiva citiamo Innsbruck, Bergamo, Bolzano, in più anni alla Galleriasolo qualche presenza, più come occasione per ricor- Goethe di Bolzano. Altra installazione permanente nel ristorante di Trento “Lo scrigno del Duomo” nel 2001.Caldes - Rifugio Mezol (TN), 1997. Albino Rossi, Robert Bosisio, Christian Reisigl. Sullo sfondo Franco de Battaglia, Jean Clair, Gianni Faustini, Bruno Baggia16
Per la rassegna “Vedere attraverso il volto inatteso della Galleria Goethe, Bolzano, 1997. Albino Rossi con artisti ed amici all’inaugura-montagna” allestita dalla Provincia autonoma di Trento zione di Arte Naturaa Wiesbaden - con opere di Gelsomina Bassetti, SilvioCattani, Luciano Civettini la Professoressa Giovanna Giovanna Nicoletti, che arricchisce via via il suo ap-Nicoletti così introduce la pittura di montagna di Albi- proccio critico all’arte di Albino Rossi, presentandono Rossi: “Le vette a volte innevate, a volte rischiarate una personale di nature morte allo Studio Buonanno didalla luce di albe e tramonti, irradiano una forza vita- Mezzolombardo, 1999, muove da considerazioni sullale prorompente e pulsante che trasfigura la semplicità natura morta, still life in inglese e sulla contempora-del soggetto. La luce come rapporto tra chiaro e scuro, neità delle installazioni, che svolgono una riflessioneè forma formante delle sue immagini. Gli elementi si sul tempo e sullo spazio per ricordare come il raccontostrutturano con una significativa precisione, mai uguali dei profili delle cime - luce e ombra si pongono comea se stessi, ma ripetuti nella loro essenza, nel loro pro- perle di un raro sentire - si accompagna agli studi sullafilo. Similitudine e ricerca che approfondisce il luogo natura morta.dell’apparenza sono i riferimenti che trovano nello spa- “La dimensione domestica, produce composizioni dellezio delle piccole tele una definizione. Le superfici, molte dimensioni diverse, moltiplicate in più pezzi, che raffi-volte vanno accostate le une alle altre per creare con il gurano tavole imbandite. Tavole dalle tovaglie biancheluogo, con lo spazio una forma di sinergia capace di tra- si offrono come piani di appoggio per ricche composi-sformare l’oggetto in qualcosa di unico. Il volto segreto zioni di natura morta. Copiose fruttiere appoggiano sudella montagna si sdoppia e afferma il proprio essere. superfici immacolate, attraversate da un’atmosfera cari-La montagna rimane qualcosa di irraggiungibile al di là ca di sospensione. Sono opere dai forti significati sim-del nostro passarci attraverso. Il nostro passo, il toccodelle nostre mani, lo sguardo non bastano per posse- 17derla, ma solo per amarla”.Per l’inaugurazione di “Mondo Melinda” a Segno, sullastatale della valle di Non, una temporanea vede com-presenti Rossi, Vallorz e Zanoni, Lorenzo Rossi individuanel lavoro di Albino un confine sottile tra naturalismoe astrattismo. “Egli da un lato è affascinato dai sogget-ti della sua terra - mele, pannocchie di mais, prugne,genziane - e dalla tradizione pittorica, in particolarel’Ottocento francese che gli dà parte degli strumentiper affrontarli; dall’altra però non è più sufficientemen-te ingenuo per abbandonarsi alla fiducia cieca nellapossibilità di una rappresentazione oggettiva e cercanella riflessione spaziale dell’astrattismo moderno glistrumenti per trovare, rispetto all’oggetto, la giusta di-stanza. Il risultato è una pittura in grado, da un lato direndere il “profumo” delle cose e dall’altro di collocarleall’interno di una forte tensione spaziale quasi di ‘ge-ometrizzarle’. È tra questi due poli che si situa il luogodella sua ricerca”.A Bonn, aprile 1998, la Provincia propone Rossi conAlda Failoni, Flavio Faganello grande etnografo con lesue foto e Gianluigi Rocca, altro protagonista dell’artetrentina contemporanea, docente a Brera, fotografo,studioso delle malghe e malgaro lui stesso, museologo.Rocca sarà nuovamente con Albino Rossi, Luciano Zano-ni e Annamaria Rossi Zen a Nogaredo, nel 2004.
Forte Strino, Vermiglio (TN), 2008. Valerio Dehò, Patrizia Buonanno, Albino to Faustini, allestimento dell’architetto Paolo Piccoli,Rossi all’inaugurazione della mostra Memoria della montagna professionista milanese che lavora in val di Sole, dalle molte affinità con Rossi. Nelle nature morte presentatebolici. I frutti maturi si aprono, tagliati a metà, si offrono appaiono grandi bande colorate che danno nuove pro-mettendosi in relazione con il tempo e con lo spazio. fondità ai bianchi del supporto.Il tempo è segnato dal trascorrere dei giorni, dalla matu-razione e quindi dalla deperibilità dell’essere... Sempre del 2001 è la mostra, con artisti trentini e delLo spazio congelato, silenzioso e misterioso che acco- Tirolo, a Palazzo Trentini e al Tiroler Kunstpavillon adglie il turgore dei frutti, la loro polpa, i semi che dise- Innsbruck. Giovanna Nicoletti presenta Stefano Cagolgnano le profondità di questa narrazione, i panneggi - che tanti successi internazionali coglierà in seguito -o le tavole di legno accolgono mute queste presenze, Alda Failoni e Albino Rossi di cui ricorda “luci e ombraqueste forme. Il linguaggio della figurazione è allora della sua pittura, sviscerate grazie ad attente e lungherivissuto attraverso la forza della metafora. Atmosfere pause di silenzi”, “lo sguardo che accarezza il limitevagamente metafisiche sottolineano il luogo della pre- della montagna. È il contorno delle vette, a volte inne-senza e modificano lo spazio della loro rappresentazio- vate, che schiudono allo sguardo il segreto dell’esserene moltiplicandosi sulle pareti la tradizionale descrizio- alla percezione dello spazio senza confini di spazio one del quotidiano è tradotta in segni, in frammenti di di tempo”.realtà. Profili e luci alludono a profondità inaspettatedove si concretizza l’idea della Natura e la sua possibile Del 2002 è la rassegna allestita da Patrizia Buonanno acontemplazione”. Castel Thun con Faganello, Lome e Weber. La presenta-Nel 2001 compare per la prima volta il titolo “Monta- zione è di Luigi Serravalli che parla di Rossi come di ungna di montagne”: la mostra è a Malè, organizzatore il “modo robusto, mai sentimentale“, di “sensazione for-Comune, testi in catalogo di Stefano Zanella e Alber- tissima, ma indeterminata, quasi astratta della natura, delle sue avventure, di questo grande racconto fra la18 vita e la morte”. Nel 2002 Rossi è con Paolo Vallorz e Agenore Fabbri, scultore, a Castel Ivano per un “omaggio alla montagna”. Rossi, per Raffaele De Grada, è “uomo tanto modesto, quanto pittore molto valido. La sua pittura che parte dall’ideologia di natura di Paolo Vallorz, è tuttavia in- confondibile ‘e riesce a cogliere’ la grande quiete incre- spata dal perenne dubbio esistenziale che caratterizza la vita di questo territorio. Noi che ormai siamo aperti alle esperienze, non sempre valide, dell’Europa e del mondo, guardiamo con attenzione la fonte di poesia che ci giunge dalle nostre terre e dalle tele di Albino Rossi”. Nel 2003 nuova mostra allo Studio Buonanno di Mezzo- lombardo: “opere recenti“ in contemporanea con il Ma- gazzino Raffaelli di Trento. Il critico Fiorenzo Degasperi, in dense pagine, ricorda come Rossi dipinga all’aperto una “natura intesa come spazio dell’anima. Quando c’è foschia la dorsale scom- pare diventando miraggio. Dubitando talvolta della sua esistenza. Allucinazione, luogo dell’ombra e della con- fusione cromatica, dove gli alberi non si distinguono più e dove il larice assomiglia al pino della fecondità, dove i faggi le cui radici proteggono le case dei folletti as- somigliano alle rare betulle del generale inverno. Tutto sembra immobile. Statico. Un paesaggio immensamen- te fermo. Anche quando l’artista riproduce lo scorrere
incessante del tempo, l’inevitabile alternarsi della luce, La montagna è definita attraverso una sorta di spoglia-dell’alba e del tramonto, dalla morte alla vita e vice- zione per avvicinarsi all’essenza primordiale, appuntoversa, rincorrendo gli impercettibili mutamenti delle al concetto di montagna.ombre, dei chiarori dei riflessi, la pittura di paesaggio I colori sono fondamentalmente due, il bianco del cielodi Albino Rossi si presenta sempre come un punto fer- e il nero dei monti o dei rami intrecciati di un frammentomo. Non vuole imprigionare sulla tela le luci e le ombre di bosco, ma sono in realtà una miscela di colori, fruttodella neve, le nuvole della sera, le creste della lontana di un lungo lavoro di pennello, sovrapposizioni pazientival di Non, il digradare e sfumare delle praterie, quan- di strati che si colgono appieno solo avvicinandosi allato il silenzio...Un silenzio diventato, opera dopo opera, tela, con delle colature, quasi una cesura forte con queimistico”. Degasperi insiste sul tema del silenzio, della valori della pittura di prima, ossessionata dalla luce.montagna come esperienza di spiritualità. Ma il nodo della luce permane perché “è vedendo la montagna in controluce, che la montagna appare piat-Ultima mostra del periodo, Brancolino e Nogaredo nel ta. La colatura era un segno di innocenza, un’innocenzasettembre del 2004: Elina Massimo parla di un linguag- ritrovata. La stilizzazione è la ricerca di uno spazio inte-gio di Rossi, iperrealista, unico e irripetibile, quanto è la riore, il tentativo di rappresentare l’altrove”.serialità ad attribuire significato alle cose. Per Andrea Anche il bosco, visto sempre attraverso un particolare,Zanotti, “le sequenze (di mele) coloratissime e irreali, appare come una barriera, anche se quasi sempre at-che sfuggono a forza da fruttiere e alzate troppo bian- tenuata da un fiore, da un cerbiatto, dalle corna di unche e marmoree, come tombe, per contenerle”. cervo, da un picchio, un bosco astratto, silenzioso che allude però, nel fitto intreccio dei rami, a una rete, diÈ lo stesso Albino Rossi a ribadire che nella maturazio- solidarietà dell’anima trentina, ma anche una rete tuttane della sua arte ha ripetutamente pensato come la sua moderna di interconnessioni elettroniche, un network.“pittura potesse essere letta da un osservatore di città, “L’inserimento di un picchio o delle corna stilizzate dila montagna dentro la contemporaneità, non già cime un cervo sono segni identitari, cercati anche sulla basefamose, ma pezzi, brani della mia terra, visioni variate dell’esperienza del mosaico, iniziata per la realizza-che mi consentissero di esprimere valori, sempre con ungrado di concettualità. Caldes - Rifugio Mezol (TN), 1997. Gotthard Bonell, Luciano Zanoni, Albino RossiAbbiamo già notato anche la registrazione quasi mania- 19cale. “cima Pozze da Malga Panciana”.Negli anni seguenti ci sarà una nuova elaborazione dellinguaggio - legata sempre a continue riflessioni, non acaso uno tra i pochi hobby di Rossi oltre la grande pas-sione per la montagna, è la pesca - e la ricerca di nuovecomposizioni, sempre di montagna, ma sempre più es-senziali, quasi un procedere per sottrazione.UNA RITROVATA INNOCENZAUn nuovo ciclo ha inizio attorno al 2005.Albino Rossi, dopo una pausa, riprende i temi della mon-tagna e del bosco, con una lettura visionaria, una letturamentale. Sono le opere esposte in due belle mostre aForte Strino, a Vermiglio, “Memoria della montagna“ e“Profili1” a Palazzo Panni di Arco, entrambe dell’estate2008. Nel 2010, una rassegna conclusiva, si può dire, diquesto periodo, dal titolo “Woods” si tiene allo StudioBuonanno di Mezzolombardo, con prefazione non di uncritico d’arte, ma di un sociologo delle professioni, GianPaolo Prandstraller .
zione di un’installazione alla Cassa Rurale di Taio, ma Albino Rossi aveva stretto amicizia nel frattempo conperseguita poi anche in opere di piccole dimensioni, co- Robert Bosisio, suditirolese di Trodena, e attraverso Bo-struendo personalmente le tessere. Un’urgenza di sim- sisio con Gotthard Bonell.bologia, con elementi che sono nel mio vocabolario, chesi sovrappongono alle nuove visioni, a volte attraverso “Bosisio mi ha introdotto nella conoscenza approfon-dicotomie, contrasti”. dita della cultura artistica tedesca, come la scuola diA differenza dell’immediato passato si tratta di lavori Lipsia che non si conosceva prima del crollo del Murograndi, talora molto grandi, e pure la dimensione con- di Berlino e pure la giovane pittura della Romania checorre ad evidenziare il momento di rottura. oggi è pienamente emersa sulla scena europea, ma che a quel tempo era sconosciuta ai più. Da allora partecipoSulla via delle Bocchette - Dolomiti di Brenta (TN), 2012. Salvatore Bragantini, sempre all’apertura di personali di questi amici, rinno-Gad Lerner, Albino Rossi vate occasioni di confronto e di discussione”. Bosisio, mi ha anche spinto ad utilizzare vieppiù il computer verso20 una compiuta informatizzazione. “Sono pittori, assieme a Rasma e Koop, che mi hanno rafforzato nella continuità di una ricerca, del non fer- marsi a qualcosa che sfavilla, ma cercare le basi pro- fonde della cultura di un amico, che si fonda appunto su un continuo studio approfondito, un quid che dura, contemporaneità e radici lontane”. Giovanna Nicoletti, per il profilo di Palazzo Panni, scri- ve: “Un paesaggio di Rossi diventa uno stato mentale. Una sorta di astrazione costruisce la griglia sulla quale il cono della montagna si intreccia alla scomposizione del cielo. Vengono in mente le riduzioni di natura di Piet Mondrian quando l’artista olandese procede per sostituzione. L’universo naturale viene via via sempli- ficato nei tratti da essere totalmente sostituito da una serie di elementi geometrici, linee...In Albino Rossi la metafora si risolve nello spessore del colore, raccolto in campiture. I campi di colore assorbono l’intuizione del rigore formale e restituiscono la realtà della pittura. Il pigmento è composto, inspessito, interotto nella pro- pria gocciolatura come a coprire in confini della natura- lezza a favore di una progressiva geometrizzazione che confonde la roccia anche quando questa si compone in molteplici profili frastagliati. Rocce ombrose, avvol- te dall’oscurità che cola quasi a coprire le pendici dalle quali partono le vette”. “L’occhio si perde nel bosco: non c’è confine. Il bosco è meraviglia, è ricamo del paesaggio che, nell’intreccio dei rami spogli, blocca il nostro osservare in un tempo presente. Gli alberi… sono presenze silenziose, forte- mente simboliche, frammenti di corpi, luoghi sacrifi- cali che sopravvivono ai monti. Negli oli e nel disegno il lavoro di Albino Rossi è lento e preciso. Nel gesto la dimensione intima è espressione di relazioni fisiche che traducono gli umori in elementi strutturali... Albino Rossi illumina lo spazio della pittura attraverso un’al-
ternanza di luci e ombre, fatte di silenzi e di vuoti. La Questo è dipeso non poco dall’intenso impegno in qual-luminosità dei contorni della montagna come del bosco che opera pubblica di complessità realizzativa, dai la-trascolora verso la materia… La montagna ci viene re- vori di restauro della casa di Mastellina, dalla crisi eco-stituita nella sua essenza primordiale, limite da valica- nomica che ha colpito particolarmente il mondo dellere e luogo dell’ascesa, di avvicinamento, entrambi resi gallerie private.accessibili grazie all’attraversamento del bosco dove itronchi si ergono, presenze dell’umano”. Notevoli per altro il numero e la qualità delle ope- re pubbliche realizzate dopo altrettanti concorsi vintiLa montagna per Prandstraller è un “baluardo compatto, dall’autore.permeato di nero, preclusivo, invalicabile. Non ha sen-tieri. Rossi vede il bosco come intreccio di rami che di OPERE PUBBLICHE E CONCORSI VINTIprimo acchito sembrano formare una trama impenetra-bile, ma è invece un network, l’opposto della montagna Per le grandi installazioni in opere pubbliche, o ancherespingente. Così il bosco può essere immaginato come per interventi diciamo minori anche se molto ragionatialternativa alla montagna Rossi è un artista concettua- e suggestivi, Albino Rossi ha ricercato, pure per urgenzele: arte concettuale è un’arte in cui l’elemento portante tecniche, la collaborazione di altre persone e si è dovu-non è la figura, né un qualsiasi tipo di struttura, ma l’i- to confrontare con una questione più generale di spazidea che l’artista vuole rappresentare”. L’arte concettua- esterni e di utilizzo di nuovi materiali.le sarebbe così come una versione nuova del platoni-smo, la proposta di una metafora che permette la com- È interessante notare come sia iscritto ad un circolo cul-prensione dell’idea attraverso un’immagine: nel caso di turale di architetti, fondato dall’architetto Sergio Giova-Albino il concetto base sembra essere “l’ostatività della nazzi, attivo anche in val di Sole, seguendone rassegnevita, temperata tuttavia dall’accoglienza e dall’aiuto di di progetti e dibattiti per la “necessità di capire l’archi-qualcosa e qualcuno”. tettura contemporanea” e ragionare su quali materiali fosse opportuno usare. Di fronte a nuove soluzioni tec-Prandstraller rimarca il significato esistenziale dell’arte nico - estetiche di molti edifici - vetro, acciaio etc - “nondi Rossi. aveva più senso proporre solo l’affresco”. Ecco l’acciaio corten, con una declinazione che è andata via via arric-Per Forte Strino luogo già di per sé evocativo di una tra- chendosi; ecco il mosaico; ecco il ricorso al taglio laser.gica violenza, Valerio Dehò pure parla di simbologia e dimetafisica. La mostra aveva come titolo “Memoria della Per la nuova sede del Comune di Mezzana - una ristrut-montagna”. turazione di una vecchia officina su progetto dell’ar- chitetto Paolo Piccoli - Albino Rossi realizza un grande“La pittura recupera pienamente un significato metafisi- affresco, 80 metri quadrati, per la sala multiuso, unaco in cui la rappresentazione si assottiglia verso l’evo- visione della montagna come si vede idealmente pro-cazione… Le forme… (evocano) l’emozione del pensiero prio dall’edificio che Albino Rossi decora con le scritteche si eleva e distacca dalla realtà… Il discorso non de- e motivi ornamentali: una distesa fitta di bosco, appe-finisce un luogo, ma lo eleva e gli affioramenti dei colori na mossa da una radura con un maso, e le montagneche la evocano… Eppure si comprende che non tutto si sovrastanti, un profilo monocromo di monti letti reali-esaurisce al visivo, ma vi sono anche derive psichiche, sticamente: la sensazione avvolgente è di un tripudioriflessi di un’interiorità a cui non è sufficiente l’imitazio- di verde realizzato con tempere viniliche: nasce così lane del vero… E le stesse colature dal bianco abbacinante “sala dei monti”.del cielo ai pigmenti intensi delle montagne, offrono l’i-dea di un organismo che si tiene fortemente strutturato Sempre nel territorio di Mezzana, nella Piazzetta Feraie presente, di una composizione in cui tutti gli elementi - in loco si trovavano un tempo officine di fabbri - Rossihanno in sé la forza caparbia di tenersi uniti, di non di- progetta un pennone segnavento che riprende figura-sperdersi, di essere legati...”. tivamente i due elementi, il fuoco e l’acqua, che erano alla base del lavoro dei fabbri. Rende piacevole la sostaNegli ultimi anni le personali si fanno più distanziate, e gli incontri degli abitanti della frazione.ma dobbiamo ricordarne una, nel 2013 a Milano, Gal-leria Plus Design e l’anno seguente una ricca antologi- A Mezzana, su una casa lungo la strada statale, Albinoca alla Galleria Willy Sparer di Vilpiano, dove Rossi haesposto più volte. 21
Rossi ha affrescato anche una grande genziana, non ito in pieno Settecento. Il dipinto è attribuito ad un “pit-distante dall’abete in ferro di Luciano Zanoni, mentre tore vagabondo” tale Teodoro Fengler de Vogg, attivo invanno segnalate in paese alcune notevoli presenze ar- zona tra il 1934 e il 1945, con affreschi in varie chiesechitettoniche. della val di Sole: il restauro è opera di Albino Rossi ePiù complesso il lavoro per la Federazione provinciale Giuseppe Delpero e ha offerto l’occasione per una mo-allevatori, a nord di Trento, visibile dalla variante, che stra di dipinti dello stesso de Vogg e di Albino Rossi.porta a Mezzolombardo e in valle di Non. Siamo nel2006. Delle lastre in acciaio corten, della lunghezza Molto complessa invece l’opera che abbellisce e trasfor-complessiva di 10 metri, dialogano con le montagne cir- ma l’ingresso della Cassa Rurale d’Anaunia a Taio. La leg-costanti, riproducendo in uno stilema i camini, le fessu- genda del lago della Predaia è proposta da Albino Rossire delle rocce sovrastanti. con la cascata in acciaio alta 7 metri e da una serie diI pennoni segnavento, alti 8 metri e 50, che raffigurano pannelli alveolari di alluminio, di spessore di 2 cm, rettil’acqua, la terra, il vento e il fuoco, si muovono seguen- da una struttura in ferro, tutti lavorati a mosaico, 3x1.50do le folate ventose che caratterizzano la zona attra- m su un lato, 2.75x1.50 m sull’altro lato dell’opera.versata dall’impetuosa “ora” del Garda. Una fontana inpietra rossa di Trento regge una forma in acciaio che ha Sono raffigurati alcuni elementi simbolici: le finestrela funzione di bocca d’acqua, una suggestione che vie- tradizionali dell’edilizia anaune, la montagna, il mondone dall’uso di materiali diversi. del lavoro, l’elettricità, la diga, l’agricoltura con qualcheIl “cavallo retico”, all’ingresso del Museo di Sanzeno, è covone, il melograno - segno distintivo della coopera-un artistico recupero della memoria storica del territo- zione - l’industria delle fruste, famosa tra Ottocento erio, non in modo solamente decorativo, ma che, frutto Novecento, ora praticamente scomparsa, la mela che èdella creatività e della fantasia, riesce a diventare sim- impreziosita da tessere in oro, un omaggio alla ricchez-bolo, emblema del luogo: gli elementi di sfondo, in ac- za della valle; ci sono poi rimandi alla storia, dai Reticiaio corten, richiamano i tre siti archeologici della ci- alle lotte contadine, che segnano l’età di mezzo in valle,viltà retica e i monti circostanti; in primo piano Rossi con devastazione di castelli, qui richiamati, che segna-reinterpreta il famoso cavaliere di Sanzeno, un piccolo no con le chiese e i campanili ora i magazzini frutta, illavoro in bronzo, ritagliato qui in negativo su una lastra paesaggio umanizzato della valle. Non potevano man-di acciaio inox. care i giochi, come il tamburello e il ceppo che rinasce,Del 2007 ricordiamo un intervento non eclatante, ma la Cassa che compiva 120 anni.curioso, di recupero di un dipinto a Croviana, Malè,sull’esterno di Casa Taddei de Mauris, un edificio costru- Rossi è stato affiancato dall’artigiano di Taio Mauro Pe- dergnana per la cascata e i supporti, per la parte a mo-Castello di Caldes (TN), 1997. Mauro Pancheri, Paolo Vallorz, Adolf Vallazza, saico, da Corinna Carboni di Milano, conosciuta attra-Luciano Zanoni, Albino Rossi all’inaugurazione di Un’arte senza frontiera verso l’artista Giuseppe Maraniello.22 “L’incontro con Maraniello a Milano mi ha giovato molto, ben al di là del suggerimento di un’abile mosaicista. In precedenza avevo rimirato più volte l’Ara Pacis e altre opere della romanità”. Anche in questa grande opera si intravvede la tensio- ne di Rossi all’astrazione, che qui diventa simbolica. La grande cascata suggerisce una carica di energia, ma- teriale certamente, ma anche spirituale; i 18 pannelli, molto descrittivi, rimandano nel disegno a richiami sim- bolici, ma pure ai dettagli di un disegno molto curato, con le linee rette imposte dal mosaico, una innocenza ritrovata - si sosteneva nel precedente capitolo - che è ricerca di essenzialità, desiderio di semplificare. Da quell’anno in avanti, Rossi ricorrerà sovente al mosaico, una forma che non si incontra facilmente ed inizierà a lavorarlo di persona, sbozzando le tessere con l’appo- sito martelletto, dialogando di continuo con la giova-
Malè (TN). Fiorenzo Degasperi ed Albino Rossi in occasione di un incontro Insomma un invito a pensare alla tradizione, assiemeculturale ai “Vouti del Tatin” alla modernità.ne mosaicista milanese che alternò fruttuosi soggiorni Gradevole e al tempo stesso vincolato dallo gnomonein valle, “è un impegno gravoso che ho poi ritrovato in la meridiana allestita a Monclassico dove è nata e si èlavori successivi, il piacere di recuperare la manualità, consolidata negli anni una rassegna artistica delle meri-faticosa nel costruire i supporti che reggono una serie diane, cinque all’anno, per chiamata di altrettanti artisti,destrutturata, per così dire, scomposta, con gli sforzi solo uno dei quali trentino, divenendo un museo a cieloper contenerne i costi”. aperto.Tutta a mosaico l’opera realizzata nel nuovo edificio sco- Altri concorsi vinti da Rossi: “Allevatori di Montagna” allastico di Coredo, in alto, sopra il paese; mosaicista Corri- Caseificio Presanella di Mezzana; “Natura silente”, in-na Carboni che firma in basso a sinistra. Il mosaico misura stallazione in dodici oli su tela all’Associazione alberga-3.60x2.20 m, montato su pannello alveolare in alluminio: tori di Bolzano; la “sala del bosco”, tempera all’uovo sula cornice è in acciaio, come la scritta all’ingresso dell’a- tavole di legno al Palanaunia di Fondo; le installazioni ditrio. Il disegno parte dalla natura, per renderne però un’i- piccole tele al Ristorante da Pino a San Michele all’Adi-dea, quasi una metafora. Gli alberi sono tagliati, senza ge, con una grande mela in acciaio all’ingresso, il tuttobase e senza cima, quasi fossero delle colonne a sorreg- illustrato da un catalogo “I frutti della montagna” congere il cielo e sono rappresentati in controluce. testi di Bruna Dal Lago Veneri e Luciano Filippi.Anche i fiori sono un’idea, non sono copie di fiori che L’acqua e le implicazioni identitarie legate a Pejo sonoesistono in natura, come gli uccelli al centro, un’occa- il tema del mosaico al Polo scolastico di Cogolo. Al cen-sione di colore. tro, la cascata realizzata con tessere musive in argen- to, viola scuro ed oro. Sulla sinistra pannelli con valoriQuasi per ammorbidire il suo concettualismo, dato che spirituali; sulla destra valori sociali. Il panello di fondol’opera è rivolta ai giovani che frequentano le aule del è realizzato in lastre d’acciaio corten; i pannelli lateraliplesso, Rossi ha inserito degli animali che sono colti sono caratterizzati da forti cromatismi.quasi dal vero: la volpe con il suo piccolo, il re cervo, loscoiattolo, il gufo che attende la notte. Altro mosaico all’ospedale di Cles, nell’accesso alla nuo- va ala. Una sottile lastra in acciaio corten regge noveIl bosco è anche una soglia, propria di un atrio, ma tipica pannelli a mosaico; al centro della lastra un sottile pro-di Coredo, tra la coltivazione del melo e il bosco che filo, acciaio inox smerigliato a mano, richiama sia il fiu-inizia proprio attorno alla scuola. L’intreccio dei rami me Noce, sia una linea del tempo, una sorta di percor-richiama la solidarietà, valore della tradizione trentina, so nella storia delle due valli del Noce. I pannelli, chema pure la relazione, la rete, valori della contempora- riprendono stilemi già trovati altrove, come il bosco, oneità, usuali entrambi - si confida - nei giovani che ini- l’uccellino che spigola, il vecchio maso, la cascata, rap-ziano a conoscere la vita nelle aule luminose. presentano altrettanti simboli identitari delle due valli e della loro evoluzione storica e culturale. Concludiamo questo capitolo, così pregnante nel per- corso artistico di Rossi, con due interventi, chiamiamoli minori, ma fortemente simbolici nella loro linearità. La collocazione in un nuovo contesto, con la collabo- razione dell’architetto Piccoli, del monumento ai cadu- ti realizzato nel 1927 dallo scultore noneso di origine, Stefano Zuech: un nastro in acciaio, sagomato sul crina- le delle montagne che sono lo sfondo naturale del pic- colo monumento, appena una pura linea, l’essenzialità dei monti; un blocco in granito, come nuova base, quasi una metafora del sarcofago. Ne risulta un’unione singolare tra sagrato, monumento cimiteriale, il bosco in controluce sullo sfondo. 23
Studio Buonanno Arte Contemporanea, Mezzolombardo (TN), 2010. Albino ta e abusata, ma che sono in primo piano in una serie diRossi, Giampaolo Prandstraller all’inaugurazione di Woods xilografie di Albino.La fontana in granito, quasi un lago alpino circolare, La tradizione, insomma, che viene però letta e rilettaregge un profilo di montagna che porta l’acqua. Il tito- dentro la contemporaneità.lo dell’opera è “montagna d’acqua”, due beni del luogo,Pellizzano, l’opera è collocata al centro della piccola ro- UN NUOVO STUDIO A MASTELLINAtatoria all’ingresso della casa di riposo.Infine, tradizione moltiplicata al massimo, la grande ca- Nella primavera del 2016, Albino Rossi ha ultimato untasta di legno a Mezzano di Primiero realizzata in occa- delicato lavoro di restauro all’“ex ospizio” di Mastellina,sione della rassegna “Cataste e Canzei”. Un’installazio- il paese del padre.ne laboriosa, per lo studio del supporto, la lieve lavo-razione a fuoco dei tronchetti della catasta, una lunga È un complesso citato in documenti del XV secolo, comelaboriosità dal buon esito grazie alla collaborazione di ospizio collegato a quello omonimo di Madonna di Cam-due operai del posto. piglio - cui venne incorporato dal Clesio nel 1531 e ce-Anche le installazioni, grandi e piccole, confermano sti- duto successivamente al Comune - simile a quelli delle e stilemi di Rossi: la “materia” contadina dipinta con Passo del Tonale e di Malè. Un ambito è denominato an-grande rigore; il paesaggio, profili di montagne nell’az- che sotto la voce “orto” ed era collegato alla chiesettazurro della valle di Sole, dentro una luce fredda; la ricer- che si affaccia sulla strada statale del Tonale; nell’absi-ca del minimalismo, quando gli elementi del paesaggio de un ciclo di affreschi dei Baschenis. La casa natale deidiventano astrazioni, purezza di forme, masse dentro il Guardi è poco distante.bianco del cielo. I soggetti, sempre geometrici, vengono“concettualizzati”; il riferimento è sempre alla natura, È un paradigma perfetto di tradizione e modernità.alle montagne della sua valle di Sole o della valle diNon, le radici per ricorrere ad una parola fin troppo usa- Nella nuova casa/studio, Albino Rossi ha sistemato la massa di cataloghi di mostre visitate o consultati; l’ar-24 chivio personale, indi il torchio con il quale stampa le xilografie, che ora lavora quasi esclusivamente su com- missione; naturalmente una raccolta di opere di sua pro- duzione, altri quadri di amici, gli strumenti di lavoro e - va ricordato - si passa dall’olio al mosaico. Da sottolineare che Rossi realizza quasi sempre cornici artigianali, molto solide, appena levigate o che privile- gia l’opera in sé, priva, cioè, di alcun supporto. Nelle opere recenti - lavora dapprima su schizzi, anche ad acquerello, a getto continuo - c’è un ritorno al colore, un colore “più asciutto” secondo la sua definizione, un periodo di nuova rottura con le grandi tele più recen- ti: i nuovi quadri sono come ricostruiti, tenendo fermi i segni identitari, a volte un uccello dentro il bosco si- lenzioso, quasi una dicotomia che può delinearsi anche all’esterno dell’intreccio boschivo, silenzioso. Albino Rossi non è nuovo ad accostamenti, singolari, ma dopo lunghe meditazioni solitarie. Il mosaico, ad esem- pio. È vero che Rossi è andato a cercare l’arte musiva di Roma antica, ma è anche vero che si è ispirato ai po- chi mosaici contemporanei di artisti trentini: Cesarina Seppi alla stazione ferroviaria di Trento; la statua della vittoria - confidenzialemte soprannominata dal gusto popolaresco come “la donna del flit” - di Gino Pancheri
che era in origine pensata come affresco, ma che venne la ricerca di nuove espressioni nelle opere pubblichepoi eseguita a mosaico perché - si sostenne allora - il dove la fantasia è sempre rapportata alla committenza,mosaico è il linguaggio della pittura architettonica, che in soldoni, al bando di concorso. E si ricordi che Rossi, diè poi, puntualmente, il caso della scelta e del design di norma solitario sul lavoro, qui era obbligato a lavorareAlbino Rossi. in squadra. È importante ricordare che tutte le opere in acciaio, acciao corten e i supporti installativi sono statiAltro accostamento, vissuto con affetto e rigore filologi- realizzati presso il laboratorio di Mauro Pedergnana aco: il recupero della stele di Stefano Zuech nel cimitero Taio. Inoltre, da alcuni anni, Albino è stato affiancato dal-della Commezzadura. Lo scultore di Brez (1877-1968) la designer Piera Magnini per la lavorazione dei mosaici.aveva scolpito il piccolo monumento nel 1927, marmo Proficuo è sempre stato il suo rapporto con le galleriedi Lasa, materia che Zuech prediligeva e che ritroviamo e le istituzioni museali, quali il Mart, il Mag; tra le tan-nelle stazione della Via Crucis che sale a San Romedio, te gallerie private citiamo qui solo Giordano Raffaelli,o nel monumento al minatore a Brez, o il busto al caduto l’amico Casciaro di Bolzano e le gallerie di Torino e SanVois a Taio, a fronte dell’abside della parrocchiale. Zue- Gallo, come aperture a mondi diversi.ch era già famoso negli anni Venti perché erano suoi i In primo piano Patrizia Buonanno che non a caso orga-fregi della Campana dei caduti di Rovereto, come suo nizza anche la grande mostra di Sanzeno, importante daera il monumento a Grazioli a Lavis, quelli a Chini e Ne- tanti punti di vista, anche perché è un riconoscimentogrelli in piazza Dante etc. Aveva studiato a Vienna, ai da parte della sua terra, ma che è solo una tappa di untempi della Secessione, pur restando sempre fedele al percorso d’arte che auguriamo di cuore lungo e fecondo.classicismo, anche un insegnante di disegno per decen-ni; infine preside della scuola media di Brez. Piano di Commezzadura (TN), 1962. Albino Rossi con la madre, Caterina DonatiUn altro accostamento è a Croviana. E ci sono affinità, 25ma pure diversità. Del resto il tema della soglia, soventeassunto a simbolo in tante sue opere, si presta ad ungioco di relazioni, ma, teoricamente, anche di respingi-mento, di rifiuto. La ricerca è di un un delicato equilibrioda raggiungere.Da evidenziare, infine, le piccole opere a mosaico, spes-so con tessere in oro e la produzione di oggetti d’arredo,in acciaio corten, con un design molto moderno, la seriedi rifugi, dei sedili con la stilizzazione dei suoi alberi.Quanto alla “tecnica” di Albino, sempre molto “pensata”,costruita e decostruita, ne abbiamo sintetizzato i varimomenti che coincidono con periodi di espressioni di-verse, anche se alcuni significati sono di lunga durata: ilsilenzio, la luce, i valori simbolici, identitari della sua enostra terra; su tutto una tendenza continua all’astrazio-ne, declinata modernamente nei simboli della tradizione.La colatura ad esempio - non naturale con i colori den-si delle sue montagne, dal momento che il colore colase fluido, impreciso come in Pollock - è cercata perchériflette immediatamente una cesura rispetto all’osses-sione delle luce precisa dei precedenti paesaggi, unsimbolo - per l’artista - di semplicità, di innocenza conl’affiorare, che si ripete in Rossi, di un certo concettua-lismo.Il viaggio di Rossi non si arresta, la creatività, la genia-lità continuano a produrre; cambiano gli studi di lavoro,ma sempre attorno alla Commezzadura. Continua pure
Due brise, le chiavi per Parigi e le nuvole sopra il LavatecGiampaolo VisettiRONCIO – Albino Rossi è nato in un paese di montagna e ma impari un mestiere e ti guadagni il pane, poi fai quel-ha scelto di restare. «Se non vivessi qui – dice – mori- lo che vuoi». In montagna, chi non aveva terra, volevarei». Da ragazzo ha cominciato a diventare pittore per la che i figli studiassero. I libri erano il simbolo del riscatto.voglia di andare via. Poi ha capito che «via» sarebbe Chi poteva finiva lontano, all’università: per gli altri l’or-stato un altro e che non avrebbe avuto qualcosa da dire. goglio era il diploma. «Capire questa atmosfera – diceAdesso ha 63 anni e dipinge ancora in Val di Sole. Non sa Albino Rossi - è decisivo. I miei non avevano mai avutodire, così senza pensarci troppo, se stare nell’unico luo- nulla, erano stati costretti ad andare via da giovani ego dove si può, significa essere liberi, oppure scoprirsi avevano dovuto tornare presto. Al di là della valle peròprigionieri. «Lasciarsi sequestrare dalla propria libertà avevano compreso che il mondo stava cambiando, alle– dice – è un’ossessione. La stessa che ti impone di por- mani e al fare succedevano la testa e il sapere. Dovevotare un certo mondo su una tela, rinunciando a tutto il arrangiarmi, la repubblica era accompagnata dalla de-resto». Non è figlio di contadini, né di pastori. Suo papà mocrazia: per questo, per assomigliare a un signore eLuigi manteneva le strade, come suo nonno: operai tentare di essere come gli altri, sono stato il primo delladell’Anas. Sua mamma Caterina, nata a Rabbi, pensava famiglia a studiare». Racconta questo nel suo studio dialla casa. Appena uscita dall’adolescenza era andata a Roncio, sopra Mezzana. Pochi masi in bilico sul pendio,servire a Milano. Poca terra buona, nelle valli alte, fame qualche prato verticale sottratto al bosco. Dal fondoval-insaziabile: dai «signori» aveva acquisito la finezza. Il le salgono nebbie, anche se è maggio fa un freddo in-papà era sopravvissuto alla guerra, in Grecia, salvato vernale. Non si veste da artista: scarpe Mephisto marro-per miracolo dalla malaria. Anche loro, quando in Euro- ni, calzini e jeans neri, un pile marrone scuro sopra unpa era scoppiata la pace, hanno ubbidito alla nostalgia: girocollo chiaro. Lascia i capelli grigi. Un qualsiasi uomoMastellina, il paese di Francesco Guardi. «Da bambino non illustre di un paese ignoto. La stufa è spenta e sa-guardavo la sua casa – dice – e volavo con la fantasia. rebbe meglio di no, ma l’essenzialità, se la conosci daNon capivo come era stato possibile, nel Settecento, bambino, è un’amante esigente che non ti lascia più. «Èpartire da qui e finire a Venezia, tra i geni della pittura stato così – dice – per un senso di giustizia necessaria,nella Serenissima. Successo e avventura, nel cuore vo- che si è presentato uno di quei momenti». «Quei mo-levo essere come lui». A casa Rossi la televisione non menti» significa l’attimo cruciale, quello difficile da ri-c’era. La star del paese, due secoli dopo, restava Guardi. conoscere, il destino che porta dove deve. Anche AlbinoGli occhi, nell’ozio, non potevano che fissarsi sulle foto- Rossi, come tre generazioni di bambini non contadinigrafie dei suoi quadri. Quel segreto, un giorno, deve es- venuti al mondo in un paese, a undici anni è stato messosergli scappato a tavola. La risposta del papà è il mani- in collegio in città. Arcivescovile, convitto e medie afesto della concretezza dell’Italia anni Cinquanta e Ses- Trento, a casa solo per i Santi, Natale, Pasqua e per l’e-santa, decisa a congedare innanzitutto la miseria: «Pri- state infinita. «Si dimentica in fretta – dice – ma i «Po-26
lentoni» per il Trentino sono stati una fucina straordina- fino a oltre ottant’anni. Senza la montagna non avreiria di giustizia, di uguaglianza e di riscatto sociale. I figli studiato, ma studiare mi ha riportato in montagna». Nondei ricchi e quelli dei poveri, insieme e alla pari, con le è facile, quando la giovinezza pesa sul cuore e dentro lomedesime opportunità e amici per sempre. Una scuola stomaco, usare i primi soldi non per bere e per fumare,di responsabilità collettiva, la conoscenza per la prima per sentirsi grandi, ma per imparare sommessamentevolta come alternativa all’ignoranza: io sono stato lì, qualcosa. Il titolo di studio e un mestiere erano la condi-sono diventato quel certo tipo di uomo». Il resto era co- zione per muoversi e per andare via, dal paese e dall’ab-minciato ad accadere già alle elementari. Concorso na- bandono, ma tagliare le radici avrebbe impedito sia dizionale di disegno. Un foglio bianco con due cerchi al muoversi che di andare via. Così ha scelto i geometri. Lacentro, da usare come spunto. I compagni tracciavano domenica pomeriggio il tram per Trento partiva da Malèfacce, soli e lune, la ruota di una bicicletta. «Io – dice – alle 16.35. A insegnare disegno al «Pozzo» c’era Sergioho colorato due brise e ho vinto il primo premio, un’en- Bernardi. Prima passione: il legno. Primo lavoro: «Enaip»ciclopedia». Dire che dopo, nella vita, gli è successo di Ossana, la scuola dei muratori e dei carpentieri chequalcosa di più, potrebbe sembrare eccessivo. Ha capito avrebbero costruito Marilleva, Folgarida e il Tonale del-presto che poteva essere uno che dipinge, che l’essen- lo sci uscito dalle trincee del Novecento. L’idea, alla fineziale si trova vicino e che scoprirlo può provvedere a ciò degli anni Settanta, era quella di recuperare i vecchiche serve, per mangiare e per pensare. Così, nel paese mobili solandri, nelle rare dimore nobiliari e nei masidi Guardi, dopo oltre due secoli ha cominciato a cresce- contadini. Il turismo apriva un mercato, l’arte rivelava lare un altro pittore. Al mare minore fermato nella laguna bellezza, la storia acquisiva un valore. «Ne parlai – diceè seguita la montagna minore ritratta dalle malghe. La Rossi – con Quirino Bezzi, fondatore del Centro Studinatura però è rimasta una necessità. «I porcini disegnati per la Val di Sole – che mi consigliò di andare a trovarea scuola – dice Rossi – erano la forma fisica che conosce- Paolo Vallorz». Era estate e Vallorz era già «il Vallorz», ilvo meglio. Già alle medie come molti compagni delle pittore che ha restituito la terra e il cielo delle alte quo-valli, pagavo tre quarti della retta scolastica lavorando te a chi era stato costretto ad abbandonarle, fino a di-in estate. Non salivo in malga: con mia madre cercavo menticarle e nemmeno a riconoscerle. Figlio del fabbrofunghi sul monte Lavatec, brise dure e bianche per gli di Caldes, viveva a Parigi, come Guardi a Venezia, comealberghi di Madonna di Campiglio. In più pescavo trote, Segantini in Engadina. Albino Rossi ne aveva solo senti-nel Noce e nelle lec che portavano l’acqua nei campi. to parlare: non sapeva che suonare alla sua porta stavaNelle stagioni generose guadagnavo più di mio papà. per diventare il secondo «quel momento» della vita.Tavolate di brise stese a seccare sulle reti e secchi di «Mi ha aperto lui – dice – mi ha detto che stava lavoran-pesce: nel bosco e lungo il torrente ho trascorso le esta- do e che potevo tornare due giorni dopo. Ho sentito cheti della mia giovinezza. Mia mamma ha venduto porcini c’era semplicità, ma pure il drammatico dovere di non 27
interrompere mai, fino alla fine, la pittura di un quadro, Cogolo di Pejo (TN), 1957. Albino Rossi con i genitori a casa Migazzicome fosse un ultimo respiro». L’idea di restaurare i vec-chi mobili risultò bocciata. Vallorz voleva che la valle alle sette di sera, sempre fuori, finalmente di nuovo traricominciasse a costruirli, a generare grandi artigiani, a gli alberi e sull’erba. Condannato a dipingere a tempoimporre uno stile. Intuiva che solo la forza piena dei luo- pieno da una tripla necessità, pure condizione per laghi, un’identità sociale e un codice storico di valori con- pittura: sopravvivere come uomo, provvedere alla fami-divisi, una solida cultura contadina, avrebbero salvato la glia, stare in montagna. «Senza l’energia della vita nellagente dal vuoto di una globalizzazione delegata alla fin- natura – dice – penso che sarei morto. Ma fissare con ilzione della vanità finanziaria, all’egemonia sterile del colore i suoi istanti irripetibili per l’eternità è un’osses-turismo per consumatori di massa. Con la cultura, e gra- sione che consegna a lunghi isolamenti, ad una spiritua-zie all’arte, l’identità avrebbe invece potuto dare un si- lità che già porta nella vita che c’è al di là della vita».gnificato concreto alla contemporaneità, una speranza Ora il suo studio è pieno di libri, come fosse uno scritto-stabile nel futuro. «Alla fine – dice Rossi – gli ho detto la re. Le tele e i colori ci sono, come i quadri e i disegni nonverità: volevo andare a Parigi, vedere i musei, capire se ancora usciti alla luce, ma si capisce che a comandarepotevo anch’io essere un pittore. Paolo Vallorz ha smes- sono i testi e le finestre che guardano il bosco e l’oriz-so di sorridere, ha preso un foglio e si è messo a scrive- zonte. La missione, quassù, adesso è riempire il vuoto,re. Poi è sparito in un’altra camera». Quando è tornatogli ha consegnato il foglio piegato e un sacchetto. Sulprimo aveva scritto l’indirizzo dei musei di Parigi da vi-sitare, i nomi degli autori e i titoli delle opere che unaspirante pittore non può ignorare. Nel secondo c’eranole chiavi della sua casa parigina. «Ha sussurrato “buonviaggio” – dice – ed è sceso nel broglio delle vecchie«Belle di Boskoop» per stare al sole, senza altre parole.Due giorni dopo ero sulla mia Renault 4, Mastellina-Pa-rigi, le tre settimane in cui, come artista, sono nato». Lodice ed è estraneo all’ipocrisia dell’opportunismo: sen-za la generosità del Vallorz, Rossi non sarebbe «il Ros-si». È grazie a lui che conosce Testori, Cavallari, De Gra-da, Giacometti, Jean Clair, artisti, designer, galleristi,Aldo Gorfer, Flavio Faganello, Adriano Morelli, GianluigiRocca, Luciano Zanoni, un metodo di lavoro e un gusto,i luoghi per dipingere e i soggetti da riprodurre. «Il pri-mo quadro consapevole – dice – è il ritratto di un conta-dino copiato dal libro “Gli eredi della solitudine”, l’ulti-mo sono i profili delle genziane del ciclo «I fiori perdu-ti». Mi accorgo che dopo quarant’anni, tanti viaggi equotidiani desideri di essere altrove, non mi sono maispostato da ciò che la montagna è per la mente di ognu-no». Assieme a lei: la potenza della necessità, la levaformidabile del bisogno. Fatto il servizio militare, si erasposato con Giuliana ed erano arrivati i figli, Filippo eChiara. La prima mostra, 1978, non era bastata per con-vincerlo a lasciare il posto all’Enaip, distaccato a Trentoai primi programmi formativi per l’inserimento al lavorodei portatori di handicap. Dilettante fino al 1985. Poinon rientra da un’aspettativa, sale fino ai pascoli sopraMenas e comincia i cicli sulla montagna «dal vivo e indiretta». Puntuale più di un operaio, dalle sei di mattina28
riallacciare i fili del distacco. Il vuoto è quello culturale,aperto da bambino e da ragazzo. Il distacco sono la mor-te improvvisa di una sorellina, la paura che anche suamamma lo lasciasse per una malattia, le partenze per ilconvitto trentino dei preti. «Mi è mancato sempre molto– dice – e la montagna che pensavo colpevole ha rivela-to infine la grazia della sua misericordia. Rispetto aGuardi, a Segantini e a Vallorz, io ho potuto restarci pervivere, senza per questo rinunciare a conoscere quelloche per convenzione chiamiamo mondo. La montagnaperò ha infine rivelato di essere la vita e questa la pittu-ra. Altro non saprei fare, altro non potrei essere. Per me,come per i miei genitori, ha deciso la necessità». Occor-re tutta la vita, anche senza muoversi mai, per tornaread essere il massimo, ciò che si è stati da bambini. Albi-no Rossi dai profili alpestri è passato alla frutta raccolta,dagli alberi ai fiori, da questi a profili puri. Meno, è dipiù. Per riempire non smette di togliere, nascondere èpiù che mostrare, intuire più di sapere. Anche rinunciaread andare dove oggi si deve, con i piedi e con il pennel-lo, è più che stare dove non si può esistere. A un certopunto le parole e le vernici, come i vecchi maestri sviz-zeri e i nuovi pittori romeni, non servono più. Perfino aimasi di Roncio e al cavalletto piantato su un prato si puòrinunciare. La più forte, in montagna, è sempre la vitaoriginaria. «Ho sacrificato molto per la bellezza – dice– ma credo che essenziale sia solo il coraggio. Restarequi e dipingere, più che un tributo alla bellezza, è statoe rimane un atto di coraggio. Impiegherei troppo tempoper spiegarne le molte ragioni. Mi limito a dire che vale-va la pena, anche se le mie opere fossero già scomparse.Solo in montagna, diventando vecchio, io potevo torna-re bambino». Il cammino è già cominciato. Un nuovostudio, la vecchia casa, sono quasi pronti a Mastellina.Le nuvole oltre cima Lavatec sono di nuovo sopra la te-sta, il maso di Guardi è lì, assieme ai posti delle brise eai fossi delle trote. Dalla porta può muovere i passi chefurono di sua mamma e di suo papà, indicarli ai figli. Haritrovato l’enciclopedia che ha deciso tutto, il cerchiocominciato al concorso nazionale di disegno si è chiuso.Prima ha imparato un mestiere e si è guadagnato il pane,poi ha fatto ciò che ha voluto. Albino Rossi, scegliendodi restare, può continuare a vivere: quando occorre an-che a dipingere, un modo più generoso di respirare. Albino Rossi sui prati di Val di Rabbi (TN), 1988 29
La Grande Madre in carta RosaspinaDanilo Curti-Feininger“Da trentacinque anni lavoro alla carta vecchia ed è la davvero stato in un sogno, in un mondo più bello, di es-mia love story. Da trentacinque anni presso carta vec- sere stato nel cuore stesso della verità”.chia e libri, da trentacinque anni mi imbratto con i carat-teri, sicché assomiglio alle enciclopedie (…). Così contro Così dà il là il praghese Bohumil Hrabal alla sua Una so-la mia volontà sono diventato saggio e sto adesso ac- litudine troppo rumorosa. In questo libro del sottosuolocertando che il mio cervello è fatto di pensieri lavorati – ho scoperto con meraviglia che anche nelle vene didalla pressa meccanica, di pacchi di idee (…). Quando Albino Rossi scorre un po’ del sangue del nostro tenerogli occhi mi capitano su un libro come si deve, quando barbaro, del pierrot incrudito della letteratura europearimuovo le parole stampate, del testo anche qui non ri- -, la vita del protagonista Hanta, distruttore di monta-mangono che pensieri immateriali, che svolazzano per gne di carta e di libri, è impegnata tutta nel distillarel’aria (…). Da trentacinque anni imballo carta vecchia e schegge di arte e di cultura, briciole di memoria e puntalibri e vivo in un paese che da 15 generazioni sa leggere “non a salvare metaforicamente – come dice Sergio Cor-e scrivere. Abito in un ex Regno nel quale era ed è mania duas – cultura e storia come a prima vista può sembrare,pressarsi pazientemente dentro la testa pensieri e im- ma a salvare se stesso e noi. Anzi io penso – continua ilmagini che apportano una indescrivibile gioia e ancor curatore - che l’unica cosa per la quale il verbo salvarepiù grande dolore, vivo fra uomini che per un pacco di sia opportuno è la possibilità stessa di fare: arte, culturapensieri pressati sono capaci di dare anche la vita (…). Il e vita che sia”.mese scorso mi hanno portato e gettato in magazzinoseicento chili di stampe di famosi maestri, sei quintali Pressare idee e torchiare pensieri, spremere sogni, im-di fradici Rembrandt e Hals e Manet e Klimt e Cézanne brattarsi di forme e colori, distillare l’anima del Crea-e altri pezzi grossi della pittura europea e così adesso to, sorseggiare il sugo amniotico della Grande Madrericopro i lati di ogni pacco con le stampe e verso sera, Montagna, volare sulle ali del suo respiro, sul calore,quando i pacchi stanno in fila davanti all’ascensore, non l’odore, le sue lacrime, baciarne il ventre, macinare ilriesco a saziarmi e a smettere di guardare quella bellez- suo corpo ed ingoiarlo pietra dopo pietra, frutto dopoza adorna ai lati (…). E io unico al mondo, io so in quale frutto, abitare la materia per scoprire l’al di là del suopacco giacciono come in una tomba Goethe e Schiller e orizzonte, per entrare nel “cuore stesso della verità” indove Hölderlin e dove Nietzsche (…). E io alle falde della una continua metamorfosi spirituale è un rito che damontagna mi raggomitolo come Adamo nel cespuglio, quarant’anni muove il fare arte di Albino Rossi. Un ritocon un libro in mano apro gli occhi su un mondo diverso purificatore, di rimozione delle scorie di pelle arida eda quello dove appunto stavo, perché io quando inco- morta, un processo che sempre più tempra i suoi stru-mincio a leggere sto proprio altrove, sto nel testo, io mi menti verso la semplificazione, che non è sottrazionemeraviglio e devo colpevolmente ammettere di essere matematica - e tanto meno azzeramento o rottamazione -, ma purificazione, decantazione, affinamento, presen-30 za nell’assenza, attraverso il sano esercizio di mettersi
sempre in discussione: un estremo bisogno di chiarezza Mestriago (TN), 1994. Albino Rossi nel suo atelier, mentre incide una lastra didel linguaggio – contro il caos della ‘tuttologia’ – per legno. Foto di Flavio Faganelloraggiungere attraverso l’umiltà, la dedizione, la coeren-za, la sofferenza, che gli sono di casa, il timbro più alto 31del suo vocabolario estetico.“Con i miei nuovi lavori – confessa l’artista – voglio faremergere una ritrovata ‘innocenza’ primordiale attraver-so una rappresentazione pittorica più istintiva, primiti-va e stupita”. E ancora: “Per anni ho dipinto montagnecon un preciso nome e cognome, ora cerco di rappre-sentare l’essenza stessa che sta al di sopra delle singolevette, in qualche modo l’idea platonica di montagna. Ècome se, chiudendo gli occhi, volessi rappresentare tut-to quanto la montagna mi ha comunicato in questi anni(…). Nel bosco io divento il viandante, l’esploratore edanche il pellegrino. Se la montagna rappresenta la sa-cralità irraggiungibile, il bosco è il tramite per scoprire ilsentiero, per salire, per ritrovare relazioni, magari altreculture che vivono al di là dei crinali e delle cime. Inquesto modo montagna e bosco diventano due formedello stesso anelito. Una rappresentazione mentale diun viaggio tutto interiore, esistenziale”.Insomma: “Uno deve avere un’ossessione: altrimentinon sta dentro”.Nel corso del suo vagabondare per 40 anni ha frullatoe si è impregnato dell’energia creativa dell’intera qua-dreria delle sue stelle polari – tanto per citarne alcune:del suo Sassetta, del suo Vermeer, Caravaggio, Chardinpittore del silenzio, l’umile Corot, Courbet, Cezanne,Balthus, Segantini, van Gogh, Kirchner, Klee, Moran-di, Hockney – amanti ai quali ha succhiato il latte perfarsi coraggio nell’affrontare gli spiriti della montagna,
Mezzana (TN), 2016. Foto realizzata da Danilo Curti-Feininger, durante la visita tura, ai supermercati del consumismo, di quei beni cheallo studio di Roncio si scartano e si maciullano in un ruminare furioso e ar- tificiale. Lasciamo il pittore nel suo “altrove” ad affron-quella montagna incantata ma spesso disincantata, in- tare le sue prove di resistenza. Qui parliamo di raffinarecatenata e a volte liberata ma sempre cantata da Albino idee e pensieri per forgiare nuovi occhiali da vista, indi-Rossi con ardore e devozione. Senza dimenticare due spensabili per nuove visioni e sensazioni, di parteciparemaestri come Faganello e Rigoni Stern che hanno dato in diretta alle inquietudini delle vite altrui per salvare ladignità alla cultura della montagna e quindi forza alle propria e qualche altra di altrui, cercare la sopravviven-sue convinzioni. Artista figurativo, primitivo, idealista, za nelle affinità elettive: il viatico di Albino è incarnatoespressionista per vocazione quanto impressionista per nel suo vivere in contemporanea le conquiste pittori-classica affezione (con allegati tutti i post-possibili e im- che di certa visione “spirituale” dell’arte moderna conmaginabili) che sa cogliere le provocazioni intellettuali le pulsioni del presente che è già avvenire.dell’astrazione ma entra a mani giunte attraverso il mi-nimalismo nell’esistenzialismo concettuale? Perché no! In principio è la carta. È sulla materia bianca, vergine eÈ sicuramente l’autostrada maestra di lettura della sua santa, è su questo manto immacolato che Albino Rossievoluzione. Ma non confiniamolo nel reticolo dei cartel- traccia, incide, colora e fa cantare le sue storie. Cartalini di riconoscimento. Le etichette lasciamole alla gran- Fabriano, la “Rosaspina” tanto per rimanere in tema.de distribuzione, alle nuove app, ai soloni che tentano È nell’esercizio costante e rigoroso del disegno, neglidi mettere in riga ogni granello delle nostre brame, di schizzi preparatori – quanti quadernetti di appunti,rubarci le ombre del dormiveglia, ai fast-food della cul- diari di viaggio, di mano nervosa e dolce, ho sfogliato, quante bellissime carte acquerellate ho smosso, quante32 xilografie in bianco e nero e accese dai colori dall’ac- querello in armoniche variazioni (una sessantina, incise e graffiate nel legno di pero, le prime tirate a mano e le ultime a torchio, sempre in pochi esemplari: lavori che si innestano sulla grande tradizione incisoria europea che vede negli espressionisti della Brücke ed in Remo Wolf i suoi epigoni moderni), ho scoperto nel suo cantiere – che sono la colonna vertebrale del suo operare, il grana- io dove sugge la benzina per fissare sui vari materiali le sue visioni in-finite. In continua altalena tra nero e bian- co, tra toni e vibrazioni intense di colore. Dappertutto un’invasione di Montagne (la Montagna di montagne), di cime, creste, ombre, nuvole (la sua ossessiva nuvoletta carica di ironia piuttosto che di acqua), boschi, alberi (i larici che sono le sue “colonne del mondo”), alberi ve- stiti e nudi, masi e cataste, sudari che accolgono i frutti della terra, mele rosse e gialle, pere verdi, prugne, pe- sche, uva, limoni e melagrane, pannocchie, funghi: natu- re semprevive e pulsanti, “Quadri di una esposizione” che si dipanano dentro le voci di una solenne sinfonia cromatica, partitura amplificata nello spazio dalla poli- fonia delle sue installazioni. Nelle xilografie come nei nuovi acquerelli la cura degli equilibri interni, l’impa- ginazione, la pulizia formale è ricercata con maniacale determinazione. Tronchi ancorati alla terra con i rami che bramano di darsi la mano, e di godere della luce (nella composizio- ne troviamo sempre un elemento di fuga dal bosco per evitare l’angoscia della barriera, del confine), il picchio
che batte come un metronomo il ritmo dell’esistenzae spezza il silenzio dell’isolamento, le corna del re delbosco che si cullano nell’aria senza bisogno del corpo,che danzano un minuetto e fanno all’amore sospese nelvuoto, dervisci lucenti che volteggiano sulle ombre de-gli dei, e poi le genziane, il fiore della primavera, chevolteggiano come aquiloni in un gioco di negativo-po-sitivo, che aprono le porte al colore del cuore di AlbinoRossi: al blu, all’azzurro (la bibbia di Rudolf Steiner sulsignificato dei colori è in primo piano sulla sua libreria esotto una catasta di carte riposa l’Ulisse di Joyce), quel-lo della lontananza e della profondità: “l’azzurro quan-to più diviene profondo tanto più invita l’uomo versol’infinito, desta in lui la nostalgia del puro, e, in ultimo,del supersensibile” scriveva Kandinsky nello Spiritualenell’Arte.Un alfabeto che vive di segni, di richiami, di una fore-sta di simboli, di metafore che incarnano e inseguono lestrade della “purezza” e del “bello”.Lassù dentro la Cattedrale della Montagna, nella quietee in armonia con il Creato, dentro la Natura che scandi-sce all’uomo il ritmo delle stagioni, lassù dove il Ventobussa alla porta compagno fedele degli ultimi Eredi dellasolitudine, lassù dove l’aria è fina e gli uccelli cantano lelodi all’Altissimo, lassù in quell’oceano di silenzio doveil tempo scorre lento dentro la dimensione della me-ditazione, lassù si commuove e ri-cerca un po’ di pacel’inquieta anima dell’artista e trova nuova linfa il suomodo di sentire la vita, la libertà, di viverne il mistero ela profondità, di fare comunità con le radici dello spirito,di sostanziare la forma e il colore ideali della sua ma-turazione e dare lievito alle sue rinnovate esperienzesensoriali ed intellettuali. Lassù a Roncio e Mastellinanei laboratori-officina di Albino Rossi – specchio arcai-co della mitica Davos e della capanna dello Schafbergsopra Pontresina dei prediletti Maestri Ernst Ludwig Kir-chner e Giovanni Segantini – non esiste frattura tra Artee Vita.Mestriago (TN), 1996. Albino Rossi mentre stampa una xilografia 33
L’Anima della Natura
Fiore di monte, 2016, olio su tela, 35 x 50 cm Piccolo Bosco, 2014, olio su tavola, 20 x 30 cm Tronco, 2014, olio su tavola, 22 x 16,5 cm36
I fiori perduti, 2016, olio su tela, 120 x 150 cm 37
Presenze, 2016, olio su tela, 40 x 50 cm Luce silente, 2016, olio su tela, 40 x 40 cm Nel bosco, 2012, olio su tela, 25 x 35 cm Alberi, 2015, olio su tela, 35 x 50 cm38
L’Anima della Natura, 2016, olio su tela, 100 x 120 cm 39
Montagne sognanti, 2015-2016, ciclo di acquerelli, 31 x 41 cm cadauno40
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Montagne sognanti, 2015-2016, ciclo di acquerelli, 31 x 41 cm cadauno42
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Montagne sognanti, 2015-2016, ciclo di acquerelli, 31 x 41 cm cadauno44
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Omaggio al Re Cervo, 2015-2016, acquerelli, 56 x 76 cm cadauno46
Montagne sognanti, 2015-2016, ciclo di acquerelli, 41 x 31 cm cadauno 47
I Masi e le Cataste
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