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EnricoIVmanoscrittoIatto

Published by miryamgrasso, 2018-03-09 17:01:43

Description: EnricoIVmanoscrittoIatto

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credo capace. (Si avvicina al Dottore, e gli tira un po' la manica, ammiccando furbescamente) - Sono «loro»! Sempre quelli, Monsignore! LANDOLFO ARIALDO (piano, con un sospiro, come per suggerire al Dottore) - Eh, sì, i vescovi rapitori... IL DOTTORE (per sostener la parte, volto a Landolfo Arialdo) - Quelli, eh già... quelli... ENRICO IV Non bastò loro di avermi rapito di sei anni alla tutela di lei, aver profanato la monarchia, servendosi di me, ignaro, Nulla è bastato a loro costoro! - Un povero ragazzo, Monsignore... Si passa il tempo, giocando - anche quando, senza saperlo, si è re. Sei anni avevo; e mi rapirono a mia madre, e contro mia madre, contro il potere stesso della Dinastia... (Intenerendosi di pietà). Un povero ragazzo, Monsignore. Si passa il tempo, giocando… (Con fretta incalzante ) E loro dàlli a rubare, dàlli a rubare: di lei, si servirono di me, ignaro, e contro i poteri stessi della Dinastia, profanando tutto, rubando, rubando, uno più ingordo dell'altro: Anno più di Stefano, Stefano più di Anno! - A (Arrestando la foga) - Ma ora, oh! ma ora questa infamia su mia madre, Monsignore, passa la parte!... – LANDOLFO (sottovoce, persuasivo, per richiamarlo) Maestà… ENRICO IV (subito voltandosi) Ah già… Non debbo in questo momento dir male dei vescovi – (Guarda la Marchesa e di nuovo s'intenerisce, ma molto più profondamente di pietà) - E io neanche non posso neanche piangerlae, mia madre, Madonna… Mi rivolgo a voi, che dovreste aver viscere materne… Venne qui a trovarmi, dal suo convento, or è circa un mese… Mi hanno detto che è morta… (Pausa ora tenuta, densa di commozione. Poi, sorridendo mestissimamente) io nNon posso piangerla,… Non posso... perché



Perché se voi ora siete qua, ed io così (si scuote addosso il sajo) (mostra il sajo che ha indosso) , vuol dire che ho ventisei anni,. né uno più, né uno meno… (<… >) ARIALDO E che ella dunque è viva, Maestà… ella ORDULFO Ancora nel suo convento… ENRICO IV (si volta a guardarli) Già… E posso rimandare ad altro tempo il dolore (Mostrandole la tintura che s’è data) (Mostra alla Marchesa, quasi con ci- vetteria, alla Marchesa la tintura che s’è data ai capelli puerilmente). Guar- date; guardate: sono ancora biondo… di fatto... (Poi, piano, come in confi- denza) Per voi! - Io non ne avrei bisogno… Ma giova qualche segno este- riore. Termini di tempo, mi spiego, Monsignore? (Si riaccosta alla Duches- sa e osservandole i capelli anch’essi ritinti) - Eh, ma vedo che... anche voi, Duchessa... (Strizza un occhio e fa un segno espressivo con la mano) - Eh, italiana... (come a dire: finta; ma senz'ombra di sdegno, anzi con maliziosa ammirazione). Dio mi guardi dal mostrarne disgusto o maraviglia! Lo so bene, Madonna, non si Velleità! Nessuno vorrebbe riconoscere quel certo po- che tere oscuro e fatale



che assegna limiti alla volontà… Ma, dico, se si nasce e si muore… - Nascere, Monsignore: voi l'avete voluto? - Io no. - E tra l'un fatto e l'altro, indipendenti entrambi dalla nostra volontà, tante cose avvengono, che tutti quanti vorremmo non avvenissero, e a cui a malincuore ci rassegniamo! IL DOTTORE (tanto per dir qualche cosa, mentre lo studia attentamente) Eh, purtroppo… - ENRICO IV Ecco: quando non ci rassegniamo, vengono fuori le velleità… Una donna che vuol esser uomo… Un vecchio che vuol esser giovine... – Velleità, velleità: fissazioni ridicole, certo. – Ma riflettete, Monsignore, che non sono non meno ridicole sono sono poi tutte le altre: quelle voglio dire nelle quali la volontà è dentro sia contenuta dentro i limiti del possibile. – Qua c’è Pietro Damiani che fa il santo! – La c’è madonna che fa del suo meglio la Duchessa; e voi, Monsignore, il dotto e bene avveduto Abate; e io faccio, come credo, il re; e questi miei amici, onestamente, i miei consiglieri. - Nessuno di noi mente o finge ! - C'è poco da dire: ci siamo fissati tutti in buona fede in un bel concetto di noi stessi . Eh, ma la realtà, Monsignore, però mentre voi vi tenete fermo, aggrappato con tutte e due le mani alla vostroa concetto tonaca santa, di qua, dalle maniche vi scivola, vi scivola, vi sguscia come un serpe dalle mani serrate qualche v cosa, di cui non ve ne 'accorgete: perché voi vivete la vita, la vita Monsignore; la vita! e vi sguiscia dDi qua e di là la vostra realtà vi sguiscia secondo le relazioni che o avete con gli altri, o stabilite di volta in volta, con voi stesso: jeri con me Imperatore, oggi col Pontefice, domani con la vostra coscienza. E sono sorprese, Monsignore, quando ve la vedete d'improvviso consister davanti, così sfuggita da voi: dispetti, e ire contro voi stesso, e rimorsi, anche rimorsi... Ah, se sapeste io ne ho tanti! tanti! tanti! me ne son trovati tanti davanti… con una faccia come ch’era la mia stessa , ma così orribile, che non ho potuto fissarla... – (Si riaccosta alla Marchesa) A voi non è mai avvenuto, Madonna? Vi ricordate proprio d’essere stata sempre la stessa, voi? Madonna? E com’è che non sapete più spiegarmi… Oh Dio, che ma un giorno... vi piaceva tanto ciò che ora non vi piace più? e che anche... com'è, com'è che poteste commettere quella tale azione... – (la fissa così acutamente negli occhi da farla quasi smorire) - sì «quella», appunto! - ci siamo capiti (oh, state tranquilla che non la svelerò a nessuno!). E che voi, Pietro Damiani, poteste essere



amico di quel tale... LANDOLFO (c.s.). Maestà... ENRICO IV (subito) nNo, no, non glielo nomino! So che gli fa tanto dispetto! - E Che opinione, che opinione ne avevate... - Ma tutti, pur non di meno, seguitiamo a eh! tenerci stretti al nostro concetto, così come chi invecchia si ritinge i capelli. Che importa che questa mia tintura non possa essere una realtà per voi, se riesce a essere anche un pocohino per me? - Voi, Madonna, certo non ve li tingete mica per ingannare gli altri, né voi; ma solo un poco - poco poco - la vostra immagine davanti allo specchio. Io lo faccio per ridere. Voi lo fate sul serio. Ma vi assicuro che per quanto sul serio, siete mascherata anche voi Madonna, e non dico per la venerabile corona che vi cinge la fronte, e a cui m'inchino, o per il vostro manto ducale… - dico soltanto per codesto ricordo che volete fissare in voi artificialmente del vostro color biondo, in cui un giorno vi siete piaciuta; o del vostro color bruno, se eravate bruna: l'immagine che vien meno della vostra gioventù. A voi, Pietro Damiani, invece, il ricordo di ciò che siete stato, di ciò che avete fatto, appare ora riconoscimento di realtà passate, che vi restano dentro - è vero? - come un sogno. - E anche a me - come un sogno… - e tante, dentro di me a ripensarci, inesplicabili... - Mah! - Nessuna maraviglia, Pietro Damiani: sogno vi sembrerà domani anche la realtà d’oggi, non dubitate sarà così domani della nostra vita d'oggi! – (Tutt'a un tratto infuriandosi e afferrandosi (Si afferra il sajo addosso) - Questo sajo qua, (con gioja quasi feroce, facendo l’atto di strapparselo) ah perdio! (Landolfo, Arialdo, Ordulfo subito, vedendogli fare il gesto di strapparsi il sajo, accorrono spaventati, come per trattenerlo. <…> Ed egli, allora tira indietro e leva il sajo, gridando loro come a sfida e con gioja feroce:) ndosi ndosi Domani, un sogno! a Bressanone, domani, 27 vescovi tedeschi e lombardi, in numero di 27, firmeranno con me la destituzione di Papa Gregorio VII: non pontefice, ma monaco falso! LANDOLFO ORDULFO (scorrendo Con gli altri tre, per scongiurarlondolo di tacere) - Maestà, Maestà, in nome di Dio! ARIALDO (invitandolo coi gesti a rimettersi il sajo). Badate a quello che dite! ORDULFO LANDOLFO Monsignore è qua, insieme con la Duchessa, per intercedere in vostro favore vostro… (E di nascosto fa pressanti segni al Dottore di dir subito qualche cosa)



IL DOTTORE (smarrito) - Ah ecco, sì... Siamo qua per intercedere... ENRICO IV (subito, pentito, quasi spaventato, lasciandosi dai tre ri metter sulle spalle il sajo e da Arialdo stringendoselo addosso con le mani convulse). Perdono... sì, sì... perdono, perdono, Monsignore, perdono Madonna... Sento, vi giuro, sento tutto il peso dell'anatema… (si curva prendendosi la testa tra le mani, come in attesa di qualche cosa che lo schiacci; e sta un po' così, ma poi, con altra voce pur senza scomporsi, dice piano, in confidenza, a Landolfo, ad Arialdo e a O Ordulfo) Ma io non so perché oggi non riesco a essere umile davanti a quello lì (e indica, come di nascosto, il Belcredi) LANDOLFO (piano) Ma Pperché voi, Maestà, vi ostinate a credere che sia Pietro Damiani, mentre non è. ENRICO IV (sogguardandolo con timore) - Non è Pietro Damiani? ARIALDO No. È un povero, umile monaco. Maestà… ENRICO IV (dolente, con sospirosa esasperazione) Eh, nessuno di noi può valutare ciò che fa, quando fa per istinto... Forse voi, Madonna, potete intendermi meglio degli altri, perché siete donna e Duchessa… - Vedete, Monsignore, vedete quel… monaco là? e questi miei stessi consiglieri fedelissimi?... Ne ebbi uno a Corte così finto, ma così finto, come al mondo non ne verrà mai più l’uguale. Paolo di Ottone di Nordheim… - (al Belcredi) – Vorrei vedere chi siete veramente sotto codesta tonaca… - Io non posso conoscere nessuno, <…> né saper nulla davvero. E poi dicono che sono finto io, e che non siete finti voi sotto le vesti con cui mi comparite davanti… perché davanti a me ogni parola si pesa, a ogni atto si studia… - Credete voi almeno, Madonna, alla mia sincerità. Questo è un momento solenne e decisivo. Potrei, guardate, ora stesso, mentre parlo con voi, accettar l'ajuto



dei vescovi lombardi e impossessarmi del Pontefice, assediandolo qui nel castello; correre a Roma a eleggervi un antipapa; porgere la mano all'alleanza con Roberto Guiscardo. - Gregorio VII sarebbe perduto! - Resisto alla tentazione, e credetemi che sono saggio. Sento l'aura dei tempi e la maestà di chi sa essere quale deve essere: un Papa! - Vorreste ora ridere di me, nel vedermindomi così? Sareste tanti stupidi, perché non capireste che prudenza sapienza politica mi consiglia ora quest'abito da penitente: - Vi dico che le parti, domani, potrebbero essere invertite! E allora che fareste allora voi? Ridereste, <di noi> per caso, del Papa in veste di prigioniero? - No. - Saremmo pari. - Dei Un mascheratio, <…> io oggi, da penitente oggi; un mascherato lui, domani, da prigioniero. Ma guaj a chi non sa portare la sua maschera, sia da Re, sia da Papa. - Forse egli è ora un po' troppo crudele. Pensate, Madonna, che Berta, vostra figlia, per cui, vi ripeto, il mio animo è cangiato – (si volta improvvisamente a Belcredi e gli grida in faccia, come se quello avesse detto di no) - cangiato, cangiato, per l'affetto e la devozione di cui ha saputo darmi prova in questo terribile momento! (si rivolge di nuovo alla Marchesa) – è venuta con me; è giù nel cortile; ha voluto seguirmi come una mendica, ed è gelata, Madonna, gelata da due notti all'aperto, sotto la neve! Voi siete la madre! Dovrebbero muoversi le viscere della vostra misericordia e implorare con lui (indica il Dottore) dal Pontefice il perdono: che ci rieceva! DONNA MATILDE Ma sì, sì, subito... IL DOTTORE Lo faremo, lo faremo… ENRICO IV E un'altra cosa! un'altra cosa! (Se li chiama intorno e dice piano, in gran segreto) - Non basta che mi riceva. Voi sapete ch’Egli può “tutto” - vi dico, “tutto” – (evoca perfino i morti!) – e non c'è arte di magia che gli sia ignota. - Ebbene, Monsignore, Madonna: la mia vera condanna è là, è là (indica il suo ritratto



alla parete, quasi con paura) - di non potermi più distaccare di là - Sono qua penitente, e così resto, vi giuro che ci resto finché Egli non m'abbia ricevuto; ma poi voi due, dopo la revoca della scomu- nica, dovreste implorarmi questo dal Papa che lo può: distaccarmi di là, e farmela vivere tutta, tutta questa mia povera vita, da cui so- no escluso. - Non si può aver sempre ventisei anni, Madonna! e io ve lo chiedo anche per vostra figlia: che io la possa amare com’ella si merita, così ben disposto come sono adesso, intenerito come so- no adesso dalla sua pietà. Ecco. Questo. - Sono nelle vostre mani... (s’inchina) Madonna… Monsignore… E si ritira, così inchinandosi, per l'uscio donde è entrato, lasciando tutti stupiti e la Marchesa così profondamente commossa, che appena egli scompare, casca come di schianto a sedere, quasi svenuta. Tela ——



Perché, voi siete qua, ed io sono così (si scuote addosso il sajo), vuol se dire che ho ventisei anni… Guardate, guardate: sono biondo, difatti… - (Come in confidenza, mostrandole la tintura che s’è data ai capelli puerilmente) pPer voi!... Io non ne avrei bisogno… Ma giova qualche segno esteriore… Termini di tempo, mi spiego, Monsignore? (S’accosta alla Duchessa, le guarda guarda i capelli e osservando i capelli di lei anch’essi ritinti) - Eh, ma vedo che… anche voi, Duchessa… (Strizza un occhio e fa un segno espressivo con la mano) - Eh, italiana... (come a dire: finta; ma senz'ombra di sdegno, anzi con maliziosa ammirazione). Dio mi guardi dal mostrarne disgusto o maraviglia! Non volete ingannar né voi, né gli altri; ma un tantino lo specchio in cui vi guardate. È una cosa triste, portarsi come sue, gli occhi di bambino, e anche la mente - e condurselo per mano questo bambino, ancora, come quando di sei anni lo strapparono alla madre.



RISCRITTURE DI BRANI ATTO I



ATTO PRIMO _ Salone nella villa, rigidamente parato in modo da figurare, con meticolosa ricostruzione storico, quella che poté essere la sala del trono di Enrico IV nella casa imperiale di Goslar. Ma in mezzo a tanta antichità, due grandi ritratti ad olio, moderni, di grandezza naturale, avventano dalla parete di fondo, collocati a poca altezza dal pavimento, su uno zoccolo di legno che corre lungo tutta tutta la parete (largo e sporgente in modo da potervisi mettere a sedere come su una lunga panconata), uno a destra e l’altro a sinistra del trono che, nel mezzo della parete, interrompe lo zoccolo e vi s’inserisce, col suo seggio imperiale e il suo basso baldacchino. I due ritratti rappresentano un signore e una signora, giovani entrambi, camuffati, in costume carnevalesco, l’uno da Enrico IV, l’altra da Marchesa Matilde di Toscana. Usci a destra e a sinistra. ______________ Al levarsi della tela, I DUE VALLETTI, come sorpresi, balzano dallo zoccolo su cui stanno sdrajati, e vanno a impostarsi come statue, uno di qua e uno di là ai piedi del trono, con le loro alabarde. Poco dopo, dal secondo uscio a destra entrano ARIALDO, LANDOLFO, ORDULFO e BERTOLDO: giovani stipendiati dal Marchese Di Nolli perché fingano le parti di Consiglieri segreti, vassalli regali della bassa aristocrazia alla corte di Enrico IV. Vestono perciò in costume del secolo XImo. L’ultimo, BERTOLDO, di nome FINO, assume ora per la prima prima volta il servizio. I tre compagni lo ragguagliano. LANDOLFO E questa è la sala del trono!



ARIALDO A Goslar! ORDULFO O se vuoi, anche nel Castello dell’Hartz. ARIALDO O a Worms. LANDOLFO A piacere. Secondo la vicenda che rappresentiamo, questa sala balza con noi ora qua e ora là. UNO DEI VALLETTI (senza scomporsi) – Ps! ps! ARIALDO (voltandosi al richiamo) – Che cos’è? IL VALLETTO (c. s.) – Viene Entra o non viene entra ? ORDULFO No. dorme. State pur comodi. L’ALTRO VALLETTO (scomponendosi insieme col primo e andando a sdrajarsi di nuovo <…> sullo zoccolo) – Eh santo Dio, potevate dircelo! IL PRIMO VALLETTO (accostandosi ad Arialdo) – Per favore, ci avrebbe un fiammifero? LANDOLFO Ohi! A pipa no, qua dentro! IL PRIMO VALLETTO (mentre Arialdo gli porge il fiammifero acceso) – No, fumo una sigaretta. (E se ne va a sdrajarsi anche lui sullo zoccolo)



BERTOLDO (che è stato a osservare intorno la sala, tra maravigliato e perplesso) – Ma scusate; io guardo, mi guardo, vi guardo, e non mi raccapezzo bene. – Non è quello di Francia? Landolfo, Arialdo e Ardulfo scoppiano a ridere fragorosamente. LANDOLFO (sempre ridendo, e indicando ai compagni che ridono anch’essi Bertoldo, come per invitarli a farsi beffe di lui) – Quello di Francia, dice! ORDULFO (c. s.) - Ha creduto quello di Francia! ARIALDO Enrico IV di Germania, Caro mio! ORDULFO Il grande e tragico imperatore! ARIALDO Quello di Canossa! LANDOLFO Noi sosteniamo qua, giorno per giorno, <…> la spaventosissima guerra tra Stato e Chiesa! ORDULFO L’Impero contro il Papato! ARIALDO Papi e Antipapi! LANDOLFO Re e Antirè! ORDULFO E guerra contro i Sassoni! ARIALDO E contro tutti i principi ribelli! ORDULFO E contro gli stessi figli dell’Imperatore!



BERTOLDO Ho capito! ho capito! Perciò non mi raccapezzavo, vedendomi parato così ed entrando in questa sala. Ho detto bene, non sono costumi, questi, del mille e cinquecento! ARIALDO Ma che mille e cinquecento! ORDULFO Noi viviamo qua, caro mio, tra il mille e il mille e cento! LANDOLFO Puoi farti il conto: se il 25 gennaio del 1071 siamo davanti a Canossa.. BERTOLDO Oh Dio mio, ma allora è una rovina! Tutta la mia preparazione storica se ne va in fumo! Me lo potevano dire, per Dio santo, che si trattava di quello di Germania e non d’Enrico IV di Francia! In quindici giorni che m’hanno accordato per la preparazione, lo so io quanti libri ho scartabellato! ARIALDO Ma scusa, non sapevi che il povero Tito qua faceva la parte di Adalberto di Brema? BERTOLDO Ma che sapevo! Non sapevo nulla! LANDOLFO Sai com’è? Morto il povero Tito, il marchese di Nolli.. BERTOLDO È stato proprio lui! Me lo poteva dire, quando mi son presentato - ARIALDO Forse credeva che lo sapessi... LANDOLFO No. È che lui il marchese , morto Tito, non voleva più assumere, in sostituzio-



ne nessun altro in servizio, capisci? Restavamo noi tre, e credeva che si potesse bastare, e che ce ne fosse anche qualcuno d’avanzo... BERTOLDO Dite un po’: tiene lui l’amministrazione? ARIALDO Lui già Il Marchese di Nolli, sì. Ma son tutti beni qua dello zio. LANDOLFO E comanda lui! ORDULFO E bisogna vedere come si fa obbedire! BERTOLDO Lui, lo zio? ARIALDO Sua Maestà l’Imperatore! LANDOL[F]O «Cacciato via Adalberto», cominciò a dire – (perché il povero Tito lui non gli parve che fosse morto, ma che nella a veste del vescovo Adalberto glielo avessero cacciato via dalla Corte i vescovi rivali di Colonia e di Magonza) BERTOLDO (prendendosi e tenendosi con tutte e due le mani la testa) – Ma io non so niente una saetta di tutta questa storia! ORDULFO Eh, stai fresco, allora, amico mio! ARIALDO E il guajo è che non sappiamo neanche noi, chi tu sia! lo BERTOLDO Come? Neanche voi? Chi debbo rappresentare io, non lo sapete?



ORDULFO Non lo sappiamo! ARIALDO Bertoldo. BERTOLDO Ma chi, Bertoldo? Perché Bertoldo? ARIALDO Niente. Bertoldo. LANDOL[F]O «Mi hanno cacciato via Adalberto? E io allora voglio Bertoldo! voglio Bertoldo!» – cominciò a gridare così. ARIALDO Noi ci guardammo tutti e tre negli occhi: - «Chi sarà questo Bertoldo?» ORDULFO Ed eccoti qua Bertoldo, caro mio! LANDOLFO Ci farai una bellissima figura! BERTOLDO Ah, io non lo fo! grazie tante! Io me ne vado! me ne ma vado! ARIALDO Calmati! calmati! ORDULFO Non sarà mica quella del Bertoldo della favola... LANDOLFO Confortati, perché non neanche noi, del resto, lo sappiamo, neanche noi, del resto, <…> chi siamo. Chi è Lui, Arialdo; chi è lui, Ordulfo; e io Landolfo... Ci chiama così; oramai ci siamo ormai abituati. Saranno Nomi del tempo! Sarà un nome del E tempo anche il tuo, Bertoldo... Uno solo sarà



fra noi <…>, il povero Tito, aveva una bella parte assegnata, come si legge nella storia, quella del vescovo Adalberto di Brema, pareva un vescovo davvero, oh! Magnifico, povero Tito! Sfido, se l’era potuta studiare bene sui libri ! E comandava anche a lui, s’opponeva, lo guidava, da quasi tutore e consigliere... Siamo consiglieri segreti anche noi, ma così, di massa, perché nella storia è scritto che Enrico IV era odiato dall’alta aristocrazia perché per essersi circondato nella corte da giovani della bassa aristocrazia, vassalli reali devoti, un po’ dissoluti, allegri... BERTOLDO Devo anche essere anche allegro? ARIALDO E già! Come noi! ORDULFO Non è mica facile, sai! LANDOLFO È un vero peccato! Perché, come vedi, qua l’apparato... ci sarebbe, il nostro stesso vestiario... si presterebbero a fare una bella bellissima comparsa in una rappresentazione storica ... e stoffa, stoffa, oh! non per una ma per parecchie tragedie, ci sarebbe da cavarne davvero dalla storia di Enrico IV - Il guajo è, capisci, che noi siamo qua tutti e quattro qua, e quei due disgraziati là quando stranno ritti ai piedi del trono, siamo.. siamo così, senza che nessuno ci metta su e ci dia da rappresentare le nostre parti, qualche scena ,. pPeggio assai dei veri consiglieri segreti di Enrico IV; perchè sì, nessuno neanche a loro aveva dato da rappresentare quella una parte, le loro parti; ma essi almeno non sapevano di doverla rappresentare; la rappresentavano perché la rappresentavano, voglio dire senza vedersi nell’atto di rappresentarla; non era una parte, la loro; era la loro vita, facevano i loro interessi a danno degli altri, vendevavono le investiture e che so io... Noi altri invece siamo qua, invece, vestiti così, in questa bellissima corte... – per far che? niente... Come tanti pupazzi appesi a muro, che spettano che uno li prenda e li muova così o così e faccia dir loro qualche parola... ARIALDO Eh no, caro mio! Scusa! Bisogna rispondere a tono! Saper rispondere a tono! Guaj



se lui ti parla, e tu non gli sai rispondere come vuol lui! LANDOLFO Già, questo sì! questo sì! BERTOLDO E hai detto niente! Come faccio io che ho sbagliato, che m’ero preparato a rispondere a tono a Enrico IV di Francia, e mi spunta ora qua, che è Enrico IV di Geremania? ARIALDO Bisogna che ti prepari subito subito... ORDULFO T’ajuteremo noi... ARIALDO Ci abbiamo di lui tutti i libri... Ti basterà in prima una bella ripassatina... ORDULFO Saprai all’ingrosso qualche cosa... ARIALDO Guarda! (Lo fa voltare e gli mostra nella parete di fondo il ritratto della marchesa Matilda) – Chi è quella lì? BERTOLDO (guardando) Quella lì? Eh, mi pare una stonatura; un quadro moderno in mezzo a tutte queste antichità... qua LANDOLFO Già... Se fossero veramente quadri.. BERTOLDO Come, se fossero? E che sono? Non sono quadri? LANDOLFO Sì, quadri.. Ma per lui son come due immagini ridate da uno specchio, che rappresentano là, lui, vivo com’è, in questa sala del trono, che è anch’essa come



dev’essere, secondo lo stile e il costume dell’epoca. Se ti mettessero davanti uno specchio, scusa, non ti vedresti vivo, d’oggi, vestito così di spoglie antiche? Ebbene, lì, è come se ci fossero due specchi che ridanno immagini vive qua in mezzo a un mondo che... non te ne curare, vedrai, vedrai, come si ravviverà tutto anch’esso vivendo in mezzo a noi... BERTOLDO Oh! Badate che io non voglio impazzire qua! ARIALDO Ma che impazzire! Se sapessi che delizia è, vivere – coscienti – una finzione! ORDULFO Ci si prova un gusto pazzo! LANDOLFO Peccato che avviene di rado, quando capita qua qualcuno... O se no, devi fartelo da te, per te stesso, l’inganno... non per rappresentarlo davanti a chi viene in visita... ma per vivertelo tu stesso... capisci? qua sentendoti vivo, vivo nella storia... veramente vivo nella storia del 1100, alla corte di Enrico IV.. – non per rappresentare una parte fingere un personaggio come fanno gli attori in dramma storico, che guaj se ti viene loro di un starnutare, per esempio, mentre recitano o se ti manca loro la battuta… . ma così, vivo, che No, come sei naturalmente, tutti i giorni, che in questa tua finzione ci puoi mangiare, ma così… dormire, grattarti una spalla se ti ci senti prurito... Landolfo, vivo, vivo, nel castello di Goslar... La mattina ti svegli, ti alzi dal letto, e invece d’uscirne, tu entri nel sogno, vestendoti; nel sogno che non è più sogno perché tu ci vivi, mi spiego? Lo tocchi in tutto, vivo; il tuo sogno te lo bevi con l’aria che respiri: ma pur sapendolo che è un sogno, per meglio assaporare il privilegio che ti è fatto dato di non dover fare altro, qua, che la professione di viverti questo sogno, che è lontanoissimo e presente... Vivere nella storia E pensare da qui, cioè dal pur mille e cento in cui noi siamo, che, in tanto, a che intanto a una distanza di otto secoli in giù, in giù, gli uomini del mille e novecento si abbaruffano, intanto, si arrabbattano in un’ansia senza requie di sapere come si determineranno i loro casi, di vedere come si stabiliranno i fatti che li tengono in tanta ambascia e in tanta agitazione. Noi siamo già invece nella storia e tutto determinato,



tutto stabilito: per quanto tristi i casi, per quanto orrendi i fatti, aspre le lotte, e dolorose le vicende – non cangiano più; non possono più cangiare, sono fissati per sempre; questi e non altri, così e non in altro modo, con tutti gli elementi che si tengono l’un l’altro, congegnati; e tu ti ci riposi che puoi adagiar[tici] ammirando come a ogni effetto segua alla sua causa con perfetta logica e ogni avvenimento si svolga preciso e coerente in ogni suo particolare.. ARIALDO Andiamo, andiamo! Vedrai che in poco tempo ti riassorbiremo nel mille e cento BERTOLDO Sì, per carità, ajutatemi! ORDULFO Un po’ l’uno e un po’ l’altro... LANDOLFO Ti metteremo a posto. BERTOLDO E quella chi è? Ma non mi avete detto chi è quella là? La moglie dell’Imperatore? ARIALDO No. La moglie dell’Imperatore è Berta di Susa, sorella della di Amedeo II di Savoja. ORDULFO L’imperatore, che vuol esser giovane con noi, non può soffrirla e pensa di ripudiarla. LANDOLFO Quella è la sua più acerrima nemica: Matilde, la marchesa di Toscana. BERTOLDO Ah, ho capito: quella che ospitò il papa... LANDOLFO A Canossa, appunto!



LANDOLFO Già! Immagina un po’, come te la imposterà, come te la costruirà domani la storia, questa vita d’oggi ; i nessi che ci troverà di cause e d’effetti, questo o quello storico, secondo come la piglia! Ora, capisci, forti di quest’argomento, noi uomini del mille e cento possiamo metterci a ridere di tutte le storie stampate sul nostro tempo, nostro, dico del secolo undicesimo ! Ridere, ridere sul grugno a ogni dotto di storia, e gridargli che non è stato vero niente, di tutto ciò ch’egli crede di sapere; e che tutto è stato il giuoco di tre o quattro, più forti, che se la sono tirata di qua e di là questa nostra comune e volgarissima buffonata! Guarda, come le pietre che si cavano dalle montagne per questa o quella costruzione. Che ne sanno le pietre, se saranno d’una chiesa o d’un lupanare? BERTOLDO Oh, ma dico, e com'è che voi siete diventati tutti così sapienti? ARIALDO Eh, caro mio, non si ritorna indietro d'ottocent'anni nella storia senza portarsi appresso po un po' d’esperienza! LANDOLFO Andiamo, andiamo! Vedrai come, in poco tempo, ti assorbiremo in essa. ORDULFO E diventerai, a questa scuola, sapiente anche tu! BERTOLDO Sì, per carità, ajutatemi voi! Almeno Datemi subito, almeno, le notizie principali… ARIALDO Lascia fare a noi! Un po' l'uno, un po' l'altro... LANDOLFO Ti metteremo a posto legheremo i fili e ti metteremo in ordine, come un bellissimo fantoccio. Andiamo! Andiamo! (Lo prende sotto il braccio per condurlo via) BERTOLDO (fermandosi e guardando verso il quadro alla parete) Ma Aspettate! nNon mi avete detto



DONNA MATILDE (ancora più adirata) – Sciocco! Sciocco! – Appunto perché è così naturale! Perché non è mia figlia, là (indica il ritratto); quello è il mio c’ ritratto! E trovarci mia figlia, invece <…> che me, m’ha stupito; e il mio stupore, vi prego di credere che è stato sincero, e vi proibisco di metterlo in dubbio! Dopo questa violenta sfuriata, un momento di silenzio impacciato in tutti. FRIDA (piano) – Di mio, sempre così, per ogni nonnulla, una discussione. BELCREDI (piano quasi con la coda tra le gambe) – Non ho messo in dubbio niente, io. Ho notato che tu, fin da principio, non hai condiviso lo stupore di tua madre; o, se di qualche cosa ti sei stupita, è stato perché le sembrasse tanta la rassomiglianza tra te e quel ritratto. DONNA MATILDE Sfido! Perché lei non può conoscersi in me, com’ero quand’avevo la sua età; mentre io, là, posso bene riconoscermi in lei com’è adesso… IL DOTTORE Giustissimo! Perché un ritratto è sempre lì, fermato in un attimo; lontano e senza ricordi per la marchesina; mentre tutto ciò che esso può ricordare alla signora marchesa, mosse, gesti, sguardi, sorrisi, tante cose che lì non ci sono, (si rivolge alla Marchesa) lei naturalmente può rivederle vive, ora, in sua figlia. La rassomiglianza è fatta di <…>certe cose, imponderabili! E Così difatti si spiega che… così BELCREDI (per interrompere la lezione) – che qualcuno anche può trovare anche qualche rassomiglianza tra me e lei, caro professore! DI NOLLI Lasciamolo andare, lasciamo andare, vi prego. (Accenna ai due usci a destra, per avvertire che di là c’è qualcuno che può sentire) – Ci siamo svagati <…> anche



troppo, venendo. FRIDA Sfido! Con Quando c’è lui… (accenna a Belcredi) DONNA MATILDE Volevo bene perciò che non venisse! BELCREDI Ma se avete fatto tanto ridere alle mie spalle! Che ingratitudine! DI NOLLI Basta, ti prego, Tito! Qua c’è il dottore; e siamo venuti per una cosa molto seria, che tu sai quanto mi prema… IL DOTTORE Ecco, Per precisare Vediamo di precisare bene, prima, alcuni punti. Desidererei sì. sapere dalla signora Marchesa, se venne a lui (accenna a destra, alludendo a Enrico IV) l’idea… BELCREDI No a me, a me! Venne a me! IL DOTTORE Prego… DONNA MATILDE Non gli creda! Venne al povero Belassi, che morì due o tre mesi dopo. BELCREDI Ma se non c’era Belassi, quando… DI NOLLI Scusi, dottore, è proprio necessario stabilire a chi venne l’idea? IL DOTTORE Eh, sì! Mi servirebbe. BELCREDI Ma se venne a me! Oh questa è bella! Non ci sarebbe mica da gloriarsene, dato l’affetto che poi ebbe, scusate! – Fu – guardi, dottore – me ne



ricordo benissimo – una sera sui primi di novembre, al Circolo. Sfogliavo una rivista illustrata, tedesca… Vedevo soltanto le figure, s’intende, perché il tedesco non lo so. In una, c’era l’Imperatore in non so quale città universitaria tedesca dov’era stato studente, parato, a cavallo, in uno dei costumi tradizionali delle antichissime società studentesche della Germania, seguito da un corteo d’altri studenti nobili, anch’essi a cavallo, <anch’essi> in magnifici costumi - Così mi venne l’idea L’idea mi nacque da quella vignetta! Perché deve sapere che al Circolo si pensava di fare qualche grande mascherata per il prossimo carnevale. Proposti questa cavalcata storica: storica, per modo di dire: babèlica. Ognuno di noi doveva scegliersi – così, a piacere – un personaggio storico così, d’ogni secolo, a piacere da rappresentare di questo o di quel secolo: re o imperatore o principe, con la sua dama accanto, regina o imperatrice, a cavallo. Cavalli bardati, s’intende, secondo il costume dell’epoca… - E la proposta fu accettata. DONNA MATILDE Io l’invito lo ebbi dal povero Belassi… BELCREDI Che vi lascio intendere che l’idea era stata sua? Appropriazione indebita. Non c’era neppure, quella sera, al Circolo, quando feci la proposta… E non c’era neanche lui, del resto ! (allude a Enrico IV) IL DOTTORE E lui allora scelse il personaggio di Enrico IV? DONNA MATILDE No, dottore. Fu perché io… suggerita indotta nella scelta dal mio stesso nome, <…> - così, senza pensarci più che tanto – quello della dissi che volevo essere la Marchesa Matilde di Toscana. IL DOTTORE Non capisco E E lui..? Non capisco bene la selezione… DONNA MATILDE Eh, sa! non capii neanche io dapprincipio, neanch’io dapprincipio capii – quando mi sentii rispondere che sarebbe quando egli mi disse che



stato allora sarebbe stato ai miei piedi, come a Canossa, E Enrico IV. – Sì, sapevo Canossa… Ma ripeto: ero stata guidata nella di scelta dal <…> dal mio nome. Riprovando un po’ la storia, nel prepararmi mi trovai fedelissima dovetti prepararmi bene, e leggendo la storia, dico la verità, mi fece una curiosa impressione nel ritrovarmi, ripassando un po’ la storia per prepararmi a sostener la mia parte! fedelissima e zelantissima amica di Papa Gregorio VII in feroce lotta contro l’Impero di Germania . E allora compresi Compresi bene allora perché, avendo io scelto di rappresentare il personaggio di Matilde di Toscana, sua della sua implacabile nemica, egli mi volle essere accanto, in quella cavalcata, da Enrico IV. IL DOTTORE Ah! Perché forse…? BELCREDI Dottore, Dio mio, perché lui le faceva allora una corte spietata, e lei (indica la Marchesa) naturalmente… DONNA MATILDE Naturalmente, appunto! Naturalmente! E allora più che mai, naturalmente! BELCREDI Ecco – non poteva soffrirlo! DONNA MATILDE Ma non è vero! Non mi era mica antipatico… Tutt’altro! – Ma per me, basta che uno voglia farsi prendere sul serio… BELCREDI Prova di Dà prova della più lampante stupidaggine! DONNA MATILDE Nient’affatto! Perché non era mica uno stupido, lui, come voi No, caro! In questo caso, no. Perché lui non era mica stupido come voi BELCREDI Io non mi sono mai fatto prendere sul serio! mai DONNA MATILDE Ah, lo so bene! Ma con lui, però, non c’era da scherzare. Capita tra



tanta disgrazia a noi donne, caro dottore, di vederci davanti, ogni tanto, due occhi che ci guardano con una contenuta, intensa promessa di sentimento duraturo… (Scoppia a ridere stridulamente). Niente di più buffo! Se gli uomini si vedessero con quel «duraturo» sullo sguardo. Ma ho riso sempre così! E allora, più che mai… - Ma debbo fare una confessione: posso farla, adesso, dopo vent’anni e più… - Quando risi così di lui, fu anche per paura… Perché forse a una promessa di quegli occhi ci poteva credere. Ma sarebbe stato pericolosissimo. IL DOTTORE Ecco, ecco, questo – questo m’interessa molto di sapere. Pericolosissimo? DONNA MATILDE Appunto perché non era come gli altri! E dato che anch’io… sì, via, sono un po’ così… più d’un po’, per dire la verità… (cerca la parola)… insofferente, ecco, insofferente di tutto quanto è compassato e così afoso!... – Ma ero allora troppo giovine, capite? E dovevo per forza rodere tutto il freno… - Ci sarebbe voluto un coraggio che non mi sentii d’avere, e risi anche di lui, con rimorso poi, anzi con un vero dispetto contro me stessa; perché <…> vidi che il mio riso si confoneva con quello di tutti gli altri – sciocchi – che si facevano beffe di lui… BELCREDI Press’a poco, come di me. DONNA MATILDE No, caro: perché voi fate ridere con la smorfia d’abbassarvi sempre; mentre lui al contrario… E poi, a voi, vi si ride in faccia! BELCREDI Eh, meglio che alle spalle! DONNA MATILDE No, perché nel primo caso s’avvilisce chi ride, per il fatto <…> che non ha in coraggio di ridere in faccia; mentre, nel vostro caso, vi avvilite voi che ve riceve- le


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