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IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Parte 2 – opere d’arteAuditorium Casa del Popolo, via Don Veneziani, 64 – Rivergaro Dal 16 luglio al 11 settembre 2016 www.valtrebbiastoriaearte.it 1

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOCon il patrocinio di Comune di Rivergaro Comune di Travo Comune di GossolengoCon il sostegno di: 2

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO PresentazioneLa consapevolezza delle risorse del territorio e la loro conservazione,tutela e valorizzazione debbono necessariamente costituire priorità perogni istituzione politica e culturale. Che queste risorse siano poiconnesse al patrimonio religioso è una straordinaria opportunità dicreare una sinergia tra soggetti diversi.I comuni della bassa Valtrebbia, in questi anni difficili per la cultura,hanno cercato attraverso l’organizzazione di eventi, la valorizzazionedegli artisti e del territorio che li ha generati.Questa iniziativa esce dal percorso contemporaneo, intendendo, per unavolta, focalizzare l’attenzione non sull’artista quanto piuttosto sulterritorio e sulla sua storia.Grazie al contributo del Centro di Lettura e dell'ufficio per i BeniCulturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza – Bobbio è stato possibilepresentare alla cittadinanza un evento che speriamo possa consentire aicittadini di vivere i luoghi abituali con occhio diverso.In mostra e nell'itinerario collegato ci sono opere di rara maestriainsieme con documenti da cui si estrapola la storia della civiltà delnostro territorio.Sono convinto che molte immagini si vedranno per la prima volta, ilcittadino che si reca in un luogo di culto forse non è attento alle operedi devozione appese alle pareti o nelle cappelle, a meno che lo facciaper turismo.Ecco, trasformiamoci in turisti del nostro territorio!Saremo sorpresi della sua bellezza e della sua ricchezza.Insieme alle opere d’arte, in esposizione sono disponibili alcunidocumenti che provengono dagli archivi parrocchiali.Alcuni escono dagli archivi per la prima volta a mostrarsi per il lorovalore storico, bravi i curatori dell’iniziativa a trarne spunto per unapubblicazione che non è un semplice catalogo, ma un saggio storico checerca di collocare ciascun documento nel proprio contesto storico localee globale.Questa iniziativa è dunque ricca di sinergie: mostra, itinerario e portalemultimediale sono le sue componenti.I soggetti che hanno collaborato sono pubblici e privati, laici e religiosi.Tutti con la comune passione per la Valtrebbia, il rispetto per i luoghinatii o di adozione. 3

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOTutti a unire debolezze per creare un progetto di grande spessore,perché, banale a dirsi, l’unione fa la forza.Chiudo con l’auspicio che le sinergie messe in campo possano averecontinuità, nella speranza che il pubblico possa donare a questo eventoun successo adeguato rispetto allo sforzo profuso. Dott. Andrea Albasi Sindaco del Comune di Rivergaro 4

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Per la coscienza di chi guarda l’arte di Don Giuseppe Lusignani Introduzione.“Forse ora ci rendiamo meglio conto di tutto ciò che contiene questapiccola parola: «vedere». La visione non è una certa modalità delpensiero, o presenza a sé: è il mezzo che mi è dato per essere assenteda me stesso, per assistere dall’interno alla fissione dell’Essere, altermine del quale soltanto mi richiudo su di me.” (M. Merleau-Ponty,L’occhio e lo spirito, Milano 1989, p. 56.) Approda a questa conclusionel’interessante testo scritto dal filosofo francese Maurice Merleau-Pontysul rapporto tra la visione e l’opera d’arte come va configurandosi nellacontemporaneità.Una lettura del testo che cerchi di penetrare un poco più in profonditànelle ragioni del filosofo ci suggerisce di articolare la nostra riflessione indue momenti. Una prima parte riguarda la parola stessa “vedere”,elemento fondamentale per chi sta vivendo l’esperienza dell’artefigurativa. Una seconda parte schiude alla meraviglia dell’accaderedell’Essere che in molti modi si dice. In conclusione, chiedendoci cosaleghi tutto questo alle pagine che documentano l’evento di una mostradi opere d’arte, potremo scoprire il desiderio connaturato al sentire e alsapere degli uomini che hanno abitato il nostro territorio. Vedere.Aristotele, nelle prime righe della Metafisica, ci rammenta che gli uominiamano più di ogni altra cosa la sensazione della vista. Egli poi compiesubito un ulteriore passo: lega la vista alla memoria. In tal modo sorgel’esperienza e, dalle numerose osservazioni dell’esperienza, l’arte. L’arteconserva però ancora una profonda valenza tecnica: essa significa ilpossesso di un procedere che consente la fabbricazione di un qualcosa.Il vedere dunque è un atto che dona piacere all’uomo, dischiudendolo 5

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOalla conoscenza del mondo. Il vedere aristotelico diviene altresì unvedere che mira all’universale, che aspira ad una conoscenza definita.L’arte dunque nella sua prima accezione filosofica si confonde con latecnica. Sapere e produrre, tecnica e conoscenza: tutto si attorcigliaintorno al sorgere di un vedere che si riferisce al mondo circostante.Occorre che sul piano fisico si dia il vedere: è quel vedere che vieneesercitato dal corpo proprio. C’è un’aurorale coincidenza, la meravigliadi uno schiudersi che in ogni istante consegna l’intuizione di un mondocircostante. È il miracolo della luce: prima di ogni valore simbolicochiede di essere percorsa da un sapere intuito e non ancora pensato. Ègrazie ad essa che dimoriamo senza timore nel nostro spazio, consolatidalla certezza che essa benedice il comparire di un mondo che siespone. E l’esporsi nella luce di quanto è altro, di quanto sorge nelladifferenza è innanzitutto dato nell’unità dell’intuizione visiva,dell’approssimarsi che non è una spaccatura, ma innanzituttol’immanenza di uno spazio proprio e condiviso a un tempo.Il vedere come aurorale comparizione del mondo e al mondo, lasciaperò poco scampo alla pura soggettività: sorgono in quell’intuizione lecaratteristiche che vogliono donarle un tratto universale. Un’esperienzache si configuri come riconoscibile anche dagli altri allo stesso modo, haproprio questa pretesa: la pretesa di una validità empiricamenteattestabile. È in tal modo che la capacità di produrre si fa tecnica e arte:richiede a un tempo conoscenza, quindi rivendicazione di universalità, eproduzione, quindi manipolazione, trasformazione, intervento di unsoggetto.Il conoscere pretende di scavare al di là della pura esperienza, pervedere cosa si cela nella pura esperienza: vuole farsi arte, produzione einterpretazione a un tempo, scienza e coscienza. Passando attraverso laluce e l’esposizione del mondo come intuizione immediatamente data, ilvedere avvia un incontenibile movimento che si espande. L’arte divienecosì il segnale di una coscienza inquieta, che vede e provvede. Unaprima, appena abbozzata fenomenologia della visione che meriterebbetanto tempo e tante pagine. Ma per ora ci accontentiamo di trovare unaimmediatezza che non può essere detta se non attraverso la forza dellamediazione, di una trascendenza che non può fare a meno, per esseredavvero tale, dell’immanenza. 6

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Esposizione.Quando gioiosamente attraversavano le strade delle nostre città leprocessioni, ce n’era una che talvolta ancora si vede. Una rarità, certo,ma ancora capace di dire. Ancora capace di un oltre. Nella Domenicadel Corpus Domini la fragile, piccola ostia consacrata viene esposta,portata, mostrata senza ritegno alcuno al mondo. Nel nitore di unbianco immacolato, la duplicità di un oltre viene evocata. È l’oltre umiledi un pezzo di pane che non è un pezzo di pane. Esposto, percepito evisto come pane, è intuito nella sua scandalosa, quasi fastidiosaordinarietà. È esposto lì, gettato davanti a tutti senza alcuna vergogna,senza alcun timore, senza alcuna remora: un pezzo di umile pane. Matale esposizione dice già tutto: dice già un vedere che va oltre.Una mirabile unità che sprigiona l’energia di una fissione, di unaspaccatura: quel pane non è lì per essere guardato, ma per esserespezzato. Per essere a un tempo uno con noi nel nutrire, e farci uno conDio nell’essere conosciuto e riconosciuto. Spezzato e donato a untempo, esposto e consumato. Il vedere non può fare a meno di tuttoquesto: è l’intima intuizione che mai si accontenta, che desta lameraviglia di una domanda, che invoca il miracolo di una riposta. Se lafabbricazione di un’opera d’arte nasce dal processo conoscitivo che sinutre di intuizione e conoscenza, il comparire dell’essere di fronte a medi quanto a un tempo è altro da me ed è in me, richiede un esodo.Esposto e tra esposti, ecco la verità dell’essere che, per usare laceleberrima traduzione di Aristotele da parte di Heidegger, si dice inmolti modi. Un legame solidale, di prossimità, eppure sempre infranto,violato, superato. Il vedere che si trasforma in esperienza artisticasgorga da questa indecente violazione. Ne vuole cogliere il segreto, loindaga, lo percorre. Quando pensa di averlo, di possederlo, di nuovosfugge di mano. A nessuno è offerta l’ultima parola: ogni dire artisticorimane sempre penultimo.Tanto si è detto sulla contemplazione, molto poco sull’esposizione. Si eno la si confonde con una impietosa serie di cose appese sulla scena delmondo. Ma uno sguardo attento sulla fenomenologia del vedere che siincammina sulla strada del fare esperienza dell’arte e del suo dirsi ametà tra tecnica, artigianato, e mistero dell’essere che si dice in molti 7

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOmodi, offre una buona parola sull’essere esposto tra esposti. Non sitratta infatti di una vicinanza seriale solamente di cose, ma della lorofluttuazione nello spazio, del loro assolvere alla soddisfazione di bisognie quindi del loro creare relazioni. È su questo piano che si affrontano esi confondono un atteggiamento conoscitivo, che ormai si facontemplazione, e l’atteggiamento produttivo, che si fa esposizione. Prima di richiudersi: una mostra.Una mostra si chiama così perché convoca sulla scena tutte questedimensioni. Si tratta innanzitutto di una esperienza espositiva. In questavibrano il vedere, il conoscere, il produrre. Accade il miracolo dell’essereche si schiude, si dice in molti modi. La mostra di opere d’arte chestiamo documentando, come ogni mostra, non può fare a meno diquesta premessa, perché la vita stessa non può ignorarla.Il grande disciplinamento voluto dal Concilio di Trento, frutto di quelcambio di passo necessario a metà del XVI secolo, avevaprofondamento trasformato la Chiesa. Dall’organizzazione interna, alladefinizione dei rapporti col mondo, alla formazione del clero, allavalorizzazione delle esperienze nuove proprie della vita religiosa, allaliturgia nella sua codificazione anche dogmatica, alla questione delleimmagini: tutto era stato guardato in profondità. Stranamente peròdall’inizio del secolo XVII esplode il barocco: quella dimensioneemozionale, coinvolgente, teatrale che si spinge fino ad esasperaretutto ciò che sembrava dovesse essere dimenticato. Si indugia su tuttociò che è forte, vigoroso. Si dimentica tutto ciò che è complesso edettagliato. Un tempo meravigliosamente perduto in un vedere che si fascena, che trasforma senza paura il mondo in un grande teatro per Dio,gli dei, i santi e gli eroi di ogni tempo.Anche il nostro territorio, la nostra Val Trebbia non è da meno. Siriedificano chiese, come accade a Pieve Dugliara. Si fanno arrivareopere di maestri che sanno ben operare. Si vuole emozionare, stupire.Però non basta. Quando nei primi decenni dell’ottocento avrà luogo unagrande campagna di riedificazioni delle antiche cappelle, ora chieseparrocchiali del nostro territorio, si provvederà anche ad arricchirne leraccolte. 8

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOIl conoscere e il produrre intrecciano senza scampo misura edemozione. La forza della misura facilmente intuibile nell’affollarsi di unascena come quella del martirio di San Lorenzo (fig. 3) si sposa conl’emozionante momento in cui è colto il martire: sereno, offre il suosguardo fiducioso al Dio in cui confida. E la luce: ad illuminare quelcorpo, l’unico mostrato nel suo petto offerto, senza remore, al suocarnefice. Solo verso quel centro la luce si effonde, generosa e buona,affinché divenga luce per ciascuno di noi.Oltre a San Lorenzo, ecco il San Pietro (fig. 9). Solenne e vigoroso,Pietro non parla di sé, ma di colui che gli ha donato le chiavi. E quellechiavi sono segno e presenza, non scettro e potere. Servizio per ilpovero, trasformano Pietro in un segno: tramite lui, lo sguardo va oltre,in un cielo inquieto. Il gioco di rimandi, di sguardi e indicazioni sonofrutto di un sapiente operare tecnico, accentuato ancora di più dal fattoche in questo evento se ne documenta visivamente e operativamente ilrestauro. Un sapere che si fa tecnica e una tecnica che si fa conoscenzaed esperienza, conoscere ed emozionare a un tempo.Solo due piccoli e succinti esempi di quello che si può vivere in unammirare che si fa rimirare, ossia un tornare all’intuizione che dischiudealla fissione dell’essere. Una visione che richiede di essere documentataperché sia raccontata, ma inesauribile nel suo mirare all’essere che sisprigiona in una molteplicità di detti, in una fissione che evoca lamolteplicità e implora unità. In una mostra come questa l’arte diventa aun tempo un fatto ontologico, che riguarda l’essere, un fattoepistemologico, che riguarda il conoscere, un fatto etico, che riguarda ilconfrontarsi nell’azione con ciò che è altro. L’essere quindi che balena inuna promettente intuizione, il conoscere che lascia trasparire lasplendida esperienza del produrre, l’agire che incoraggia al prendereposizione: tutto si lega e si intreccia in un intrigo che chiede di esserevissuto e raccontato a un tempo. Questo è il senso profondo di questamostra, come di ogni mostra: è esposizione. Come tutta la nostra vita èesposizione, nella nudità impietosa che solo la luce sa avvolgere senzafar male. Chissà che i distratti avventori e gli ormai assuefatti sguardi dichi qui ci vive non sappiano ritrovare la bellezza del barocco in valTrebbia. 9

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IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOPer un itinerario barocco: arte sacra a Rivergaro e dintorni di Susanna PighiLa pitturaLe testimonianze d’arte conservate nelle chiese della val Trebbia,afferenti al patrimonio parrocchiale sin dall’origine o pervenute da altrerealtà ecclesiastiche (soprattutto urbane) a seguito delle soppressioninapoleoniche, meriterebbero uno studio circostanziato dal punto di vistastilistico e della documentazione d’archivio.In questa sede mi limiterò semplicemente a costruire un ideale itinerariobarocco, riguardante le opere d’arte sacra più significative ospitate nellabassa valle tra Gossolengo e Travo, con particolare attenzione all’area diRivergaro e frazioni che offre cospicui spunti d’indagine. E’ l’occasioneper fare il punto sulle informazioni sinora acquisite in merito, cercandodi integrarle con alcune proposte attributive.Una prima possibile tappa del percorso storico artistico suggerito èrappresentata dalla chiesa di Quarto, edificio che nelle forme attualirisale al 1840, ma accoglie interessanti dipinti di epoca precedentepervenuti grazie a una donazione della famiglia Calciati nel corso delNovecento.Tra i quadri che ornavano l’oratorio di Sant’Antonio da Padova annessoalla residenza settecentesca sita a Quarto (già Soprani) e pervenuta ineredità alla nobile stirpe, vi era la Madonna con Gesù Bambino cheappaiono a Sant’Antonio da Padova, ora nella terza cappella a destradella chiesa locale1. Dovrebbe trattarsi del dipinto raffigurante il santotitolare ricordato dalle visite pastorali del Settecento presso l’anticooratorio di casa Soprani, eretto nel 1694 2 ; presumibilmente fu1 Sulla residenza in questione cfr. A. M. Matteucci, C. E. Manfredi, A. CòccioliMastroviti, Ville piacentine, Piacenza 1991, pp. 472-473.2 Archivio Storico Diocesano di Piacenza (d’ora innanzi ASDPc), Visita Pisani,49, 1776, c. 352r. Si veda anche G. Aurini, Lungo le rive del Trebbia, in “Ars 11

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOcommissionato a ridosso della costruzione dell’oratorio ed è attribuibilea un artista emiliano suggestionato dalla pittura di Pier FrancescoFerrante (Bologna, 1613 – Piacenza, 1653) per quel modo di collocare ipersonaggi sullo sfondo aperto con giochi di nubi che fu tipico delpittore bolognese, di cui peraltro si ammirano lavori nella chiesa delborgo di Rivalta, sulla sponda sinistra del Trebbia3.La tela più importante acquisita dalla parrocchiale di Quarto tramite ladonazione citata è comunque l’Adorazione dei pastori della primacappella a destra, che evidenzia stringenti affinità con la produzione diIgnazio Stern, cui è stata riferita fugacemente da Ferdinando Arisi (fig.1)4 . Già Carla Longeri nel compilare la scheda ministeriale del 1995notava l’impiego “sapiente della luce, la tavolozza chiara, i passaggicromatici sfumati, le forme allungate ed evanescenti” e avvicinava latela ai modi del pittore bavarese (Mauerkirchen, 1679 – Roma, 1748),sottolineando le parentele stilistiche con la Natività della collezioneTadini in Lucca5. Altrettanto palesi mi sembrano, nel volto estatico dellaVergine, nell’atmosfera soffusa e negli inconfondibili abbinamenti ditinte le analogie con La nascita di Gesù del castello di Pommersfelden,che confortano il rimando all’artista per un periodo attivo in EmiliaRomagna6.Proseguendo nel nostro percorso barocco, giungiamo alla chiesa diLarzano, che conserva un dipinto dallo schema seicentesco con laNova”, III, 1924, n. 10, p. 446, che indica il dipinto ancora presso la sedeoriginaria.3 Sulla chiesa di Rivalta e le opere in essa contenute cfr. M. Villa, RivaltaTrebbia, note di storia, Piacenza 1985.4 F. Arisi, La pittura, in Storia di Piacenza, IV, Dai Farnese ai Borbone (1545-1802), Piacenza 2000, p. 1029. Cfr. anche A. Loda, Scheda, in Luce sulSettecento. Gaspare Traversi e l’arte del suo tempo in Emilia, a cura di L.Fornari Schianchi, N. Spinosa, catalogo della mostra di Parma, Napoli 2004, p.1545 Cfr. C. Longeri, Schede della parrocchiale di Quarto, presso Soprintendenzaunica di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, 1995, n. 08/00259695 e, per ildipinto di Lucca, G. Cirillo, G. Godi, Addenda per Ignazio Stern, in“Labyrinthos”, II, 1983, n. 3-4, p. 27.6 Per il quadro di Pommersfelden si veda E. Marenghi, Ignazio Stern (1679-1748). L’opera di un pittore tedesco in Romagna, Imola 2007, p. 85. 12

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOMadonna immacolata che appare a San Lorenzo e donatore (fig. 2).Dalle relazioni delle visite pastorali apprendiamo che il committenteritratto è Ascanio Cassoli da Reggio, membro della famiglia che a lungosignoreggiò sul luogo. Le note compilate in occasione della visita delvescovo Loschi menzionano il quadro ritenendolo “di buona mano,lavorato a Napoli…”7, indizio che appare utile per futuri approfondimentisul dipinto.Spostandoci nella chiesa di Ottavello, riedificata nel 1832 per volontàdel canonico Francesco Maria Gulieri, troviamo il Martirio di San Lorenzodel 1599 (fig. 3) e il Martirio di San Bartolomeo del 1600, (fig. 4)dovuti al cremonese Gervasio Gatti (1549 – 1631), dipinti commissionatinel 1595 dai monaci di San Sisto e traslati in periodo napoleoniconell’attuale ubicazione su interessamento di padre Gregorio, fratello delreligioso sunnominato8; entrambi esulano dal periodo di cui mi occuponel presente intervento come il dipinto con Gesù Cristo deposto nelsepolcro (1579), che un’iscrizione restituisce al poco conosciutoAlessandro Facchi9. Pienamente aderente agli esiti del barocco locale èinvece la tela dedicata a Sant'Eustachio nel braccio destro del transetto(fig. 5), elargita dall’anzidetto padre Gregorio, già monaco in San Sistoa Piacenza: proprio in quella sede, negli appartamenti degli Abati lamenziona il Carasi che la ritiene ben eseguita10. A lungo attribuita alprolifico Robert De Longe (Bruxelles, 1646 – Piacenza, 1709), valentepittore fiammingo attivo a Piacenza dal 1685 circa, secondo gli studi piùrecenti è dovuta a un allievo che l’avrebbe realizzata come copia dellapiù nota opera del maestro conservata in Santa Maria di Campagna11.Alla chiesa di Niviano appartengono invece due tele dalla pennellatapiuttosto mossa, sulle quali le informazioni sono al momento scarne:7 ASDPc, Visita Cristiani, 15, 1763, c. 267v.; Visita Loschi, 14, 1828, c. 68r.8 Rivergaro. Camminando tra chiese, castelli e vecchie strade, Bobbio 2007, p.263.9 Il Facchi forse è autore di una tela segnalata da G. Cirillo, G. Godi, Fra Parmae Piacenza, un itinerario di pittura cremonese nel territorio Pallavicino, in\"Parma nell’Arte\", I-II, 1985, p. 21.10 C. Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza 1780, pp. 68-69. Siveda in proposito P. Riccardi, Scheda, in Roberto De Longe, a cura di F. Arisi,Piacenza 2012, pp. 324-325.11 Ibidem. 13

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOuna Madonna con Gesù Bambino, San Giovanni Battista e SantoStefano, copia dal dipinto di Michelangelo Anselmi ora al Louvre,secondo le fonti donata nel 1832 per intercessione di padre Alberico diCampagna da Gaetano Magrini (presumibilmente il noto argentierepiacentino ottocentesco), ora esposta nella nuova parrocchiale (fig. 6),e una tela recante la Madonna con Gesù Bambino, San Gaetano daThiene e anime del Purgatorio12.Influssi dalla produzione del De Longe poc’anzi citato si riscontranoanche in una tela della vicina chiesa di Pieve Dugliara, l’Ascensione diGesù Cristo (fig. 7): la figura del Redentore che si libra nel cielo risultaessere una rielaborazione del Gesù risorto esposto in cattedrale aPiacenza (1685-1686), frammento superstite del ciclo affrescato dalpittore nella cappella del Santissimo Sacramento e perduto durante ilavori effettuati fra Otto e Novecento13. Il santo munito di pastorale, asinistra della scena, mostra invece affinità somatiche con il santo papaeffigiato in due ovati presso la parrocchiale di Gossolengo,presumibilmente delineati dallo stesso artista attivo fra fine Seicento einizi Settecento. Non mancano nella tela di Pieve Dugliara neppurecitazioni raffaellesche: in particolare la santa sulla destra, che volge losguardo allo spettatore, riprende manifestamente dalla Santa Barbaradella Madonna Sistina di Raffaello, un tempo in San Sisto a Piacenza,ora a Dresda14.12 Sul primo di questi dipinti, che si avvale di un’attribuzione da verificare aInnocenzo Martini (Parma, 1551-1623), effettuata in occasione del restauro del1995, e su altri della parrocchiale cfr. P. C. Marcoccia, A Niviano sono tornati asplendere i colori di cinque antichi dipinti sacri, in “Libertà”, 30 aprile 1995; G.Gioia, Niviano dalle origini ad oggi, Piacenza 2003, pp. 20-21,35. Per un’altracopia del dipinto di Anselmi cfr. la scheda di A. Mavilla in Le trame della storiafra ricerca e restauro, 2, a cura di L. Fornari Schianchi, Parma 2005, p.110.13 Per i lavori in duomo cfr. almeno L. Riccò Soprani, Scheda, in Roberto DeLonge, 2012, pp. 272-273; S. Pighi, Pitture murali in duomo tra Medioevo edetà moderna, in Censimento del patrimonio architettonico e artistico. LaCattedrale e il palazzo vescovile di Piacenza, a cura dell’Ufficio per i BeniCulturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza-Bobbio, Piacenza 2013, pp. 79-81.14 Sulle vicende locali del dipinto di Raffaello cfr. i recenti contributi, conbibliografia precedente, di A. Gigli, La Madonna Sistina a Piacenza, in Raffaello. 14

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANODi più alto livello esecutivo, sempre a Pieve Dugliara, è il GesùCrocifisso con la Madonna, San Giovanni Evangelista e Santa MariaMaddalena, esposto nella quarta cappella della navata destra (fig. 8). Ilcorpo del Cristo emerge dal fondo plumbeo grazie alla luce che dasinistra qualifica la composizione; le figure della Madonna, dellaMaddalena e di San Giovanni, contraddistinte da una dinamica gestualeche esprime tutta la disperazione del momento, spiccano per le tonalitàaccese delle vesti. E’ stato opportunamente evocato, per quest’opera, ilrichiamo alla cultura di Guido Reni, ritenendola una variante dellaMadonna dei Cappuccini (1617) attualmente presso la Pinacoteca diBologna, prototipo iconografico per molte delle immagini legate al temadella Crocifissione, soprattutto in contesto emiliano 15 . Mi sembra dipoter aggiungere che sono indiscutibili i rapporti con la cultura pittoricadivulgata dal De Longe nel cromatismo e nell’assetto, pur non potendofare a meno di constatare una resa decisamente insistita edespressionistica dei visi rispetto ai lavori del fiammingo. Nello specifico,il volto e il gioco del perizoma rinviano al Gesù Crocifisso tra i santiAntonio e Bonaventura (1702) custodito presso la chiesa già deiCappuccini a Piacenza16.A Pieve Dugliara, il presbiterio è dominato dall’imponente altaremaggiore di gusto barocco, ma anche dal dipinto dedicato al santotitolare della chiesa con San Pietro che guarisce il paralitico (fig. 9),ricondotto a Luigi Mussi (Piacenza, 1694-1771) su base stilistica eavvicinato dalla Riccò Soprani alla Sacra Famiglia del Museo diocesanoLa Madonna Sistina, Torino 2013, pp. 27-41, pp. 35-39 e di S. Pighi, La«Madonna Sistina» e la sua copia piacentina: accertamenti e ipotesi, in“Bollettino Storico Piacentino”, CIX, 2014, pp. 44-67.15 S. Tosini, Schede della parrocchiale di Pieve Dugliara, presso Soprintendenzaunica di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, 1990, n. 08/00155735.16 Uno schema iconografico simile propone il Gesù Crocifisso con la Madonna, iSanti Giovanni Evangelista e Maria Maddalena di Robert De Longe, già in SanMichele ora in San Pietro a Piacenza. Per quest’ultima e per l’opera presso lachiesa che è stata dei Cappuccini si veda P. Riccardi, Schede, in Roberto DeLonge, 2012, pp. 288-289, 372. 15

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOdi Fidenza17. Identificato come opera impegnativa in cui “riaffiorano echidella pittura del Draghi, di Ignazio Stern e del Bresciani” in un perfettoamalgama, presenta forme e volti dai profili sfuggenti cari all’artistacome afferma la Riccardi18 ed è stato datato alla maturità del Mussi,precisamente al periodo che intercorre tra i lavori di Bobbio (1752) e ildipinto di Viustino (1763)19.Tra le altre pitture esistenti nella chiesa vale la pena di rammentarealmeno la tela seicentesca raffigurante la Messa di San Gregorio, oltre alSan Francesco d’Assisi e al San Carlo Borromeo (quest’ultimo copia daCamillo Procaccini), realizzati per le cappelle dedicate ai due santi chefurono erette tra il 1666 e il 1670, durante l’arcipretura di DonFrancesco Zazzi20.Un vero e proprio scrigno di pitture barocche è la chiesa di Sant’Agatain Rivergaro, costruita a inizio Ottocento su progetto di Lotario Tomba earredata con opere provenienti da chiese della città come l’imponentealtare marmoreo del 1777, le ancone laterali e il pulpito pervenuti dallachiesa di Sant’Agostino21. Il Transito di San Giuseppe sulla parete difondo della cappella sinistra (fig. 10), dedicata al santo, appartiene allacultura locale di fine Seicento o inizio Settecento, epoca in cui era attivoBartolomeo Baderna (Piacenza, 1632-1700), allievo del CavalierFerrante e pittore dallo stile piuttosto sobrio, cui le fisionomie di questodipinto si apparentano; in particolare la figura del San Giuseppe si legadecisamente a quella del San Pietro delineata nella tela dell’oratorio17 L. Riccò Soprani, Un dipinto inedito di Luigi Mussi nella parrocchiale di PieveDugliara, in “Strenna Piacentina” 2000, pp. 158-164, fig. 60; P. Riccardi, LuigiMussi (1694-1771), Piacenza 2006, p. 205 con bibliografia.18 Ivi, p. 37.19 Riccò Soprani 2000, pp.162-163. In passato il dipinto si è avvalso di unriferimento a Primo Minardi, dovuto alla presenza di questo nome sul retro,forse correlato a un intervento di restauro.20 ASDPc, Visita Scalabrini, 2, 1877, c. 10v.21 Sull’altare, trasferito a Rivergaro nel 1819 cfr. S. Migliorini, Gli altari delSettecento, in Storia di Piacenza, IV, Dai Farnese ai Borbone (1545-1802),Piacenza 2000, p. 1266. Sulla chiesa di Rivergaro si veda M. Villa, Rivergaro.Note di storia e cronaca fino al 1900, Bobbio 1982, pp. 103-125. Il piccoloquadro di San Giuseppe, posto in alto nell’ancona della cappella sinistra,proviene dalla chiesa di San Francesco (Villa, p. 119). 16

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOcittadino di San Rocco in Piacenza con Sant'Agata in carcere realizzatadal Baderna nel 1683, tanto da consentire l’attribuzione22.Nella stessa cappella è posto un dipinto di ben altro pregio che, in baseall’interpretazione più recente, raffigura San Bernardo abate con santavergine e martire (fig. 11). Identificato con quello di Clemente Ruta untempo nella chiesa di San Raimondo sulla scorta de Le pubbliche pitturedi Piacenza del Carasi (1780), è senz’altro approdato a Rivergaro dopole soppressioni napoleoniche23. Siglato dal linguaggio tonale dell’artista,fu commissionato per l’altare di sinistra della chiesa urbanaprobabilmente tra il 1729-1733, periodo in cui fu rinnovato l’edificio, e il1738 anno in cui fu ultimata la pala di Antonio Balestra per l’altaremaggiore, secondo quanto ipotizzano gli ultimi studi24.Nel presbiterio della parrocchiale sono collocate le due tele di maggioridimensioni, Martirio di S. Agata e Martirio di Santa Margherita,rispettivamente ascritte al magiostrino Giovanni Rubini(Cortemaggiore, 1655 – Piacenza, 1735) e al famoso artista toscanoSebastiano Galeotti (Firenze, 1675 – Mondovì, 1741): ambedueprovengono dalla chiesa urbana di Santa Margherita dove eranocollocate sulle pareti laterali del presbiterio25. Il primo quadro (fig. 12),secondo quanto sostiene Fiori precisando che viene citato come operadel Rubini “giovane” nell’inventario del 1769, fu forse eseguito intornoal 1685 dopo la ricostruzione della chiesa di Santa Margherita 26 . Aproposito dell’opera Arisi fa notare la testa piccola della santa su un22 Sulla tela in questione cfr. C. Longeri, L'Oratorio di San Rocco in Piacenza, in“Bollettino Storico Piacentino”, XCV, 2000, pp. 28-32.23 G. Cirillo, Scheda, in G. Cirillo, A. Crispo, Clemente Ruta (Parma 1685 –1767), Parma 2012, Quaderni di Parma per l’arte, n. 6, pp. 173-175, conbibliografia precedente.24 Cirillo 2012, p. 174.25 I due dipinti furono acquistati dagli Ospizi Civili nel 1881 (Villa 1982, p. 120).26 G. Fiori, La chiesa di S. Margherita di Piacenza e il suo isolato, in “StrennaPiacentina”, 1999 pp. 36-43. Il Rubini, pittore eclettico di modesta levatura, eranato a Cortemaggiore, residente a Piacenza dal 1677 era stato allievo di CarloCignani. 17

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOcorpo altissimo, il panneggio manierato e la posa innaturale della testadel paggio visibile sulla destra della composizione27.Di tutt’altra levatura è il dipinto del Galeotti, esposto nel 1979 allamostra sul Settecento emiliano (fig. 13)28. L’anziana figura ammantataalle spalle di Santa Margherita e il gruppo di angeli in volo sonopeculiari del pittore come è già stato ravvisato dalla Dugoni, che hanotato ascendenze da Sebastiano Ricci e sottolineato i “colori freddi conluminosità quasi metalliche”, accettando la datazione proposta dallaCeschi Lavagetto intorno al 171029.Di gran pregio è il dipinto Madonna con Gesù Bambino, Santa Lucia eSan Biagio (fig. 14), ricondotto al famoso artista lombardo GiacomoCeruti detto il Pitocchetto (Milano, 1698 - 1767) da Mauro Lucco edesposto alla mostra bresciana dedicata al pittore nel 1987, come unodei pochi pezzi di soggetto sacro del pittore30 ; pervenuto intorno al1825 (anno in cui fu approntata la cappella che poi lo accolse)all’oratorio di San Rocco in Rivergaro eretto dai conti Anguissola Scottinel 1613 circa, era in origine destinato ad altra chiesa, non sappiamo sepiacentina.La tela esibisce toni cromatici, impianto compositivo e sembianze dialcuni dei personaggi in linea con la pala del Ceruti custodita nellachiesa padovana di Santa Lucia, cui si aggiungono echi dalla produzionepittorica del Pittoni che hanno giustificato una datazione a ridosso delle27 Cfr. F. Arisi, L’interno di Santa Margherita nel 1790, in La chiesa di S.Margherita e S. Liberata, Piacenza 1996, pp. 107-108; Arisi 2000, p. 1035, tav.116. In un primo tempo l’opera era stata identificata come Santa Margheritarifiuta di adorare gli idoli.28 Cfr. almeno P. Ceschi Lavagetto, in L’arte a Parma dai Farnese ai Borbone,catalogo della mostra di Parma, Bologna 1979, pp. 86, 93; Villa 1982, pp. 120-121; Arisi 1996, pp. 108-113; Arisi 2000, pp. 1041, 1043, tav. 122; R. Dugoni,Sebastiano Galeotti, Torino 2001, pp. 152-154, 156, 161, 255-257, 259 (ancheper le altre opere del pittore toscano conservate in Piacenza).29 Dugoni 2001, p. 153.30 Cfr. in proposito la scheda di M. Lucco in Giacomo Ceruti. Il Pitocchetto,catalogo della mostra di Brescia, Milano 1987, pp. 145, 189, n. 68 e nellostesso volume il contributo di L. Anelli, Il percorso “sacro” di Giacomo Ceruti,pp. 49, 60. Si veda anche Arisi 2000, pp. 1051-1054, tavv. 132-133 per leopere del periodo piacentino. 18

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOopere padovane, nel 1739-174031. Tuttavia nel 1997 Arisi ha rintracciatoin collezione privata piacentina il “bozzettone della pala”, o meglio unaversione precedente di minori dimensioni, proponendo sulla scorta diquest’opera in cui si nota “una grinta, un impeto che nella pala si sonoun poco spenti”, la datazione del quadro di Rivergaro al periodopiacentino 1743-174632.Di qualche interesse sono, tra le altre opere visibili nella chiesa, laDiscesa dello Spirito Santo che appare ispirata da quella di AndreaMainardi detto il Chiaveghino (Cremona, 1550- 1621) spettanteall’oratorio di San Giuseppe a Cortemaggiore ed eseguita nel 1609 e laPietà esposta nella cappella destra, derivata da quella del Pordenoneconservata nella stessa località33.Degno di nota è infine lo stendardo processionale di inizio Seicento indotazione alla parrocchiale, raffigurante la Madonna con Gesù Bambinoe i santi Pietro e Rocco, il più antico fra quelli dedicati a San Rocco nelPiacentino, valorizzato durante la mostra piacentina dedicata al santonel 200034. Di ampie dimensioni (cm 310 x 215), è stato assegnato adarea lombarda e apparteneva alla Confraternita di San Rocco un tempoattiva nell’oratorio omonimo di Rivergaro; è qualificato dalla tecnicasimulante un arazzo con stesura “su tela dalla trama più spessa delnormale… di colori a tempera sciolti nell’allume di rocca, impregnati neltessuto, lasciandone a vista la tessitura”35. Secondo memorie riportatedal Villa il manufatto recava lo stemma farnesiano ancora leggibile nel1872, a indicare una possibile donazione ducale36.31 Lucco 1987, p. 189. A proposito della cornice non pertinente, Villa (1982 pp.79-80) per primo segnala che reca a tergo la scritta “A. Callani dipinse, 1790circa, Carlo Girometti restaurò 1863”.32 F. Arisi, Ancora di Giacomo Ceruti a Piacenza, in “Strenna Piacentina”, 1997,pp. 108-109, 182-183, figg. 58-59.33 Cirillo, Godi 1985, pp. 58-59.34 A. Loda, Scheda, in San Rocco nell’arte. Un pellegrino sulla Via Francigena,catalogo della mostra di Piacenza, Milano 2000, p. 200.35 Loda 2000, pp. 171, 200.36 Villa 1982, pp. 73,81. 19

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO La scultura ligneaOltre ad opere di contesto pittorico, in sintonia con quanto accade nelresto del territorio diocesano e con una tradizione di cui è già stato piùvolte ribadito nel tempo l’aspetto secolare, le chiese dell’area in esamecustodiscono rilevanti testimonianze di scultura e arredo ligneo37.Si potrebbero condurre indagini appropriate, ad esempio, sul bel coro inlegno di noce della parrocchiale di Rivergaro, databile fra Cinque eSeicento: proviene dalla chiesa urbana di San Vincenzo, è dotato diformelle in radica, colonnine a capitelli corinzi e parti ebanizzate emerita senz’altro una segnalazione, pur se esulante dal periodo trattatoin questo intervento (fig. 15)38. In zona esistono poi altri pregevoliarredi lignei, caratterizzati da torniture barocche come il bel coro dellanon lontana chiesa di Pigazzano (Travo), datato 1726 e siglato G.N.P.39.La scultura lignea è ampiamente rappresentata in molti edifici sacri dellabassa val Trebbia.A Pieve Dugliara la seconda cappella destra ospita la statua dellaMadonna della cintura (fig. 16), legata alla produzione di una bottegaragguardevole come quella di Giovanni Sceti (Varallo Sesia, 1754 –Piacenza, 1715), lo stimato statuario valsesiano di formazione romanaattivo a Piacenza tra il 1687 e il 1715, anno della morte40. In quest’areapoco lontana dalla città sono accostabili alla produzione di Sceti, che halasciato a Piacenza insigni esemplari d’intaglio barocco come la cornicedella Madonna Sistina e la cantoria e cassa d’organo della chiesa diSant’Antonino, anche la Madonna del rosario venerata nella chiesa diSettima (di cui peraltro la mostra porta all’attenzione un polittico37 Sull’arte del legno nel Piacentino cfr. almeno C. Longeri, S. Pighi, Il mobilepiacentino, Piacenza 2003.38 Villa 1982, p. 118.39 Sul coro di Pigazzano cfr. Longeri, Pighi 2003, pp. 142, 186.40 Su Giovanni Sceti si vedano in particolare C. Longeri, La scultura a Piacenzatra Maniera e Barocco, in Storia di Piacenza, IV, Dai Farnese ai Borbone (1545-1802), Piacenza 1999, pp. 579-585; C. Longeri, La scultura a Piacenza dalTardobarocco al Neoclassicismo, in Storia di Piacenza, IV, Dai Farnese aiBorbone (1545-1802), Piacenza 2000, pp. 1199-1202; S. Pighi, In margine allamostra di San Rocco: sculture lignee di Giovanni Sceti, in “Bollettino StoricoPiacentino”, XCV, 2000, pp. 213-231. 20

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOcinquecentesco, cfr. fig. 20), assegnata dalle fonti al Romani (conprobabile riferimento al soprannome di Sceti detto “il Romano”), chesvela la mano del maestro nei tipici panneggi del busto pur se moltoritoccata da Giovanni Ghernardi nel 1788, o la Madonna addolorataappartenente all’oratorio di Santa Maria di Travo, presumibilmentefrutto di bottega41.E’ invece documentata al piacentino Giovanni Battista Torta (Piacenza,1657-1727) la statua lignea di San Contardo d’Este conservata aBassano di Rivergaro (fig. 17), una delle rare immagini dedicate alSanto nel Piacentino42. Lo scultore, in piena attività tra Sei e Settecento,scolpì l’opera nel 1709 al costo di quaranta scudi di cui parte dovuti aldoratore43: la figura del nobile pellegrino, attualmente ridipinta, mostrauna debole definizione del volto giovanile, difficoltà nella resa deipanneggi a fiacche pieghe parallele e nella rigida impostazione delmantello, tuttavia ha permesso di rapportare stilisticamente all’arteficeun nucleo di opere esistenti in diocesi, alcune delle quali di discretaqualità esecutiva44.41 Per le sculture di Pieve Dugliara e Travo si veda Longeri 2000, p. 1200 che, aproposito della seconda, segnala la lettura della data 1716 sull’indice dellamano destra, ad attestare che la bottega continuò a operare proponendosculture in linea con i prototipi del maestro dopo la sua morte (1715). Sullastatua di Settima cfr. G. Scognamiglio, G. Macellari, Val Trebbia e Valdaveto,Piacenza 1972, p. 23 e, per una immagine, Lina Teresa Pella, Settima, unapieve, una parrocchia, un territorio, s. l. 2015, p. 29.42 Il culto di San Contardo è attestato nel Piacentino a Altoè ove il santo ècompatrono, a Lugagnano val d’Arda, a Castell’Arquato, Travazzano e Bassanodi Rivergaro. Sul santo cfr. almeno G. Vancini, Contardo d’Este. Pellegrino daFerrara a Broni, Este 2015.43 Il documento relativo all’opera è stato reso noto in Longeri 2000, pp. 1202-1204, cui si rimanda per gli estremi biografici e altre statue del Torta. Per lavoridello scultore, che era figlio dell’intagliatore Francesco, morto nel 1695 (delquale al momento non sono state individuate testimonianze artistiche) e avevabottega in vicinanza Sant’Ulderico nel 1694, si vedano anche Longeri, Pighi2003, p. 352.44 Per un resoconto recente sull’attività sinora conosciuta del Torta si rinvia a S.Pighi, Scultura lignea a Piacenza: note su Giovanni Battista Torta, Giuseppe 21

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOIn conclusione non si può non ricordare che in numerose chiese dellabassa val Trebbia si trovano opere del più prolifico scultore in legno delSettecento piacentino, il fiammingo Jan Geeernaert (Bruges, 1704 –Piacenza, 1777) che fu attivo nella nostra città per un cinquantennio,attraversando con la sua produzione l’arco temporale che va dalleestreme risultanze del barocco locale agli albori del neoclassicismo.In particolare, la Madonna del Carmine della parrocchiale di Ottavello(fig. 18), caratterizzata da pieghe parallele e fitte e da svolazzi chediverranno poi consueti nel repertorio del Geernaert, è databile alquarto-quinto decennio del Settecento ed è stata avvicinata allaproduzione del fiammingo 45 ; se fosse effettivamente di sua mano,potrebbe rivelarsi significativa per ricostruirne la prima fase di attività.Sicuramente dovute al maestro sono le sculture raffiguranti la Madonnadel rosario di pertinenza delle parrocchiali di Gossolengo e Rivergaro,quest’ultima databile intorno al 1763, anno in cui fu benedetta dalvescovo Cristiani46. Tra le altre statue assegnabili al fiammingo o allasua bottega reperite nell’area in esame citiamo almeno quelle disoggetto analogo ospitate nelle parrocchiali di Travo (approntata nel1770) e Rallio (collocata nel 1776, anno precedente la mortedell’artista) o l’elegante simulacro mariano di Suzzano che nella posadisinvolta, nel panneggio della veste, ben definito e mosso, non lasciaadito a dubbi circa il riferimento all’arte del noto scultore (fig. 19)47.Schenardi, Jan Geernaert, in “Bollettino Storico Piacentino”, CVIII, 2013, pp.94-97, con bibliografia.45 Cfr. S. Tosini, Schede della parrocchiale di Ottavello, presso Soprintendenzaunica di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, 1990, n. 08/00160777.46 Si veda Villa 1982, p. 64, che rammenta anche (pp. 118-119), nellaparrocchiale di Rivergaro, il bel simulacro settecentesco del Cristo deposto untempo nella chiesa urbana dei Serviti della Madonna di Piazza, acquistato nel1844.47 Sulla scultura di Travo cfr. Longeri 2000, pp. 1210, 1226 e su quella di Rallioil testo del 1977 redatto dal parroco L. Losini, La parrocchia di Rallio e la suachiesa, riedito in Rivergaro. Camminando…2007, p. 179. Sembra inveceriferibile alla scuola del Geernaert e non alla sua mano la scultura dellaMadonna del rosario conservata a Bassano, la cui ridipintura non consentetuttavia una lettura stilistica adeguata. 22

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Opere1. Ignazio Stern (attr.), Adorazione dei pastori, terzo decennio del sec. XVIII, olio su tela, Quarto (Gossolengo), chiesa parrocchiale 23

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO2. Madonna immacolata che appare a San Lorenzo e donatore, sec. XVII, olio su tela, Larzano, chiesa di San Lorenzo 24

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO3. Gervasio Gatti, Martirio di San Lorenzo, 1599, olio su tela, Ottavello (Rivergaro), chiesa parrocchiale 25

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO4. Gervasio Gatti, Martirio di San Bartolomeo, 1600, olio su tela, Ottavello (Rivergaro), chiesa parrocchiale 26

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO5. Scuola di Robert De Longe, Sant'Eustachio, fine sec. XVII - inizio sec. XVIII, olio su tela, Ottavello (Rivergaro), chiesa parrocchiale 27

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO6. Copia da Michelangelo Anselmi, Madonna con Gesù Bambino, San GiovanniBattista e Santo Stefano, sec. XVII (?), olio su tela, Niviano, chiesa parrocchiale 28

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO7. Ascensione di Gesù Cristo, fine sec. XVII - inizio sec. XVIII, olio su tela, Pieve Dugliara (Rivergaro), chiesa parrocchiale 29

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO8. Gesù Crocifisso con la Madonna, San Giovanni Evangelista e Santa Maria Maddalena, fine sec. XVII – inizio sec. XVIII, olio su tela, Pieve Dugliara (Rivergaro), chiesa parrocchiale 30

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO9. Luigi Mussi, San Pietro guarisce il paralitico, sesto-settimo decennio del sec. XVIII, olio su tela, Pieve Dugliara (Rivergaro), chiesa parrocchiale 31

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO10. Bartolomeo Baderna (attr.), Transito di San Giuseppe, fine sec. XVII - inizio sec. XVIII, olio su tela, Rivergaro, chiesa parrocchiale 32

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO11. Clemente Ruta, San Bernardo abate con santa vergine e martire, quarto decennio circa del sec. XVIII (entro il 1738), olio su tela, Rivergaro, chiesa parrocchiale 33

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO12. Giovanni Rubini, Martirio di Sant’Agata, fine sec. XVII - inizio sec. XVIII, olio su tela, Rivergaro, chiesa parrocchiale 34

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO13. Sebastiano Galeotti, Martirio di Santa Margherita, 1710 circa, olio su tela, Rivergaro, chiesa parrocchiale 35

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO 14. Giacomo Ceruti detto Il Pitocchetto, Madonna con Gesù Bambino, SantaLucia e San Biagio, 1743-1746 circa, olio su tela, Rivergaro, chiesa parrocchiale 36

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO15. Stalli del coro, fine sec. XVI - inizio sec. XVII, legno di noce tornito e intagliato, Rivergaro, chiesa parrocchiale 37

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO16. Bottega di Giovanni Sceti, Madonna della cintura, inizio sec. XVIII, legno intagliato, dipinto e dorato, Pieve Dugliara (Rivergaro), chiesa parrocchiale 38

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO17. Giovanni Battista Torta, San Contardo d’Este, 1709 legno intagliato e dipinto, Bassano (Rivergaro), chiesa parrocchiale 39

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO18. Jan Geernaert (attr.), Madonna del Carmine, secondo quarto sec. XVIII,legno intagliato, dipinto e dorato, Ottavello (Rivergaro), chiesa parrocchiale 40

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO19. Jan Geernaert (attr.), Madonna del rosario, metà sec. XVIII, legno intagliato e dipinto, Suzzano (Rivergaro), chiesa parrocchiale 41

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO20. Polittico con Madonna e santi, sec. XVI, dipinto su tavola, Settima (Gossolengo), chiesa parrocchiale 42

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Itinerario RIVERGARO – Sant’Agata DescrizioneLa chiesa di Sant'Agata sorge in località Rivergaro, all'interno del centroabitato, preceduta da un sagrato poco profondo cui si accede tramite unascalinata di cinque gradini in pietra, con orientazione Est-Ovest. La facciataneoclassica è a vento, monocuspidata, coronata da frontone triangolare inaggetto, con al centro del timpano una nicchia circolare che accoglie il bustodel Padre Eterno. La facciata è rinserrata agli angoli da larghe lesene chesorreggono una cornice modanata in leggero aggetto. Al di sopra della corniceinsiste un finestrone a lunetta, con cornice modanata. Al centro, nella parteinferiore, l'unico portale, a luce rettangolare, con stipiti in pietra, sormontatoda architrave in pietra su mensole. Al di sopra dell'architrave una nicchiacircolare con il busto di Sant' Agata. Sui fronti laterali, in pietra a vista, siaddossa una cappella a pianta rettangolare per lato, con finestroni a lunettanella parte superiore. Il volume del presbiterio, più basso, è forato sui lati daun finestrone a lunetta per lato. Sul retro l'abside semicircolare presenta duefinestroni rettangolari sui lati. La torre campanaria sorge e si addossa sullasinistra della chiesa, a filo con la facciata: su di un basamento in pietra a vistasi eleva su tre ordini, separati da cornici marcapiano e termina con una cella,con angoli svasati. Agli angoli lesene doriche sorreggono frontoni triangolari. Lacella, forata sui quattro lati da monofore a tutto sesto, è coronata da untamburo circolare, scandito da lesene, coperto con tetto conico in cotto. Sulfronte destro si addossa la canonica, su quello sinistro un'abitazione privata. Note storicheIl progetto originario dell'edificio era opera dell'architetto Ing. Fraschina che lopresentò nel 1812; In seguito venne affidato all'architetto Antonio Tomba,nipote del più noto Lotario Tomba, affinché venisse esaminato e modificato. 43

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOTuttavia Tomba cambiò sostanzialmente le forme del progetto e trovò ascontrarsi con i soldi disponibili. Nel frattempo venne demolita la chiesaprimitiva (da una testimonianza si evince l'esistenza di un'ulteriore chiesaprecedente quella demolita). In seguito alla posa della prima pietra, i lavorifurono sospesi sia a causa del cambiamento del parroco, sia per il cambio diGoverno. Ripresi i lavori, nel corso della costruzione si decise di modificare ilprogetto del Tomba. Per prolungare la chiesa, nel luogo dove in origine eraprevista la realizzazione della torre, vi si dovette sostituire il coro. Nel 1819 lachiesa era idonea al culto, ma mancava ancora la torre. Stilisticamenteripropone forme neoclassiche. OpereLa chiesa di Sant’Agata ospita un discreto nucleo di dipinti, tra i quali sisegnalano il Martirio di Sant’Agata di Giovanni Rubini e il Martirio di SantaMargherita di Sebastiano Galeotti, il San Bernardo abate con Santa vergine emartire di Clemente Ruta e la Madonna con Gesù Bambino, Santa Lucia e SanBiagio di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, tutti del XVIII secolo.Tra le altre opere si segnalano l’altare maggiore proveniente da Sant’Agostino(1777) e il coro ligneo databile fra Cinque e SeicentoFonte: Scheda CEI, Inventario dei beni immobili, Chiesa di S. Agata, Rivergaro,a cura di Francesca Bersani, Andrea Marcolongo, 2011 PIEVE DUGLIARA – San Pietro DescrizioneLa chiesa di San Pietro apostolo sorge in località Pieve Dugliara, al centrodell'abitato, e affaccia, con orientamento Sud-Nord, sulla strada comunale,preceduta da un ampio sagrato in ciottoli di fiume policromi posti a disegnigeometrici. Il sagrato è chiuso sul lato Ovest dalla canonica. La facciataneoclassica è a vento, monocuspidata, tripartita da coppie di lesene tuscanichebinate al centro, su due ordini. I lati sono rinserrati da lesene tuscaniche, 44

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOsormontate da pinacoli piramidali e si raccordano con il corpo centrale tramiterampanti curvilinei. Tra il primo e il secondo ordine corre una trabeazionespezzata. La parte centrale è sormontata da frontone, coronato da tre gugliepiramidali. Al centro del timpano uno scudo in stucco, con le insegne di SanPietro. Un portale centrale, coronato da una trabeazione su mensole e dueportali feriali, ai lati, sormontati da frontoni triangolari. Nella parte superiorecentrale, un finestrone rettangolare con cornice, sormontato da unatrabeazione in aggetto. I fronti laterali della chiesa, delle cappelle votive che visi addossano, lungo il lato Est e della sagrestia, in mattoni e pietra a vista,sono scanditi da lesene che segnano le campate con al centro finestronirettangolari. Il fronte Nord, del presbiterio, in pietra a vista, si presenta privo diaperture. Il campanile, su tre ordini, si addossa al lato Ovest del presbiterio;con lesene d'angolo e specchi centrali, termina con una cella campanaria conparaste d'angolo ed è aperta sui quattro lati da serliane. La cella campanaria ècoronata da una trabeazione spezzata e sormontata da un tamburo quadratocon copertura a falde in coppi. La Pianta presenta uno schema planimetricobasilicale a tre navate, a cinque campate, a pianta rettangolare, voltate acrociera. Le volte sono forate dalle unghie dei finestroni del claristerio. Lenavate sono separate da arcate a tutto sesto su pilastri cruciformi. Ai pilastri siaddossano le lesene tuscaniche su due ordini, che reggono una trabeazionespezzata, lungo tutta la navata e il presbiterio. Sulle navate laterali si aprono,con archi a tutto sesto, le cappelle votive, a pianta rettangolare, voltate abotte. Le cappelle sono rispettivamente dedicate, quelle di sinistra alla B.Vergine delle Grazie, all'Assunzione e a San Giuseppe, quelle di destra alBattistero, alla Madonna della cintura, a S. Francesco e alla Crocifissione. Ilpresbiterio, rialzato di tre gradini sul piano della chiesa, in marmo rosso diVerona, è a pianta rettangolare, a due campate voltate a botte, di cui la primavolta forata dalle unghie dei finestroni superiori. Note StoricheLa chiesa ha origine nei secoli IV e XII. Il primo parroco della pieve èconsiderato Gerardo, nel 1128, ma già nel IV secolo quella di Pieve Dugliaraera chiesa madre all'epoca del vescovo Savino. A partire dal XII secolo lachiesa in tale località svolse la funzione di plebana. Giunse ad amministrarediciotto chiese suffraganee.L'edificio attuale è stato ricostruito tra il XVII (esattamente a partire dal 1666)e il XVIII secolo. La facciata neoclassica fu costruita nel 1825.Tra gli anni Venti e Trenta del XX secolo l'interno fu decorato dall'Aspetti e dalSidoli.L'edificio fu restaurato nel 1928. Durante questi lavori venne aggiunto anche ilsagrato in ciottoli. Nel 2004 furono eseguiti i lavori di restauro della facciata edel sagrato. OpereLa chiesa è ricca di stucchi settecenteschi e dotata di un imponente altaremaggiore. Tra le opere pittoriche si segnala la pala del titolare San Pietro cheguarisce un paralitico, dipinta dal piacentino Luigi Mussi nel Settecento. Tra le 45

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOsculture, la Madonna della cintura ascrivibile alla bottega di Giovanni Sceti edatabile all’inizio del XVIII secolo.Fonte: Scheda CEI, Inventario dei beni immobili, Chiesa di S. Pietro Apostolo,Pieve Dugliara (Rivergaro), a cura di Francesca Bersani, Andrea Marcolongo,2011 NIVIANO – Santo Stefano DescrizioneLa chiesa di Santo Stefano martire sorge in località Niviano, all'esterno delcentro abitato, con orientazione Ovest-Est ed è preceduta da un ampiosagrato. La lineare facciata moderna, in mattoni a vista, è uno dei lati delparallelepipedo che costituisce l'unica navata della chiesa ed è forata daquattro aperture rettangolari, a coppie di due, sui lati. Al centro, leggermentepiù in basso, un finestrone rettangolare con vetri policromi. Al di sotto dellalinea di gronda corre una cornice in mattoni posti di taglio. La facciata èpreceduta da un porticato coperto a tre fornici rettangolari. Ai lati dell'aperturacentrale due vele murarie si elevano al disopra dell'avancorpo a guisa di torri. Ifronti laterali presentano sei finestroni rettangolari per lato nella partesuperiore. Ai fronti si addossano i volumi a parallelepipedo delle cappelle votivee della sagrestia, più bassi rispetto a quello della navata. Le cappellepresentano finestroni rettangolari sugli spigoli e al centro dei fronti. Sul retro ilvolume a parallelepipedo del presbiterio con al centro e ai lati alti finestronirettangolari. Il campanile a torre, a pianta quadrata, in mattoni a vista, sorge asinistra sul retro della chiesa alla quale si addossa. Lungo i fronti tre ordinisovrapposti di finestroni rettangolari e cella campanaria forata sui quattro latida aperture quadrate strombate. Note storicheLa chiesa nuova di Niviano venne realizzata, in sostituzione alla precedente diinizio XIX secolo, alla fine del XX secolo, esattamente nel 1996 su progettodell'architetto piacentino Giacomo Mazzari. L'edificio, dalle linee semplici ed 46

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOessenziali, è arricchito internamente, soprattutto nella zona presbiteriale, daopere pittoriche e scultoree di gran pregio. OpereTra le opere di pertinenza della parrocchiale si segnalano almeno i dipintiraffiguranti la Madonna con Gesù Bambino, San Giovanni Battista e SantoStefano, la Madonna con Bambino e anime purganti (secc. XVII-XVIII) eSant'Antonio abate (1820).Fonte: Scheda CEI, Inventario dei beni immobili, Chiesa di S. Stefano Martire,Niviano (Rivergaro), a cura di Francesca Bersani, Andrea Marcolongo, 2011 OTTAVELLO – San Bartolomeo DescrizioneLa chiesa di San Bartolomeo sorge in località Ottavello, all'interno del centroabitato, con orientamento Est-Ovest, lungo la strada comunale che lafiancheggia. La facciata è a capanna, coronata da un frontone triangolarespezzato, con cornice in aggetto, rinserrata agli angoli da lesene doriche su altibasamenti. Al centro si apre l'unico portale, sormontato da architrave, con alcentro del fregio la dedicazione DIVO BARTHOLOMEO DICATUM; al di sopradel portale si apre un finestrone a lunetta. I bracci del transetto aggettano dalvolume principale e sono forati sui lati da finestroni a lunetta. Al fronte destrosi addossano la sagrestia e la torre campanaria, quest'ultima a pianta quadrata,su quattro ordini separati da cornici marcapiano. La torre termina con una cellaaperta sui quattro lati da monofore a tutto sesto ed è coperta da cupola inpietra. 47

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Note storicheDalla visita pastorale del Card. Beato Paolo Burali del 1571, si viene aconoscenza che la nomina dei parroci per la chiesa di Ottavello era dicompetenza della famiglia Zanardi Landi. Tale diritto spettava alla famigliapoiché quando la chiesa crollò, loro permisero che il loro oratorio fosseadattato a chiesa parrocchiale. Dalla visita del vescovo Cristiani del 1763 sievince che a causa delle cattive condizioni della chiesa, da due anni si eracominciata la costruzione di un altro edificio (non si trattava ancoradell'attuale). Quando anche questo edificio non rispose più alle esigenzeliturgiche, il canonico Francesco Maria Gulieri si offrì di ricostruire la chiesa segli fosse stato concesso il diritto di patronato degli Zanardi Landi. Il passaggiosi verificò con il rogito del 17 giugno 1831. OpereNella chiesa si possono ammirare i due dipinti di Gervasio Gatti col Martirio diSan Lorenzo e il Martirio di San Bartolomeo, rispettivamente del 1599 e 1600 eil Sant’Eustachio di epoca barocca provenienti da San Sisto in Piacenza. Dirilievo anche la statua lignea della Madonna del Carmine (sec. XVIII).Fonte: Scheda CEI, Inventario dei beni immobili, Chiesa di S. Bartolomeo,Ottavello (Rivergaro), a cura di Francesca Bersani, Andrea Marcolongo, 2011 PIGAZZANO – Santa Maria Assunta DescrizioneLa chiesa di Santa Maria Assunta sorge al di sopra di un promontorio, isolata,in località Pigazzano, con orientamento Est-Ovest, preceduta da un ampiosagrato. La facciata è a vento, su due ordini sovrapposti separati da unatrabeazione spezzata in aggetto. La parte inferiore della facciata è rinserrataagli angoli da lesene doriche binate. Al centro si apre l'unico portalerettangolare, con cornice modanata. Ai lati della parte superiore, segnati daampie lesene interrotte da una cornice spezzata in aggetto, con capitelli dorici, 48

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOsi aprono due nicchie che accolgono le statue di Sant' Antonio e dellaMadonna. Al centro si trova una cornice modanata, coronata da trabeazionecurvilinea, che accoglie l'affresco raffigurante Maria Assunta. La facciata ècoronata da un frontone triangolare spezzato; dai fronti laterali aggettano ivolumi del transetto. I fronti laterali presentano finestroni a sesto ribassato. Sullato destro della chiesa si addossano la canonica e l'alto campanile, a piantaquadrata, senza soluzione di continuità. La torre termina con una cella apertasui quattro lati da monofore a tutto sesto, con lesene d'angolo, sormontata daun tamburo ottagonale, coperto da cupola in cotto Note storicheLa chiesa di Santa Maria Assunta fu costruita dal parroco Don Maffoni nel 1676in sostituzione di una chiesa preesistente andata distrutta. Costituisce unesempio della tipica architettura appenninica seicentesca dalle sobrie lineearchitettoniche. OpereNella chiesa di Pigazzano si conservano un bel coro ligneo a colonnine tortilidatato 1726, ancone in stucco settecentesche e dipinti di Vittorio Pitacco del1926-1927.Fonte: Scheda CEI, Inventario dei beni immobili, Chiesa di S. Maria Assunta,Pigazzano (Travo), a cura di Francesca Bersani, Andrea Marcolongo,2011/2012 SETTIMA – Santa Maria Assunta DescrizioneLa chiesa di Santa Maria Assunta sorge in località Settima, con orientazioneNord-Sud, isolata, preceduta da un ampio sagrato. La facciata tardosettecentesca è a vento, su due ordini, coronata da frontone triangolare concornice spezzata in aggetto. L'ordine inferiore è scandito da cinque lesenedoriche sormontate da una trabeazione spezzata in aggetto. Tra le lesene 49

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOcentrali si apre il portale a luce rettangolare con cornice modanata, tra quellelaterali si aprono nicchie a tutto sesto. L'ordine superiore è tripartito da lesenedoriche, al centro si apre un alto finestrone rettangolare centinato e ai lati duenicchie a tutto sesto. L'ordine superiore si raccorda a quello inferiore con duerampanti curvilinei a volute. I fronti laterali, in pietra a vista, sono scanditi incinque campate da lesene in mattoni a vista. In alto si aprono, al centro dellaprima, terza e quinta campata, finestroni rettangolari. Ai fronti si addossano ivolumi più bassi, senza soluzione di continuità, delle cappelle votive. Sul retro,il volume del presbiterio è più basso rispetto a quello della navata e presentasui fronti laterali e sul retro un finestrone rettangolare. La torre campanaria, inmattoni a vista, si erge, addossandosi, sul lato sinistro del presbiterio. Su treordini, separati da leggere cornici con lesene d'angolo e specchi centrali,termina con una cella campanaria aperta sui quattro lati da palladiane, conpilastri sugli angoli che reggono una trabeazione curvilinea. La cella è copertada tetto a guglia piramidale. Note storicheL'originaria pieve di Settima è documentata dal Campi dal 1123. Le memoriedella parrocchia di Settima risalgono al 1384. OpereNella chiesa di Settima si conservano altari marmorei di epoca settecentesca, leinteressanti statue lignee di San Rocco (sec. XVI) e della Madonna del rosario.Alla chiesa appartiene il polittico cinquecentesco raffigurante la Madonna esanti.Fonte: Scheda CEI, Inventario dei beni immobili, Chiesa di S. Maria Assunta,Settima (Gossolengo), a cura di Francesca Bersani, Andrea Marcolongo, 2011 50


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