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Intervista a Lea Vergine

Published by Postmedia Books, 2020-03-17 10:52:05

Description: Questo è il primo libro prodotto dalla Sartoria editoriale (laboratorio tessile editoriale con sede a Milano che organizza corsi e workshop con autori e makers da tutta Italia). Questa intervista è una rielaborazione di Lea Vergine della videointervista pubblicata online da Artribune (giugno 2019) e tratta dalla serie "L'arte è un delfino", ideata e curata da Stefania Gaudiosi. Nell'intervista vengono toccati temi personali come la formazione di Lea Vergine critica d'arte, memorie dell'arte e del sistema dell'arte, il ricordo di alcune figure di un mondo che ormai è scomparso, l'importanza dell'arte come componente educativa in un mondo in cui regna una "ignoranza devastante", e un ultimo ricordo della città natale, Napoli, a confronto con Milano (città che l'ha accolta).

Keywords: Lea Vergina,italian art,gender issues,postmedia books

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Necessario è solo il superfluo La prima frase è sempre la più difficile (Wisława Szymborska). M’inabisso. Più vorrei dire l’importanza di qualcosa, più mi inabisso. Potrei scrivere qui le domande che non ho fatto. Per esempio: “Nel testo L’altra metà dell’avanguardia (quello delle artiste donne) c’è una frase definitiva: C’era una volta una principessa che stava leggendo un libro quando il boia la toccò sulla spalla per farle capire che era arrivata l’ora e lei, alzandosi, mise un tagliacarte tra le pagine per non perdere il segno e chiuse il libro. (Anonima). L’ha scritta lei?” Ma non c’è mai tempo di chiedere tutto. E non si deve mai chiedere tutto. E poi c’è differenza tra chiedere e domandare. Si chiede per avere, si domanda per sapere. L’ho sentito dire proprio da lei, Lea Vergine, in un’altra intervista, mentre preparavo la mia. E ho dunque avuto cura, poi, di non chiedere ma domandare. Stefania Gaudiosi (nata ad Agropoli nel 1978 - vive a Cuasso al Monte) è artista, curatrice e promotrice culturale. È autrice di saggi dedicati ai temi della contemporaneità e dei new media: vedi “Xenakis. Nuvole e galassie. Breve storia di un poeta in guerra nell’infinito quotidiano”, in Il Verri n. 67 - giugno 2018 e “Che cosa mi aspetto dalla critica”, in Il Verri n. 69 - febbraio 2019, edizioni del verri, Milano. Nel 2012 fonda ScholaFelix, gruppo di innovazione artistica e culturale. Particolarmente sensibile alla didattica dell’arte, dal 2014 coordina corsi e laboratori per bambini, ragazzi e adulti, mirati alla diffusione di una maggiore consapevolezza artistica e formale, e alla valorizzazione del talento personale come via d’accesso alla felicità. Dal 2018 cura la rubrica di video interviste L’arte è un delfino, dialoghi sul contemporaneo (www.facebook.com/artedelfino), pubblicata online sul portale Artribune (www.artribune.com). isbn 9788874902408 In copertina: un ritratto di Stefano Ferrante, 2018 9 788874 902408 € 9,90

Necessario è solo il superfluo Intervista a Lea Vergine Stefania Gaudiosi sartoria editoriale

Necessario è solo il superfluo Intervista a Lea Vergine di Stefania Gaudiosi © 2019 Postmedia Srl, Milano © 2019 ArtCityLab, Milano Copertina: Stefano Ferrante, Lea Vergine, 2018 www.postmediabooks.it isbn 9788874902408

Necessario è solo il superfluo Intervista a Lea Vergine Stefania Gaudiosi sartoria editoriale



INTRODUZIONE Stefania Gaudiosi Quando avevo sedici anni sognavo di parlare con Borges. Leggevo L’Aleph, nel tragitto in autobus da casa a scuola, e avevo un solo desiderio: parlare con Borges (quando penso alla tenerezza, al fondamento della compassione, penso ancora oggi a La casa di Asterione: l’innocenza e il disarmo nella solitudine dell’anomalia e l’equivoco che ne consegue). Il mio desiderio incontrò un ormeggio. Nel sorprendermi il libro tra le mani – la lettura proseguiva sul muretto di fronte all’entrata – la mia prof di filosofia mi disse che era andata in Argentina a trovarlo, Borges. E aggiunse: “leggilo pure, ma non lo capirai adesso. Più avanti.” Non capire un libro è come leggere un libro vuoto, pensai, è un esercizio di immaginazione. O forse no, è come scriverlo. Ma il dato, su cui avrei esercitato il metodo induttivo, fu: è andata a trovare Borges. Si poteva fare. Io, certo, non avrei più potuto farlo ma, in generale, si poteva cercare e incontrare qualcuno per il solo desiderio di parlargli. Ripenso a questo fatto tutte le volte che mi risolvo nel prendere il telefono e chiamare qualcuno per un’intervista. E mi è servito anche stavolta, più di ogni altra volta. La telefonata con Lea Vergine è durata circa venti minuti. Mi ha sottoposta a una specie di esame e, solo alla fine, ha detto “va bene, venga a casa mia il tale giorno”. L’entusiasmo mi ha spinto a sbilanciarmi: –… perché sa, anch’io sono un po’ di Napoli. – Lo so, lo sento. E quanti anni ha? – Quaranta

– E che cosa ha fatto fino ad ora?” – Tutto quanto era necessario a sostenere questa conversazione. L’altra metà dell’avanguardia “Quando arriva, dopo molti mesi di rinvii, il momento in cui non si può più differire la stesura di un’introduzione che è cimento e certame si fumano quaranta «serraglio» al giorno, ci si chiude in casa sperando di ammalarsi, si pasteggia ad ansiolitici, si legge Gian Battista Vico, si raccolgono gli sparsi appunti, le larve, le scalette, messe giù con la speranza che - tanto - poi - al momento - basterà - cucirli - insieme - perché - ormai - tutto - è - nella - testa, si mendica l’attenzione di qualche figura amica e le si legge il risultato di tutto questo.” È l’incipit de L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940, Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche, Mazzotta editore, 1980. La metà suicidata, dirà Lea. Un libro fondamentale per la storia dell’arte contemporanea, come tutti i libri di Lea Vergine, spesso nati dalla ricerca sul campo che si risolveva in mostre memorabili. Sono più o meno nello stesso stato adesso, mentre scrivo. A parte le «serraglio» (non fumo più da quando cominciai a cantare) e gli ansiolitici (che sostituisco con meditazioni trascendentali e giardinaggio), per il resto, uguale (e la figura amica è quasi sempre Milù, la mia gatta siamese). Procedo per azzardi e frammenti. Cerco segni e suggerimenti ovunque. Cerco giustificazioni: La prima frase è sempre la più difficile (Wisława Szymborska). M’inabisso. Più vorrei dire l’importanza di qualcosa, più mi inabisso. Potrei scrivere qui le domande che non ho fatto. Per esempio: “Nel testo L’altra metà dell’avanguardia (quella delle artiste donne) 6

c’è una frase definitiva: C’era una volta una principessa che stava leggendo un libro quando il boia la toccò sulla spalla per farle capire che era arrivata l’ora e lei, alzandosi, mise un tagliacarte tra le pagine per non perdere il segno e chiuse il libro. (Anonima). L’ha scritta lei?” Ma non c’è mai tempo di chiedere tutto. E non si deve mai chiedere tutto. E poi c’è differenza tra chiedere e domandare. Si chiede per avere, si domanda per sapere. L’ho sentito dire proprio da lei, Lea Vergine, in un’altra intervista, mentre preparavo la mia. E ho dunque avuto cura, poi, di non chiedere ma domandare. Un piccolissimo insetto verde, una specie di minuscolo grillo, cammina sulle pagine del libro aperto accanto alla tastiera e percorre la frase: L’arte è una questione di forma. Se ascoltiamo un canto gregoriano o ambrosiano o un notturno di Chopin, siamo coscienti del fatto che siano tutte musiche splendide, diverse tra loro, ma ugualmente intense. Perché la loro forma è perfetta, al di là del tempo e dello spazio. Lo stesso vale per l’arte. L’insetto verde è di gran lunga più abile di me nel trovare spunti da dove cominciare. L’arte non è faccenda di persone perbene È il titolo del bel libro, aperto accanto, edito da Rizzoli nel 2016, in cui Lea Vergine, in conversazione con Chiara Gatti, racconta la sua storia personale, dall’infanzia napoletana, divisa tra due famiglie, alla vita adulta e alla scelta del mestiere di critico (un mestiere anticonformista pure oggi, figurarsi allora, negli anni ’70, e per una donna), fino all’incontro con Enzo Mari e al suo approdo a Milano. Su Enzo Mari pronuncerà una sola frase. E anche quando vorrei parlarne io, durante la conversazione, con un’abilissima mossa mi gira la domanda e mi ritrovo ancora sotto esame, del tutto impreparata, a dover cercare le parole per dire quanto fondamentale sia stato per me suo marito. Ma torniamo subito a Lea.



NECESSARIO È SOLO IL SUPERFLUO



Come si è avvicinata all’arte? C’è stato un momento in cui ha capito che la sua vita sarebbe stata legata così profondamente all’arte? Mio padre mi conduceva nei musei, sia che si trattasse di Peter Bruegel o che si trattasse di Arnaldo Pomodoro. Non faceva distinzioni. Voleva che vedessi tutto. Quando mi interrogavano al liceo, come facevano allora per la storia dell’arte, mettendo le mani sopra un’immagine e facendo venir fuori un particolare, chiedendo: “Di chi è questo dipinto?”, io indovinavo sempre. Quando ho capito che c’era differenza tra arte antica, arte moderna e arte contemporanea, mi piacque pensare di poter lavorare intorno a quello che stava accadendo. Ho pensato di cominciare a scrivere. E ho cominciato a scrivere dell’Ottocento; forse perché era più facile. I miei scritti erano tutti polemici, un po’ infantili e deploravano i modi e l’uso e l’ideologia di questi autori. Decisi di dedicarmi a quello che facevano più o meno i miei coetanei. La cosa mi piacque molto. Devo dire che anche allora quello che mi piaceva di più era scrivere. Ci sono colleghi che hanno prediletto il vivere con gli artisti. Io no. Gli artisti spesso sono noiosi e pieni di sé, significa farsi vomitare addosso una volta e due e tre, tutto il loro mondo conscio e inconscio. Quindi no. Mi riservavo un certo distacco dalle persone, con cui però ho avuto sempre rapporti affettuosi.

Lei ha scritto: “Sono la testimonianza vivente che la lettura ti salva la vita”. La lettura mi ha salvato la vita più volte. Sì, è vero ancora oggi. 20

Quali sono state le letture determinanti per la sua vita? Beh, come si fa? Sono troppe. Non lo so, le dico a caso. Montaigne, ma diciamo anche Thomas Bernhard. Diciamo Spinoza, ma anche Gertrude Stein. Diciamo La Bibbia o parte della Bibbia e però anche Ivy Compton-Burnett. Sono stata una lettrice e sono ancora una lettrice disordinata e sempre in cerca degli estremi.

C’è voluto coraggio a fare il suo mestiere? Sì. Un po’ di coraggio. E il coraggio, come lei sa, ce l’hanno solo quelli che hanno molta paura.

Lei ha collaborato con molte gallerie, con molte testate giornalistiche, con molti editori, e nel 1966 ha inventato la rivista Linea Struttura. In passato si poteva vivere dignitosamente scrivendo di arte, oggi è molto più difficile. Cosa ne pensa? Si arriva a pubblicare gratis. È una cosa ignobile, perché è lavoro. E che lavoro! Spesso di una vita. Difatti, oggi si vive di ben altro, lo sappiamo. Ogni critico ha un padrone che lo ingaggia e lo stipendia, gli trova il posto sul quotidiano o sul settimanale. Ogni tanto, per fortuna, qualcuno lo perde. Via uno, via due! Non per me, naturalmente, ma per quei disgraziati che devono leggere delle sciocchezze enormi. Non si fa. C’è una disonestà che prima non c’era. Perché prima, siccome era comunque una cosa agli inizi, come disciplina, come pratica… Se no bisogna riandare al Vasari e neanche a quello. E siccome nessuno legge Argan dove le cose, invece, sono dette meravigliosamente, da Raffaello a Kounellis… Ecco. 32



Sartoria editoriale è un iniziativa dell'associazione culturale ArtCityLab. Dal 2015 ArtCityLab ETS cerca di far interagire attori privati e istituzioni pubbliche interessate alla produzione di format alternativi alle tradizionali pratiche e politiche culturali. Grazie all'esperienza maturata in alcuni eventi prodotti dai fondatori di ArtCityLab (Rossana Ciocca e Gianni Romano) abbiamo registrato e trovato conferma di quanto il pubblico desideri vivere in prima persona nello spazio pubblico eventi che riflettono dinamiche culturali complesse. Lo spazio pubblico diventa in questo modo luogo d'incontro di una progettualità urbana che si sviluppa a partire da un'idea creativa ma che automaticamente perde la centralità dell'artista-creatore per aiutare lo spettatore ad essere attivo e partecipe del processo di creazione. ArtCityLab riporta nello spazio pubblico tradizionale molti di quegli stimoli innovativi che ormai siamo abituati a vedere sul Web, restituendo un idea più coinvolgente della cultura e riproponendo nel contesto urbano una fruizione aperta a chiunque dei fenomeni culturali: stimoli veri di una produzione culturale che cambia radicalmente rispetto al vecchio panorama mediale e salvaguarda ciò che abitualmente definiamo \"bene comune\". Tra i numerosi eventi ricordiamo: l'installazione Riflessioni riflesse di Paolo Masi a Piazza San Fedele (ottobre 2016); il convegno Arte Fuori dall'Arte all'Università Cattolica di Milano (ottobre 2016); l'installazione di Sophie Usunnier, I would so much like that you remembered (novembre 2017- gennaio 2018) nella sede dell'ASP Golgi-Redaelli; la collettiva AndarXporte (ottobre-dicembre 2017), in collaborazione con l'ASP Golgi-Redaelli grazie alla quale viene aperto alla cittadinanza Palazzo Archinto e, infine, la grande esposizione BienNoLo 2019 che ha portato nel''ex panettonificio di Giovanni Cova oltre 9000 spettatori nei dieci giorni di apertura.

Necessario è solo il superfluo di Stefania Gaudiosi postmedia books 2019 52 pp. isbn 9788874902408 Questa intervista è una rielaborazione di Lea Vergine della videointervista pubblicata online (giugno 2018) e tratta dalla serie L’arte è un delfino, ideata e curata da Stefania Gaudiosi. Media partner: Artribune. Questo è il primo titolo della collana Sartoria editoriale, diretta da Varinia Poggiagliolmi per ArtCityLab, Milano. Le prime dieci copie sono realizzate artigianalmente nella sede di Sartoria editoriale in Milano dove sono a disposizione del pubblico, altre 190 copie sono state realizzate in edizione limitata per i normali canali di distribuzione. limited edition of 190 copies Finito di stampare nel mese di novembre 2019 presso ArtCityLab, Milano tutti i diritti riservati / all rights reserved È vietata la riproduzione non autorizzata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia o qualsiasi forma di archiviazione digitale. All rights reserved. No part of this book may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic or mechanical, without permission in writing from the Publisher. Postmedia Srl Milano www.postmediabooks.it


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