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Museo Vivo

Published by Antonio Ranesi, 2015-02-07 17:25:09

Description: Laboratori didattici al Museo di Arte Sacra di Tarquinia (MAST). A cura di Barbara Deledda e Valentina Valerio. Fotografie di Antonio Ranesi. Progetto grafico di Stefano Baldassarre.

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MUSEOVIVOI laboratori didattici del MASTA cura di Barbara Deledda e Valentina ValerioFotografie di Antonio RanesiFondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia1

“Vado al MAST” Manuela Palmioli MLaboratori didattici al Museo d’Arte Sacra Giorgia Palombidi Tarquinia Francesco PasquiniAnno Scolastico 2012/2013 Giulia Risca Alessandra RossiA cura di Niccolò SabbatiniBarbara Deledda e Valentina Valerio Samuele Saiu Comune di TarquiniaCoordinamento Mauro MazzolaGiovanni Insolera Sindaco Sandro CelliIdeazione e realizzazione del laboratorio Assessore alla Pubblica IstruzioneGalleria dei ritratti Progetto allestimento LabMASTRoberta Angeletti Barbara Deledda e Valentina Valerio Realizzazione allestimentoFondazione CARICIV Falegnameria Venturini CivitavecchiaVincenzo Cacciaglia MuseoVivo 2014 Progetto editorialediocesi di civitavecchia-Tarquinia Barbara Deledda e Valentina Valeriomons. Luigi Marucci FotografieVescovo della Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia Antonio Ranesimons. Rinaldo Copponi Progetto graficoVicario generale della Diocesi di Civitavecchia- Stefano BaldassarreTarquinia Stampa Grafostampa, Roma, dicembre 2014Museo d’Arte Sacra di TarquiniaGiovanni Insolera Volume finanziato dallaResponsabile Ufficio beni culturali della Diocesi Fondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchiadi Civitavecchia-Tarquinia Ringraziamenti Walter Rosatini, Lorella ManeschiI.C. Ettore Sacconi di TarquiniaAngelo Maria ContadiniDirigente scolasticoRoberta AngelettiPatrizia CinquantaDanilo PasquiniDocenti referenti del progettoGli alunni del laboratorio“Io il MAST lo voglio così”Christian AngeliIlaria ArilloAndrea BilottaVeronica BondiLuca BreviAlessio CesariniFabiana CognataValerio D’AmbrosiSabrina ElfatmiSimone FalsaroneDenisa MacoveiLuca MasiniChristian NataliMaurizio OttomonoVeronica PaciniRoberta ParranoLeonardo PerticarariSimone RossiGli alunni del laboratorio“Galleria dei ritratti”Manuel AraErica BianchiLorenzo CanuSilvia CarandrelliLorenzo CongedoGaia GiovannangeliFederica GrassiGiulia LenaGloria Aisha MalanchinoGaia MeloniCamilla Montereali2

MUSEOVIVO I laboratori didattici del MAST presentazioni Il Museo di Arte Sacra di Tarquinia pag. 10 caratteristiche e potenzialità di un museo diocesano Giovanni Insolera PAG. 12 Dalla collezione storica al laboratorio didattico Premesse teoriche ed esperienze sul campo al MAST Valentina Valerio PAG. 16 Il Museo non è uno spazio neutro Interpretazioni e interventi al MAST Barbara Deledda PAG. 19 Gli atelier creativi il Ritratto Roberta Angeletti PAG. 22 Gli atelier creativi il Museo Barbara Deledda PAG. 24 la “fisionomia comparata” di Antonio Ranesi il ritratto tra fotografia e pittura Valentina Valerio PAG. 26 esercizi di fisionomia comparata Antonio Ranesi PAG. 46 sereni, seri, per nulla agitati i ragazzi, i dipinti, l’obiettivo Antonio Ranesi 3

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Il progetto “Vado al MAST”, favorevolmente accolto dal Consiglio di Amministrazione dellaFondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia, riveste un importante segnale legatoall’istruzione con carattere e modi sicuramente innovativi e di facile comprensione.È sempre più importante infatti, a parere della Fondazione, dare ai ragazzi linee guidafondamentali per la loro formazione anche attraverso una cultura museale.Questo progetto sicuramente costituirà un importante arricchimento per il loro futuro.Vincenzo CacciagliaFondazione Cassa di Risparmio di CivitavecchiaOgni iniziativa tendente ad ampliare il bacino di fruizione del patrimonio artistico dellacittà non può che essere recepita con favore dalla comunità cristiana, che è chiamataanche a generare cultura.Per questo è stato accolto con entusiasmo, fin dal suo inizio, il progetto di un laboratoriodidattico teso ad avvicinare i ragazzi e gli adolescenti della scuola elementare e mediaal Museo di Arte Sacra di Tarquinia, mettendo volentieri a disposizione e la strutturadiocesana e lo spazio necessario per l’allestimento di un laboratorio creativo.Inaugurato il 6 dicembre del 2012, il progetto ha visto la partecipazione degli alunnidell’ultimo anno delle elementari e di quelli della II Media dell’Istituto ComprensivoE. Sacconi di Tarquinia. Il risultato è stato quanto mai incoraggiante, evidenziandola sensibilità e le doti artistiche dei partecipanti con la ricca produzione di ritratti e diipotesi espositive, secondo le intenzioni del progetto.Un ringraziamento sentito a chi ha curato con dedizione l’ideazione e lo svolgimentodell’iniziativa: la dott.ssa Valentina Valerio, l’architetto Barbara Deledda e l’illustratriceRoberta Angeletti. Identico sentimento di gratitudine alla Fondazione CARICIV che,con attenta sensibilità, ha finanziato il progetto.La speranza è che l’iniziativa non si sia conclusa con l’esposizione e la pubblicazionedella produzione laboratoriale, con chiara soddisfazione delle famiglie degli alunni, mapossa proseguire facendo maturare e manifestando nei ragazzi un rinnovato interesseper la conservazione e la conoscenza del patrimonio culturale.Da parte della Diocesi c’è il desiderio e l’impegno a favorire in ogni modo questoprocesso di crescita umana e spirituale.Mons. Rinaldo CopponiVicario generale della Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia5

“Vado al MAST” ha avuto il grandissimo merito di far vivere ai bambini delle scuoleelementari e medie un’unica esperienza, attraverso due laboratori didattici che hannostimolato la loro immaginazione e la creatività, facendo conoscere uno splendido luogocome il Museo di Arte Sacra di Tarquinia. Frutto dell’iniziativa, che ha avuto unostraordinario successo non soltanto tra gli alunni coinvolti, ma anche tra i docenti chene hanno da subito riconosciuto il valore formativo e le potenzialità creative, è questainteressantissima pubblicazione.A nome dell’Amministrazione Comunale voglio ringraziare la dottoressa ValentinaValerio, l’architetto Barbara Deledda e l’illustratrice Roberta Angeletti, che sono stateanima e cuore di “Vado al MAST”; la Fondazione Cariciv, nella figura del presidenteVincenzo Cacciaglia, che ha finanziato il progetto ed è sempre vicina alla nostra città,e la Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia per aver aperto le porte del Museo.Il mio auguro è che “Vado al MAST” si possa ripetere in futuro, per offrire agli studentitarquiniesi una nuova emozionante esperienza didattica, e che questa pubblicazione siaun volano di promozione culturale, contribuendo a sviluppare una maggiore sensibilitàe consapevolezza dell’inestimabile patrimonio artistico che ci è stato lasciato in eredità.Sandro CelliAssessore alla Pubblica Istruzione - Comune di Tarquinia6

Coerentemente con quanto è suggerito dalle attuali indicazioni, la nostra scuola si ponecome un sistema aperto e tiene conto della cultura espressa dal territorio e dall’ambientesociale nel quale l’alunno è immerso.L’Istituto Comprensivo Sacconi ha sempre inteso promuovere lo sviluppo della comunità,rispondendo alle sue domande e ai suoi bisogni.In questa ottica si è puntato, dunque, all’apertura interculturale, riconoscendo la varietàe la fecondità delle tradizioni, in una prospettiva di reciproco arricchimento.Ecco perché abbiamo lavorato in perfetta sintonia con la nostra AmministrazioneComunale e con le associazioni del territorio, tutte fortemente interessate alla formazioneed alla crescita dei nostri alunni.La collaborazione, infatti, tra tutti gli operatori culturali del territorio, costituisce una sortadi impegno, di laboriosa serietà che contribuisce a migliorare anche l’apprendimentoed in generale tutta l’offerta formativa.In questa ottica è stata realizzata un’efficace collaborazione al progetto “Vado al MAST”.L’iniziativa si è inserita nel solco del tradizionale impegno della Chiesa nella conservazionedel patrimonio artistico e culturale. I due laboratori attuati hanno approfondito leconoscenze degli studenti relative al patrimonio artistico della città e, nello stesso tempo,hanno stimolato la creatività di ognuno attraverso un coinvolgimento operativo.La competenza e la professionalità delle organizzatrici è stata di alto livello come notevoleè stata la disponibilità nel lavorare e nel trattare con gli alunni, anche con i più piccoli.Anche i docenti che hanno partecipato, si sono dimostrati particolarmente collaborativie professionalmente coinvolti.Rivolgo un ringraziamento a quanti hanno permesso l’organizzazione e sostenuto larealizzazione del progetto con la speranza e l’augurio che questa collaborazione possain futuro ancora continuare.Angelo Maria ContadiniDirigente scolastico I.C. Ettore Sacconi di Tarquinia7

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IL museo di arte sacra di tarquiniaCARATTERISTICHE E POTENZIALITàDI UN MUSEO DIOCESANOGiovanni Insolera La collezione del Museo d’Arte Sacra di Tarquinia è ospitata nelle sale del palazzo vescovile costruito dal cardinale Pompeo Aldrovandi tra il 1734 e il 1752. Il palazzo è stato sede della Curia e residenza del vescovo fino al 1986 quando, con l’istituzione della diocesi unificata di Civitavecchia-Tarquinia e il conseguente trasferimento degli uffici a Civitavecchia, l’edificio ha perso la sua originaria destinazione d’uso, rendendo disponibili ampi spazi per la conservazione e l’esposizione di un ingente patrimonio culturale di proprietà ecclesiastica, noto fino ad allora solo ad una ristretta cerchia di eruditi perché custodito in depositi provvisori non visitabili. Nel maggio 2001, dopo sostanziali lavori di adeguamento, venne inaugurato l’iniziale nucleo espositivo all’interno delle prime sei sale del piano nobile contenente notevoli testimonianze figurative della pittura locale tra i secoli XVII e XVIII. Sono tuttora esposte nelle prime sale del museo due tele del pittore romano Tommaso Conca raffiguranti il Compianto su Cristo morto e Santa Maria Maddalena e San Michele arcangelo, una Crocifissione con Vergine, San Giovanni Evangelista e Santi Crispino e Crispiniano attribuita al viterbese Bartolomeo Cavarozzi, un San Sebastiano di ambito cortonesco e la Madonna col Bambino tra i Santi Secondiano e Margherita datata e firmata da Angelo Campanella nel 1796. Accanto a queste pale d’altare meritano di essere ricordati anche i ritratti di alcuni personaggi rappresentativi per la storia locale come quelli di primo Seicento dei cardinali Odoardo Farnese (1573-1626) e Pietro Aldobrandini (1571-1621) e il ritratto ottocentesco del cardinale cornetano Angelo Quaglia (1802-1872) a cui vanno aggiunti anche i quattro ritratti di interesse storico più che artistico, dei benefattori dell’ospedale di Santa Croce. Dopo un periodo di difficoltà gestionali, il museo tarquiniese ha ricevuto una nuova spinta propulsiva sul finire del 2006, in concomitanza con l’istituzione dell’Ufficio diocesano per i beni culturali, grazie soprattutto alla guida episcopale di monsignor Carlo Chenis, già segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e membro della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, accorto e illuminato promotore a livello nazionale delle attività di valorizzazione e salvaguardia del patrimonio culturale ecclesiastico. A questa fase di impulso è da ricondurre il nuovo intervento di recupero che ha consentito l’utilizzo integrale dell’intero piano nobile a fini espositivi. La disponibilità di nuovi ambienti ha reso possibile nel 2008 l’accrescimento della collezione con opere di arte sacra di proprietà comunale che, a seguito delle soppressioni post unitarie, giacevano nei depositi del Museo Nazionale di Tarquinia inaccessibili al pubblico. 10

Grazie, dunque, ad un progetto dell’Amministrazione Comunale finanziato dalle Fondazioni delle Casse di Risparmio di Viterbo e Civitavecchia, il museo si è arricchito di testimonianze pittoriche di grande valore riconducibili ai sec. XV e XVI. In particolare sono state presentate ed esposte la tavola raffigurante Sant’Antonio abate tra i Santi Sebastiano e Rocco, attribuito a Monaldo Trofi, già nel santuario mariano di Valverde e la Madonna che allatta il Bambino di Antonio del Massaro detto il Pastura. Nel 2009 la collezione permanente è stata incrementata da una signifiativa selezione di suppellettili sacre in argento dei secoli XVIII e XIX proveniente dalle chiese del territorio tra i quali si annoverano opere dei romani Giovanni Paolo Zappati, Carlo Bartolotti e Petronio Topai. La conoscenza di questo patrimonio di arti minori, a volte trascurato, spesso dimenticato in depositi di fortuna, è stata resa possibile anche grazie al capillare lavoro di inventariazione promosso dall’Ufficio Nazionale Beni Culturali Ecclesiastici della CEI condotto nella nostra Diocesi tra il 2008 e il 2009 dalla storica dell’arte Valentina Valerio e corredato dalla documentazione fotografica analitica di Antonio Ranesi. Ultime accessioni che hanno contribuito a valorizzare l’istituzione, la rara e preziosa tavola del Salvatore del XII secolo, i pregevoli busti reliquiario di San Lituardo e San Teofanio in rame dorato commissionati dal vescovo Bartolomeo Vitelleschi nella seconda metà del ‘400 e il corredo tardo ottocentesco del cardinal Angelo Quaglia.La presentazione del nuovo allestimentoè stata l’occasione per rivendicare il ruoloculturale di questo piccolo museo che perle sue caratteristiche, non può prescinderedalla comunicazione con il territorio. Il progetto di didattica museale “Vado al MAST” presentato in queste pagine, dunque, si inserisce nel solco di questa direttrice. L’attivazione di laboratori dedicati agli alunni delle elementari e delle medie nell’Anno Scolastico 2012/2013 è stata la prima occasione per ripensare il museo come centro culturale vivo, luogo di conoscenza attiva e di creatività, di sperimentazione e di apprendimento. 11

Dalla collezione storicaal laboratorio didatticoPremesse teoricheed esperienze sul campo al MASTValentina Valerio “Tradizione è custodia del fuoco, non adorazione della cenere”. Gustav Mahler Il Museo d’Arte Sacra di Tarquinia, inaugurato nel 2001, custodisce una piccola, ma pregevolissima collezione di opere provenienti dalle chiese del territorio. La straordinaria tavola del Salvatore del sec. XIII, i preziosi reliquiari argentei commissionati dal vescovo Bartolomeo Vitelleschi intorno alla metà del sec. XV, le tavole di primo Cinquecento del pittore corso Monaldo Trofi, ma anche dipinti, suppellettili e paramenti dei secc. XVII e XVIII costituiscono un vero e proprio compendio della storia artistica locale e restituiscono la vivacità culturale e l’apertura alle suggestioni romane del piccolo centro etrusco1. Ma il valore storico e artistico dei manufatti custoditi, di norma, non basta a garantire visibilità e presenze, specialmente nei musei di piccole dimensioni. Riaperto dopo i lavori di ampliamento delle sale espositive nel 2009, il MAST attendeva una scossa progettuale che lo liberasse dall’immagine di asfittico deposito di statue e dipinti per renderlo un piccolo polo culturale del territorio. Il progetto pilota “Vado al MAST” di cui si parla in queste pagine, nasce proprio con lo scopo di “fare del Museo un luogo di confronto, un centro culturale vivo in grado di creare nuovi, più accessibili e duraturi legami tra gli studenti e il patrimonio culturale del proprio territorio”2. Un obiettivo certo non originale, teso alla individuazione e alla sperimentazione di un rapporto più vitale e attivo tra Museo e Pubblico, secondo gli orientamenti più recenti della letteratura critica sul tema3. Nei musei ecclesiastici in particolare, intenti didattici e propositi di condivisione con la società assumono connotazioni specifiche che meritano di essere sottolineate. Il Museo ecclesiastico è di norma una raccolta di materiali eterogenei dal punto di vista tipologico, materico, a volte qualitativo, accomunati dalla funzione legata al culto e dallo strettissimo, indissolubile legame con la comunità e il territorio che quelle opere ha voluto, ha conservato e ammirato nei secoli. Dalle prime testimonianze dei Tesori delle Cattedrali della tarda antichità dove venivano custodite le suppellettili liturgiche e le reliquie commissionate per il culto cittadino, le raccolte ecclesiastiche si caratterizzano storicamente per la loro dimensione attiva e dinamica, strettamente connessa con i luoghi e le comunità, in antitesi con forme e modelli del collezionismo privato. Una particolare declinazione del concetto di conservazione e di fruizione del bene musealizzato che nel corso dei secoli andò 12

“Nella mentalità comune la parola museorichiama alla mente un luogo separatodalla vita presente, immutabile, statico,freddo, silenzioso.Il museo ecclesiastico invece si qualificacome autentico “vivaio”, centro vivodi elaborazione culturale in grado disviluppare e diffondere la coscienza dellaconservazione e valorizzazione dei beniculturali della Chiesa”.1 G. Insolera, Un museo d’arte sacra a affievolendosi fino a conformarsi sui caratteri del museo pubblico civico di origineTarquinia, «Nel Lazio. Guida al Patrimonio ottocentesca.Storico Artistico ed Etnoantropologico», La prima inversione del trend risale al 2001 con la pubblicazione della Lettera CircolareSoprintendenza per i Beni Storico, Artistici della Pontificia Commissione per i Beni Culturali sulla funzione pastorale dei Museied Etnoantropologici del Lazio, Anno I, Ecclesiastici nella quale furono poste le basi per il recupero dell’aspetto inclusivon. 2, (Gennaio – Giugno 2011), e partecipativo di questa particolare tipologia di museo. Si legge tra l’altro nella lettera:pp. 151 – 155. “[…] In una cultura, talvolta disgregata, si è chiamati ad iniziative volte a far riscoprire2 B. Deledda, V. Valerio (a cura di), ciò che culturalmente e spiritualmente appartiene alla collettività, non nel sensoProgetto ‘Vado al MAST’ AS 2012/2013. strettamente turistico, ma in quello propriamente umanistico. In questo senso è infatti possibile riscoprire le finalità del patrimonio storico artistico, così da fruirlo3 E. HOOPER-GREENHILL, I musei e la come bene culturale” 4.formazione del sapere: le radici storiche,le pratiche del presente, Bologna, 2005; Non dimenticare l’originaria dimensione territoriale e sociale è oggi la sfida dei MuseiP.A. VALENTINO, L.M.R. DELLI QUADRI ecclesiastici che possono e devono affrancarsi dalla ormai imperante logica della(a cura di), Cultura in gioco. Le nuove “selezione di capolavori” e recuperare le relazioni geografiche e antropologiche chefrontiere di musei, didattica e industria legano i manufatti ai luoghi e alle persone.culturale nell’era dell’interattività, Firenze, Proprio in questa ottica è nata l’idea di attivare negli spazi del MAST laboratori didattici2004. dedicati agli studenti delle scuole elementari e medie di Tarquinia.Sul tema si veda inoltre il documentoICOM 2009 La funzione educativa del Sostenuto dal responsabile dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi,museo e del patrimonio culturale che Giovanni Insolera, e finanziato dalla Fondazione della Cassa di Risparmio diricostuisce il quadro istituzionale di Civitavecchia, il progetto ha permesso l’attivazione di due laboratori didattici per gliriferimento. alunni della V elementare e della II media dell’Istituto Comprensivo Sacconi di Tarquinia.R. MAZZOLINI, Andare al museo. Dei due temi affrontati nell’Anno Scolastico 2012/2013 incentrati sulla genesi, le forme e leMotivazioni, comportamenti e impatti finalità delle Gallerie di Ritratti e sulla storia del collezionismo e del Museo, si darà contocognitivi, Trento, 2002; M. CALIDONI, nei successivi contributi e si presenterà in dettaglio l’articolazione e l’organizzazioneMuseo e scuola un rapporto continuo per degli atelier, vero fulcro del progetto didattico.l’educazione, in P. POLDI ALLAI (a cura Alla base delle due attività infatti è la consapevolezza che il coinvolgimento direttodi), Pedagogie del museo, Genova, 1991; degli studenti passi per la stimolazione delle loro capacità creative. “Se ascolto dimentico,CASALINO, Musei per bambini, l’occhio se vedo ricordo, se faccio capisco” recita un celebre proverbio cinese che non a caso èha saltato il muro?, Bologna, 2002; P. DE stato posto a chiare lettere all’ingresso dello spazio–laboratorio.SOCIO, C. PIVA, Il museo come scuola: La preliminare visita al Museo e la lezione teorica introduttiva alle attività pratiche sididattica e patrimonio culturale, Roma, sono trasformate in occasione di stimolo delle capacità critiche.2005; M.A. DONNA (a cura di), Tra scuola Nelle intenzioni il Museo è tornato dunque ad essere luogo dell’osservazione e dellae museo: lo spazio dell’arte. Incontri, creazione così come concepito dalle prime raccolte pubbliche settecentesche quandodidattica, esperienze di formazione, l’istituzione era anche luogo privilegiato di studio dell’Accademia.Quaderno di lavoro, Torino, 2001; S. Bodo(a cura di), Il museo relazionale: riflessioni 13ed esperienze europee, Torino, 2000.4 Pontificia commissione per i beniculturali della Chiesa, Letteracircolare sulla funzione pastorale dei MuseiEcclesiastici, Città del Vaticani,15 agosto 2001.

5 B. Cestelli Guidi, Dibattito, in Il Museo E ancora prima, in pieno periodo post-tridentino, il cardinale Federigo Borromeo,verso una nuova identità. Esperienze museali arcivescovo di Milano aveva concepito la sua collezione di pittura non solo come luogodi nuova concezione in Italia e nel mondo, di conservazione, ma anche come polo didattico affiancandovi la Biblioteca Ambrosianavol. I, Roma 2011, pag. 140. nel 1609 e nel 1618 l’Accademia di pittura, scultura e architettura affinchè l’integrazione Biblioteca-Museo-Scuola desse luogo ad un progetto formativo e culturale unitario.6 O. FUMAGALLI CARULLI, A.G. CHIZZONITI(a cura di), I musei ecclesiastici: Dall’Ottocento la funzione didattica venne progressivamente ridimensionata eorganizzazione, gestione, marketing, Vita e circoscritta ai soli musei di arti decorative pensati in stretto rapporto con le scuolePensiero, Milano, 2008. di arti e mestieri allo scopo di migliorare la qualità della produzione di oggetti d’uso e di arredo, mentre contemporaneamente i musei artistici recidevano ogni7 Messaggio di Giovanni Paolo II legame artistico con le Accademie, luoghi ormai marginali nelle nuove dinamicheall’Assemblea Plenaria della Pontificia di produzione e diffusione dell’arte. Il Museo cessò di essere la raccolta di modelliCommissione per i Beni Culturali della esemplari per lo studio dell’arte, perdendo la declinazione pragmatica e tecnica dellaChiesa del 25 settembre 1997. funzione educativa. Una perdita, accettata per decenni, che ha trasformato i frequentatori dei musei in visitatori passivi. L’entusiasmo con cui “Vado al MAST” è stato accolto da studenti, docenti e comunità locale è la chiara testimonianza di una necessità non soddisfatta dalle attuali politiche in materia di educazione all’arte. Oggi si cerca di colmare quel vuoto per ridare senso al museo e conferirgli una nuova identità5. Negli ultimi anni anche i Musei Ecclesiastici si sono fatti interpreti delle nuove esigenze6 con due documenti fondamentali: il messaggio di Giovanni Paolo II all’Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e la Lettera della Pontificia Commissione sui Musei Ecclesiastici7 entrambi indirizzati alla trasformazione dei musei in “perenni vivai”: Si legge nella lettera: “Nella mentalità comune la parola museo richiama alla mente un luogo separato dalla vita presente, immutabile, statico, freddo, silenzioso. Il museo ecclesiastico invece si qualifica come autentico vivaio, centro vivo di elaborazione culturale in grado di sviluppare e diffondere la coscienza della conservazione e valorizzazione dei beni culturali della Chiesa”.Monaldo Trofi, Compianto suCristo morto, 1507. 14

Il progetto “Vado al MAST” ha accettato quell’invito trasformando per più di un mese il piccolo museo in centro di educazione al patrimonio, di visite consapevoli, di sperimentazione e d’insegnamento delle tecniche artistiche. E non solo. Il progetto infatti nella fase conclusiva si è impegnato a diffondere i risultati dei laboratori alla città. I lavori degli studenti, i modelli in scala del museo secondo le personali interpretazioni dei ragazzi, la galleria dei ritratti dei personaggi più rappresentativi del proprio ambiente scolastico, sono stati allestiti nelle sale del laboratorio e presentati alla cittadinanza in una giornata di chiusura significativamente nominata “Vieni al MAST”. Con “Vado al MAST”, le sale della conservazione si sono aperte alla scuola, con “Vieni al MAST” gli stessi studenti si sono fatti promotori di un invito al museo esteso a tutta la comunità locale, proponendo agli osservatori nuove chiavi di lettura, racconti inediti e occasioni di approfondimento ancora inesplorate. Una complessa dinamica di comunicazione e relazione tra museo e territorio secondo tre direttrici: verso – dentro – fuori il museo in linea con le considerazioni efficacemente ribadite dalla Pontificia Commissione: – bisogna, anzitutto, creare l’interesse per il patrimonio storico-artistico della Chiesa attraverso un congruo sistema di comunicazione: è la prima dinamica che porta ad ‘andare-verso’ il museo ecclesiastico e ciò che è ad esso connesso, evidenziando il valore storico, culturale, estetico, affettivo, religioso del patrimonio storico-artistico della Chiesa; – bisogna ridare vita a quanto si espone nel museo ecclesiastico, facendo comprendere ai visitatori che il prodotto offerto è parte della loro stessa esistenza: è la seconda dinamica che ‘porta-dentro’ il museo ecclesiastico, considerando i contenuti ispiratori nel loro valore di bene culturale; – bisogna riportare l’interesse al vissuto, facendo ritrovare in esso quanto si è visto in modo esemplificativo nella visione museale: è la terza dinamica, che ‘porta-fuori’ il museo, reinserendo l’individuo nella propria cultura e attivandogli il desiderio di salvaguardare i beni storico-artistici di cui è circondato’.Monaldo Trofi (attr.), Sant’Antonioabate tra i Santi Sebastiano e Rocco,1512. 15

IL MUSEO NON è UNO SPAZIO NEUTROINTERPRETAZIONI E INTERVENTIAL MASTBARBARA DELEDDA “Perché quella casa diventi un museo occorre che qualcuno entri, che qualcuno faccia parlare gli oggetti e ascolti le nostre storie. Bisogna che qualcuno di vivo interroghi il nostro passato e che la nostra storia entri dentro la sua vita”. Da Ornella Costan A vision of my own, diario di bordo, Torino, 2008 16

L’obiettivo di “Vado al MAST” è progettare un Museo a porte aperte. Un invito a varcare la soglia, ad ascoltare, a guardare e soprattutto a fare, affinché la storia del museo possa contaminarsi con la vita di chi entra, in un continuo gioco di rimandi tra le risorse museali fruite e non più solo osservate e le esperienze dei visitatori che, con i loro punti di vista, condividono le opere e gli spazi del museo. Il progetto si propone così di fare del MAST un luogo di confronto, vitale, in grado di creare inediti legami tra il pubblico e le risorse artistiche della città di Tarquinia, in linea con le moderne concezioni museali. La ricerca si inserisce nell’ambito dell’attuale trasformazione del museo e nelle nuove modalità di fruizione del patrimonio culturale, che vedono lo spettatore protagonista attivo in rapporto dinamico con l’opera d’arte e con lo spazio espositivo. Il museo oggi “è altro rispetto alla tradizione”1. Che sia considerato come spazio relazionale, spazio dell’iperconsumo o addirittura logo, ogni attuale definizione di museo va al di là dei suoi confini semantici tradizionali. Sono spazi che soprattutto in anni recenti hanno subito profonde metamorfosi, rinnovandosi nel loro aspetto architettonico così come nei loro contenuti, diventando poli di attrazione, di intrattenimento, e conferendo centralità al loro ruolo educativo. Mutazioni che sono avvenute grazie all’emergere sulla scena di un nuovo attore sociale, il pubblico. In questo senso il progetto “Vado al MAST” asseconda le recenti trasformazioni del museo “da luogo di celebrazione, di commemorazione, di consacrazione di legittimazione, a luogo di sperimentazione, terreno di gioco, campo aperto a ogni forma di manovra…”2. La figura del visitatore è messa in posizione centrale, non più passivo, ma elemento attivo nella concezione degli spazi museali, che non sono più spazi neutri ma, al contrario, fonte di relazioni percettive.LabMAST, progetto di allestimento. Attraverso un innovativo approccio, mutuato da alcune esperienze già sperimentate da prestigiosi musei di arte moderna e contemporanea nazionali e internazionali, il progetto “Vado al MAST” ha provato a stabilire un legame più attivo tra le scuole del territorio, l’arte e il museo, luogo questo di incontro e di scambio dove arricchirsi e confrontarsi. Destinatari del progetto sono stati gli studenti delle scuole elementari e medie che, attraverso un ciclo di incontri e laboratori didattici, sono stati avviati allo studio dell’arte locale partendo dalla conoscenza di alcune forme artistiche legate al territorio, cimentandosi attraverso un’esperienza laboratoriale con la creazione di un manufatto artistico. Gli studenti sono stati accolti nel museo e avviati ad un percorso finalizzato alla formazione degli strumenti e delle facoltà di base con cui poter gestire autonomamente la propria visita. Il progetto si è quindi focalizzato sulla realizzazione di laboratori didattici; in particolare sono stati attivati due laboratori sui temi del Ritratto e del Museo: il primo con l’obiettivo di introdurre alle problematiche connesse alla rappresentazione umana, di stimolare le capacità descrittive e analitiche, sperimentandone l’applicazione in campo grafico; il secondo con l’obiettivo di indirizzare i bambini alla riflessione sulla fruizione dell’opera d’arte in relazione al luogo espositivo, e all’allestimento degli oggetti nello spazio.1 Pezzini Isabella, Semiotica dei nuovi Filo conduttore dei laboratori è stato avvicinare gli studenti all’arte in un modo nuovo:musei, Roma-Bari, 2011. insegnare come si guarda un’opera oltre che a leggerne il contenuto o il messaggio. L’arte visiva deve essere sperimentata più che appresa da spiegazioni ex cattedra.2 In Cervelli P., Pezzini Isabella (a Attraverso una serie di incontri, “in cui si gioca all’arte visiva”, gli studenti hanno avutocura di), Vivere eventi: il pubblico e le sue la possibilità di sperimentare tecniche e regole ricavate dalle stesse opere d’arte.metamorfosi, 2006. 17

3 Recession Design è un gruppo di designer La visita al museo e l’atelier creativo sono state le procedure espressive con cui il museoe una collezione di oggetti creati con materiali ha articolato il proprio personale linguaggio e creato una riconoscibilità, costruendoreperibili in un qualsiasi centro per il “bricolage”, parallelamente il proprio lettore e interprete ideale.lavorati e assemblati con utensili e accessori Il laboratorio didattico allestito all’interno del museo, infatti rappresenta una delle principalid’uso comune. Con un design pulito ma mai forme di comunicazione con il pubblico.banale, essenziale ma non povero, questioggetti mostrano come un buon progetto possa Non disponendo di uno spazio permanente da destinare alle attività didattiche, ilgenerare un design di alto livello anche a partire laboratorio è stato allestito in due sale del museo, con un criterio improntato allada materiali e utensili di semplice reperibilità. massima flessibilità di utilizzo, alla sostenibilità e al rispetto del contesto museale.Recessiondesign, Design fai da te, 2011. L’idea è stata quella di “progettare” un allestimento, che andasse oltre le tendenze del momento e si confrontasse con la condizione di risorse limitate, usando tecnologie non sofisticate e costose, ma lavorazioni semplici e materiali facilmente reperibili sul mercato e trasformabili. L’ambiente è concepito come uno spazio neutro, per preservare e rispettare gli ambienti espositivi del museo. Sulle pareti bianche, come un nastro continuo, corre un grande pannello giallo, unico elemento di caratterizzazione della superficie murale, pensato per distinguere idealmente lo spazio laboratoriale dallo spazio museale, nonché come supporto per l’esposizione temporanea dei lavori. Due sono i prodotti che organizzano lo spazio e che, a seconda della loro disposizione, ne permettono una diversa fruibilità: il banco da lavoro, che aggregato diventa isola per il lavoro di gruppo e disposto sulle pareti lascia libero lo spazio centrale; e lo sgabello (su progetto di Recession design3), seduta singola, per il lavoro individuale, o composto, a creare una panca unica per il lavoro collettivo e impilabile per quando non si usa. Infine, ad accogliere il pubblico, una grande scritta sulla parete: [...] per la Curiosità de’ Forestieri e Dilettanti e comodo di Studiosi (Motuproprio di Clemente XII per la fondazione del Museo Capitolino, 1734) invita il pubblico a varcare la soglia! 18

gli atelier creativiil ritrattoROBERTA ANGELETTI “NON POTETE FARE AFFIDAMENTO AI VOSTRI OCCHI SE LA VOSTRA IMMAGINAZIONE è FUORI FUOCO” Mark Twain La mia esperienza di insegnante mi dice e mi conferma ogni volta che l’immaginazione dei ragazzi è in perfetta messa a fuoco. Si tratta di coltivarla, sollecitarla, talvolta anche di indirizzarla. L’ osservazione è indubbiamente il primo e più significativo passo. Niente di meglio allora che “l’esperienza del ritrarre” per compiere con loro un percorso ricco di stimoli, di scoperte e di riflessioni sull’importanza e il valore dell’osservazione (non consiste principalmente in questo la tanto decantata “educazione all’immagine”?). Abbiamo svolto questa attività laboratoriale con la convinzione di riuscire a sollecitare nei ragazzi il piacere che deriva da un’osservazione attenta, critica e partecipata e dalla ricerca, in fase di elaborazione grafica e pittorica, non solamente della “somiglianza”, ma soprattutto di elementi espressivi, attributi e dettagli che potessero richiamare (ecco l’immaginazione) al ruolo, scolastico in questo caso, del soggetto. La scelta dei soggetti infatti (figure note ai ragazzi con le quali essi interagiscono in vario modo e che quindi appartengono alla loro esperienza quotidiana: insegnanti di varie discipline, collaboratori, segretari di diverso grado ecc.,) ha garantito una più motivata partecipazione al lavoro, ha fornito più chiavi di lettura e di interpretazione dei “tratti” sia della personalità che della fisionomia derivate proprio dalla conoscenza, e quindi dalla relazione, che loro hanno di queste figure con tutto il carico emotivo che questo comporta. Dal punto di vista tecnico, l’utilizzo dei colori a tempera, combinato talvolta con l’uso delle matite colorate, ha offerto una speciale occasione per misurarsi con la pratica pittorica che, soprattutto nell’ambito della ritrattistica, è materia ricca di passaggi, accorgimenti, regole, piccoli trucchi, ma soprattutto di suggestione. Le fasi del lavoro possono riassumersi nel modo che segue: -assegnazione del soggetto (in riproduzione fotografica); -costruzione grafica del ritratto sul supporto definitivo; -abbozzo pittorico e mescolanza colori primari (gli unici che sono stati utilizzati); -la pratica pittorica: le campiture, le ombre e le luci, i dettagli; -i tocchi e i ritocchi. Ecco qua. La nostra Galleria dei Ritratti è completa. E le cornici rendono merito, valorizzandolo, al lavoro svolto da questi ragazzi, la cui classe (II D della Scuola Media E. Sacconi, anno scolastico 2012-2013) è stata individuata come classe campione per la partecipazione al progetto. Il dialogo educativo avviato attraverso questa esperienza, unito alla prontezza della risposta dei ragazzi e al livello complessivo di interesse, di capacità e di impegno, hanno garantito il successo dell’attività ed il pieno apprezzamento del suo valore da parte della scuola, degli insegnanti e naturalmente dei ragazzi stessi. 19

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GLI ATELIER CREATIVIil museoBARBARA DELEDDA “Giocare è una cosa seria!I bambini di oggi sono gli adulti di domani,aiutiamoli a crescere liberi da stereotipi, aiutiamoli a sviluppare tutti i sensi aiutiamoli a diventare più sensibili.Un bambino creativo è un bambino felice!” Bruno Munari, 19861 Piaget J., The Child’s Construction of La creatività di cui parla Bruno Munari è ricerca dell’essenziale. Nei laboratori di MunariReality, Routledge&Kegan Paul, London, la creatività è techne, “arte” in greco, traducibile in “saper fare con perizia”, ma è anche1958 [trad. it. La costruzione del reale nel asobi, “arte” in giapponese, che vuole dire “piacere del gioco”. Munari detta poche regole,bambino, Firenze, 1979]. ma fondamentali, per un corretto svolgimento di un laboratorio: “far conoscere ai bambini le tecniche, non spiegando ma facendo vedere come si fa, con semplici azioni-2 Il metodo Bruno Munari® è un metodo gioco, per poi lasciare che il bambino sperimenti da solo”. Riprendendo un famosoeducativo fondato da Bruno Munari negli precetto di Piaget1, Munari amava ripetere che ai bambini non si spiega niente, il tuttoanni Settanta. Fu sperimentato in musei, deve essere un gioco: si impara giocando. Il laboratorio è per lui il primo Museo deiscuole, biblioteche, gallerie d’arte e nelle bambini, fatto dai bambini.piazze di molte città. Nei progetti di Munari, il laboratorio è dunque un luogo di creatività e conoscenza, di sperimentazione, scoperta e autoapprendimento: il luogo del fare per capire. Ma anche un luogo di incontro educativo, di formazione e collaborazione tra i soggetti coinvolti a vario titolo. Uno spazio dove sviluppare la capacità di osservare con gli occhi e con le mani per imparare a guardare la realtà con tutti i sensi, dove stimolare la creatività e il “pensiero progettuale creativo” fin dall’infanzia2. In questo modo il laboratorio è divenuto la pratica d’eccellenza per la trasmissione di temi astratti come l’arte; le opere d’arte stesse divengono strumento educativo di altissimo valore culturale. Il laboratorio creativo rappresenta perciò uno degli strumenti con cui il museo crea il proprio linguaggio e, contemporaneamente, forma il proprio ideale lettore. Nel laboratorio sul Museo del progetto “Vado al MAST”, il pubblico, oltre ad essere soggetto della formazione dell’ideale fruitore, è chiamato a dare la propria interpretazione del museo, realizzando una proposta di allestimento museale, così da superare la visione unidirezionale museo-fruitore, creando un continuo gioco di rimandi tra il museo e il pubblico attivo. 22

3 I laboratori per bambioni “giocare L’obiettivo più propriamente didattico del laboratorio è stato quello di stimolare allacon l’arte”, del 1977, sono stati la prima riflessione sulla fruizione dell’opera d’arte in relazione al luogo espositivorealizzazione del progetto educativo di e all’allestimento degli oggetti nello spazio.Bruno Munari, ospitati a Brera all’internodella mostra “Processo al museo”. L’idea Attraverso l’attività laboratoriale i ragazzi sono stati chiamati ad allestire una salanasce come risposta alla richiesta museale, prendendo coscienza delle varie tipologie di organizzazione dello spazio.provocatoria di Franco Russoli, alloraSoprintendente alla Pinacoteca di Brera, Il laboratorio è stato strutturato in tre momenti: la visita alla collezione, la lezione teoricache voleva azioni in grdo di trasformare in aula e l’atelier creativo. Se i primi due possono essere considerati momenti formativiil museo da “torre eburnea e luogo sostanzialmente passivi, il terzo invece è espressione attiva di ciò che si è appreso.scacro di pochi eletti”, in un “organismo La visita al Museo è stata fatta con particolare attenzione alla storia della collezione, allavivo”, capace di essere “strumento di provenienza delle opere e ai criteri adottati per l’allestimento.comunicazione di massa e servizio sociale”. Le caratteristiche architettoniche del palazzo e l’eterogeneità delle opere esposte, dipinti, armadi e suppellettili che restituiscono senza soluzione di continuità la storia artistica locale dal XIII al XIX secolo, ha condizionato anche l’impostazione museografica improntata, ora su criteri tipologici, come nel caso della sala dedicata alla pittura su tavola dei secc. XV-XVI o in quella dell’oreficeria sacra quattrocentesca, ora su considerazioni storiche relative alle committenze e alle botteghe artistiche locali, o su principi prettamente iconografici. In aula è stata presentata una breve storia del collezionismo, dalle raccolte private cinquecentesche al museo pubblico illuminista, che si è conclusa con la presentazione di alcuni dei più recenti allestimenti di musei di arte antica. Per ciascuna epoca, sono state esposte e documentate le ragioni culturali che fecero nascere l’istituzione museale e presentate alcune soluzioni museografiche valutando caso per caso l’efficacia degli apparati didattici, il ruolo della distribuzione e della composizione delle opere, la funzione del colore degli sfondi e della illuminazione, gli effetti percettivi delle cornici e degli arredi. Nell’atelier si è avviata l’attività costruttiva: la progettazione del Museo. Metodologicamente, l’esperienza del laboratorio si è fondata sui laboratori munariani giocare con l’arte3, incentivando la creatività e il saper fare, inteso come capacità di costruirsi da sé il proprio mondo oggettuale, senza doverlo prelevare già fatto dal mondo degli adulti. In questa ottica, nel laboratorio ciò che conta non è l’opera in sé, il prodotto ultimo della creazione artistica, bensì il processo. È stato consegnato ad ogni gruppo un “kit di costruzione del Museo”, contenente il modello di cartone in scala di una porzione vuota del museo, le riproduzioni in scala di alcune delle opere più significative del MAST, una selezione di varie tipologie di cornici, fogli di varie texture. Ogni gruppo è stato libero di allestire la propria collezione, scegliendo i beni da esporre e decidendo il tipo di allestimento: la distanza tra le opere, la loro disposizione sulla parete, la presenza di supporti o pannelli su cui posizionare le opere, il colore delle pareti o dei supporti, la presenza o meno delle cornici e la tipologia, il tutto in relazione alla presenza di un osservatore in scala, posizionato all’interno del modellino. Seguendo poi una struttura predefinita, è stato richiesto di predisporre le didascalie delle opere esposte ed indicare il nome del Museo e di ciascuna sala. A conclusione del laboratorio ogni gruppo è stato chiamato a presentare il proprio allestimento: IO IL MAST LO VOGLIO COSì! 23

la “FISIONOMIA COMPARATA”DI ANTONIO RANESIil ritratto tra fotografia e pitturaValentina VALerio Alla diffusione e promozione dei risultati di “Vado al MAST” è stato attribuito già in fase progettuale un ruolo strategico. Di norma ritenuta accessoria e strumentale rispetto alle questioni strettamente didattiche, la valorizzazione di questo primo, strutturato, esperimento di didattica per le scuole di Tarquinia è diventata occasione di nuovi stimoli. In quest’ottica è nata l’idea della giornata conclusiva di presentazione dei lavori, ma non solo. Per arginare il rischio di autoreferenzialità insito nei resoconti di fine progetto, si è pensato di rilanciare l’iniziativa uscendo dai confini della didattica museale e aprendo la riflessione all’interpretazione critica e autoriale di Antonio Ranesi. Gli interventi creativi dei ragazzi si sono dunque trasformati con il contributo fotografico di Ranesi, in un’opportunità per ragionamenti più ampi e maturi sul tema del ritratto. La scelta del fotografo non è stata casuale: per tre anni, tra il 2008 e il 2010, Ranesi ha percorso l’intero territorio diocesano rilevando con le sue fotografie il patrimonio culturale ecclesiastico, comprese le opere conservate nel MAST. Nell’ambito del progetto di inventariazione informatizzata promosso e finanziato dall’Ufficio Nazionale Beni Culturali Ecclesiastici della CEI, il fotografo romano ha realizzato quasi 3000 scatti oggi conservati nell’Archivio Diocesano e consultabili nella banca dati Beweb della CEI. Una base conoscitiva indispensabile a cui è da ricondurre anche la serie fotografica “Fuori Catalogo”1 del 2010 in cui l’autore abbandona il campo della pura documentazione per inoltrarsi in inediti sentieri speculativi . A conclusione di “Vado al MAST” è stato dunque chiesto a Ranesi di proporre una propria personale declinazione del rapporto tra Museo e Pubblico. Ispirandosi al laboratorio sul ritratto, il fotografo ha pensato di coinvolgere nuovamente gli alunni della I media Sacconi chiedendo loro di posare tra le opere esposte. O meglio: di posare “nelle” opere esposte. Ranesi, infatti, ha affiancato i ragazzi alle tavole e alle tele del Museo, ne ha estrapolato i caratteri fisionomici, li ha sottoposti alla luce e alla gamma cromatica di ciascuna opera, suggerendo comparazioni e attivando confronti con i personaggi dipinti. Ne sono scaturiti dieci scatti che restituiscono in maniera evocativa, la possibilità di un museo vivo in grado di avvicinare, anche letteralmente, le opere musealizzate allo sguardo a volte distratto, sempre incantato, dei ragazzi. Gli accostamenti proposti sono il segno della volontà di allargare i confini dell’opera fino ad inglobare anche il suo osservatore attraverso le potenzialità insite nella fotografia di documentazione e nella fotografia di ritratto. Ranesi non è un ritrattista. Usa di norma la tecnica dello still life e in questa occasione la applica alla resa del volto. Del resto still life che noi traduciamo come natura morta è 24

1 www.antonioranesi.it2 P. SPADINI, Bernardo Celentano, inDizionario Biografico degli Italiani, vol. 23,Roma, 1979.3 F. Caroli, Storia della fisiognomica. Artee psicologia da Raffaello a Freud, Milano, 2012. in realtà nella sua accezione letterale, materia ancora viva. Viva come una collezione museale visitata, osservata e frequentata dagli studenti. L’idea di una foto che amalgami figure reali nello spazio dipinto nasce quasi per caso, da un autoscatto del fotografo e della schedatrice a conclusione della già ricordata campagna di inventariazione del patrimonio culturale ecclesiastico. Consapevole il riferimento storico ai tableaux vivants, composizioni effimere realizzate disponendo personaggi viventi in atteggiamenti, costumi, ambienti ed espressioni conformi ai modelli iconografici di opere pittoriche, immortalati dalla fotografia a partire dalla metà dell’Ottocento2.G. Della Porta, De humana Gli scatti qui proposti abbandonano rispetto all’idea iniziale, l’attenzione all’impiantoPhysiognomonia, Vico Equense, compositivo e propongono nei tagli strettissimi e nei primi piani una rinnovata1586. attenzione al tema del ritratto in sintonia con gli obiettivi del laboratorio didattico. Il fotografo ha quindi proceduto ad una reinterpretazione del tema suggestionato nelle pose e nelle inquadrature dalle xilografie che corredano il trattato De humana Physiognomonia di Gianbattista Della Porta pubblicato nel 15863. Disinnescando i risvolti psicologici e morali della fisiognomica che da Della Porta riconducono alla fine del sec. XIX nell’antropologia criminale di Cesare Lombroso, Ranesi circoscrive piuttosto le sue immagini alla campo della fisionomia. Da qui il nome alla serie. Gli esperimenti di fisionomia proposti in queste pagine sottopongono il volto umano ad un nuovo genere di comparazione con i personaggi dipinti tramandati dalla storia pittorica di Tarquinia. I ragazzi ritratti si mescolano al Compianto su Cristo morto del 1507 e al Sant’Antonio abate tra i Santi Rocco e Sebastiano del 1512, tavole del pittore corso Monaldo Trofi, al San Sebastiano a Giovan Battista Romanelli della metà del sec. XVII e alle tele della fine del sec. XVIII di Tommaso Conca raffiguranti San Michele arcangelo e Santa Maria Maddalena e il Compianto su Cristo morto. Un’operazione di accostamento che svincola questi Esperimenti di fisionomia comparata dal campo stretto della ritrattistica aprendoli indirettamente a riflessioni più ampie sul rapporto tra medium fotografico e segno pittorico. Imprescindibile su questo tema il riferimento ai “piani prospettici mentali”, con cui Luigi Ghirri ha integrato nei suoi celebri scatti il mondo della rappresentazione al mondo fisico. Su quella scorta Ranesi ha cercato il punto di incontro tra i due mondi, non li ha fatti deflagrare, ma nella ricerca di un terreno comune di luci, colori e chiaroscuri ha stabilito un codice comune di comunicazione. 25

esercizi di fisionomia comparata 26



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Sereni, seri, per nulla agitatii ragazzi, i dipinti, l’obiettivoAntonio Ranesi I ragazzi hanno volti allegri e spensierati. Si godono una giornata diversa dal solito, liberi dalla costrizione dei banchi di scuola. Quando arrivano al museo sono eccitati, esuberanti come vuole la loro età. Mentre sistemo le luci li sento ridere e scherzare tra loro, a tratti soverchiati dalle proteste fin troppo energiche dell’insegnante che li accompagna. Li vorrebbe silenziosi e ordinati come se fossero in classe. Ma i ragazzi sembrano attenti solo ai segnali complessi che attraversano le dinamiche del gruppo, apparentemente incuranti di quello che li circonda. Comincio ad avere qualche perplessità. Temo che non sarà facile fermarli di fronte all’obiettivo, che sarà impossibile fargli capire le mie intenzioni, inverosimile fissarli nei quadri come se ne facessero parte. Invece, non appena inizio a metterli in posa davanti ai dipinti, uno alla volta e lontano dagli occhi curiosi dei compagni, cambiano immediatamente atteggiamento. Senza quasi bisogno di dirigerli, li vedo immergersi nelle atmosfere delle tele, interagire con gli sguardi dei personaggi rappresentati, assumere pose coerenti al contesto a cui ora appartengono. Sereni, seri, per nulla agitati e quasi del tutto privi di imbarazzo, portano anche me nei mondi lontanissimi in cui voglio raffigurarli. Sembra che il loro rapporto con la macchina fotografica sia spontaneo, immediato; immune sia al narcisismo che al pudore. Sono cresciuti sotto lo sguardo perpetuo di occhi elettronici, ne danno per scontata la presenza. Non sanno di un tempo in cui la pellicola poteva impressionare. A me non resta che impostare la luce in modo da assecondare quella tratteggiata dai pittori, verificare la composizione e scegliere il momento giusto per scattare. 46




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