IVREA IVREA IVREA IVREA IVREA IVREA IVREA aggiornata al 2017 IVREA IVREA IVREA IVREA IVREA IVREA IVREA IVREA IVREA allo GUIDA Storico Storico Carnevale Carnevale Carnevale
agenda LA STORIA aggiornata al 2017 PROGRAMMA PERSONAGGI LA BATTAGLIA I SIMBOLI GASTRONOMIA
guida dello S torico aggiornata al 2017 Carnevale diIvrea
Jules Amigues Le Carnaval d’Ivrée, Le Monde illustré, 24 febbraio 1866
Lo Storico Carnevale di Ivrea ...cos’è? Lo Storico Carnevale di Ivrea ...cos’è? C’era una volta anticamente... si potrebbe iniziare così a raccontare questo Carnevale che mescola in sè storia e leggenda. Sappiamo bene quanto le fiabe facciano parte della vita umana, di ogni popolo ed epoca. Le raccontiamo ai nostri figli, come i nostri genitori le han- no raccontate a noi. Le fiabe, anche quando parlano di draghi, fate e maghi, nascondono sempre un po’ di verità presa dalle tradizioni e credenze di un popolo. Ma anche nella realtà si trova un po’ di mito, soprattutto quando il suo ricordo viene tramandato a voce dalle generazioni. E quando si cerca di personificare simboli e valori. Ed è il caso dello Storico Carnevale di Ivrea che, benchè sia stato istituzionalizzato solo nel 1808 (e da allora annualmente messo nero su bianco) custodisce in sè valori e tradizio- ni primordiali unendo tra loro aspetti di epoche diverse ed esaltando valori antichi ma sempre attuali. Una manifestazione carnascialesca unica nel suo genere, quindi, e riconosciuta di rilevanza internazione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Carnevale è da sempre e ovunque occasione per ribaltare i ruoli e quindi per il popolo un modo per sfogarsi, riprendersi dalla dura vita quotidiana e dai soprusi dei ricchi. Anche il Carnevale di Ivrea non fa eccezione portando però inoltre sulla scena precisi episodi realmen- te accaduti (o per lo meno molto verosimili) ed è per questo che è “Storico”. Riuscire a seguire e comprendere tutti i suoi singoli atti è difficile per chi non conoscesse origini e sviluppi di tale spettacolo. Certamente esiste un aspetto più arcaico della Festa che nulla centra con le vicende legate ai personaggi del Carnevale, e che accomuna le zone agricole di tutto il mondo. E’ l’aspetto legato ai riti della terra, ovvero quel culto che scandisce il giorno e la notte, il riposo e il risveglio, la stagione fredda e quella cal- da, il momento della morte e quello della rinascita. Fu annualmente celebrato fino alla fine del Settecento autonomamente da ogni rione di Ivrea. In modo innegabilmente disordinato e con parecchie rap- presaglie interne che non di rado sfociavano nel sangue. Tanto che verso la metà del secolo le autorità cittadine proibirono agli epore-
diesi di fermarsi et andare nelle contrade senza lume per non incap- pare in quegli sconcerti et disordini tipici della Festa. Per ciò agli inizi dell’Ottocento le autorità civili e militari decisero di riorganizzare il tutto, unendo i rioni e mettendo a capo della Festa una figura precisa, un Generale che garantisse l’ordine pubblico. Si era in piena occu- pazione napoleonica e ciò influì il cambiamento sia strutturalmente che esteticamente. La Festa divenne da popolare a civile e il popolo passò dall’essere partecipe all’essere solo più spettatore (ma solo fino all’instaurarsi della Battaglia delle Arance). Sempre a tale scopo si decise di introdurre la figura del Sostituto del Gran Cancelliere così da mettere per iscritto tutti gli accadimenti e avere una linea precisa da seguire ogni volta ...e per fortuna: perchè dal 1808 ad oggi abbia- mo a disposizione dei Verbali che svelano fedelmente cambiamenti, cronache e stati d’animo di ogni edizione! Ma dove sta la leggenda? Il mito entra in scena con lei: Violetta, la Mugnaia, l’eroina indiscussa dello Storico Carnevale di Ivrea. La sua vicenda è il fulcro dell’intera Festa, l’atto da cui scaturì l’intero attua- le spettacolo: lo jus primae noctis, una vera violenza che le novelle spose erano costrette a subire dal Tiranno di Ivrea. Solo Violetta osò ribellarsi conducendo così il popolo verso la realizzazione di quel valo-
re su cui si fonda lo Storico Carnevale di Ivrea: la libertà. Ma se l’inse- gnamento è reale e sempre attuale la vicenda è pura leggenda. Non esiste infatti prova di questo famigerato jus primae noctis! Nei giorni di Festa Ivrea muta il suo aspetto: si veste di colori, profumi e musiche. Nel cuore di tutto ciò sfilano i personaggi che ne hanno forgiato il passato, acclamati dal popolo indossante il Berretto Frigio, simbolo assoluto della lotta cittadina per la libertà (ma non solo). La storia si cela dietro ogni atto dell’evento (dandogli la valenza storica che gli compete) perfino quello della Battaglia delle Arance perchè porta in scena la lotta tra il popolo e il Tiranno. Sebbene sia la sua spettacolarità, più che il suo significato, a renderla l’aspetto più famo- so e apprezzato (e discusso!) nel mondo. La Battaglia è stata ricono- sciuta dall’Ansa e da molti siti turistici come una delle dieci feste più belle del mondo, al pari del Carnevale di Rio. Merito anche dei mass media che negli ultimi anni hanno inviato troupe perfino da oltreocea- no per documentare da vicino questa violenta pioggia di arance! A tal proposito il Carnevale eporediese sta ancora subendo modifiche ma tutte di carattere ecologico e logistico. Merito della Fondazione che dall’edizione 2010 lavora per la promozione e la gestione degli eventi annessi alla Manifestazione.
neI gIornI deL CarnevaLe Nei giorni di Carnevale • epIfanIa (ore 8.30) Ogni anno, la mattina del 6 di gennaio la città di Ivrea si sveglia con emozione. Questo è un giorno speciale: le note dei Pifferi e Tamburi si diffondono nell’aria, danzano... riuniscono tutti gli eporediesi e giocano con i loro ricordi. Sebbene Ivrea non sia ancora vestita a festa, le melodie di questi suonatori così amati, vera colonna sonora dello Storico, risvegliano la magia del nostro Carne- vale. Come il fiabesco pifferaio di Hamelin, i suonatori conducono i presenti a zonzo per la città lungo un percorso ben stabilito. E’ qua- si mezzogiorno quando si torna verso il Palazzo Comunale per l’investitura del nuovo Generale. Sui gradini del Comune, il Sostituto del Gran Cancel- liere declama a gran voce alla piazza gremita di gente. Il saluto del Generale uscente e il benvenuto al nuovo sono un momento molto toccante che solo chi ha la fortuna di assistervi in prima fila può cogliere sui loro volti. Negli oc- chi del Generale che sta per conclude- re la propria Campagna con il passag- gio della sciabola e della feluca, brillano i ricordi e le emozioni dell’anno passa- to. E pure un po’ di tristezza, sicuro. Ben diversa è l’espressione del nuovo cittadino designato Generale quando, afferrati i simboli, li solleva al cielo per sancire l’inizio della sua Campagna. (ore 14.00) Il pomeriggio dell’Epifania è un salto temporale, è il Medioevo che riprende vita con l’entrata in scena del Magnifico Podestà. L’appuntamento è sempre sui gradini del Palazzo Comunale per assistere all’investitura del Podestà da par- te del Capo dei Credendari. Con la Cerimonia del Sale e del Pane il Podestà è sottoposto a giuramento sul Libro degli Statuti quale de-
tentore supremo del governo comunale. Essere circondati da questi gentiluomini e dame in abiti medievali ti fa perdere la concezione del tempo e dello spazio. Improvvisamente è come se i cartelli stradali e le insegne dei negozi svanissero, non senti più i rumori cittadini ma solo voci solenni e parole latine. Mantelle di velluto brillante, armature scintillanti, pergamene miniate, bandiere sventolanti e trombe lunghe fino al cielo, sguardi intensi e fieri sorrisi. Questo è il mondo che ti circonda quando i Credendari sono in scena. Un’atmosfera medievale che si intensifica quando il Corteo lascia il cuore della città e sale alla solitaria Cappella dei Tre Re. Primo onere del Podestà appena eletto è quello di rap- presentare Ivrea nella Cerimonia dei ceri in segno di ringraziamento a Dio per aver salvato la città dalla peste. Questa cerimo- nia religiosa ha due teatri di esecuzione: la Cappella dei Tre Re e, a seguire, il Duomo. Percorrendo il sentiero di ciottoli e bionda erba seccata dall’inverno, così lontani dal- la modernità e circondati solo dalla natura, salendo fino a giungere alla Cappella non puoi fare a meno di pensare di aver davvero compiuto un viaggio indietro nel tempo. Forse il momento in cui più si respira l’atmosfera antica e suggestiva dei Credendari, il passato del- la nostra bella Ivrea che ogni anno riaffiora nel presente e lo riveste come una incantesimo. La Cappella è molto piccola così, stretti stret- ti, eporediesi e Credendari, sono avvolti dall’unica e fievole luce delle candele che, d’incanto, fa emergere dal buio volti e gesti affrescati sulle pareti... (ore 16.00) Il Duomo è tutta un’altra cosa. Il Vescovo di Ivrea accoglie tutti con un gran sorriso e l’invito ad entrare. Il Duomo brilla come una stella nella calda luce del tramonto e si colora con le Bandiere rionali. Il Vescovo della città celebra la Santa Messa. Di fronte all’altare sono posti i ceri votivi che il Podestà donerà per invo- care la protezione della Madonna sulla città. Finita la Messa si esce dal Duomo, ed Ivrea è già immersa nella sera, le voci del Coro ci ac- compagnano finchè possono ma siamo noi a proseguire la canzone.
“A l’è turna Carlevè…e noi suma turna si! Je mac ‘na ruba sula... a l’uma n’an ad pi...” • TerzuLTIma domenICa dI CarnevaLe (ore 9.00) Se pensate che il Carnevale inizi con il Giovedì Grasso, vi sbagliate di grosso! Due domeniche precedono i giorni clou dell’evento, con cerimonie di carattere completamente diverso l’uno dall’altra. La mattina della terzultima inizia con le Fagiolate di Bellavista e San Giovanni e la visita da parte di Generale e Stato Maggiore, Sostituto del Gran Can- celliere, Pifferi e Tamburi. (ore 10.40) Successivamente il Corteo si sposta in Piazza Freguglia per la Presa in Consegna del Libro dei Verbali su cui il Sostituto, in vece del suo Gran Cancelliere (interpre- tato dal Decano dei notai eporediesi), dovrà scrupolosamente annotare tutto quanto avverrà nei giorni di Festa. E’ lui infatti la voce narrante dello Storico Carnevale di Ivrea. (ore 11.30) Quella che si svolge ora in Piazza di Città è la Prise du Drapeau, antica cerimonia militare istituita sul finire dell’Ottocento per la consegna della bandiera dello Stato Maggiore al suo Ufficiale Alfiere. E’ inoltre per il Generale un atto per ufficializzare agli occhi del popolo il seguito di Ufficiali e Vivandiere, compresi quelli di prima nomina, che ivi sono tenuti a prestare giuramento. A passo di marcia, con sguardo fiero e sciabola sguaianata, Ufficiali e Vivandiere si schierano sull’attenti mentre il Generale li passa in rassegna augurando loro una buona Campagna. (ore14.30) Quasi a ricordare che se pur vero che nel XIX secolo l’arri- vo del Generale tolse i poteri agli Abbà, questi non svanirono dal Car- nevale eporediese ma anzi vi rimasero e ad oggi con precisi compiti. Il pomeriggio delle due domeniche precedenti l’ultima della Festa è
dedicato proprio alla presentazione al popolo dei dieci piccoli Abbà, due per ogni rione e in borghese. E’ l’Alzata degli Abbà, gestita dal Generale e dai suoi Addetti di Campo e declamata dal Sostituto del Gran Cancelliere. L’Aiutante di Campo alza l’Abbà dal balcone mo- strandolo alla folla sottostante che esulta accompagnata dalle note dei Pifferi e Tamburi e dallo sventolio delle Bandiere degli Alfieri. Il Generale saluta militarmente ...e segue una pioggia di mimose, gian- duiotti e caramelle. Il Corteo attraversa tutti cinque i rioni delle Parrocchie (di San Grato, di San Maurizio, di Sant’Ulderico, di San Lorenzo, di San Salvatore) e torna nella Piazza Comunale ove Pifferi e Tamburi, come alla fine di ogni carnascialesca giornata, eseguono la Generala in onore del Generale. • penuLTIma domenICa dI CarnevaLe (ore 9.00) Sono ancora le Fagiolate ad aprire la penultima domenica della Festa. Oggi è la volta di Montenavale, Cui dle Vigne, di Torre Balfredo e dei Santi Pietro e Donato. Il consiglio è di non perdersene neanche una perchè sa- rebbe sbagliato pensare che si tratti sempre di faseuj grass. Bene o male gli ingredienti sono sempre gli stessi ma ogni Fagiolata ha la sua personale segretissima ricetta. Certamente quella di Torre Balfredo offre uno spettacolo unico che vi commuoverà: è il Carnevalino dei Bimbi. E’ innegabile: tutti i bambi- ni sognano cosa faranno da grandi e il Carnevale dà loro modo di re- alizzare per un giorno i loro sogni. Ma a Ivrea è un po’ diverso: qui non troverete astronauti e princi- pesse, cowboy e fatine Disney. E il Carnevalino di Torre è proprio l’evento che più rispecchia i so- gni carnascialeschi dei bambini eporediesi. Una deliziosa e simpaticissima miniatura dello Storico, anch’essa con un proprio cerimoniale che prevede l’incontro delle due realtà. Così le espressioni e le marachelle tipiche dei bambini
(rese ancora più curiose dall’accostamento con gli abiti storici da loro indossati) si mescolano ad un tale senso di responsabilità, quando i personaggi, quelli veri, entrano in scena, che pare inverosimile scor- gere negli sguardi dei bambini. (ore 10.30) Mentre nelle varie Fagiolate si inizia a raschiare il fondo dei paioli con i lunghi mestoli che per tutta la mattina hanno servito generose porzioni di faseuj ...i Carri da getto degli aranceri sfilano fra eporediesi esultanti, palloncini colorati e nuvole di coriandoli. E’ la parata dei Carri da getto nelle vie del centro cittadino con presenta- zione in piazza del Rondolino. (ore 12.00) Intanto sul Ponte Vec- chio gli abitanti dei due rioni con- finanti si incontrano e attendono l’arrivo del Corteo per la Riappaci- ficazione degli abitanti dei Rioni di San Maurizio e del Borghetto. Oggi è il giorno in cui si celebra l’antica amicizia dei due rioni, un tempo rivali. La storia qui narrata ha radici lontane. Gli abitanti dei due rioni erano di- visi ancora prima che dalla Dora Baltea da un profondo rancore che infiammava loro gli animi, indu- cendoli a versare il sangue di co- loro che avrebbero dovuto amare come fratelli. Ma l’amore è ben più forte dell’odio: forse gli uomini lo avevano dimenticato ma le donne della città lo sapevano bene. Gra- zie al loro spirito amorevole e materno... e con un pizzico di quell’a- stuzia che la Natura ha loro donato... mutarono un odio durato secoli in una fratellanza che noi celebriamo ancora oggi. (ore. 14.30) Il pomeriggio si ripete come la domenica precedente con l’Alzata degli Abbà per gli altri cinque Abbà rimanenti. E si con- clude nuovamente nella Piazza Comunale con la Generala.
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tra luce e inchiostro le emozioni • gIovedì graSSo Il giovedì grasso è conosciuto come momento di festa popolare carnascialesca nel senso più stretto del termine. L’unica dello Storico Carnevale occasione in cui il Carnevale di Ivrea si veste anche di quell’allegoria tipi- ca degli altri carnevali. Non vedrete i carri ma molte maschere sì, grazie di Ivrea alle due feste che l’Associazione J’Amis ‘d Piassa d’la Granaja gestisce dal 1984 coinvolgendo non solo decine di bambini nel pomeriggio ma anche e soprattutto migliaia di persone che dopo le 21.00 si riuniscono, travestite, per festeggiare e ballare a ritmo delle canzoni dei concerti live nelle piazze della città. La giornata, che dà il via ufficiale ai giorni più caldi del Carnevale, si apre in Piazza di Città col mantenersi di quella promessa con cui gli eporediesi sono soliti salutarsi il martedì grasso, quando al termine della Marcia Funebre si chiude il Carnevale: “Arvedze a Giobia ‘n bot” (“ci rivediamo giovedì all’una”). Oggi la città è davve- ro vestita a festa. Tra le maschere dei bambini e le bandiere degli aranceri che (come tradizione vuole) hanno risve- gliato il vento e i ricordi, gli eporediesi si ritrovano fra sorrisi e abbracci. (ore. 14.30) Intanto nella Sala Dorata del Co- mune, sta avvenendo il Passaggio dei poteri. Il Sindaco affida simbolicamente al Generale i poteri civili. A lui il compito di garantire l’ordine cittadino nei giorni di Festa e indossando la fascia ri- portante i colori di Ivrea (bianco e rosso) ne ufficializza l’atto. Dal balcone del Palazzo il Sostituto declama l’apposito Verbale annunciando l’Ordi- nanza del Generale che invita i presenti a calzare il tradizionale Berretto Frigio a ricordo della lotta al Tiranno e per non essere fatti bersaglio di un moderato getto di arance... La città si tinge improvvisamente di rosso. (ore 15.00) La salita a cavallo è un gesto molto importante per il Ge- nerale: se impeccabile il Carnevale sarà uno spettacolo memorabile.
Gli Alfieri, simpaticissimi portatori degli stendardi rionali, aprono il Corteo se- guiti da Pifferi e Tamburi, dai graziosi Abbà finalmente in costume e sempre più raggianti, Generale, Stato Maggio- re e Sostituto. Il Corteo, seguito dagli appassionati, sfila per le vie del centro, attraversa la storica Via Palma dando il via alla sua Fagiolata e si ferma in ve- scovado per la rituale visita degli Abbà a Monsignor Vescovo. Dopo un ban- chetto di pasticcini e salatini, brindisi e qualche chiacchierata piemunteisa, si torna nel Civico Palazzo per la visita al Sindaco. La sfilata si conclude con la Generala. Ma come ci ricordano gli Amis, la giornata è ancora lunga, me- glio ritrovare le energie concedendosi un delizioso momento di ristoro presso la Fagiolata Cuj d’via Palma. (ore 18.30) Ma c’è in verità un’ultima Cerimonia, più intima, da eseguire nel- la Sala del Consiglio Comunale, ed è la solenne Investitura degli Oditori et Intendenti delle Milizie et Genti da Guerra del Canavese. Gli addetti ai la- vori e i veri appassionati del Carnevale sanno bene quanto siano preziose le persone che costantemente tutelano e promuovono la storia e le tradizioni della nostra terra. • venerdì E’ questo un appuntamento per buongustai. A seguito della Fiaccolata delle confraternite paludate (ore 19.30) è possibile (previa prenotazione) partecipare alla gustosa cena itinerante ideata e gestita dai Citoyens (ore 20.00).
• SabaTo (ore11.30) Mentre Generale, Stato Maggiore e Sostituto del Gran Cancelliere compiono visita alle Autorità Civili e Militari, la Scorta d’Onore della Mugnaia sfila in parata per le vie di Ivrea fin nella Piazza Comunale per deporre la Bandiera del Primo Batta- glione Cacciatori della Repubblica Cisalpina e assumere quella della Scorta confluendo così sotto il comando del Generale che giunge per assistere alla Cerimonia. Entrambi i drappelli si dirigono poi in Piazza Ottinetti: gli stivali sfilano sul pavè dipinto a festa dagli aranceri e su questa grande scacchiera Stato Maggiore e Scorta sembran pronti a confrontarsi in una partita a scacchi! • Presentazione della Vezzosa Mugnaia (ore 21.00) Il momento più atteso. Quando, dal balcone del Palazzo Comunale, il volto della nuova Violetta si mostra alla folla in un istante si scatena l’entusiasmo di tutti i presenti. E’ uno scroscio di applausi, una pioggia di palloncini che sale ver- so il cielo, uno sventolar di immense bandiere che pare sfiorino le stelle. In verità Violetta si era già svelata poco prima agli altri personaggi della storia e ad una schiera di cittadini eletti che ha avuto il diritto o la fortuna di salire nella Sala Dorata del Comune per renderle personalmente omaggio. E’ stato in questo frangente che il Generale le ha appuntato la spilla col simbolo di Pich e Pala che lei indosserà per tutta la Fe- sta. Il Corteo, finalmente al completo, scende in piazza e la folla si apre per permettere la sfilata, annunciata nelle vie dalla Banda Musicale cittadina e, ovviamente, dai Pifferi e Tamburi. A loro si uniscono anche le Squadre a piedi degli Aranceri e i Goliardi (A.U.C. e S.O.A.S.) che con entu- siasmo, musiche e coreografie contribuiscono ad animare la sfilata. Dal 2017 la sfilata si conclude con il ritorno del Corteo al Comune
mentre le piazze si animano con le feste degli Aranceri. Per chi de- siderasse assaporare un’atmosfera più tranquilla e tradizionalista la Fagiolata Benefica del Castellazzo mette a disposizione (con una libera offerta) la propria sede, pane e salame e una gustosa ciotola di faseuj grass (che mitiga non poco il freddo della notte invernale!). Anche la sede degli Amis è aperta e offre una fumante trippa e qual- che dolce torcetto con Barbera. E al calduccio, circondati dai ritratti di Mugnaie, Generali e Sostituti degli anni passati, il sabato grasso eporediese si spegne davvero. • uLTIma domenICa (ore 9.00) Anche l’ultima domenica di Carne- vale si apre con le Fagiolate: è la volta della Benefica del Castellazzo, di San Lorenzo, di Via Dora Baltea e di San Bernardo. Sono le 9.30 del mattino quando i personaggi partono dalla Piazza Comunale per giungere in Piazza Castello e qui, dopo il saluto al Vescovo, presen- ziare al Giuramento di Fedeltà del Magnifico Podestà. L’aspetto medievale e quello ottocentesco si fondono, parole in volgo e latino si mescolano in una suggestiva atmosfe- ra che induce tutti al silenzio mentre il Podestà promette solennemente di adempiere con imparzialità e giustizia alla carica a lui assegnata. (ore 10.00) A questo punto il Corteo si divide: Podestà e Credendari pro- seguono ove una volta svettava il Ca- stellazzo del Tiranno per estrarre una pietra dalle rovine con la Mazza comu- nale. La Mugnaia, invece, con gli altri personaggi si lascia alle spalle il Ca- stello, scende in Via Palma e risale Via Arduino per giungere in Piazza Maretta ove è accolta dai cuochi, dalle donne e dai “fagiolini” della Fagiolata Benefica del Castellazzo. Per Violetta, Generale e Sostituto è il momento dell’assaggio
dei faseuj grass ma tutto il Corteo partecipa con entusiasmo al ban- chetto mentre Violetta consegna le prime razioni benefiche al po- polo. (ore 10.30) Quando Podestà e Credendari giungono sul Ponte Vecchio (a due passi dalla Maretta) è ora per tutti di posare ciotole e bicchieri e avviarsi per assistere alla Preda in Dora, uno dei momenti di maggior valenza simbolica. Le sue radici affondano in un lontano passato, addirittura nel 1608, data della prima apparizione sugli annali di Ivrea. Il Podestà di fronte a tutti, Corteo, Vescovo e popolo, riba- disce la promessa di Ivrea di non sottomettersi più ad alcun tiranno “hoc facimus in spretum olim Marchionis Montisferrati, nec permit- temus aliquod aedificium fieri ubi erant turres domini Marchionis”. E, voltatosi verso ovest, getta la pietra nella Dora, alle sue spalle. Quando la pietra infrange la superficie del fiume, finalmente esplode l’entusiasmo del popolo! Sebbene questa sia una pro- messa legata a tempi lontani, è bene che tutti noi la si ricordi... (ore 14.00) Il pomeriggio è, dopo la presentazione della Mugnaia, il mo- mento che vanta più presenze, so- prattutto da parte delle famiglie e dei forestieri che, liberi dagli impegni lavo- rativi, si regalano un pomeriggio con le braccia levate al cielo per afferrare le mimose e i cioccolatini della Mugnaia o per immergersi nella Battaglia del- le Arance. I minuti che precedono la partenza sono un tripudio di colori. La piazza Comunale è invasa da Berretti Frigi, casacche nere, blu e rosse e poi si tinge anche di storia con l’ar- rivo di tutto il Corteo. Gli aranceri sono già pronti alla Battaglia ma per un istante il loro pensiero è un altro: come tutti i presenti aspettano che Violetta appaia in tutto il suo splendore sugli scalini del Palazzo per salire sul suo cocchio dorato e dar vita così alla sfilata a cavallo
del Corteo, che vede anche la partecipazione del gruppo eporediese Reggimento Provinciale d’Ivrea 1796 - Primo Battaglione, di grup- pi ospiti giunti dal Canavese, dall’Italia e dall’estero e dai simpaticis- simi Valletti del Libero Comune di Ivrea, reintrodotti di recente nel Corto Storico. Eccoli i due aspetti dello Storico che insieme animano la città. Storia e spettacolo. Da una parte la sfilata del Corteo, dall’altra la Battaglia delle Arance, portata in scena dai Carri da getto e dalle nove Squadre di Aranceri a piedi. Tutto si conclude per le 17:30 con la Generala nell’atrio del Comune. (ore 21.30) La serata si tinge di colori con lo spettacolo pirotecnico musicale allestito in onore della Vezzosa Mugnaia che assiste con Generale, Sostituto, Corteo e po- polo dal magnifico scenario di Corso Re Umberto. Segue la Serata di Gala in onore della Vezzosa Mugnaia al Teatro Giaccosa, il gran ballo torna- to in auge dal 2015 in memoria di una tradizione del passato. (Ingresso a pagamento - euro 8,00 - escluso residenti, bambini fino anni 12 e aranceri iscritti alle squadre) • Lunedì (ore 9.30) Il mattino è de- dicato a quella che è la Cerimonia più importante dello Storico Carnevale di Ivrea. Pochi sanno, difatti, che questo è l’atto più antico e fondamentale del- la Festa, quello che manifesta il suo aspetto più arcaico, il legame con le tradizioni popolari e contadine. La Ce- rimonia delle Zappate apre il sipario su Piazza Maretta e su un Corteo sen- za Violetta. Questo rito ha origini an- tichissime, si svolge nei cinque rioni della città e vede la partecipazione dell’ultima coppia di Sposi di ogni rione. Ma è lui, il Sostituto, il protagonista indiscusso della Zappata degli Scarli. Issato su un grosso tamburo, a mo’ di sgabello, il Sosti-
tuto tiene lettura dell’apposito Verbale (non senza simpatici interventi esterni) e invita gli Sposi a dare, con pich e pala, un colpo ciascuno al terreno, laddove sarà eretto lo Scarlo di erica e ginepro per l’Abbrucia- mento del martedì sera. Il Generale si toglie la feluca, la leva al cielo e a gran voce sottolinea la fedeltà cittadina all’antica tradizione conclu- dendo, insieme a tutti i presenti, con la frase “As pianta ‘l pich a l’uso antic”. Il gesto degli sposi simboleggia il rivoltare la zolla di terra, da sempre sinonimo di fertilità e fortuna. Ecco perché è compiuto dagli sposi novelli. Alla mezza si torna nella Piazza Comu- nale per incontrare i Citoyens de la Ville d’Ivrée qui giunti per donare al Sindaco l’Albero della Libertà, rievo- cando l’adesione della comunità epo- rediese ai moti rivoluzionari francesi risalente alla fine del Settecento. Se intendete festeggiare con gli antichi eporediesi siate veloci a prendere qual- cosa dal succulento banchetto da loro allestito. E’ infatti questione di minuti prima che gli aspiranti al titolo di miglior lanciatore d’arancia diano prova del loro talento al Trofeo Pala & Pich che si svolge dal capo opposto della piazza. (ore 14.15) Il pomeriggio del lunedì è identico a quello della domenica solo per quanto concerne la Battaglia delle Arance. E’ prevista la sfilata del Corteo Storico (assenti Podestà e Credendari ...qualcuno assicura di averli visti impe- gnatissimi in Battaglia!) ma a piedi ed è completamente incentrata sulla visita di Violetta agli aranceri. Quando arri- va Violetta, nelle piazze si ferma la Bat- taglia e gli aranceri possono ritrovare
vigore grazie ai sorrisi della Vezzosa Mugnaia che è venuta a salutare coloro che rappresentano il popolo eporediese impegnato nella lotta al Tiranno. Anche i Carri si fermano, le guardie tolgono la maschera come a teatro e applaudono la Mugnaia. (ore 20.00) La serata è allietata dalla degustazione di merluzzo con cipolle, magistralmente cucinati dal Comitato della Croazia e dallo spettacolo ad opera degli Alfieri. • marTedì (ore 14.00) Il programma non è molto diverso dalla do- menica. La città si tinge di nuovo di rosso sotto una pioggia di arance e mimose, il Corteo sfila ancora a cavallo, con Violetta sul suo cocchio dorato, e nelle piazze infuria per le ultime ore la Battaglia. Quando i colori iniziano a sbiadire, a scurirsi annunciando la sera, tutti, aranceri ed eporediesi si riuniscono nella piazza del Comune per la premia- zione delle Squadre e dei Carri (ore 17.30). La folla si stringe ai lati della piazza e su un red carpet di mosto d’arancia, il Corteo Storico sfila un’ultima volta, in uno scroscio di applausi. Intanto, di sopra nel Palazzo, la giuria che ha assistito alla Battaglia sta informando la Fon- dazione dei punteggi assegnati. C’è un gran fermento in questa che, nei giorni di Festa, diventa la casa di ognuno di noi. I finalisti sono
annunciati a gran voce e invitati a presentarsi per ritirare il premio. In piazza si scatenano i festeggiamenti. Ma anche chi non ha vinto è ben disposto a brindare per la conclusione di una Battaglia i cui resti (che siano solo tracce di succo d’arancia o un occhio pesto) rendono tutti uguali, a prescindere dai colori indossati. (ore 20.00) Poco per volta i personaggi tornano in Comune e si prepa- rano per gli ultimi atti del Cerimoniale. L’abbruciamento degli Scarli e la Marcia Funebre. Quando parte la fi accolata degli Alfi eri (che hanno depo- sto le loro Bandiere per illuminare la via al Corteo) c’è un religioso silenzio dolcemente infranto solo dalle note dei Pifferi e Tamburi. Una quiete che si trattiene fi no all’arrivo in Piazza Maretta dove la folla attende intorno allo Scarlo. Alfi eri e Stato Maggiore si dispongono in cerchio, i due Abbà del rione, accompagnatai dal proprio Uffi ciale girano intorno allo Scarlo. Sulla punta degli spadini gli Abbà non tengono più quell’arancia volta ad indicare la testa del Tiranno. Ormai la belva è sconfi tta. C’è una lenter- na al suo posto, forse a indicare la rinascita. Quando si fermano, i due Uffi ciali porgon loro le fi accole per accendere lo Scarlo. In un soffi o le fi amme salgono verso il cielo e anche la voce del popolo si leva, piena di stupore. “A brusa! A brusa!” Il fuoco ricopre l’intero Scarlo e brucia la bandiera posta sulla sua cima, tanto più in fretta lo farà tanto più sarà di buon auspicio per l’anno che verrà. Dal cielo cupo scende improvvisa una pioggia di cenere incandescente e ti incanti a guardarla mentre al di
là di essa vedi il Generale che saluta militarmente. Il Corteo prosegue e ripete la cerimonia per tutti i 5 rioni della città. (ore 21.30) Il penultimo, quello di San Salvatore in Piazza di Città, è l’unico cui partecipa anche la Mugnaia. Ed è quello che raccoglie più presenze, anzi molti sono già qui a tener compagnia a Violetta, mentre il Generale e gli altri eporediesi assistevano all’abbrucciamento degli altri Scarli. Appena gli Abbà appic- cano il fuoco, Violetta dal suo cocchio dorato leva alta la spada, simbolo della vittoria sul Tiranno. E così resta, sorridente e fiera, finchè le fiamme non hanno completamente arso il tricolore che svetta sullo Scarlo. Il Ge- nerale, in piedi sulle staffe, assiste fino al momento del saluto. Fra i tanti baci che Violetta regala al popolo, questo è solo per il suo Generale. E’ un momento molto suggestivo, quanti vorrebbero fermare il tempo. Forse anche loro... ma si deve andare avanti. E aiuta la certezza di ritrovarsi un giorno, fra un anno. Sempre. E insieme dar vita alla storia più bella. C’è ancora un ultimo Scarlo e il Generale con il suo seguito prosegue. Alcuni eporediesi lo seguono, molti restano ancora qui in piazza. E in uno sfavillio di luci dorate e macchie frigie, Violetta sale ancora una volta i gradini del Civico Palazzo, regala un ultimo sorriso al suo popolo e poi... svanisce. (ore 22.15) La Marcia Funebre è probabilmente il momento più commovente del Carnevale. Bruciato l’ultimo Scarlo, in Borghetto, il Corteo e gli eporediesi tornano nel cuore di Ivrea, in Piazza Ottinetti. E questa volta il silenzio è d’obbligo. Le note degli strumenti sono scordate
e il loro suono ricorda un sogno che sbiadisce nel risveglio del mattino. Ma qui il buio della tarda sera avvolge tutto, a tratti sotto le luci dei lam- pioni si intravedono tante teste chine e mille berretti frigi. Il Generale è a piedi, tiene al morso il suo cavallo. Gli ufficiali trascinano le sciabole sul pavè. La tristezza per questa Marcia Funebre unisce tutti nel profondo. Qualche eporediese torna a casa appena le fiamme dell’ultimo Scarlo toccano il cielo. Proprio non ce la fa ad assistere al funerale, ad accettare che tutto stia finendo, di nuovo. Quasi come se, non vedere, desse l’il- lusione che il giorno dopo si ammirerà ancora la nostra eroina sotto una cascata di mimose e caramelle. I più giovani si distraggono al luna park allestito fuori città. Ma i più lo vivono... ben consapevoli che anche que- sta sia una cerimonia necessaria. Come una fenice, il Carnevale risorgerà sempre dalle proprie ceneri. E’ così da secoli! Nella Piazza degli Amis le note dei Pifferi e Tamburi acquistano finalmente di nuovo un senso per intonare la Generala, un’ultima volta. Il Generale passa in rassegna i suo- natori per ringraziarli del mirabile lavoro svolto e, come compenso, porge il soldo al Primo Piffero. Anche il popolo riprende la voce. E sebbene essa tradisca il peso di quel groppo in gola, il saluto tipico di questo momento rallegra l’atmosfera: “Arvedse a giobia a ‘n bot”. Non è un addio, questo, è un arrivederci! (ore 23.00) Quello del funerale è un crescendo sorprendente. Dal silenzio, ai saluti commossi ...ad una corsa sfrenata! Generale, Ufficiali e Sostituto si prendono a braccetto e, can- tando la Canzon del Carnevale, si dirigono a veloce passo di marcia verso il Palazzo Comunale. Il Generale depone i simboli del potere e appunta le insegne della Campagna sul petto dei propri Aiutanti di Campo. In una città che dolcemente si svuota, la voce del Sostituto riempie la piazza e le vie per leggere l’ultimo Verbale, quello di chiusura dello Storico Carne- vale di Ivrea. • merCoLedì deLLe CenerI (ore 11.00) La chiusura del Carnevale ter- mina il periodo “grasso”, siamo entrati nella Quaresima e quindi occorre mangiar di magro. La tradizionale polenta e merluss cucinata dal Comi- tato della Croazia, e distribuita in piazza Lamarmora, è uno dei tanti mo- menti conviviali del Carnevale eporediese. Ma anche un modo per stare di nuovo insieme dopo l’avventura appena vissuta.
I perSonaggI Tra storia e leggenda • La mugnaIa Per Ivrea è la massima espressione di libertà e fedel- tà. E’ praticamente una dea. Ecco perchè veste di bianco, è posta su un cocchio dorato da cui sovrastare la folla e, nei giorni di Festa, non la sentirete mai parlare. Se così non fosse andrebbe persa l’aura mi- stica di cui è rivestita. A dimostrazione che la sua è una storia piena di valori e significato, l’aggettivo che la caratterizza non è bella ma vez- zosa. Ovvero incarna la bellezza non estetica ma del cuore, quella che nasce dalla gentilezza e dai sani principi e quindi non sfiorisce col tempo. Violetta indossa un abito bianco di gu- sto romantico e rinascimentale, con fa- scia verde e coccarda rossa così da por- tare non solo i colori della città (bianco e rosso) e il tricolore (il senso di Patria, di unità cittadina) ma da incarnare anche il concetto di purezza. La spilla argentata riporta il simboli di Pich e Pala. Anche lei indossa il Berretto Frigio, natural- mente. La sua figura sul cocchio venne intro- dotta nel 1858, così come attestato dai Verbali. Ma la sua vicenda è ben più antica e si intreccia con quella di un personaggio che non vedrete mai nelle Cerimonie del Carnevale ma che fu l’o- rigine di tutto. Tale personaggio, trova nella realtà due possibili iden- tità, entrambe risalenti al Medioevo: i marchesi Raineri di Biandrate e Guglielmo di Monferrato. Nella tradizione carnascialesca queste due figure sono unite in una sola ma resta il fatto che si trattasse di un tiranno crudele che riduceva il popolo alla miseria e alla mancanza di dignità. Come se ciò non bastasse, le spose novelle erano costrette a sottostare allo jus primae noctis, ovvero l’obbligo di trascorrere con il Tiranno la prima notte di nozze. Questo finchè non arrivò la mugnaia
Violetta che, promesso amore eterno e fedele al suo Toniotto, si ribel- lò al Tiranno, mozzandogli la testa e incitando il popolo alla rivolta. Tale atto rivive ad ogni Carnevale con la Battaglia delle Arance e anche se non vedrete mai qualcuno interpretare il Tiranno, la sua presenza è evocata dagli aranceri sui Carri che ne rappresentano le guardie. Ciò è quanto narrato dalla leggenda. Non esiste prova certa dello jus primae noctis nè di Violetta. La verità su cui si fonda è un’altra ma non meno crudele: sia Raineri di Biandrate che Guglielmo di Mon- ferrato ridussero allo stremo il popolo. Fra le tante tasse la più odiata era quella sul macinato perché era quella che più riduceva alla fame. Chi giungeva al mulino con il grano da macinare era tenuto a lasciare una quota di farina come pagamento della tassa. E’ a questo pun- to che elementi storici ed elementi leggendari si fondono dando vita a Vio- letta, figlia di un mugnaio. La presenza di Violetta nel Cerimoniale segue un galateo ben definito, una scaletta di “posso, non posso, devo” che im- pressiona non poco i non addetti ai lavori. Le prime due cose fondamentali sono che l’interprete debba essere una donna sposata (perchè Violetta era una novella sposa) e che la sua iden- tità resti segreta fino alla sua uscita dal balcone del Civico Palazzo. Questo induce, nelle settimane che precedono il sabato grasso, gli eporediesi ad una serie di ipotesi basate su prove tangibili o gusti per- sonali e certi mass media privi di scrupoli ad un vero e proprio assalto spesso rivelatosi immorale. Non sempre il segreto è stato rispettato, nonostante tutte le congetture messe in atto dalla Fondazione e dalla famiglia della designata Mugnaia: nomi falsi, viaggi improvvisi, inde- rogabili impegni di lavoro e perfino simulazione di incidenti. Un piccolo numero di puristi esige che la Violetta debba essere inter- pretata, come vuole la leggenda, dall’ultima sposa dell’anno. Che sia
giovane ed eporediese. Ma anche questo non è mai stato onorato. Ma che importa? Ben più importante è che l’interprete di Violetta sia ferma sostenitrice dei suoi valori. Deve avere la forza e l’amore necessari per viverli in prima persona, difenderli e diffonderli. E pro- fonda appassionata della Festa ...dove trova altrimenti le energie per tutte le ore che passerà a lanciar mimose, caramelle e saluti? Senza contare il suo ultimo arduo compito con la spada levata al cielo, du- rante l’Abbruciamento del martedì sera! Violetta è il centro di tutto, la punta di diamante del Corteo Storico. Sarà sempre affiancata dalla sua Scorta e spesso a braccetto del Generale. Ma vi sono altre figu- re ad accompagnarla, in primis il Toniotto. Senza di lui Violetta non avrebbe dovuto sottostare allo jus primae noctis. Accanto al Toniotto, cui spetta insieme al suocero mugnaio, l’arduo compito di rifornire il cocchio dorato seguendolo con un carro colmo di dolciumi ...ci sono anche due damine che siedono ai piedi della Mugnaia per aiutarla nel lancio delle mimose e due paggi che la seguono a cavallo durante la sfilata e, a piedi, le reggono il lungo strascico bianco dell’abito. • IL generaLe Fino alla fine del 700 il Carnevale di Ivrea era un tur- binio di singole feste che, a causa delle rivalità tra i rioni, sfociavano spesso in profondi disordini. A lungo le autorità tentarono di risolve- re la cosa e il loro continuo insuccesso fomentò la nascita di parec- chie leggende. L’istituzione di un Generale, nel 1808, si rivelò una scelta vincente tant’è ch’egli fa attualmente e profondamente parte del Cerimoniale. Fu così eletto, tra i cittadini che più godevano di prestigio e che ben rappre- sentavano la cultura e l’orgo- glio municipalista, qualcuno a garanzia dell’ordine pubblico. Tale designato ottenne diritto al titolo e all’uniforme di Generale dell’esercito napoleonico (il pe- riodo è quello dell’occupazione di Bonaparte). Per facilitare il
compito le feste furono unificate. Quindi in realtà il Generale non è un vero personaggio come Violetta ma alla sua nascita fu semplicemente una figura a rappresentazione delle autorità comunali. Come oggi è il Sindaco. Solo col tempo il Generale divenne un vero personaggio, a ricordo di quei fatti che aprirono il XIX secolo. Il Generale entra ufficialmente in scena il 6 gennaio con il passaggio di sciabola e feluca per mano del Generale uscente. La prima apparizione in divisa avviene la terzultima domenica di Carnevale presso le Fagio- late e nello studio del Gran Cancelliere. Ma è con la Prise du Drapeu che dà il via alla sua Campagna. Dovrà attendere il Giovedì Grasso per vestire la fascia bianco-rossa di primo cittadino consegnata dal Sindaco nella Cerimonia di Pas- saggio dei Poteri. Il Generale è sempre presente, sia o non sia protagonista della Cerimonia in atto. Sempre affiancato dal suo brillante Stato Maggiore e coa- diuvato da un proprio Aiutante di Campo. Non esiste limite al numero di Campagne per lo stesso interprete ma è un’usan- za più legata al passato... La sua divisa è composta da calzoni e guanti bianchi, giubba nera con bordi, bottoni e spalline dorate. Indossa una feluca con rifinimenti dorati e piumetto, la sciabola e all’occorrenza mantello nero con interno rosso. • IL SoSTITuTo deL gran CanCeLLIere Parallelamente alla ne- cessità di un capo della Festa, sorse il desiderio di annotare minu- ziosamente, anno per anno, lo svolgersi di ogni atto del Carnevale. Nacque così nel 1808 il primo Libro dei Verbali. Nel 1821 tale compito venne affidato al Decano dei notai eporediesi che, in occasione del Carnevale, rivestiva ruolo di Gran Cancelliere. Ma il Decano aveva ben altri compiti più gravosi da portare a termine e non poteva per- mettersi di assistere ad ogni istante di Festa, nè tantomeno era di
suo uso l’andare in giro per la città in sella ad un cavallo (mula, secondo la tradizione). E dato, anzi, che proprio per le trasferte, era abitudine dei notai servirsi di una persona di fiducia, un loro sostituto insomma, ecco che dal 1845 il Gran Cancelliere affida al suo Sostituto il delicato compito di vergare sul Libro dei Verbali tutto quanto accada nei giorni di Festa, purchè sia di relativo interesse per la Festa stessa. In verità agli interpreti del personaggio non è chiesto di vergare sul momento i fatti. Sarebbe impensabile anche per l’elegante scrittura amanuense richiesta. Per ciò al Sostituto è richiesta una profonda conoscenza della Festa e il suo lavo- ro inizia ben prima, nei mesi precedenti l’inizio del Carnevale. Attualmente si è giunti al terzo Libro dei Processi Verbali, queste pagine possono essere de- finite l’archivio storico del Carnevale di Ivrea. Da quel lontano 1808, ogni Verbale offre (con un lessico mutato col trascorrere dei decenni) uno spaccato reale dell’epo- ca in corso. Il Sostituto fu fin da subito, uno dei protagoni- sti della trasformazione del Carnevale, da rito della natu- ra a rito della cultura, e allo stesso tempo, emblematica- mente, il più fedele testimo- ne di quanto seguì. Per questo egli è sempre presente, affiancato da Generale e Stato Maggiore e coadiuvato da un proprio Addetto. Vestito di velluto nero con pantaloni al ginocchio, calze, guanti, pizzi, gilet e jabot bianchi con cameo. Parrucca bianca a cannoni con codino e tricorno nero. Non c’è da meravigliarsi se questo gentiluomo d’altri tempi suscita un’atmosfera da favola. Con sè ha sempre il Libro dei Verbali di cui esistono due copie. Una, fittizia, è usata per le uscite a cavallo durante le sfilate. Non si può rischiare che un bicchiere di vin brulè, un colpo d’arancia o qualche villanzone mandi all’aria decenni di testimonianza!
• IL podeSTà Esistono degli statuti medievali reperiti nel 1329 ma ben più antichi che testimoniano l’esistenza del Podestà quale detentore supremo del governo comunale. La sua era quindi un’im- portanza fondamentale, e lo è tutt’oggi date le Cerimonie di cui è il protagonista, prima fra tutte la Preda in Dora che annualmente riba- disce l’antica promessa della città di Ivrea di non sottomettersi più ad alcun Tiranno. Come per Generale e Sostituto, l’interprete può restare in carica per tutte le edizioni che desidera ma in passato la carica di Magnifico Podestà poteva durare un solo anno. Fin dal XIV secolo il compito della sua nomina spettava ai Credendari (una sorta di Senato). Il prescelto, obbligatoriamente forestiero a garanzia della sua imparzialità, era sottoposto a giuramento sul Libro degli Statu- ti e responsabile dell’amministrazione e della giustizia (una specie di Sindaco, quindi). Oggi come allora i Credendari sono tenuti ad accompa- gnare il Podestà nelle manifestazioni. Podestà e Credendari sono quindi un frammento di storia reale e il pomerig- gio dell’Epifania si apre proprio sull’at- to di investitura del Podestà da parte del Capo dei Credendari. La figura del Podestà è stata introdotta nella Festa nel 1932 mentre il gruppo storico dei Credendari è nato nel 1984, insieme all’omonima Squadra di aranceri. • Lo STaTo maggIore Successiva- mente alla sua istituzionalizzazione, al Generale venne concesso di chiamare con sé alcune persone di sua fiducia che lo affiancassero nel delicato compi- to. All’epoca si trattava di un gruppetto esiguo anzi, fonti storiche affermano la presenza di due sole persone in veste di Aiutanti. Col tempo il gruppo aumentò in numero ma sempre per una motivazione di ordine pubblico. Solo nella seconda metà del
‘900 quando l’ordine cittadino era ormai consolidato e la sua assenza solo più un lontano ricordo, la figura del Generale e del suo brillante Stato Maggiore perse la sua motivazione logistica. Per questo si avver- tì il bisogno di rafforzare la storia che li vuole originati dalla dominazione napoleonica. Oggi Generale, Ufficiali e Vivandiere sono veri personaggi dello Storico Carnevale di Ivrea e partecipando a tutte le cerimonie con compiti diretti e responsabilità legate a persone e cose, ne determinano il ritmo e comunque il regola- re svolgimento. Il drappello è composto da: Ufficiali di pri- ma nomina – Ufficiali Addetti, con incarichi particolari rivolti ad atti, cose o personaggi – quattro Vivandiere, con man- sioni specifiche come i loro colleghi maschi – tre Aiutanti di Campo, le cosiddette “bra- je bianche”, i più stretti colla- boratori di Generale, Mugnaia e Stato Maggiore. Da qualche edizione il Circolo Ufficiali dello Stato Maggiore dà la possibilità di arruolarsi come Cadetti, ovvero di essere “Uf- ficiale per un giorno” e com- prendere così (nelle prime due domeniche di Carnevale) cosa significhi far parte del brillante Stato Maggiore. Le uniformi sono di colore rosso e blu con bottoni argentati. Pantaloni bianchi per gli Aiu- tanti. Sciabola e feluca nera con piumetto e coccarda Pich e Pala. Le Vivandiere (cronologicamente le ultime arrivate) si distinguono solo per il copricapo e la gonna.
• gLI abbà Oggi impersonati da dieci bambini (sia maschi che fem- mine), gli Abbà rappresentano i priori delle cinque Parrocchie cittadine, ovvero i rioni che fino alla fine del ‘700 si occupararono singolarmen- te di ideare, organizzare e gestire i festeggiamenti per il Carnevale. L’Abbà era appunto il capo della Badia, una sorta di comitato, l’anima della festa e spesso anche il finanziatore della medesima. Come segno distintivo aveva sempre con sè una pic- ca con una pagnotta infilzata a ricordo di quella famosa tassa sul macinato. Oggi gli Abbà vengono presentati al popolo dal Generale, quindi da colui che li destituì da capi della Festa. Indossano ricchi co- stumi di foggia rinascimentale con i colori del rione di appartenenza e uno spadino con un’arancia conficcata simboleggian- te la testa mozzata del Tiranno. Il cambia- mento di inizio ‘800 non tolse però agli Abbà l’importante compito di appiccare il fuoco agli Scarli, la sera del martedì gras- so. E oggi fanno parte del Corteo Storico sfilando a cavallo o per mano del proprio Ufficiale adetto. Il Cerimoniale ha unito due epoche e permesso a due realtà al- trimenti contrapposte di coesistere. • La SCorTa d’onore deLLa mugnaIa Come si evince dal loro nome, la Scorta ha il compito di accompagnare la Vezzosa Mugnaia durante le sue uscite in pubblico e, durante la sfilata, resta al suo fianco intorno al cocchio dorato. La Scorta si presenta alla città la mattina del sabato grasso, poche ore prima l’uscita di Violetta. A passo di marcia, insieme all’Ufficiale suo Addetto, attraversa in parata il cuore cittadino fino a giungere nella Piazza Comunale ove incontrerà il Generale e il suo brillante Stato Maggiore. Deposta la Bandiera del Primo Battaglio- ne Cacciatori della Repubblica Cisalpina, assumere quella della Scorta (tricolore riportante il simbolo di Pich e Pala) confluendo così sotto il
comando del Generale. La componente, ufficialmente Gruppo Storico “Reggimento Primo Tricolore”, è di recente nascita sebbene Violetta non abbia mai dovuto andarsene in giro senza difesa. La Scorta ha semplicemente sostituito gli Armigeri di un tempo acquistando così una collocazione più adeuguata inerente al panorama ottocentesco della Festa. La divisa indossata dal drappello fu tra le prime dell’Eser- cito Italico e fece la sua comparsa ai tempi della Repubblica Cisalpina. Essa è molto particolareggiata e così composta: coccarda tricolore su berretto alto e nero, con fascia e pennacchio rosso, giubba verde con marsina e spalline rosse, risvolti e bottoni bianchi su camicia rossa, pettorina rossa con bottoni argenta- ti, colletto bianco con foulard nero annodato, sul petto due bandoliere bianche con giberna e sabro (spada a lama corta), calzoni verdi e stivali con ghette bianche e fiocco rosso. • gLI aLfIerI Gli Alfieri aprono la Marcia del Carnevale di Ivrea, portando le bandiere storiche delle Parrocchie (rioni cittadini). In passa- to tale compito fu per lungo tempo affidato a singole persone ingaggia- te casualmente dal Comune, ciò causava purtroppo una perdita della giusta importanza del suddetto ruo- lo. Così nel 1996 il Generale allora in carica, Paolo Bravo, a rispetto dell’ordine cittadino affidato da sempre a tale veste, incaricò un gruppo di giovani amici di ricoprire stabilmente il gruppo Alfieri. Il gruppo si impegnò al fine di riorganizzare la gestione del servizio di portabandiera rivalutandone così l’immagine. Due anni dopo il gruppo ha costituito l’Associazione Alfieri, rafforzando così la propria disponibilità ad aprire il Corteo Storico assicurando visibilità
onore e prestigio agli antichi vessilli e alle Parrocchie cittadine da essi rappresentate. Le bandiere sono un aspetto fondamentale dello Stori- co Carnevale di Ivrea. Non per altro una delle espressioni più usate è “Quando gli aranceri appendono le loro bandiere in città si alza il ven- to”. Ma ci sono altre bandiere che nei giorni di Festa sventolano nel vento donando colore ed entusiasmo e sono appunto quelle portate con fierezza dagli Alfieri. Come la maggior parte degli oggetti e delle cerimonie (se non proprio tutte) anche per le Bandiere rionali le prime notizie si apprendono per lo più dai Libri dei Verbali. In particolare il Ver- bale del 1899 focalizza l’attenzione sul rinnovo degli stendardi rionali ormai usurati. Ciò lascia ad intendere che i vessilli già esistessero nella seconda metà di quel secolo corrente. • I pIfferI e TamburI La storia che Pifferi e Tamburi possono van- tare è legata ai tempi di Emanuele Filiberto: era infatti altamente proba- bile che nel castello delle rosse torri risiedesse stabilmente una banda al servizio del presidio eporediese. La loro uniforme è storica e com- prende il Berretto Frigio al capo, corto alla francese, giubba rossa con collo e risvolti dei polsi verdi, bottoni metallici dorati, calzoni verdi con banda laterale rossa. Gli strumenti del complesso sono i piccoli pifferi, i tamburi e la grancassa (o timbala) ed è compito del Primo Piffero det-
tare gli attacchi mentre un tamburo maggiore si occupa del ritmo. Ogni suonatore di questa componente custodisce in sé l’amore per le nostre gloriose storiche tradizioni e la passione per lo strumento che suona. Questo è fondamentale altrimenti la magia non si compie! Competen- ze e amore sono stati spesso tramandati di generazione in generazione e molti dei suonatori di oggi possono narrare, attraverso memorie e fotografie, le avventure di genitori, nonni e bisnonni, risalenti a quando il gruppo non era ancora così numeroso. Si sbaglia a pensare che questi siano strumenti comuni, alla portata di tutti, di quelli che si trovano comodamente nei negozi. La fabbrica- zione dei pifferi e dei tamburi dello Storico Carnevale di Ivrea è un lungo processo che unisce tradizio- ne e innovazione, che sposa la cono- scenza del costrut- tore e la necessità del suonatore. La loro lavorazione ha subito nel corso del tempo mutamenti e miglioramenti grazie al progresso tecnologico ma le fasi restano comunque invariate. I pif- feri canavesani sono scolpiti nel legno di una pianta secolare chiamata bosso la cui stagionatura richiede ben cinque anni (o più). Altrettanti ne richiede la modellatura. Altri legni comunemente utilizzati sono l’ebano e il palissandro. E che dire dei tamburi? Gli amanti di storia troveran- no delle similitudini estetiche con quelli degli eserciti europei del XVI secolo ma in verità a ben guardare si può notare una corda sulla base inferiore. Questa accortezza trasforma il suono da muto a vibrato (il famoso ran-ta-ti-ro). Un’altra differenza apportata riguarda il cosiddetto affusto, cioè la parte di mezzo che separa la base inferiore da quella superiore. La calca nei giorni di Festa è risaputa: difficile tenere a bada
gli aranceri più combattivi e gli eporediesi più biricchini e ci sarebbe spesso il rischio che un povero suonatore se ne tornasse a casa con il tamburo a brandelli ...se non fosse che il legno dell’affusto di un tempo è stato appunto cambiato con l’ottone, molto più resistente! Il fascino di questa componente e dei suoi strumenti è innegabile ma quanti si accorgono che la melodia da loro suonata non è sempre la stessa? Delle 32 suonate (ognuna ha una collocazione precisa nel Ceri- moniale) componenti la colonna sonora dello Storico Carnevale di Ivrea alcune risalgono all’epoca napoleonica, altre sono marce militari dell’e- sercito sabaudo risalenti al 600-700. • I CIToyenS de La vILLe d’Ivreé Il popolo non poteva essere as- sente dal Cerimoniale, dopotutto il carnevale nasce come festa popo- lana. Ad oggi è ben rappresentato dagli Aranceri a piedi e dai Citoyens. Sono questi ultimi un “libero movimento”, nato nel 1999, costituito da eporediesi e ca- navesani che hanno scelto di indossare, nei giorni di Festa, l’abito dell’epoca rivoluzionaria (1759-1799) così da assicurare la legittima pre- senza del popolo sulla scena carnascialesca. Il gruppo non sfila nel Corteo Storico, pur assi- stendo a sfilate e cerimonie, ma partecipa atti- vamente solo ai momenti di Festa che ritiene più conformi al suo spirito individualista e liber- tario. Sono loro a portare in scena la cerimonia dell’Albero della Libertà, nella tarda mattinata del lunedì di Carnevale. Fra i vari punti su cui si fonda il loro credo, vi è la volontà di ribadire che lo Storico Carnevale di Ivrea nasca ben pri- ma del 1808, anno in cui ne fu redatto il primo Verbale. Gli interpreti dei Citoyens possono scegliere di essere contadini, popolani, borghesi, cortigiani, medici, militari o aristocratici purché lo stile dell’abito sia conforme alla moda in voga durante i moti libertari scatenati in Piemonte dalla Rivoluzione Francese. E corredato dall’immancabile Berretto Frigio.
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La goliardia La goLIardIa fi accolate, feste, balli ...e rapimenti tra luce e inchiostro le emozioni La goliardia è il tradizionale spirito che anima le comunità studen- fi accolate, feste, balli ...e rapimenti dello Storico Carnevale tesche, soprattutto universitarie, in cui alla necessità dello studio di Ivrea si accompagnano il gusto della trasgressione, la ricerca dell’ironia, il piacere della compagnia e dell’avventura. Tale spirito va a nozze col carnevale, soprattutto in quello Storico eporediese che dà l’e- silarante possibilità di portare in scena siparietti comici con i perso- naggi più auterevoli come Generale e Sostituto. A Ivrea la Goliardia è rappresentata dai due gruppi storici e rivali A.U.C. (Associazione Universitaria Canavesana s.a.s.o) e S.O.A.S. (Supremus Ordo Au- rei Scorpionis). I giovani di questi due gruppi sono protagonisti del Carnevale attraverso feste, balli, cortei e “rapimenti” in cambio di riscatti. Furono loro a dare il via alla tradizione della fi accolata in onore di Violetta, la sera della sua uscita, e ancora oggi aprono il Corteo con le fi accole. A capo di ogni gruppo vi è un Prefetto nominato la sera del mercoledì antecedente il Carnevale in presenza di Generale e So- stituto (il S.O.A.S. ha inoltre un capo fi sso, chiamato Principe). Come elemento di riconoscimento i goliardi indossano una feluca di diversi colori ornata di piume, merletti, spillette e stickers e si travestono con parrucche e mantelli.
L’emozione nelle piazze cittadine La baTTagLIa deLLe aranCe E’ questo l’atto più spettacolare dello Storico Carnevale di Ivrea. Cosa si può dire di un evento famoso in tutto il mondo? In verità c’è molto da dire. Sì perché se è la sua scenografia a renderlo un’attrazione di fama mondiale, un po’ meno nota forse è la sua motivazione stori- ca. La Battaglia si svolge nel pomeriggio degli ultimi giorni di Festa (domenica, lunedì e martedì) ed è sicuramente l’attrazione turistica più vincente del Canavese. Quella che si era creata e poi sviluppata come una festa fuori dai consueti ranghi fu introdotta nel Cerimoniale ufficiale e connotata da un contesto storico-leggendario. Fu quindi stabilito che i Carri da getto, per via della loro posizioni elevata e avvantaggiata, simboleggiassero le guardie del Tiranno e che gli aranceri a piedi rappresentas- sero il popolo in rivolta. Il succo delle arance che cola sui volti e macchia il pavè ben rispecchia il sangue versato in tutte le rivolte del passato, principalmente quel- la rievocata dallo Storico Carnevale di Ivrea. E non solo! Alla fine della giornata gli aranceri non sono quasi più distinti dai colori della casac- ca: il sangue versato per la battaglia rende tutti uguali. E l’uguaglianza è uno dei valori su cui si fonda il Carnevale eporediese. La prima Squadra nacque nel rione dell’allora nascente realtà olivet- tiana, era il 1947 e la Squadra, che prese il nome di Asso di Picche, aveva come divisa ufficiale proprio la tunica da lavoro delle officine! Seguirono subito Morte, Scorpioni d’Arduino, Tuchini, Scacchi, Pantere, Diavoli, Mercenari e Credendari. Vista la notevole parteci- pazione, le Squadre si sono costituite associazione forgiando i nomi con cui oggi sono riconosciute e preoccupandosi di gestire lo svolgi- mento della Battaglia e parte della sfilata del sabato sera, una volta esclusivo compito dei goliardi. Sempre di loro competenza sono gli addobbi della città: nelle settimane antecedenti ai giorni di Carnevale
ogni Squadra veste le pareti e i lampioni di Ivrea con gli stendardi e gli slogan riportanti colori, nome e motti della propria Squadra. • Come funzIona La Battaglia avviene nelle cinque principali piaz- ze di Ivrea in cui le Squadre, due per ogni piazza, eccezion fatta il Borghetto, che è tutto per i Tuchini, si confrontano con due Carri per volta. Lo scontro dura tre ore per giorno e vede la partecipazione di uomini e donne. I Carri (ad oggi oltre 50) che sfilano a turno nelle piazze ingaggiando la battaglia con le Squadre, sono accuratamente decorati e trainati da pariglie o quadriglie di cavalli e condu- cono non più di 10/12 aranceri addetti al tiro e protetti con vi- stose armature e maschere. Il loro arrivo è annunciato da un gran scalpitare di zoccoli sul pavè. Ancor prima di vedere con quanta ferocia attaccano, proverete un certo timore alla loro comparsa per via della terrificanti armature. Le maschere coprono l’intero capo e sono in cuoio con una grata metallica sul viso. Vederli arrivare da lontano, lungo la via, entrare in piazza e, al grido di “Maschere !”, calare sui volti quegli elmi vi farà tremare. Sono arrivate le guardie del Tiranno! All’attacco! Qualcuno si accontenta di attaccare da lontano ma i più spavaldi si avvicinano al carro e alzano lo sguardo in segno di sfida. In verità è proprio questa la zona più sicura perché da qui il tiro delle arance dal carro ha una lunghezza minore e quindi acquisisce meno forza. Inoltre è più probabile essere colpiti alla nuca che è il punto meno doloroso rispetto a occhi e naso. Ma c’è anche chi preferisce tirare da più lontano così da mettere maggior forza nel lancio pur col rischio di beccarsi un’arancia dritta dritta in faccia. L’obiettivo di ogni arancere a piedi è comunque lo stesso degli altri e si cerca di colpire le braccia delle guardie o la grata della maschera, non tanto per cau- sare dolore (l’imbottitura impedisce di sentirlo) quanto per ridurne la visibilità o comprometterne la respirazione.
Quello degli aranceri è un mondo molto vasto. Interessante da osser- vare per chi vuole assistere alla Battaglia, da dietro le reti protettive che ricoprono palazzi e negozi, senza prendervi parte. C’è chi si chia- ma per nome e ingaggia uno scontro singolo in nome dell’amicizia, chi porta la cassetta colma di arance per i compagni, chi non tira ma accompagna il gruppo con incitamenti d’ogni sorta, chi neanche in un momento così agguerrito riesce a staccarsi dal bicchiere di vino, chi non abbassa lo sguardo a costo di rimetterci la faccia e chi in- vece resta ben coperto dietro i compagni. Ci sono i veterani e sui loro volti potrai scorgere i segni di tante battaglie, ma anche i giovani con gli sguardi vivi dal desiderio di portare avanti la storia... e ci sono gli amanti che si baciano sotto un cielo di arance! Quando scende la sera, il pavè è ormai un soffice tappeto di polpa di arance e cen- tinaia di volti tumefatti e di colore rosso si ritirano nel bar (opportunamente coperti di cartoni e plasti- che) per un più che lecito ristoro fatto di bombardini e vino speziato. I casi più gravi sono portati via dalle ambulanze o ricevono assistenza nei tendoni della Croce Rossa ma i più se ne vanno a zonzo ben fieri dei lividi e delle ferite. Certo! Queste sono medaglie! Segno che si è combattuto duro, fino alla fine! • Le regoLe per IL TIranno La presentazione dei Carri da getto avviene la penultima domenica in una Ivrea già colorata da bandiere, coriandoli e palloncini. Ma prima che la battaglia si scateni, nei tre giorni di tiro, i Carri devono sottoporsi all’inquadramento. Un vete- rinario controlla che ogni cavallo sia provvisto di regolari documen- ti e in salute fisica e che sia stato adeguatamente ferrato. Anche il carro deve avere una regolare documentazione di “bordo” (collaudo statico, brevetti dei conducenti, documenti dei cavalli per l’ASL) e rispettare il regolamento della Fondazione riguardo alla sua sicurezza e alle protezioni degli aranceri che vi saliranno. L’ultima verifica riguar-
da l’alcool test eseguito su tutti i conducenti da parte delle Autorità di Pubblica Sicurezza competenti. Solo se superati tutti i controlli al carro è permesso entrare nella Battaglia. Come si vince la battaglia? Chi pensa che la Battaglia delle Arance sia un tiro continuo e confusionario di arance, senza regole si sbaglia di grosso. La premiazione, al termine dei tre giorni, avviene su specifici parametri e non certo per la Squadra che meno stramazza a terra, come qualche profano potrebbe pensare. La giuria che nei tre giorni assiste alla Battaglia assegna un punteggio ad ogni Squadra a piedi e ad ogni carro sulla base di: tiro – immagine – farplay (Squadre) – ca- valli – finimenti – guida – allestimento – tiro (Carri) Per ogni categoria, Squadre – Pariglie – Quadriglie, vincono le prime tre classificate. Esistono inoltre un Premio Combattività per ciascuna categoria dei Carri e un Premio Spirito del Carnevale per una Squadra a piedi. Piccoli aranceri crescono... Quel- la dello Storico Carnevale di Ivrea è una tradizione che ad Ivrea si tra- manda di generazione in genera- zione. I giovanissimi, fin da piccoli, ricevono da genitori, nonni e zii quelle preziose eredità legate alla storia del proprio popolo. Il tempo passa e i bambini di oggi sono gli aranceri di domani per questo ab- biamo molto a cuore la loro forma- zione. Due sono i settori giovanili che, alle porte del Borghetto e in piazza del Rondolino, danno modo ai più giovani di fare pratica. “Non siamo degli spreconi !” La Battaglia delle Arance è un evento tanto amato quanto discusso. La diatriba vede da un lato, nella parte degli accusatori, inconsci forestie- ri e attenti ecologisti, e dall’altra gli eporediesi, fedeli alle loro tradi- zioni, sostenuti da tutti gli aranceri che ogni anno giungono anche da
lontano per tuffarsi nella Battaglia. Una delle accuse è lo spreco. E, capite, visto il periodo di crisi che tutto il mondo sta vivendo, non è certo un’accusa da poco. La difesa tocca l’aspetto antropologico della Battaglia. Come tutte le feste di inizio anno che celebrano il ritorno della primavera, anche la Battaglia delle Arance di Ivrea si basa su un rito di buon auspicio che prevede lo spreco di un bene. Una sorta di esorcismo o di grande ottimismo: si attua cioè uno spreco per dimostrare la certezza di un anno rigoglioso, senza difficoltà economi- che. Da questo punto di vista il getto delle arance non è uno spreco gratuito, fatto in senso dispregiativo, ma è un rito della tradizione. La Battaglia inoltre punta l’attenzione sui valori dello Storico Carnevale. Al di là dei colori della Squadra di appartenenza, la polpa e il succo delle arance che cola sulle divise, rendono aranceri a piedi e sui Carri tutti simili rispecchiando il senso di uguaglianza e comunità tipiche della Festa. D’accordo. Ma con la crisi che c’è questi frutti non starebbero meglio sulla tavola di chi non ce la fa ad arrivare a fine mese? E poi, da dove arrivano queste tonnellate di arance? La Fondazione ci rassicura in merito: si tratta di arance ottime dal punto di vista alimentare ma tuttavia destinate alla produzione di marmellate e succhi, a causa di un calibro inferiore a quello richiesto dalla distribuzione. Esse sono coltivate da aziende siciliane e calabresi che ogni anno lavorano ap- positamente per lo Storico Carnevale di Ivrea e che proprio grazie ad esso avvertono meno la crisi perchè si è creato un nuovo settore lavorativo. Ma c’è anche un processo post-battaglia: a Pinerolo la so- cietà ACEA si occupa di separare gli scarti delle arance da altri rifiuti e, con un apposito processo, trasformarli in energia e compost naturali. E, se questo vi sembra ancora poco, sappiate che si è creata una
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collaborazione con Orange Fiber, la startup siciliana che crea tessuti lavorando la cellulosa estratta dagli scarti degli agrumi. tra luce e inchiostro le emozioni Inoltre, a dimostrazione che per noi il senso di libertà legato all’aran- dello Storico Carnevale cia non è solo tradizione ma anche futuro, è bene sottolineare che negli ultimi anni la Fondazione si è impegnata molto in ambito sociale di Ivrea ed ecologico per poter vantare una Festa “pulita”. Come rievocazio- ne di una lotta popolare contro il Tiranno, il Carnevale di Ivrea non può certo fare il gioco dei criminali. Per questo nel 2014 nasce il gemel- laggio con Libera, la realtà fondata da Don Luigi Ciotti che opera al fine di liberare la società dalla mafia per promuovere la giustizia. La collaborazione tra la Fondazione, le associazioni degli aranceri, Libera, la Prefettura di Torino e la Fondazione Benvenuti in Italia ha creato un protocollo di traccia- bilità della arance dal- la terra di produzione fino ad Ivrea. Le aran- ce della Battaglia sono finalmente libere da ogni criminalità e oggi lo Storico Carnevale di Ivrea può davvero van- tare delle arance col Berretto Frigio! “Poveri cavalli...!” Questa è un’altra pe- sante critica. Pensare che una città come Ivrea si diverta in una ma- nifestazione che arreca danno ai cavalli è una barzelletta ...che però richiede una certa cognizione di causa. Il binomio Ivrea/cavalli è tanto antico quanto il nome originario della città: Ypporegia, dal greco ippos (cavallo) e dal gaelico reda (carro). Ma ben più intimo e complesso è il legame tra cavalli e cavallanti. Li potete ammirare entrambi, a stretto contatto, mentre conducono Carri e personaggi attraverso le piazze e le vie, ma è impossibile cogliere l’infinito sentimento che li unisce. Il cavallante non è un semplice allevatore ma il curatore di un mondo unico, ricco di segreti e testimonianze ricevute in eredità dai familiari
che prima di lui ne curavano la prosperità. Certo non si può insinuare che valicare il teatro della Battaglia sia come una passeggiata nei campi, per i cavalli. Ma i loro cavallanti sanno cer- tamente come prepararli al meglio. E non si parla solo dell’aspetto estetico anche se è l’unico che sarete in grado di valutare quando i cavalli, suddivisi per pariglie e quadriglie, vi sfileranno davanti addob- bati e acconciati con colore ed eleganza. E non solo loro! In effetti la trasformazione estetica (e di sicurezza) subita da questi tamagnun che li trasforma da carri agricoli in veri spettacoli costa tempo, denaro e moltissima fantasia. E’ da sottolineare che uno dei criteri di valutazione per la premiazione finale è appunto il cavallo (al 45%) ...quindi non si scherza. Noi eporediesi siamo fieri della lunga storia che nel corso dei secoli ci ha uniti ai cavalli. Vi assicuriamo che da noi, nelle stalle delle famiglie di cavallanti, sono riveriti, accuditi con quanto di meglio offra il mercato e coccolati. Questa cura amorevole e antichissima è andata via via ad acuirsi nel tempo: una volta i cavalli non erano accuditi profes- sionalmente né preparati al meglio per l’esperienza della Battaglia. Ma da quando la Protezione Animali ha iniziato a presenziare stabilmente per i dovuti controlli Ivrea può vantar d’essere un fiore all’occhiello nella cura dei cavalli, precorrendo perfino le normative nazionali.
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