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Tra Determinismo e Aleatorietà

Published by M.A.P. SAPIENTIA, 2016-12-13 06:40:40

Description: Elena Maiullari


Intorno agli anni Sessanta avvengono dei mutamenti importanti nel modo di comporre e di intendere
la musica stessa: la dissoluzione dei concetti basilari che la definiscono avviene in modo
articolato e complesso. La prima avanguardia si affaccia sul panorama musicale europeo nella
seconda metà del XX secolo, stretta attorno a una comune constatazione: costruire un nuovo linguaggio
musicale partendo dal pensiero di Anton Webern, il cui lascito costituiva una preziosa
eredità destinata a fecondare la fervida ricerca di quegli anni, il variegato ed appassionante percorso
che attraverso molteplici direzioni, ha raggiunto traguardi sorprendenti e persino contraddittori,
arricchendo di contenuti quella che si chiamava ormai “nuova musica”.

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ELENA MAIULLARITRA DETERMINISMO E ALEATORIETÀConfronto tra diverse tecniche compositive emerse intorno agli anni Sessanta

© 2016 - MAP Editions Srl - MilanoP 2016 Published by MAP Editions Srl - Milanovia Monte San Genesio, 7 - 20158 Milano Italy - www.mapeditions.comEditor: Massimo Monti - Musicisti Associati Produzioni MAPGraphics: Roberto Capetti, Roberta ZanaboniStampato nel 2016 / Printing 2016Tutti i diritti riservati / All rights reserved / Printed in ItalyOgni riproduzione non autorizzata è proibita dalla legge.Any unauthorized reproduction is prohibited by law.





INDICEIntroduzione....................................................................................................................pag. 7PARTE PRIMA Cap. I Dal segno al suono: Boulez, Stockhausen, Xenakis.........pag. 11 Cap. II “Structures” di Pierre Boulez.........................................................pag. 15 “Gruppen” di Karlheinz Stockhausen........................................pag. 18 “Metastaseis” di Jannis Xenakis.......................................................pag. 22 Cap. III Considerazioni e confronti...........................................................pag. 27PARTE SECONDA Cap. IV Dal suono al gesto: Scelsi, Ligeti, Kagel.................................pag. 31 Cap. V “Quattro pezzi su una nota sola” di Giacinto Scelsi.......pag. 35 “Kammerkonzert” di György Ligeti..............................................pag. 37 “Anagrama I” di Mauricio Kagel....................................................pag. 43 Cap. VI Considerazioni e confronti...........................................................pag. 47PARTE TERZA Cap. VII Dal gesto al gusto: Cage, Maderna, Lutoslawskj...........pag. 51 Cap. VIII “Concerto per pianoforte” di John Cage.............................pag. 65 “Grande Aulodia” di Bruno Maderna.....................................pag. 72 “Quartetto d’archi” di Witold Lutoslawski......................pag. 79 Cap. IX Considerazioni e confronti.......................................................pag. 89 Cap. X Conclusioni...........................................................................................pag. 95Bibliografia.. ......................................................................................................................pag. 97



IntroduzioneIntorno agli anni Sessanta avvengono dei mutamenti importanti nel modo di comporre e di in-tendere la musica stessa: la dissoluzione dei concetti basilari che la definiscono avviene in modoarticolato e complesso. La prima avanguardia si affaccia sul panorama musicale europeo nellaseconda metà del XX secolo, stretta attorno a una comune constatazione: costruire un nuovo lin-guaggio musicale partendo dal pensiero di Anton Webern, il cui lascito costituiva una preziosaeredità destinata a fecondare la fervida ricerca di quegli anni, il variegato ed appassionante per-corso che attraverso molteplici direzioni, ha raggiunto traguardi sorprendenti e persino contrad-dittori, arricchendo di contenuti quella che si chiamava ormai “nuova musica”.Dopo la dissoluzione del sistema tonale, ed il successivo periodo dodecafonico, si stava concre-tizzandosi quel tipo di organizzazione nelle altezze chiamato serialità integrale, che partendodal presupposto di annullare qualsiasi gerarchia interna tra i suoni, lo portava fino alle estremeconseguenze, arrivando a sottoporre tutti i parametri allo stesso principio. Se Webern aveva sa-puto ridare purezza e cristallinità al suono, “pulendolo” da un sistema che ne funzionalizzava ilcontenuto, ora il pensiero musicale poteva partire da una materia sonora vergine, quasi elementoprimordiale che si poteva plasmare in qualsiasi modo.Lo scorcio di XX secolo che viene illustrato ci offre dunque la visione di quella corrente di pensie-ro che, partendo dalle posizioni weberniane, ha tentato di impostare la nuova musica attraversouna radicalizzazione dei contenuti proposti dal serialismo integrale, giungendo, se pur percor-rendo strade diverse, alla totale predeterminazione di qualsiasi scelta compositiva. Avendo persoil rapporto tra il suono e le dinamiche emotive, che sono comunque e sempre il risultato ultimodell’opera d’arte, il sistema ha tentato di uscire dalla sua paralisi imboccando una trasversale, cheda vicolo secondario si è ben presto rivelato essere la giusta direzione d’uscita: il parziale ingressodella casualità nel processo creativo, che ha sbloccato un sistema ormai saturo e allo stesso tempoha introdotto una componente catartica alla realizzazione dell’opera.Se da una parte lo strutturalismo entusiasmava i compositori riuniti a Darmstadt offrendo unaserie di opere che dimostravano la coerenza del serialismo integrale, in tutte le sue sfaccettature,dall’altra comincia a insinuarsi una certa sfiducia di tale metodo compositivo, che non riusciva asfuggire al rischio di una eccessiva saturazione, conseguenza dei suoi stessi presupposti. Eccodunque sorgere delle correnti di pensiero che si propongono come alternative allo strutturalismoe puntano l’attenzione sul contenuto sonoro più che sulle tecniche adibite al suo controllo. Lamassima considerazione viene data al timbro, indagato nei suoi molteplici aspetti e ricreato conmodalità nuove. Nascono nuovi parametri e si riconsiderano quelli tradizionali sotto una nuovaluce, si ampliano le modalità di scorrimento del tempo e il concetto stesso dello spazio sonoro chelo contiene. Si allargano inoltre gli elementi considerati materia musicale, ammettendo così sono-rità nuove, emissioni inusuali, timbri impuri e perfino rumori di varia natura. Viene dunque pri-vilegiato il gesto sonoro, inteso come esito di una certa modalità di scrittura dell’evento sonoro,frutto di una serie di ricerche timbriche derivate appunto dell’ampliamento del concetto di suono.Analizzeremo alcune opere significative di queste tendenze emerse intorno agli anni Sessanta,individuando per ciascuna i punti di continuità e di innovazione rispetto alla corrente che larappresenta. Tra le opere appartenenti allo strutturalismo viene presentata Structures di PierreBoulez, Gruppen di Karheinz Stockhausen e Metastaseis di Jannis Xenakis, che rappresentanodiversi modi di intendere lo strutturalismo stesso.Di contro ci avvicineremo a quei compositori che in qualche modo ne rappresentano l’alternati-va, pur distinguendosi enormemente gli uni dagli altri. Vedremo dunque Quattro pezzi su unanota sola di Giacinto Scelsi, il Kammerkonzert di Ligeti e Anagrama di Mauricio Kagel, ciascunoProprietà per tutti i paesi: Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) 7 Copyright 2016 by Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) Tutti i diritti sono riservati - All rights reserved

esponente di un diverso modo di intendere il suono complesso. Proprio queste opere, dapprima considerate una risposta alternativa alla corrente dominante, diventeranno le più influenti nel pa- norama musicale di quegli anni, aprendo direzioni compositive che faranno scuola, indirizzando a loro volta le generazioni successive. Parallelamente alla direzione di pensiero che, partendo innanzitutto dalla sensibilità per la ma- teria sonora e privilegiando in seguito l’aspetto gestuale della musica, arriva a contemplare tecni- che compositive differenti e, per certi versi, complementari a quelle seriali, comincia ad insinuarsi verso la metà del XX secolo una mentalità nuova sul panorama musicale europeo, che non esite- remmo a definire opposta alle teorie dominanti. Si tratta di una corrente di pensiero che per la sua forza innovativa e per la sua profondità di significato, si estende immediatamente in diversi ambiti artistici, ma prima ancora è una rivo- luzione ideologica, una mentalità, appunto, applicabile sia alla semplice quotidianità che al più complesso meccanismo creativo. Questa ventata innovativa, che più tardi si classificherà come aleatorietà, giunge dalle terre d’oltre oceano in un’Europa che si ergeva a detentrice del sapere, e che si stringeva attorno al santuario darmstadtiano come a voler perpetrare l’unica verità assoluta del mondo musicale. Nel fervido clima degli anni Cinquanta, la dodecafonia aveva già assoldato, e poi congedato, i suoi adepti, e ora il serialismo si apprestava a fare altrettanto, riunendo annualmente schiere di sostenitori per inneggiare alla Neue Musik. Simpatizzanti, gregari e condottieri, per quanto sinceramente devoti ad essa, non potevano però evitare di superare quel punto di non ritorno che si stava raggiun- gendo con l’applicazione totale del serialismo a tutti i parametri del suono: lo stesso rigore che accompagnava le imprese dei più valorosi stava volgendosi al suo opposto, fino a far apparire un processo iperrazionale poco dissimile da uno improvvisativo, a causa di una saturazione interna che ne travisava gli stessi presupposti. Mentre tutto questa stava maturando, sotto gli occhi inconsapevoli degli stessi sostenitori, troppo imbrigliati dall’entusiasmo iniziale per poterne prevedere gli esiti, si stava avvicinando dalla lon- tana California un pacifico signore dai modi gentili, che avrebbe rivoluzionato l’intero panorama musicale europeo, e non solo. L’uragano John Cage stava per compiere il più profondo e radicale cambiamento nella storia del XX secolo, tale da mettere in discussione sia il concetto di musica che i suoi razionalissimi pro- cessi compositivi. La portata di tale rivoluzione è così ampia che arriva a toccare diversi ambiti, ricostruendo l’universo sonoro dalle basi e ridefinendo il concetto stesso di musica, ivi compreso il senso della creazione e quello della fruizione musicale. Se dovessimo sintetizzare in una parola l’elemento portante di tale rivoluzione, potremmo usare il termine “libertà”, inteso in tutte le sue sfaccettature, applicato in tutte le sue accezioni, e allar- gato a tutti gli aspetti dell’ascolto. Libertà dalla ristretta definizione di suono, dato che suoni e rumori erano considerati con pari dignità, libertà dalla destinazione timbrica, dalla tradiziona- le notazione sul pentagramma, ormai incapace di restituire la ricchezza delle nuove possibilità compositive, libertà dalla misurazione metronomica, che non soddisfa più i molteplici tipi di scorrimento temporale, libertà dalla disposizione delle sezioni, che non devono necessariamente susseguirsi e perfino comparire; libertà insomma da tutte quelle categorie ormai cristallizzate da secoli, senza esclusione di quelle relative al ruolo dell’interprete, e perfino dell’ascoltatore, che da semplice fruitore viene elevato a soggetto principale, ricostruttore in prima persona di quel messaggio musicale che l’autore si limita ad innescare e l’interprete a suggerire. La rivoluzione cageiana, avvenuta gradualmente all’interno di un arco temporale di oltre mezzo secolo, è caratterizzato da tappe progressive verso la conquista delle libertà sopra enunciate, de- tentrici ciascuna di una vera e propria emancipazione del linguaggio musicale. Ricordiamo che la formazione di Cage si avvale di un’ampia stimolazione culturale, che comprende sia il nozio- nismo occidentale, è stato infatti allievo a Los Angeles di Schönberg, sia il misticismo orientale, conferitogli dallo studio appassionato delle dottrine orientali.8

Decisivo per la messa a punto della poetica del caso, per la presa di coscienza dei procedimentidi indeterminazione, è l’incontro con Suzuki, maestro di buddismo Zen, dal quale Cage trae unanuova maturità del suo fare musica, sganciandosi sempre più dal soggettivismo di matrice eu-ropea, il quale chiede alla volontà dell’Autore (sempre con la maiuscola) di stabilire ogni aspettodel suo prodotto, specchio del proprio Sé. Non dimentichiamo che Cage è nato a Los Angeles, equindi guarda non all’Atlantico ma al Pacifico, alla Cina, al Giappone, all’India e alle loro tradi-zioni spirituali, la cui questione fondamentale non è quella del volere ma, all’opposto, quella disganciarsi dalla propria volontà.Come le dottrine Zen insegnano, ogni suono, come tutte le cose, non ha soltanto una propria vitaautonoma e indipendente, ma è, allo stesso tempo, il centro di un’entità capace di recepire il tutto,un veicolo, insomma, più che un arrivo. La musica di Cage, non finalizzata ad un prodotto fina-le, reclama la sospensione di ogni giudizio di valore, definendosi come accadere sperimentale, icui risultati non sono prevedibili in una prospettiva immanente, ma esprimono una liberazionenon solo dei suoni dalle ristrette maglie della tradizione, ma anche e soprattutto degli individui,alienati da ruoli rigidi e invalicabili. Un involontario ma esplicito significato politico, emerge trale righe di questa corrente di pensiero, che assume i connotati di appello, di auspicio, o utopia, diun mondo liberato dalle dittature e dagli sfruttamenti, anche se sostenuto da tradizioni secolari.La casualità rende possibile ogni cosa e tutto sopporta in una tolleranza democratica, non solofra suono e suono, anarchicamente liberi da ogni impostazione legislativa, ma anche fra suono erumore, gesto, parola, azione etc. Nella mutua indipendenza fra gli elementi si pone il modelloutopistico di un mondo privo di conflitti: l’eliminazione delle differenze segna l’abolizione tec-nologica della divisione del lavoro. Nell’ambito della poetica dei suoni concreti e dell’appropria-zione di essi da parte di persone non specializzate, nell’apertura comunitaria a godere del suono,Cage mostra interesse, fin dal 1952, per l’happening event, ponendo l’accento sul coinvolgimentocollettivo della performance: “Un happening è migliore nella misura in cui è maggiormente as-similabile alla vita”.Per meglio capire i diversi aspetti di questo complesso fenomeno, cercherò prima di definire ilconcetto di alea, e poi di individuarne le caratteristiche salienti nell’estetica di Cage, innanzituttoper valutarne la carica innovativa e, in un secondo momento, per metterle a confronto con il climamusicale dominante.Sarà ancora la vecchia Europa a stabilire come assimilare le nuove conquiste americane, cosaassorbire e in quale modalità, filtrando il pensiero cageiano attraverso il proprio passato: diversesaranno infatti le sfaccettature in Francia, Germania e Italia, e variegati gli esiti a livello di pen-siero compositivo, in ragione delle diverse culture e modalità di ricezione di ciascun paese. Sisviluppa così un panorama eterogeneo e interessante, del quale ci soffermeremo in particolaresulla produzione intorno agli anni Sessanta.Nei capitoli seguenti prenderemo in considerazione una significativa opera di ciascuno dei com-positori citati scritta intorno agli anni Sessanta, per mettere a confronto gli esiti di differentitecniche compositive; osserveremo dunque quanto varie possano essere le soluzioni esteticheproposte che, se pur sviluppatosi intorno al pensiero weberniano, dimostrano di percorrere stra-de autonome e coerenti. Alle analisi seguirà una comparazione che ne metterà in confronto letecniche compositive, i materiali sonori e gli esiti formali, esposti in una serie di tavole sinottiche,a cui seguirà un breve commento conclusivo. 9



PARTE PRIMA Capitolo I Dal Segno al Suono:Boulez, Stockhausen, XenakisL’ebrezza dei compositori del secondo dopoguerra, che si riunivano a Darmstadt nelle estati diogni anno, aveva il sapore delle scoperte sorprendenti, l’entusiasmo, la freschezza e forse l’inge-nuità, di chi si sente ad una svolta epocale. I giovani Boulez, Stochkausen, Pousseur, avvertivanoil fascino incommensurabile del singolo suono, liberato dalle maglie di una secolare tradizione, elavoravano assiduamente alla ricerca di una serialità basta sul principio della variazione perma-nente, della non ripetizione. Ampliando i principi del pensiero seriale, essi applicavano gli stessimeccanismi che presiedono dall’organizzazione delle altezze a tutti i parametri del suono: dura-ta, dinamica, attacco e timbro. I pionieri della nuova musica costruivano così un mondo sonorocompletamente controllato e rigorosamente predeterminato, che giunge a scardinare quindi laquasi indiscussa superiorità dell’altezza sugli altri parametri, finalmente riammessi ora con paridignità all’olimpo del suono.L’emancipazione di aspetti prima considerati inferiori porta conseguenze che arricchiscono mol-to la sfera del pensiero musicale, arrivando a riconsiderare il significato di alcuni parametri, egiungendo addirittura ad inventarne alcuni. La durata, prima sottoposta alla rigida regola dellasuddivisione, viene ora costruita molto liberamente, accostando arbitrariamente valori multiplidell’unità, o sottoponendo il suono a tecniche di accumulazione o disgregazione di discendenzaextraeuropea.Il tempo, prima scandito in modo univoco e unidirezionale, diventa anch’esso materia da orga-nizzare: le durate possono essere dunque decise con fredda automaticità, accostate con assolutameccanicità, e perfino sovrapposte in strati indipendenti, dando vita così una più ampia e artico-lata concezione del tempo, inteso quindi come entità capace di ospitare diversi possibili percorsi.Determinante è l’apporto di Olivier Messiaen, esponente più autorevole della corrente struttura-lista, che con i suoi trattati pone delle solide basi al serialismo integrale, legittimando sul pianoteorico i presupposti su cui esso si basava.Nel suo trattato “Technique de mon langage musical”1, Messiaen espone i diversi tipi di notazioneritmica, ciascuno adatto ad un particolare genere di musica: menziona le tàlas della cultura indù,basate sulla reiterazione o sottrazione di una semplice cellula, il canto greco, dipendente invecedai piedi ritmici stabiliti dalla metrica, e la melodia del canto gregoriano, esempio di musica nonmisurata ma, allo stesso tempo, perfettamente regolata da una sofisticata notazione.Un’ampia trattazione dell’argomento, viene affrontata nel capitolo I del suo Traitè de rythme, decouleur, et d’ornithologie (1949-1992), in cui illustra i procedimenti di aumentazione o diminuzio-ne che sono alla base della costruzione ritmica. Ad una certa durata, si può sommare un valoreuguale, una parte del suo valore oppure un silenzio, considerato parte integrante della musica, al1  Il trattato di Oliver Messiaen, Technique de mon langage musical, pubblicato a Parigi nel 1949 con intento prettamente didattico, sarà ilpunto di riferimento per capire le modalità di applicazione del suo pensiero alle sue stesse composizioni, alle quali, per altro, egli faceva spessoriferimento nei suoi storici corsi al Conservatorio. Proprio grazie alla notorietà di questi corsi, il suo pensiero contò decine di adepti e si diffusein modo capillare tra i musicisti di tutta Europa. La più autorevole ristampa dell’opera Technique de mon langage musical, è a cura dell’editoreAlphonse Leduc, Paris 1966, pag, 6.Proprietà per tutti i paesi: Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) 11 Copyright 2016 by Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) Tutti i diritti sono riservati - All rights reserved

pari del suono. La moltiplicazione dell’unità di base potrà creare una vasta possibilità di figurazioni ritmiche, classificate in due grandi categorie: i ritmi retrogradabili e quelli non retrogradabili2 . Pur su- bendo procedimenti di contrazione di valori brevi in uno lungo - che egli chiama coagulation - o al contrario, di scioglimento di un valore nelle sue costituenti - che chiama monnayage - i ritmi non perdono la loro non-retrogradabilità. Questi processi si possono applicare all’intero ritmo o a parte di esso, creando così effetti di accelerando o ritardando generati dalla perfetta esecuzione del ritmo stesso. Altro procedimento esposto nel suo trattato è la permutazione dei ritmi: la possibilità di cambiare la successione delle singole figure all’interno di un ritmo. Posta quindi una serie di cifre, corri- spondenti al numero di pulsazioni per ciascun valore, la permutazione3 consiste nel cambiare la sequenza delle cifre creando un ritmo diverso, pur se costituito dagli stessi elementi. Proprio questo meccanismo è alla base della costruzione ritmica di Mode de valeur et d’Intensi- tés, del 1949, in cui Messiaen utilizza per la prima volta la permutazione simmetrica delle durate. L’opera, che ebbe una grande risonanza per l’applicazione dei meccanismi di serializzazione in- tegrale ai parametri di altezza, durata, attacco ed intensità del suono, utilizza appunto la per- mutazione di quattro durate diverse (semicroma, croma, croma puntata e semiminima). Mentre procedono le ricerche per sottrarre il ritmo alla regolarità della battuta, nell’opera troviamo anche la presenza di suoni estremamente lunghi, la cui durata non è divisa in segmenti più corti. La sensazione immediata che si ha dall’ascolto, è una sorta di “sospensione” del tempo, come se il suono avesse una dimensione propria non sottoposta alla rigida scansione del metro. Anzi, si do- vrebbe parlare di tante dimensioni quante sono i tipi di strutture ritmiche che Messiaen utilizza contemporaneamente, secondo meccanismi di accostamento e sovrapposizione. Per quanto complessa questa tecnica, la percezione delle diverse fasce di tempo risulta chiara pro- prio in virtù della differenza tra ognuna. Con Messiaen, quindi, la percezione arriva a dilatarsi, concependo direzioni e modalità di scorrimento temporale fino ad allora sconosciute: accanto al flusso regolare, la sua musica ci propone altri tipi di organizzazione degli eventi. Sorge di conseguenza il concetto di spazio sonoro come luogo in cui si dipana la materia musi- cale, o meglio le fasce temporali in cui essa scorre, spazio che si modella in base alla loro stessa conformazione. Lo spazio si estende non solo in base alla successione degli eventi sonori, ma an- che alla loro distribuzione: accostamento, sovrapposizione, aggregazione, intreccio, sono i nuovi parametri con cui si misura il suono, sottoposto ora a principi costruttivi prima sottovalutati o addirittura ignorati. Si fa prepotentemente avanti l’idea che lo spazio sonoro sia il luogo in cui avvengono le proiezioni di entità sonore, tanto mobili e fluttuanti quanto più la ricerca composi- tiva diventa sofisticata. Il vecchio concetto di struttura come contenitore di eventi, che aveva pur saputo rimodernarsi nella storia, assumendo le più svariate forme, va in pensione, sostituito da una idea di forma in divenire, frutto dell’incessante movimento della materia sonora. Cosa ne deriva da una siffatta idea di spazio musicale? La prima risposta è l’attenzione alla densi- tà del materiale musicale, responsabile in prima istanza della strutturazione dello spazio stesso. Un altro nuovo parametro emerge dunque nella nuova musica, quello che regola la distribuzione della materia musicale, che guida la decisione di azionare o meno un evento nuovo, che dispone le modalità per la sua comparsa, per la sua conduzione e quelle per la sua dissoluzione. Il nuovo linguaggio dunque si autoalimentava, riuscendo a secernere modalità e meccanismi organizzati- vi con una logica ferrea e disarmante. Primi frutti di queste premesse sono Polyphonie X (1951) e Structures per due pianoforti (1959-63) 2  Ai primi appartengono quelli che restano invariati anche se letti al contrario, ai secondi tutti quelli che non possiedono questa caratteristica. Perché sia retrogradabile un ritmo deve essere simmetrico, avere cioè un centro, rappresentato da uno spazio tra due valori uguali, attorno a cui si dispieghino le due metà; ne consegue che il ritmo retrogradabile sarà costituito da una sequenza di valori costituita da numero pari di pulsazioni, mentre quello non retrogradabile sarà generato da un valore aggiunto che ne impedisca la simmetria. 3  Il criterio per lo slittamento delle cifre, che resta uguale per tutte le permutazioni, è quello di iniziare lo spostamento dal centro (partendo quindi dalla terza cifra, a cui segue la seconda, passando poi all’ultima e terminando sulla prima). In questo modo dopo solo tre permutazioni si ritorna all’originale, riducendo il materiale compositivo, ma assicurando una certa varietà alla costruzione ritmica.12

Capitolo IIStructures di Pierre Boulez (1952)L’opera di Pierre Boulez si è dimostrata essere il motore del fecondo pensiero postweberniano, delquale egli ha colto la purezza e cristallinità del suono, spogliato da ogni sistema che funzionaliz-zava inevitabilmente l’essenza; restituito alla sua primitività, il suono si presentava quasi comemateria vergine, pronto a ricominciare una nuova vita. L’intento di Boulez era quello di radicaliz-zare il pensiero seriale giungendo alla totalità del controllo dei vari parametri del suono, prontoora a ricevere con rinata purezza qualsivoglia sistema organizzativo.Scritto nella metà degli anni Cinquanta, Structures per due pianoforti, rispetta in modo rigorosole leggi il serialismo integrale, dimostrando come si possa sottoporre la materia sonora ad unradicale e coerentissimo controllo dei dettagli. Il brano, basato su una serie tratta da Mode devaleurs et intensités di Messiaen, è costruito in modo da applicare ai suoni scale di dodici livellidinamici (anche se in una successiva revisione della partitura vengono ridotti a dieci), dodici du-rate, e dieci modalità di attacco. Il compositore spiega il suo scopo in questo lavoro:“Ho voluto sradicare dal mio vocabolario assolutamente ogni traccia del convenzionale, se si trattava difigure e frasi, o lo sviluppo e la forma, poi ho voluto poco a poco, elemento dopo elemento, riconquistare levarie fasi del processo compositivo, in modo tale che potrebbe sorgere perfettamente una nuova sintesi, unasintesi che non sarebbe stato possibile se corrotta fin dall’inizio da stranieri reminiscenze organi-stilistichein particolare.”1Da qDuaeqstuaesstearieseèriedeèsudnetsaunutnaaumnaatmricaetrnicuemneurmicaercicoamcpormenpdreenndteenlateselarieseorireigoinraigleinaeleuneduicni diciDatrqaustpersoatssaipzsoieosrniizieioècnhdieecshiuneniztiiaannuizoniaanamotuaatrrnitocuerndnoaumdciaearsiccciuaanscacoumnnpaortaenno(dtmaena(ttmreiclaeatrsioceerriigeoinorairglieign=ianlaeOl=e). eOlou).nsdltoeicsissttoerassspoo-sizaiovvniaievcnvheieeDanianepiqzaauireatspinrtaaeorstadieraretieull’driènnadvollee’isdrnusavnioetcanrisaeuinsocadnueemnllaaadtreincsleloeatrnaiuesm(emoreirreaiicgtaroinicrcaioeglmeionp,rariielngeni,dnmeiannolteedmol=aodOsdeao)r.iefLdooaorrmigsfotianerrasmelseaouernaeuvanuvdsniiceeainceosneadcpoaanrdtairedamll’aintmrviceaertsrdiitcoriaensdepdooiddsdiieczoilioldsanieicsriceihesreei(ermiineoiazr(itaimrgincioaentraaiincletevu,erinirnnosvaemd=rasoIa)dc:=ioa(snIcd)eu:anl(leanfoetnralolmebtaeatalr(lembeeaiutlrlnneicuaeimnsoeeruircgmioindenaardlei a1=damaO)1a1. t2alroisc1sie2terdisfsesiiorrdisifocedoriinscociosneories(merraiisetrpsiercoitesptpivirenaaatvmtevievsverpiaesnmonatee=setaanaI))tl:.lpee(anarnteliorlleelteendtaodaltelb’eilnelavdleleserlseliiaorninesueesmrdoieeepllrarsiaosdpearrsaiep1oeoassri1tpga2ion)s.astilear,)i.ifnermisocdoondoarfiosrpmeatrteivuanma esenctoenadlale note della matrice di dodici serie (matrice inversa= I): (nelle tabelle i numeri da 1 a 12 si riferiscono rispettivMamaetrnMicteaetarOilcleenOote della serie sopra esposta). MatrMicaetrIice I1 21 32 43 54 65 M7a6trice87O 98 190 1110 1121 12 1 71 37 130 1120 912 29 121 611 46 84 58 52 82 481 542 365 4161 5 1116 917 1982 9312 1730 111701210 117173101 3111110001 1102711120192M9117a1289tric6891e121I 23 42 43 142 218 482 598 6 190115101 659 1762 3172 7 11121011 7 111020 1712 7 171116116 564 4161861 5661412 4 5961228 35 5 84 43 253 824 198 6111 7110 12710117 31 3152 3 29 4 52 85 2 54 2192 8 3129 6310 1651 41 24 7 993 2 89 5 188 1305 65 864 985 2192 81102 9 410121413 7161 1271 132 1013 7 1 1120 91122 7191 116116 565 453 1940 8810 1 28 4 722 37 13 16 161 9151 1962 81102 9310 1253 10754 1711 781 248 3 24 1 2 912 899 1681 6 56 5 454 3410 1832 2212 7 12 3 1111 1101 710 7 29 61186121 461146122 5 341421840813402312 2181178202 87257212 41157781 115101475191101541017637 17 11076 311101 19430 31542 41015153 211151 8227 81182 186122 4 96 2 9 121 3 95 69 6 6 9 4 110 31 38 98 598 659 5161 6711 1127 7 1222 111022 14100 414 1 31 3 3 119 192 6192 16112 6711 1171 7 81 1 1808 31100 353 525 2 42 4 4 66 556 995 8 89 2 281 1211 1411 3411 1234 7 13210 712 170 1010 310 7310 173 721 182 2 1828 41212 544 5151 19111 9 69 6 6 44 334 223 1 12 7 7111 1751 51101 11520 8 11206 8129 68 96 911 711 17211 11702 13120 1430 3 64 4 166 211 292 959 5 85 8 8 88 28 552 4 45 3 3410 1390 9110 719 6 71 126711 162 1112 1112 1102 111102 71110 1171 721 1 92 2 399 433 464 686 8 58 5 5 55 445 884 2 28 1 127 716 637 1360 9 1301191012 191 1121 121  Pierre BouleLz,ePednusaeremlaamtruicsiicasoogngoi, Eiimnapuiedig, aToterinpo,e1r97d9e, tpeargm. 6in1 are tutte le durate, le dinamiche, i modo 15 Le dLueeddmu’eaatttamrciccaiot,rsiconinonoscohniémopl’iioemrgdpianietegainpteecrupideesrtoendroemteiinnrtamroriednoatttrueetteletult4ete8 dlsueerraidetuer,dai lteed,udrlaienteadmnineicallh’minetie,crhaiem, oi dmoodo d’attda’accttoac,cPorcmonCopproo,iopenstyànrcizipghoieohréntnt2cue0th.t1li’é6oi pbraydelM’isoni:ureMsdicuiinssiinteciiAstsicsiAnoucsisiaotccisiuPaotriionPdruosozodiounniznioioMtnrio.AiMnd.P.toA.r-ot.PtVde. i-aoVMtiltaeeoMnteo4lnSe8taenSG4asne8enGeresienisoee,s4irodi-,ei4M-idlMdauniiolraa(ndMotueI()MraIn)teell’ninetlel’rinatera comcpoomsipzPoieosrniqzeuio.annteo. riguarda le duTruatttei i, dviireitntiesoinnotrroisdeorvttaati -uAnlal rsigehrtiseredsie1rv2edvalori ricavata moltiplicando PerPqeuraqnlautoabinrsictgoruoramigradupaaerlredcaidasulecruadntuenr,uavmtieee,rnoveideeinnllaterosinedrtoireot:tdaouttnaausneariesedriie12div1a2lovrai rloicrai vriactaavamtaoltmipolilctiapnlidcaondo

Le due matrici sono impiegate per determinare tutte le durate, le dinamiche, i mod’attacco, nonché l’ordine in cui sono introdotte le 48 serie di durate nell’i d’attacco, nonché l’ordine in cui sono introdotte le 48 serie di durate nell’intecomposizione. composizione.PlPLnalPeoeaernbedrcbqiruhsquiesqécaucmunlra’orotaaoornmtdnmrtriiotinacogaieurspriiapoignergneducruorauaaciiclrmerisidadaopdansasiueoccrgllueaiueanttnneteddr, opnnuvudeiuurreoraanmmtdttteeeeeeeit,l,nreerovtrov4rmioi8ededdisnneneoeaeltrellrtliaaeaeiindntsusutientrterdoatroeruidesidrleeoea:or:ttidetetautnadreuailtul1ne’i2n,naltaveesardlseaoierncriioaremirmeidcpiacidovhs1iaeitz,21aiio2lvmnmaevo.ollaotdilrpooilidrrcii’aacrntaitdcavocaacvlota,aatma omltoipltliicpalincbiscroma per ciascun numero della serie:   qq qq__ qq .. qq __ hh hh__ h _h _ h _h _ h .h .11 22 33 44 55 66 77 88 99 1100 1111 1212LLLaaassesreieerirdeieeldldeee1l2lleledi11n2a2mddiicinnhaeamèmliaiccshheeeguèèenlltaae: sseegguueennttee::Il loro ordine, all’interno deqqluul’aaossiipera,è determinqauqautsaoisi d alle diago n ali della matrice O per il e11da que22lle dell3a3 mat4rice I p5er il pf 626: 77 88 99 1010 1111 1212Il loro ordine, all’interno dell’opera, è determinato dalle114d4iagonali della matrice O per il pf I,Iqleuleodlraloeqoduredellilalneem,daaetlllrl’aiicnemtMeIarpantreotircrdieicleIelplp’foe2pr:0eirlap, fè2d:eterminato dalle diagonali della matrice O perMil apftrIi,ceedaI 7 12 2 Matrice 0 9 7 Matrice I 62 7 6 172 25 92 62 81 9 171 1 92 83 81 67 11111 3 115 3 2 8 3 127 55 2 2 12 12 779 151 2 612 8 9 11 68 6 6 1111 98 98 77 1 1 21 21 77 33 2 32 31122 22 5 57 7 Dieci modi d’attacco stabiliscono invece il timbro del suono:  DDieiecicmi omdiodd’aitdta’cactotastcanbcoiolrimsscaotanleobiilnisveccoenilotiminbvreocdeelislutoimnob: ro del s uono: 101 2  3  4 normal5e  6 7  8  9 10123 4 56789Il loro ordine è dato dalle diagonali di O per il pf. 1 e dalle diagonali di I per il pf. 2:Il loro ordineMèatrdicaeto0dalle diagonali di O per il pf. 1 e dMaalltericdeiaI gonali di I per il pf. 2:16 86 19 Matrice I 1 2 Matrice 0 11 9 916 1 28 6 17 6 12 7 1168 63 1 95

CAPITOLO IIICi apprestiamo in questo capitolo a mettere a confronto le opere analizzate seguendo una grigliacomune, che ne sintetizzi le caratteristiche in modo da poterne cogliere le peculiarità e le diffe-renze. Per ciascuna opera verranno riportate la tecnica compositiva che l’ha generata, in riferi-mento alla corrente di pensiero a cui essa appartiene, il modo di distribuire gli eventi nel tempo edi collocarli nello spazio sonoro, quasi descrizione grafica della partitura, e infine l’esito formalea cui esse giungono, il modo cioè in cui si articola la struttura complessiva.Pur consapevoli della riduttività di tale sintesi, mi è sembrato utile utilizzarla per poter operareun confronto parallelo, e cogliere facilmente gli aspetti principali di ciascuna opera.“Structures” di Pierre Boulez per due pianoforti a 4 mani (1952)TECNICA COMPOSITIVA Costruisce una matrice con la serie O e le sue 11 trasposizioni par- tendo da ciascuna nota e un’analoga matrice con la serie I e le sue 11 trasposizioni. Applica le stesse matrici ad una sere di 12 altezze, 12 durate, 12 intensità e 10 modi d’attacco; la scelta di quale altezza, durata e intensità utilizzare è determinata da due diagonali tracciate su ciascuna matrice, mentre per i modi d’attacco usa diagonali sim- metriche alle precedenti.COLLOCAZIONE L’ordine con cui vengono utilizzati i suoni (secondo le modalitàEVENTI SONORI sopra esposte) è stabilito da una tabella che incrocia le possibilità della seri O e I, comprese le rispettive retrogradazioni, all’interno delle due sezioni del brano, in modo che le altezze e le durate di ciascun pianoforte non saranno mai scelte con lo stesso meccani- smo.ESITO FORMALE La lunghezza delle sezioni e delle sottosezioni sono decise da un’ulteriore sequenza numerica, scelta però usando una diagona- le diversa tratta dalla matrice O e dalla matrice I. Il brano termina quando si esauriscono le applicazioni su tutti i parametri delle serie determinate dalle modalità sopra esposte.Proprietà per tutti i paesi: Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) 27 Copyright 2016 by Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) Tutti i diritti sono riservati - All rights reserved



PARTE SECONDA Capitolo IVDal Suono al gesto: Scelsi, Ligeti, KagelPrenderemo ora in considerazione la tendenza opposta, quella che invece non si è mai fatta incan-tare dalla potenza del pensiero razionale, che non si è mai fatta irretire dal feticismo, poi scivolatonel misticismo, dei numeri, ma che al contrario ha cercato di salvaguardare l’aspetto materico delsuono.Pur partendo dalle stesse premesse, questa corrente di pensiero ha posto come concetto basedel comporre l’essenza meramente acustica del suono, non intesa come materia da indagare eriprodurre con tecnologie elettroniche, ma come elemento da plasmare, sfruttandone tutte le po-tenzialità intrinseche. Di qui l’attenzione posta innanzitutto al timbro, che diventa il parametroprivilegiato rispetto agli altri, in particolare rispetto all’altezza, considerata come stimolo e noncome condizione essenziale del messaggio artistico. Svincolata dall’ iperrazionalizzazione delprocesso creativo, la materia sonora si arricchisce di sfumature insite nella sua stessa natura,sfumature che il compositore deve solo riuscire ad evidenziare, senza tentare di ricreare elettro-nicamente, e nemmeno senza l’illusione di poterlo controllare completamente, data la complessitàe la mobilità dell’essenza del suono. Indagando la natura fisica del fenomeno acustico, è possibileancora lasciarsi incantare dalle mutevoli metamorfosi del suono, e, in secondo luogo, provare aproporre un’idea compositiva che ne esalti l’essenza.Determinante, a tal proposito, è stato l’apporto del pensiero di Edgar Varèse, che prima di ognialtro si era spinto a speculazioni sul timbro e in particolare sul concetto di “suono complesso”,anticipando quindi le possibilità offerte dalla applicazioni tecnologiche degli anni Cinquanta.Proprio a lui si deve la grande carica rivoluzionaria che ha fatto da motore al rinnovamento dellamusica europea, instillata in anni ancora assorbiti dalle tematiche seriali o postseriali.Il primo importante presupposto è la consapevolezza che il lavoro del compositore avviene all’in-terno di uno spazio sonoro, che le masse sonore riempiono in vari modi1:“Nelle mie opere le masse organizzate di suoni si muovono l’una contro l’altra, variando in volume e in ra-dianza. I raggi sonori sono come raggi luminosi proiettati da un riflettore […] un prolungamento, un viaggionello spazio. […]Nella mia opera si devono percepire chiaramente i movimenti delle masse sonore, dei piani mobili che pren-deranno il posto del contrappunto lineare. Penetrazione e repulsione risulteranno evidenti allora nella colli-sione di quelle masse sonore. Le mutazioni che si verificano su certi piani sembrano su altri piani, muoven-dosi a velocità differenti e con diversi orientamenti. Il vecchio concetto di melodia e di interazione tra melodiesarà scomparso: l’opera intera sarà una totalità melodica e scorrerà come un fiume.”Varèse concepisce il suono come un evento complesso che oltre all’altezza, alla durata e all’inten-sità, si definisce in base ad un altro fondamentale parametro: la direzione di spostamento, quelloche lui definisce “proiezione sonora”, ossia «una sensazione simile a quella che suscitano i raggi1  E. Varèse, Il suono organizzato. Scritti sulla Musica, (Ricordi Unicopli), pag. 102.Proprietà per tutti i paesi: Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) 31 Copyright 2016 by Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) Tutti i diritti sono riservati - All rights reserved

di luce proiettati da un potente riflettore, una sensazione di proiezione, di viaggio nello spazio»2. Traducendo questo concetto in termini pratici, in modo cioè che vengano percepiti dall’ascolta- tore, Varèse afferma di ricorrere ad una serie di semplici espedienti acustici che permetterebbe- ro di delimitare all’ascolto queste “zone d’intensità”; essi fondamentalmente consisterebbero nel assegnare un particolare “colore” ad una certa massa sonora - determinato da un certo timbro, impasto, tessitura, dinamica, articolazione, densità del materiale in questione - in modo tale da renderlo sempre riconoscibile. Ecco allora diventare facilmente percepibile il parametro del movimento delle masse sonore, ren- dendole entità mobili stratificate. Egli afferma infatti: “Si otterrebbe allora la consapevolezza delle trasmutazioni delle masse in movimento mentre scorrono su diversi strati, mentre penetrano certe capacità o si dilatano in certe rarefazioni. Inoltra il nuovo apparato musicale che ho in mente, capace come sarà di emetter suoni di qualsiasi frequenza, estenderà i limiti del registro inferiore e di quello superiore, da cui deriverà una nuova organizzazione in senso verticale: accor- di, loro sistemazione, loro disposizione – come dire, un nuovo ossigeno. Non solo si riveleranno in tutto il loro splendore le potenzialità degli armonici, ma un contributo notevole potrà venire anche dall’uso di certe frequenze create dai parziali. È anche prevedibile qualcosa che prima era impensabile. E cioè l’utilizzo dei risultanti inferiori e dei suoni differenziali e addizionali. Tutta una nuova magia sonora!” Questa accorata descrizione del suo mondo sonoro ha del miracoloso se consideriamo i tempi in cui veniva espressa, verso gli anni Trenta, quando le conoscenze dell’acustica non erano arrivate a convalidare le aspettative della sua immaginazione. Precursore anche nel dettaglio, Varèse aveva anche specificato cosa effettivamente si aspettava dall’applicazione della tecnologia alla composizione3: “I vantaggi che mi aspetto da una macchina sono: la liberazione del suono dal sistema temperato, arbitrario e paralizzante; la possibilità di ottenere un numero infinito di cicli o anche, di suddivisioni dell’ottava, con- sentendo la formazione di qualsiasi scala si desideri; una incredibile estensione nel registro grave e in quello acuto; nuove bellezze armoniche attraverso l’impiego di combinazioni sub-armoniche; qualsiasi differenzia- zione timbrica e di combinazione sonora, una nuova dinamica, largamente superiore a quella dell’orchestra attuale; il senso di una proiezione sonora nello spazio, grazie alla diffusione di suoni a partire da uno o più punti della scala, secondo esigenze della partitura; ritmi che si intersecano senza alcun rapporto tra loro, trattati simultaneamente; perché la macchina potrà produrre un numero di note che si desidera e qualsiasi loro suddivisione, omissione o frazione, il tutto in un’unità di tempo umanamente impossibile a ottenersi.” La mente visionaria di Varèse non difettava certo di precisione e le sue immaginazioni saranno, di lì a poco tempo, assolutamente realizzabili! Il suo è dunque un suono nuovo, “liberato” da molti dei vincoli che lo tenevano imprigionato, e che ora si lancia in prospettive impensate, arric- chendosi di una dimensione spaziale che lo proietta con la massima fluidità ed elasticità4. In un così radicale mutamento di prospettiva e ricchezza di contenuti, anche il concetto di forma musicale subisce una ridefinizione: «La forma è il risultato della densità del contenuto»5. La forma è dunque uno dei possibili risultati di un processo, è il risultato di un processo, e non un punto di partenza, uno stampo da riempire. 2  Idem, pag. 87. 3  E. Varèse idem pag. 116 4  «spazio, né tempo, né materia, rappresentano più ciò che prima avevano rappresentato», afferma il poeta Valèry, specificando che «bisogna accettare il fatto che tutti questi mutamenti trasformino inevitabilmente le tecniche dell’arte, influenzando perfino le facoltà creative – e le influenzano tanto profondamente da modificare il concetto stesso di arte». 5  La forma che l’opera assume ricalca più o meno i meccanismi di formazione di un cristallo: il cristallo è caratterizzato da una strutture esterna e un struttura interna entrambe ben definite. La struttura interna dipende dalle molecole, cioè dalla più minuscola concatenazione di atomi, che presenta o stesso ordine e la stessa composizione della sostanza cristallina. La crescita di tale molecola nello spazio ha come risultato l’intero cristallo. Malgrado la trascurabile differenziazione delle strutture interne, il numero delle figure disponibili è, per così dire, infinito” (E. Varèse, idem pag. 159)32



PARTE TERZA Capitolo VIIDal Gesto al Gusto: Cage, Maderna, LutoslawskiDefinizione del concetto di “Alea”Prima di addentrarci negli aspetti generati dall’aleatorietà, è bene tentare una definizione del ter-mine e magari una prima classificazione delle principali modalità di applicazione. Le tradizionaliaccezioni di ‘aleatorietà’ sono le seguenti:- uso di procedure casuali all’interno del processo compositivo, che ammette di stabilire iparametri del suono con modalità non dipendenti dalla volontà dell’autore;- legittimazione alle diverse possibili letture della notazione da parte degli interpreti, chehanno facoltà di intendere in modi diversi i segni in partitura o perfino ricrearsi una propriapartitura;- ammissione della possibilità di scegliere liberamente quali sezioni, parti o articolazioniformali includere nell’opera, allargando la responsabilità dell’esito finale al solista, agli strumen-tisti o al direttore d’orchestra;I tre livelli, riconducibili rispettivamente all’ambito compositivo, a quello esecutivo e a quelloformale, sono solo indicativi delle tipologie aleatorie, ma dalla produzione realmente emersa, si èrilevata la necessità di una più approfondita elencazione.La seguente, la più esaustiva attualmente disponibile, è stata redatta da Pascal Decroupet che, apartire da un sistema di classificazione basato su tre livelli costitutivi dell’opera (fonte strumenta-le, struttura degli eventi sonori e forma) individua otto differenti tipologie di apertura.Definendo a nostra volta le variabili in S = strumento (voci timbriche), P = parametri delle strut-ture (eventi sonori) e F = forma, ciascuna presente nella forma chiusa (c) o mobile (m), si possonoenumerare le seguenti tipologie1:1. Sc-Pc-Fc: partiture in cui il testo è interamente fissato; (come nella già citata Music of Changesdi Cage);2. Sc-Pc-Fm: partiture modulari in cui è contemplata la fungibilità di strutture e/o sezioni deltutto definite; (Boulez, Troisième Sonata 1955-57; Stockhausen, Klavierstück XI, 1956; Pousseur,Scambi, 1957, Caractères I, 1961; Evangelisti, Aleatorio, 1964; Lutosławski, Preludes and Fugue,1972);3. Sc-Pm-Fc: partiture in cui le decisioni locali sulla realizzazione di alcuni parametri sono la-sciate all’interprete; (Berio, Sequenza I, 1958, Circles, 1960-61; Cerha, Spiegel II,1961-63; Ligeti,Volumina, 1961-62);4. Sc-Pm-Fm: partiture in cui le decisioni locali per la definizione delle singole strutture così come1  Pascal Decroupet, Classificazione delle tipologie aleatorie, [in A. I. de Benedictis, Opera aperta: teoria e prassi, pag. 23]Proprietà per tutti i paesi: Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) 51 Copyright 2016 by Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) Tutti i diritti sono riservati - All rights reserved

la loro organizzazione formale sono lasciate agli interpreti; (Pousseur, Mobile, 1958; Brown, Avai- lable Forms I e II, 1961-62; Haubenstock -Ramati, Mobile for Shakespeare,1961; Maderna, Aus- strahlung, 1970-71; Bussotti, Five Piano Pieces for David Tudor, 1959, in realtà “adozione pianisti- ca” di disegni realizzati nel 1949); 5. Sm-Pc-Fc: partiture notate precisamente ma non destinate ad alcuno strumento specifico; (Ma- derna, Dialodia, 1972); 6. Sm-Pc-Fm: partiture modulari composte da strutture definite per le quali non è specificata al- cuna strumentazione; (Stockhausen, Mikrophonie I, 1964); 7. Sm-Pm-Fc: partiture dal tracciato formale chiuso che prevedono un margine di libertà nell’ar- ticolazione parametrica delle strutture e nella destinazione strumentale; (Brown, Hodograph I, 1959); 8. Sm-Pm-Fm: partiture in cui tutti i dati risultano mobili, talora presentate in forma grafica e/o ridotte alla consegna di indicazioni verbali per “elaborare” un testo; (Cage, Variation I, 1958; Sch- nebel, Glossolalie, 1959; Stockhausen, Plus-Minus, 1963) Nuovo concetto di silenzio Vorrei dedicare il primo paragrafo al ruolo del silenzio, che nell’estetica di Cage riveste un signifi- cato decisamente nuovo per la tradizione occidentale, allineandosi piuttosto con le manifestazio- ni del pensiero orientale. Alla base della sua produzione c’è sempre la preoccupazione di riattiva- re l’ascolto da un condizione tristemente passiva, e, ancora più importante, di restituirlo ad una primitività che sembra ormai perduta, o quanto meno, molto affievolita. Il ruolo che egli intende risvegliare è quello dell’ascolto attivo, che presuppone un raffinato meccanismo di percezione, tale da cogliere sia le sonorità dell’ambiente, assai più ricche di quanto un ascolto superficiale rivela, sia le suggestioni dell’immaginario, che gli stimoli esterni possono innescare e poi lasciar vivere di vita propria. Se egli ha posto, al centro delle sue ricerche, l’ascolto, lo ha fatto considerando lo stato patologico verso cui questa essenziale funzione umana è stata tradotta in seno alle civiltà di mercato. Occu- parsi dello stato di salute dell’ascolto, del suo annichilirsi nello stereotipo dell’udire inconsapevol- mente passivo, ha significato per Cage, e per molti altri musicisti dei movimenti che si sono posti in dialettica col sistema, contrapporre non solo un nuovo modo d’intendere la musica, ma anche costringere l’uditorio a riflettere sul divenire patologico dell’esperienza dell’ascolto. L’approdo estremo di questa indifferenza verso il materiale sonoro si celebra in 4’33’’ (realizzato nel 1952 sebbene già concepito nel 1948), dove l’unico dato che resta è la sola componente che ac- comuna suono e silenzio: il tempo. L’indifferenza nei confronti di qualsiasi parametro musicale – il brano è destinato a qualunque strumento o gruppi di strumenti – è bilanciata (o, se si vuole, potenziata) dall’attenzione per la dimensione temporale, articolata in questo caso in una sorta di “paradosso tripartito” composto da tre singole sezioni di «Tacet», i cui tempi parziali – prescritti in partitura – sommano per l’appunto 4’33’’. “I built up the silence of each movement and the three movements add up to 4’33’’. I built up each movement by means of short silences put together it seems idiotic but that’s what I did […] I built it up very gradually and it came out to be 4’33’’. I just might have made a mistake in addition […] it took several days to write and it took me several years to come to the decision to make it […] the thing that gave me the courage was in ’49 and that was seeing the white empty paintings of Bob Rauschenberg […] they were airports for shadow and dust […] the marvellous thing about 4’33’’ is that I think I say now on the published music that it can be any length2”. 2  J. Cage, Silence, Wesleyan University Press, 1961, pag. 55.52



Capitolo IXConsiderazioni e confrontiNel presente capitolo cercherò di schematizzare le analisi esposte in precedenza per metterne aconfronto i risultati e trarre così delle considerazioni comparative.In particolare sintetizzerò, per ciascuna opera trattata, la tecnica compositiva usata dall’autore, lacollocazione nello spazio sonoro del materiale coinvolto, e l’esito formale che la struttura assume.John Cage: Concerto per pianoforte preparato e orchestra (1958)TECNICA COMPOSITIVA Tecnica aleatoria a vari livelli. Livello esecutivo: gli strumentisti possono scegliere quale evento suonare, in quale sequenza, quando iniziare, quale articolazione ap- plicare al suono, quale durata e quale intensità attribuire ai suoni e ai silenzi.. Il solista inoltre ha un ruolo di interazione con l’orchestra, potendo stabilire le modalità e i tempi di intervento. Livello strutturale: il direttore coordina gli interventi degli orchestra- li dando loro l’attacco e scandendo la velocità del tempoCOLLOCAZIONE La collocazione degli eventi nello spazio sonoro dipende comple-EVENTI SONORI tamente dalle scelte degli strumentisti e dall’interazione col il so- lista; l’ambito del range, le scelte strumentali, le variabili dinami- che, agoniche e timbriche sono infatti del tutto arbitrarie. Lo scorrimento temporale è invece dipendente dalla coordinazio- ne del direttore, che guida le entrate delle singole parti e ne guida lo svolgimento nel tempo, con una semplice azione mimica delle braccia, che assumono la funzione di lancette dell’orologioESITO FORMALE La struttura è formalmente articolata in tre parti (la prima e la seconda composte da 9 sezioni ciascuna, la terza da 5), ma di fatto l’opera appare senza soluzione di continuità per le variabili con- cesse all’esecuzione. Il risultato formale, che l’autore consiglia di contenere entro i 22 minuti, non è perfettamente prevedibile, e quindi, ogni esecuzio- ne è una ricreazione.Proprietà per tutti i paesi: Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) 89 Copyright 2016 by Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) Tutti i diritti sono riservati - All rights reserved

Bruno Maderna: Grande aulodia per flauto, oboe e orchestra (1970) TECNICA COMPOSITIVA Si assiste ad un uso abbastanza disinvolto di varie tecniche: seria- lismo, puntillismo, neotonalità, modalità; si intuisce che l’intento è quello di eludere qualsiasi rigida classificazione nella piena e incon- dizionata fiducia nella risorse timbriche ed espressive della materia sonora. In particolari sezioni, in cui si applica la tecnica aleatoria, gli esecuto- ri, pur rispettando le altezze scritte, possono scegliere la durata, l’in- tensità, l’articolazione, il fraseggio e a volte, perfino la destinazione timbrica degli eventi sonori. COLLOCAZIONE La collocazione degli eventi sonori nello spazio è rigorosamente EVENTI SONORI decisa in fase compositiva, in cui si dispongono nel range i campi armonici e si guidano i loro movimenti nello spazio. Lo scorrimento temporale degli eventi è invece soggetto in par- te alla scelta degli strumentisti, che attribuiscono ai suoni precisi parametri entro un’ampia gamma di scelte possibili, e in parte alla scelta del direttore, che ha facoltà di decidere quali sezioni realizzare e la loro durata. ESITO FORMALE Il brano è strutturato in tre parti: I parte: batt.1-161, tripartito al suo interno, II parte: batt.161 bis-181, tripartito al suo interno, III parte: batt.181-fine brano, bipartito + cadenze di soli. Nelle sezioni aleatorie di ciascuna parte, però, il direttore ha la facoltà di scegliere un preciso percorso strutturale da percorrere, la durata degli interventi e, a volte, perfino la destinazione stru- mentale. La forma finale quindi, sebbene pianificata a livello generale, non è predeterminata nel dettaglio, che resta dipendente sia dalle scel- te degli esecutori che da quelle del direttore.90

Capitolo X ConclusioniDando uno sguardo d’insieme alle tavole sinottiche si nota come una comune assunzione dellavariabile aleatoria, possa assumere una modalità di applicazione diversa. Se Cage aveva rivo-luzionato il mondo musicale basandosi interamente su tale tecnica, applicata in modo gradual-mente più ampio nel corso della sua poetica, Maderna coglie gli aspetti materici e quasi ludicidell’aleatorietà, mentre Lutoslawski esalta in particolare il parametro della durata, e ne amplificala portata costruendo una complessa poliritmia che diventa la maggiore risorsa espressiva delsuo percorso compositivo.In particolare, nelle opere analizzate, si osservano diversi gradi di aleatorietà, che pongono le trepartiture su piani diversi ma complementari della stessa tecnica; illustrerò in sintesi le peculiaritàe le analogie riscontrate.Nel Concerto per pianoforte preparato, Cage lancia con decisione e irriverenza il preciso messag-gio che l’opera non è fatta dalle decisioni predeterminate dall’autore, ma dalla collaborazione traesecutori, coordinati ma non diretti da una figura guida; altezza, durata, intensità e timbro sonocomplementari al silenzio, vero parametro che riscatta qui la sua dignità, e gli eventi sono solostimoli per l’ascoltatore, non contenuti assoluti. Cage sembra infatti spostare il vero contenutodell’opera in una dimensione astratta e universale, che trascende il concreto, l’apparenza e proiet-ta l’ascolto verso aperture ontologiche quasi sconosciute al mondo occidentale.Diverso l’approccio proposto dalla Grande Aulodia, in cui Maderna accoglie le valenze soprat-tutto timbriche del pensiero cageiano, scoprendo le grandi possibilità espressive che l’aleatorietàpoteva conferire al materiale sonoro già scritto in partitura, ma sottoposto alle variabili esecutiverelative ai parametri di durata, intensità, fraseggio e, a volte, alle possibili destinazioni strumen-tali. Egli inoltre si spinge anche all’applicazione dell’aleatorietà a livello strutturale, sottoponendoall’arbitrio del direttore la scelta del percorso formale, attribuendogli la facoltà di scegliere, allun-gare o interrompere intere sezioni.Il quartetto di Lutoslawski infine accoglie solo un particolare dell’aleatorietà, quello a livello tem-porale, che applica con grande coerenza estetica nell’opera, inaugurando di fatto una scritturasemplice ed efficacissima, quella a parti separate accostate, alternata ad una pseudo-partitura.In realtà si deve sottolineare il debito che Lutoslawski ha in tal proposito nei confronti di Ligeti,che aveva già sperimentato un analogo sistema di scrittura, nella stesura di una micropolifoniache suggeriva ma non determinava nel dettaglio il complesso risultato d’insieme; la sua ideacompositiva però non era supportata da una modalità di notazione originale, come quella delleparti accostate e sovrapposte. Se Ligeti aveva proposto la micropolifonia attraverso una scritturadensa e stratificata, ricca di possibili ma limitate variabili ritmiche, Lutoslawski sviluppa e ampliale possibilità espressive della polifonia applicando la tecnica dell’aleatorietà nella lettura delledurate, esprimendola in una scrittura che semplifica l’aspetto esecutivo, e allo stesso tempo, neenfatizza le risorse espressive.Proprietà per tutti i paesi: Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) 95 Copyright 2016 by Musicisti Associati Produzioni M.A.P. - Via Monte San Genesio, 4 - Milano (MI) Tutti i diritti sono riservati - All rights reserved



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Elena Maiullari - CurriculumHa conseguito i Diplomi in Pianoforte, in Composizione e in Musicologia, completati dai rispetti-vi Bienni di II livello, presso i Conservatori di Milano (classe M° A. Solbiati), di Como (classe M°Zago) e l’Università di Cremona (classe Prof. G. Borio)Si dedica all’attività compositiva e alla ricerca musicologica, scrivedo sia brani strumentali chesaggi analitici. Si è distinta in varie competizioni: Concorso “Liszt“ di Bellagio, Concorso Interna-zionale “Pratella” di Ravenna, Concorso di Composizione Cameristica di Belveglio (At), Concorsodi Composizione Corale “Morricone” di Firenze, “European Music Competiton” di Moncalieri(To), Concorso di Composizione della Val Tidone.Ha recentemente fondato l’Associazione Interartes, che si propone la ricerca di nuove forme dilive performance, realizzate anche con l’apporto delle nuove tecnologie e con le immense poten-zialità offerte dalla musica elettronica.Ha inciso “La Regina delle nevi”, due favole musicali per voce ed ensemble (Silvius Ed. Milano2003), “Teatrando”, sei proposte di teatro musicale didattico (ArteOltre, Como 2012), “Shadows”,sei brani per ensemble (MAP Editions Milano 2015). Ha inoltre pubblicato alcuni suoi saggi ana-litici: “Schumann e la Sinfonia romantica”, “L’evoluzione del teatro musicale di Janacék”, “Tradeterminismo e aleatorietà” ( MAP Editions Milano 2016) 99




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