Important Announcement
PubHTML5 Scheduled Server Maintenance on (GMT) Sunday, June 26th, 2:00 am - 8:00 am.
PubHTML5 site will be inoperative during the times indicated!

Home Explore Vinyl - Il meglio del mondo in vinile

Vinyl - Il meglio del mondo in vinile

Published by epraghi, 2020-04-30 08:00:11

Description: Vinyl - Il meglio del mondo in vinile

Search

Read the Text Version

1968, Unfinished Music No. 1: Two Virgins B O B DY LLA’albNumSdeTllaOcopRerYtina scandalosa che neanche gli altri Beatles avrebbero voluto: John e Yoko nudi, una nudità semplice, definitiva, innocente. Musicalmente trascurabile con le sue velleità avanguardistiche, segna però di loop, distorsioni e found voices). Accadrà ancora un punto di non ritorno sulla strada con Unfinished Music No. 2: Life with the Lions e poi con dell’indipendenza dalla band. il Wedding Album, pubblicati mentre i Beatles faceva- no uscire i magnifici canti del cigno Abbey Road e Let 1968, The Beatles aka White Album It Be. Il connubio sentimentale e artistico con Yoko Appena ristampato con abbondanza Ono diviene una sorta di simbiosi, culminata nel ce- di demo inediti per celebrarne il mezzo lebre Bed-In del 1969 all’hotel Hilton di Amsterdam. secolo, è il primo disco in cui la coesione I fan dei Beatles non gradiscono, anzi accusano l’ar- dei Fab Four vacilla e affiorano le peculiari tista nippo-americana di avere vampirizzato l’anima cifre espressive. I pezzi attribuibili a Lennon – di Lennon. Ma le cose non stanno esattamente così: da Dear Prudence a Glass Onion, da I’m Tired è lo stesso John anzi a provare un’attrazione irresi- a Happiness is a Warm Gun, da Julia a Sexy Sadie, fino alle due Revolution – se estrapolati comporrebbero uno straordinario lavoro solista. stibile per Yoko e per tutto ciò che essa rappresenta, a partire dal rifiuto di quel modello borghese da cui 1970, John Lennon/Plastic Ono Band si sente a un tempo attratto e minacciato. Il debutto vero da ex Beatle, anche se mimetizzato dietro una band abbastanza TRAUMI E CONTRADDIZIONI fittizia (ci sono Ringo Starr, Klaus Voormann, Billy Preston e Phil Spector tra gli altri). L’avventura dei Beatles finisce non senza aspri con- Ancora pervaso di magia beatlesiana trasti, soprattutto tra John e Paul. Nello stesso perio- opposta a un feroce disincanto, contiene do Lennon e Yoko si sottopongono alla cosiddetta autentiche gemme come Love, God, Isolation, “primal therapy” di Arthur Janov, che prevede un Mother e Working Class Hero. Forse il suo capolavoro. lavoro di scavo alla ricerca dei traumi e delle paure represse. Di traumi antichi e recenti è intriso infatti 1971, Imagine John Lennon/Plastic Ono Band, il primo album solista La lista dei credit si fa chilometrica per postscarafaggi, un capolavoro che inizia facendo i il secondo e più celebre album del Lennon conti con il fantasma della madre e il cadavere an- solista: George Harrison, Nicky Hopkins e cora caldo di un’intera epoca. L’impegno politico Alan White (futuro Yes) sono solo i nomi più diventa sempre più centrale nella poetica di Lennon, celebri. Tra impegno aspro (I Don’t Want to Be come dimostrano la ballata dylaniana Working Class a Soldier) e stemperato pop (la title track), Hero e il successivo singolo Power to the People, un tra rancore acido (How Do You Sleep?) attivismo che gli procura l’ostilità della stessa am- e languore sentimentale (Jealous Guy), ne esce un disco eccellente, recentemente ristampato con dovizia di versioni alternative e provini che fanno luce sull’evoluzione dei pezzi: imperdibile. ministrazione Nixon. Alla fine del 1973 esce Imagine, album permeato di temi complessi eppure estrema- 1973, Mind Games mente fruibile, grazie anche alla produzione di Phil Basterebbe la title track a giustificare Spector: l’omonima traccia di apertura è un gioiello l’acquisto di questo disco: inizialmente pop immediato tanto dal punto di vista melodico pensata come ennesimo inno pacifista, che del testo, la cui semplicità è però latrice di mes- Mind Games è uno degli apici melodici saggi dirompenti. Oltre alla meravigliosa ballata Je- e sonori dell’intera produzione di Lennon, alous Guy, l’album contiene How Do You Sleep?, duro posta in apertura di una scaletta che però j’accuse contro McCartney, reo a suo dire di averlo rivela un sensibile calo di ispirazione. Molto curiosa è Nutopian International Anthem, tre secondi di silenzio come inno di un Paese immaginario. sbeffeggiato nel suo secondo album solista Ram. Da un punto di vista strettamente musicale, accade 1975, Rock ’n’ Roll però un fenomeno curioso: con quest’album, Len- Dopo il solo discreto Walls and Bridges, non, l’artista rivoluzionario, si affida a un linguag- Lennon torna da Yoko e alle proprie radici: gio pop, rock e blues piuttosto tradizionale, a tratti tredici pezzi in scaletta, tutte cover di classici “nostalgico”. Un processo in realtà iniziato fin dai del rock’n’roll e del rhythm and blues, da tempi di Come Together, che apre l’album Abbey Road, Gene Vincent a Chuck Berry, da Buddy Holly canzone accusata addirittura di plagio per l’ecces- a Fats Domino, da Bobby Freeman a Ben E. siva somiglianza con You Can't Catch Me di Chuck King. Proprio la Stand By Me di quest’ultimo diventa un singolo di grande successo, vero e proprio commiato prima dei cinque anni di pausa che seguiranno. Berry. Lennon appare insomma più concentrato a definire la propria figura di artista e attivista oltre 1980, Double Fantasy l’ingombrante fama beatlesiana, che a rimanere al Pubblicato tre settimane prima della morte, passo con le evoluzioni del pop-rock. In tutto ciò, è un album tanto amato quanto odiato qualcosa sembra smarrirsi. dai fan a causa della scaletta equamente divisa tra John e Yoko. (Just Like) Starting Over e Watching the Wheels hanno comunque un buon passo, malgrado gli arrangiamenti eccessivamente patinati. Dalle stesse sessioni vedrà la luce il postumo Milk and Honey.

IMAGINE, CAPOLAVORO DA RIASSAPORARE Nel 1971 John Lennon e Yoko Ono conce- e voce; le registrazioni in studio grezze, le 22 tracce della versione in doppio Lp in piscono e registrano Imagine dividendo- outtake, gli extra e un documentario au- si tra lo studio realizzato nella loro casa dio che esplora l’evoluzione di ciascuna vinile nero da 180 grammi o, in edizione di campagna georgiana a Tittenhurst canzone, dalle primissime sessioni demo Park, nel Berkshire (Inghilterra) e il Re- nello studio casalingo di Tittenhurst Park limitata, in vinile trasparente. Da non cord Plant di New York. Il testo, con il suo fino alla coproduzione finale firmata con messaggio universale, è ispirato ad alcu- Phil Spector. Non manca, nel disco 4, la perdere anche i due film di John & Yoko, ni versi di Yoko contenuti in Grapefruit, versione audio di The Evolution Documen- il libro d’arte (o meglio un’opera d’arte a tary, realizzato da Sam Gannon in mono, Imagine e Gimme Some Truth, pubblicati forma di libro) da lei realizzato nel 1964, un montaggio audio track-by-track che un contributo riconosciuto pienamen- spiega nel dettaglio il percorso di ciascun in contemporanea su Dvd, blu-ray e sul- te nel giugno 2017, quando Yoko è stata brano, dal demo al master, passando per accreditata come coautrice del brano. le prove, le registrazioni, l’ascolto dei na- le piattaforme digitali, entrambi nelle L’album è il più famoso della discografia stri multitraccia e persino le chiacchiere solista di Lennon, citatissimo (il testo del- in studio. Poi ci sono i blu-ray con il magi- versioni restaurate a mano dalle bobine la title track è stato anche riportato in libri strale surround-sound mix ad alta risolu- scolastici!), e viene oggi celebrato in una zione dell’album e dei singoli e l’aggiorna- originali e rimasterizzate in HD con tanto nuova edizione, Imagine - The Ultimate to Quadrasonic mix, in aggiunta agli hi-res Collection, disponibile in diversi formati: stereo mix dei singoli e degli outtake. In di extra inediti, tra cui gli un box da 4 Cd più 2 blu-ray, una confe- tutto ci sono la bellezza di 140 tracce, zione deluxe da 2 Cd, una standard da 1 tutte remixate e rimasterizzate. Questa studio mix “grezzi” e un Cd e, last but not least, anche la versione edizione offre quindi una testimonianza in due Lp. Il sestuplo box digitale include, senza precedenti sull’intero processo di servizio fotografico di suddivisi nei diversi Cd, la versione ste- realizzazione di Imagine, punto più alto reo dell’album con i singoli e gli extra del dell’attività musicale di John Lennon e David Bailey. Se vi piace disco originale, fedelmente remixati da Yoko Ono. Chi però non ha tutta una vita Paul Hicks agli Abbey Road Studios sotto da dedicare solo a questo disco, può go- anche leggere, infine, a la supervisione di Yoko Ono; la versione dersi la Deluxe Edition in 2 Cd o quella in originale dell’album con i singoli scartati Cd singolo, ma soprattutto le ottobre di quest’anno e altre versioni acustiche o per solo piano più che abbondanti è uscito il libro Imagine John Yoko, curato dalla stessa artista giappone- se, che racconta la genesi, l’evoluzione e i retrosce- na del leggendario album attraverso i dialoghi di Il libro, Imagine John Yoko John e Yoko e i ricordi di (L’ippocampo edizioni). chi c’era, con un buon 80% del materiale inedito. Le immagini, gli artwork, gli approfondimenti e le testi- monianze di queste pagine trasportano il lettore nelle atmosfere e nei luo- ghi che hanno visto nascere il capolavoro di John Lennon. Per saperne di più imaginejohnyoko.com johnlennon.com La tracklist del doppio vinile Lato A Lato B Lato C Lato D 1. Imagine (ultimate mix) 1. Gimme Some Truth 1. Imagine (demo) 1. Gimme Some Truth (take 4) 2. Crippled Inside (ultimate mix) (ultimate mix) 2. Imagine (take 1) 2. Oh My Love (take 6) 3. Jealous Guy (ultimate mix) 2. Oh My Love (ultimate mix) 3. Crippled Inside (take 3) 3. How Do You Sleep? (takes 1&2) 4. It’s So Hard (ultimate mix) 3. How Do You Sleep? 4. Crippled Inside (take 6/ 4. How? (take 31) 5. I Don’t Wanna Be A Soldier (ultimate mix) alternate guitar solo) 5. Oh Yoko! (Live at the Sheraton Mama (ultimate mix) 4. How? (ultimate mix) 5. Jealous Guy (take 9) Hotel, Bahamas, 1969) 5. Oh Yoko! (ultimate mix) 6. It’s So Hard (take 6) 7. I Don’t Wanna Be A Soldier Mama (take 11)

JOHN LENNON STORY PATERNITÀ E SPARIZIONI Dopo il definitivo trasferimento negli USA e la pub- blicazione di un live tutto sommato dimenticabile (Some Time in New York City), il successivo Mind Ga- mes si rivela buono, ma non all’altezza dei due album precedenti, fatta eccezione per la vertigine psycho- pop dell’omonimo singolo, uno Trasferitosi dei migliori del suo repertorio. La negli USA crisi non è solo artistica: Lennon è confuso, si separa da Yoko per Lennon è confuso, quello che verrà ricordato come si separa da Yoko, il “lost weekend” (durato diciotto si abbandona a mesi) durante il quale si abbando- na a eccessi alcolici leggendari e eccessi alcolici, consuma una focosa relazione entra in una crisi con May Pang, giovane ex segre- umana e artistica taria della Ono (è la stessa Yoko a caldeggiare il rapporto con la da cui riemerge Pang “per evitare guai peggiori”). dopo essersi Lennon trova comunque il modo riappropriato della di collaborare con Harry Nilsson, Mick Jagger e soprattutto David propria intimità Bowie, assieme al quale compone su due piedi Fame, traccia inseri- ta all’ultimo momento in Young Americans e destinata a un clamo- roso successo. Arriva anche un nuovo album, Walls Lennon al piano durante le registrazioni di Imagine negli and Bridges, di cui vale la pena citare solo la frenetica Ascot Sound Studios, vicino Londra; a sinistra, la prima Whatever Gets You Thru the Night: è il preludio al ritor- demo dell’album. Sotto, Lennon impegnato nella discussione no con Yoko e a un nuovo disco che affronta la crisi del progetto insieme al bassista Klaus Voormann, George dell’ispirazione nella maniera più ovvia, ovvero con Harrison e Yoko Ono un disco di cover. Rock’n’Roll, del ’75 non è un grande album ma ha il merito di rappresentare un vero e pro- prio catalogo delle radici musicali di Lennon, oltre a contenere Stand By Me, singolo che diverrà uno dei suoi più celebri hit. Sempre nel ’75 nasce Sean: John sembra diventare improvvisamente consapevole della propria paternità, come non era accaduto ab- bastanza ai tempi della nascita di Julian. Decide così di prendersi una pausa, che si rivelerà più lunga del previsto: per cinque anni si dedica al figlio accanto- nando quasi del tutto l’attività di musicista. L’odiata prospettiva borghese finisce così per diventare un rifugio, un traguardo esistenziale in opposizione (ri- voluzionaria?) alla prassi dell’esposizione/produzio- ne imposta dallo show business. Solo nell’estate del 1980 torna a lavorare su pezzi nuovi che vedranno la luce nell’appena discreto Double Fantasy: il disco è fir- mato assieme a Yoko Ono, nel senso che i quattordici pezzi in scaletta sono equamente divisi tra i due. I fan non gradiscono, ma si consolano con un singolo,

JOHN LENNON STORY una copia di Double Fantasy al suo futuro assassino, il quale sosterrà di avere giustiziato l’ex Beatle perché colpevole di blasfemia (“and no religion too”...) e di ipocrisia, reo cioè di avere cantato “no possessions”, proprio lui, uno dei musicisti più ricchi del Pianeta. Uno dei più grandi di sempre. UN’EREDITÀ INESAURIBILE Nel 1984 esce il postumo Milk and Honey, frutto delle stesse sessioni di Double Fantasy e per molti versi suo album gemello: la formula è identica, dodici le tracce divise alla pari tra John e Yoko, di cui solo un paio degne di nota (la hit Nobody Told Me e la sbrigliata I’m Stepping Out). Considerato come gli anni ’80 abbiano visto Sono le 22.50 tra i protagonisti molti eroi dei dell’8 dicembre due decenni precedenti (vedi lo stesso McCartney, Bowie, Tina 1980, quando Turner, i Queen, Phil Collins, Pe- cinque colpi ter Gabriel…) con risultati a dire di pistola il vero alterni, oltre allo sbigotti- mento per una morte tanto assur- spengono da resta il rammarico riguardo a la vita di uno ciò che Lennon avrebbe potuto dei più grandi consegnare al nostro immagi- nario per molto tempo ancora. musicisti rock Ciononostante, la sua presenza di sempre. ha continuato a emergere con Finisce la storia, forza nella calligrafia di genera- zioni successive di musicisti, da inizia il mito Badly Drawn Boy a Elliott Smith, passando per Mark Oliver Everett (Just Like) Starting Over , capace di farsi valere in tutte degli Eels, solo per citarne alcuni. le programmazioni radiofoniche. È il 27 novembre del 1980. Pochi giorni più tardi, di fronte all’ingres- Alla fine, John Lennon ha ottenu- so del Dakota Palace, a due passi da Central Park, Mark David Chapman spara cinque colpi di pistola to ciò che voleva: ha saputo farsi alla schiena di John, uccidendolo. Sono le 22.50 dell’8 dicembre. Quel pomeriggio, Lennon aveva firmato ricordare sia come componente della più grande rock band della storia sia per la propria carriera da solista. Come Beatle e come Lennon: difficile fare di meglio. I musicisti in studio per la realizzazione di Imagine. In primo piano George Harrison, a sinistra, e John Lennon, di spalle a destra



È SOLO ROCK ’N’ ROLL... MA QUANTO CI PIACE! Oasis 1.0: da sinistra, Paul “Bonehead” Arthurs (chitarra ritmica), Noel (chitarra) e Liam (voce) Gallagher, Paul “Guigsy” McGuigan (basso) e Tony McCarroll (batteria).

Nel maggio del 1993 il boss della Creation Records, Alan McGee, assiste a un concerto degli Oasis al King Tut’s Wah Wah Hut di Glasgow. Per lui è una folgorazione e per il gruppo dei fratelli Gallagher l’inizio di un’ascesa fulminea e inarrestabile verso l’empireo del rock. A venticinque anni da Definitely Maybe, il loro album di debutto, e dopo sette milioni di copie vendute, celebriamo l’anniversario chiacchierando con i protagonisti di quei memorabili solchi. Scoprendo che le cose sarebbero potute andare ben diversamente... D I John Earls F O T O D I Michael Spencer Jones ©

FRANCESCO DE GREGORI

Oasis - La storia H dai tempi in cui entrambi facevano da roadies per gli Inspiral Carpets. «Suonavano come sul disco, ma Ha ragione Alan McGee, il gran capo della Crea- alla decima potenza». Come produttore per il disco tion Records, la casa discografica che li ha portati di debutto viene scelto Dave Batchelor – già produt- al successo: «Gli Oasis sono stati i Beatles della loro tore della Sensational Alex Harvey Band – che, alla generazione». Dal momento in cui le note della loro fine del 1993, inizia così a lavorare con gli Oasis negli Supersonic hanno oltrepassato i confini sonori di studi di Monnow Valley, nel Monmouthshire. Anche Manchester, gli Oasis sono apparsi a tutti come la Batchelor è amico di Noel dai tempi degli Inspiral. naturale evoluzione della scena post grunge. Sue- «Stavano fumando uno spinello insieme, quando de, Pulp e Blur avevano gettato le fondamenta, ma Noel dice a Dave: “Se mai gli Oasis faranno un disco, si attendeva ancora una band capace di dare forma lo produrrai tu”», ricorda McGee. «Era una promessa all’ottimismo e alla chiarezza di visione del mon- e Noel è stato di parola». Tuttavia, l’approccio “sco- do indie. Senza contare che i fratelli Gallagher si lastico” di Batchelor non funziona. «Dave era un tipo sono rivelati due personalità sensazionali, in grado simpatico», ammette Coyle, «ma era fin troppo esa- di rivaleggiare con coppie leggendarie come Len- gerato rispetto al livello professionale del gruppo. Li non-McCartney e Jagger-Richards. O così sembra in aveva piazzati tutti in cabine insonorizzate, isolati retrospettiva. «Onestamente, non l’avevo previsto», l'uno dall'altro, con la musica in cuffia. Le registra- confida infatti McGee. «Quando li ho messi sotto zioni risultavano piatte a mano a mano che le ses- contratto, speravo che avrebbero rubato un po’ di sioni procedevano, l’atmosfera si faceva sempre più pubblico agli Stone Roses, ma non credevo che sa- tesa, perché la band capiva che le cose non stavano rebbero andati molto più in là di questo. Con un po’ funzionando». di fortuna, avrebbero potuto vincere un disco d’oro Alan McGee è molto più esplicito: «Dave stava com- e rimanere in pista abbastanza a lungo per registrare binando un disastro, ma Noel era fedele all’amico, un secondo disco». I loro concerti, però, sono sen- convinto avesse bisogno di una seconda opportu- sazionali tanto da attirare l’attenzione della stampa nità. Ho dovuto essere franco: “Non ci sarà nessuna specializzata, soprattutto dopo uno show incendia- seconda opportunità. Ora o mai più”». «Slide Away rio al The Water Rats, in King’s Cross, a Londra, uno proviene dalle sessioni di Dave», riprende Coyle, «ed dei palcoscenici chiave della scena pop rock di que- è uno dei migliori inni all’amore mai scritti. Ma il gli anni. A quel punto si tratta solo di catturare quel punto è che, nonostante ci fossero degli ottimi spun- tipo di energia, scegliere dodici canzoni a caso tra le ti, complessivamente il lavoro di Dave non rappre- cinquanta che Noel Gallagher ha già scritto e stare a sentava gli Oasis. L’album non funzionava, anche se vedere quanti fan degli Stone Roses si convertono al le canzoni che poi avrebbero dato vita a (What’s the nuovo verbo. «Dal vivo gli Oasis erano una vera forza Story) Morning Glory? hanno preso forma proprio a della natura», ricorda Mark Coyle, amico di Noel sin Monnow Valley». RICOMINCIAMO DA CAPO? È così che, nel corso di una cena, McGee e Marcus Russell, il manager degli Oasis, chiedono a Noel e Mark di farsi carico della produzione dell’album. «Devo dare credito ad Alan di aver avuto fiducia in noi», commenta a proposito Coyle. «In effetti, vedersi affidare le redini della situazione quando non hai la minima idea di quello che dovrai fare è divertente. Per una band con quel potenziale, ci serviva un produtto- re di grande esperienza. Ma quello era esattamente il profilo di Dave Batchelor, che si era rivelato un totale disastro. Noi volevamo che le cose fossero come nei loro concerti». «Ma con Dave non aveva funzionato», ribadisce McGee. «Non ero così preoccupato come avrei dovuto. Ho solo pensato, “Ok, buttiamo Coyle nella mischia”. Mark ha avuto una parte importante in Definitely Maybe perché la band aveva fiducia in lui e quello voleva dire molto. Così, quando abbiamo pre-

FRANCESCO DE GREGORI so Anjali Dutt come ingegnere del suono, be'... è stato e ho detto: “Perché non ci mettete una pietra sopra e perfetto. Anjali è geniale». Dopo aver lavorato con ricominciate da capo?”. Fortunatamente era la rispo- Spacemen 3 e Swervedriver, Anjali Dutt aveva fatto sta che si aspettavano di sentire! Così gli Oasis sono da ingegnere del suono per le monumentali sessioni ripartiti da zero, solo che questa volta siamo andati di registrazione di Loveless dei My Bloody Valentine, in Cornovaglia». quindi aveva lavorato per la Creation prendendosi cura di gruppi come The Boo Radleys e 18 Wheeler. VITA IN CAMPAGNA «Quando sono arrivata la situazione era ben strana. Nel gennaio del 1994 gli Oasis si accampano ai Saw- Mi avevano detto di andare agli Olympic Studios, a mills Studios, in Cornovaglia, uno studio di registra- Barnes, di ascoltare quanto avevano già registrato e zione ricavato in una villa sulle rive del fiume Fowey, di valutare se si poteva salvare qualcosa. Arrivata lì, in cui l’anno precedente i Verve avevano registrato trovo un mucchio di gente preoccupata che mi chie- A Storm in Heaven. È un luogo solitario, lontano da de: “Allora, che ne pensi?”. Non sapevo che cosa si tutto. Per arrivare al pub più vicino bisogna seguire aspettassero che rispondessi, così sono stata onesta i binari del treno. Ci si può far spedire i barilotti di

Oasis - La storia La band durante pensavo di essere finita in una gita scolastica. Avevo le prove. Metterli lavorato con band sofisticate, abituate a un servizio tutti insieme di qualità, ma questi erano di un’altra pasta... “Non nella stessa possiamo mangiare questa roba!”, dicevano, “Dove stanza non era sono le salsicce con il purè?!”». Coyle assume allo- impresa agevole. ra il controllo della situazione: «Per prima cosa, ho deciso di sistemare lo studio come se si trattasse di un concerto, con i musicisti vicini, in modo che po- tessero vedersi e ascoltarsi, come quando si fanno le prove. Conoscevano le canzoni molto bene e così si sentivano a proprio agio». «Noel era eccitato dal fatto di trovarsi in studio», continua Dutt. «Era il primo ad arrivare ed era una specie di one-man-band: sapeva suonare tutto, bat- teria, basso, chitarre. Lui e Mark erano diversi dagli birra con una barca, ma il fiume è navigabile solo Il posto è mio! con l’arrivo dell’alta marea... Ospitare un gruppo così emotivamente instabile come gli Oasis in un Tony McCarroll, il batterista che suona in Definitely Maybe, posto così remoto sembra un azzardo. «Erano ra- non prenderà parte al secondo album degli Oasis, sostituito gazzi divertenti», ricorda Coyle, «selvaggi, certo, ma da Alan White. Cosa che ha generato una piccola controver- anche professionali. Le cose si stavano indirizzando sia. Secondo Alan McGee, «Tony era un batterista punk. Non nella giusta direzione. Non solo Definitely Maybe ma so se avrebbe funzionato in (What’s the Story) Morning Glory?, anche il secondo album era stato abbozzato. Sono ma per il primo album era perfetto». «Credo che Tony fosse stati giorni pieni di creatività e di vita con una band davvero bravo», concorda Dutt, «anche se lo prendevano in che era sul punto di prendere il volo». giro in modo ignobile. Ma quanto doveva essere bravo? Cer- «Avevo conosciuto solo Noel e Mark, che avevano to, non poteva pagarsi un maestro di musica e, si sa, se non sui venticinque anni», ricorda Dutt. «Non sapevo hai i soldi non è semplice imparare la batteria». Nel corso delle che Liam, Tony e Guigsy erano ancora dei teenager. registrazioni, comunque, McCarroll ha qualche problema: «La Quando la band è arrivata alla sera del primo giorno, canzone più difficile da registrare è stata Bring It On Down», ricorda Coyle. «Tony non riusciva a farla nel modo giusto. L’a- veva suonata dal vivo per anni, ma adesso più si sforzava e peggio gli veniva. La situazione era perfino ridicola... ma alla fine abbiamo lasciato Sawmills senza la traccia di batteria. Così, quando siamo tornati a Londra per il missaggio, abbiamo chiamato un altro batterista – non so neanche chi fosse – e lo abbiamo messo davanti a Tony...». Dutt sostiene che il sosti- tuto fosse proprio uno dei fratelli White: «Non ricordo se Alan, che poi è entrato negli Oasis, oppure Steve, che suonava con Paul Weller». Steven White, però, smentisce categoricamente. Chiunque fosse quel batterista, né lui né suo fratello hanno cercato di rubare il posto a McCarroll: «Per quanto mi ricor- do, la prima volta che abbiamo incrociato gli Oasis Definitely Maybe era già uscito e all’epoca mio fratello Alan suonava con Dr Robert. Tony è uno giusto e siamo diventati buoni amici. Alan non gli ha fatto le scarpe, perché è entrato negli Oasis dopo che Noel ha cacciato Tony dalla band. Questo è certo». «Chiunque fosse quell’altro batterista, era ancora peggio di Tony», aggiunge subito Coyle. «Tony aveva il suo stile, trovare un altro che lo imitasse era impossibile. Per cui abbiamo cac- ciato il tizio che avevamo chiamato e abbiamo detto a Tony: “È la tua occasione”, e lui l’ha sfruttata in pieno».

OASIS altri. Quelli dormivano sempre, e quando si alzava- andata a Noel e Liam. Il resto della band è stato in- no le prime parole erano: “Be', che si mangia?”. E poi giustamente snobbato «mentre invece erano molto la PlayStation, la televisione... Se Noel avesse suo- bravi, soprattutto Bonehead. Non è un solista, ma nato tutto da solo ci avremmo messo molto meno come chitarrista ritmico è un grande. Erano tutti tempo... ma non sarebbero stati gli Oasis. C’era essenziali». qualcosa di davvero eccitante nel vederli suonare Secondo Coyle, però, la band era compatta nel la- insieme». Secondo Alan McGee tutta l’attenzione è vorare all’album: «Nessun altro all’infuori di Tony avrebbe potuto suonare la batteria in Definitely May- Gli dareste 25 anni? be. In quelle sessioni, così come dal vivo, è stato per- fetto. Come Guigsy. Tecnicamente non era un gran- Supersonic è perfetta come singolo di esordio, ma anche de musicista ma in quel contesto calzava a pennello. Shakermaker, Live Forever e Cigarettes & Alcohol non sareb- Guigsy non sapeva suonare un assolo, ma era perfet- bero affatto male. La scelta avviene, però, in modo del tutto to nel fornire un supporto sonoro a Noel. Insomma particolare. «I brani per il singolo erano facili da scegliere – i membri della band si completavano a vicenda... E ricorda McGee –, ma io avrei voluto Bring It On Down per il avevano la fortuna dalla loro parte». debutto assoluto. Ero in studio con Noel e all’epoca facevo ancora uso di stupefacenti. Così quando Noel ha fatto partire DUE ANIME IN LOTTA Supersonic dicendo che doveva essere il singolo, io ero tal- Ora che il gruppo si è comodamente insediato a mente su di giri per altri ovvi motivi che gli ho gridato: “Sììììììì!”». Sawmills, le sessioni procedono rapidamente, o Anche Anjali Dutt è particolarmente eccitata al ricordo: «Ero quasi... «Una volta che avevi sistemato i membri contenta perché finalmente un album cui avevo lavorato non della band, scoprivi sempre che ne mancava uno. sarebbe stato destinato solo al classico pubblico indie rock. Quando riuscivi ad averli tutti nella stessa stanza do- Definitely Maybe poteva andare bene ovunque: nei club, nelle vevi iniziare subito perché avevi solo un’ora di tem- arene, nelle scuole, tra i poveracci di qualsiasi etnia e colore, po prima che sparissero di nuovo per attaccarsi alla insomma in tutta l'Inghilterra». Coyle è d’accordo: «Questo PlayStation. Tirarla per le lunghe era il modo giusto disco non ti lascia mai. È strepitoso e, infatti, ha retto benis- per portare Liam all’esasperazione, ma non c’era pe- simo al passare del tempo». ricolo perché registrarlo è sempre stato molto facile. «(What’s the Story) Morning Liam è sempre intonato. Ha una voce chiara, forte, Glory? contiene alcune can- non “bomba” il microfono, non sibila... è perfetto». zoni fantastiche» conclude «Liam è davvero bravo», conferma Coyle. «Un paio McGee, «ma come album De- di tracce non sono state nemmeno toccate, il che finitely Maybe è più completo. conferisce a Definitely Maybe una certa purezza. Per Voi gli dareste venticinque Married With Children eravamo solo io e Noel nello anni? studio di casa mia. È venuto a trovarmi, abbiamo bevuto una tazza di tè e poi abbiamo velocemente sistemato l’attrezzatura. Liam è arrivato ed è stato

con noi cinque-sei minuti: è venuto, ha cantato e se sembrava troppo esile, troppo indie, non andava ne è andato. Buona la prima, bellissima». bene. Ma com’era possibile? Avevo coinvolto nel pro- «Gli Oasis sono stati il felice frutto di un equilibrio getto una come Anjali...», protesta McGee. «Ero pre- tra la profonda passione di Noel per la musica e il occupato... non capivo che cosa stava succedendo. desiderio del suo fratello minore di suonare sem- Peraltro, devo dire che io avevo già i miei problemi, plicemente del buon garage rock», riprende Dutt, mi stavo disintossicando, per cui non è che gli Oasis confermando l’opposta visione musicale dei due e il loro dannato album fossero proprio in cima ai fratelli. «Noel avrebbe voluto suonare come Neil miei pensieri...». Young, ma non era possibile. Suo fratello non ascol- È quindi Marcus Russell, il manager della band, a tava certo quel tipo di musica. Procedevano in dire- trovare la soluzione, suggerendo di contattare Owen zioni opposte. Mark e Noel erano dei veri fanatici, se Morris, ingegnere del suono che ha appena finito di ne stavano ore e ore ad ascoltare musica in cuffia, lavorare con Johnny Marr a Electronic, l’album di con Noel che continuava ad aggiungere alle tracce debutto dell’omonima band dell’ex chitarrista degli sovraincisioni su sovraincisioni di chitarra. Liam, Smiths. McGee, però, sulle prime non è d’accordo: invece, voleva solo fare la rockstar. Per Noel era una «Anzi ero contrario. Gli Electronic sono una band situazione difficile. Le potenzialità per fare qualcosa pop, dicevo, ma Marcus continuava a insistere per di grande c’erano, ma per riuscirci doveva trovare dare una chance a Owen, così alla fine gli abbiamo un modo per convivere con gli amici del fratellino, affidato il missaggio di Rock & Roll Star e lì ho capito perché sfortunatamente per lui, questo era l’unico che era un genio. Quando ho ascoltato quello che sistema per sfondare». aveva fatto non ho avuto dubbi, l’album era suo». Definitely Maybe viene pubblicato il 29 agosto 1994 CON IL CUORE IN GOLA e vende 86.000 copie nella prima settimana, un re- Le sessioni di Sawmills durano meno di due setti- cord assoluto per un album di debutto sul mercato mane, dopo di che inizia il missaggio agli Eden Stu- britannico. dio di Chiswick. «Sawmills era l’ideale per gestire «Le canzoni faticavano a uscire e Owen le ha ripor- gli Oasis», ricorda Dutt. «Era lontano dalla vita cit- tate in vita», conferma Coyle, anche se Dutt – com- tadina, quindi niente distrazioni. Agli Eden, invece, prensibilmente – è di parere opposto: «Io preferivo è stato difficilissimo. Afferravano al volo qualsiasi i brani così come erano usciti da Sawmills, meno occasione per fare baldoria e poi c’era tutta questa monocordi e meno potenti. Quelli di Owen ti col- gente calata a Londra da Liverpool e Manchester al piscono come un carico di mattoni... Io non riesco seguito della band. Gente simpatica, per carità, ma ad ascoltare l’album dall’inizio alla fine: non voglio un po’ “pesante”... tipo gang. Liam, per di più, aveva fare una critica, semplicemente io ho gusti diversi, la cattiva abitudine di andarsene in una rosticceria anche se riconosco che Owen ha dato al disco quel lì vicino, dove faceva amicizia con il primo che ca- carattere che, alla fine, ne ha decretato il successo. pitava e se lo portava in studio». Le canzoni ti smuovono. Quando le ascolti ti sale il Non è però questo il vero problema. «L’album mi cuore in gola». © LONG LIVE VINYL



COME ERAVAMO La musica italiana raccontata dai protagonisti Fabio Treves Enrico Ruggeri Roberto Vecchioni Cristiano De André Eugenio Finardi Giorgio Gaber Gino Paoli

50

Rewind – 1970 197O Viaggio all’isola di Wight Ce lo racconta Fabio Treves, che a quel mitico Festival con Jimi Hendrix, The Who e soci c’è andato davvero... in R4 D I Fabio Treves NEL 1970 A MILANO non esistevano riviste o program- 1. 3. mi radio che si occupassero di quello che succedeva nella 2. musica al di là dell’arco alpino: eventi come Woodstock 1. Verso la fine degli anni conquistavano a malapena qualche riga sui giornali mino- ’60 all’ombra della ri, quasi sempre a posteriori, e persino il mitico «Melody Madonnina, come Maker» non arrivava se non saltuariamente, e in ritardo, in altre città della alla Feltrinelli di via Manzoni. L’unica speranza per non Penisola, la scena accontentarsi di Canzonissima e dei tanti cantanti melo- blues italiana muove dici era affidarsi alle parole di chi per un motivo o per l’altro i primi passi... anche viaggiava all’estero. Oppure alle sporadiche letterine che ti grazie ai concorsi arrivavano (anche loro in ritardo) da alcuni fan club, come studenteschi quello di John Mayall o quello dei Beatles a cui ero iscritto. È così che un giorno, per puro caso, qualcuno mi ha detto 2. Il gruppo di Fabio, che ci sarebbe stato un evento “pazzesco” in Inghilterra. il Friday Blues Group, Ma in Inghilterra dove? A Wight. E dov’era Wight? Scoprii è pronto alla sfida ben presto che era un’isola nel Canale della Manica, e venni finale a “le Gazzelle” anche a sapere che ci avrebbero suonato Carlos Santana, di via Padova, a Milano. Miles Davis e forse anche Jimi Hendrix… Molti avrebbero È il 1968 lasciato perdere, ma c’era qualcosa in questa impresa im- possibile e disperata che mi ispirava. E inoltre era la mia 3. La copertina occasione per rifarmi dopo aver perso Woodstock per colpa di Sunday Blues, degli esami di maturità! Non volevo arrendermi: mi misi l’album pubblicato da quindi d’accordo con altri quattro amici altrettanto mo- Fabio Treves nel 1988, tivati e partimmo. è un pezzo forte Partire però non è stato così semplice: innanzitutto, dovevo della collezione Blues trovare una scusa valida per giustificare quel viaggio, ma in vinile di DeAgostini. non per sfangare le proibizioni dei miei genitori, che erano invece molto permissivi, bensì per ingannare il Movimento Fabio Treves Studentesco di cui facevo parte! Nell’estate del ’70, infatti, il movimento studentesco della Statale aveva organizzato Milanese, classe 1949, armonicista. la così detta “scuola quadri”, una serie di corsi estivi fonda- Con Guido Toffoletti e Roberti Ciotti mentali per l’educazione delle future guide del movimen- è parte della trinità che ha diffuso to… Mancare era considerato un’offesa alla causa, e farlo il Verbo del blues in lungo e in largo per assistere a un concerto di musica americana (la musica nella nostra Penisola. Se oggi del capitalismo!) era qualcosa a dir poco imperdonabile. ascoltiamo la “musica del diavolo” , Immaginate la sorpresa (diciamo così) quando è venuto lo dobbiamo un po’ anche a lui. fuori che la scusa di mia madre ammalata era solo una balla

e che mentre i compagni pontificavano sul proletariato io ero invece tra le cinquecentomila persone sotto al palco di Hendrix! Un’altra difficoltà quasi insormontabile poi era rappresentata dal viaggio stesso. Considerate infatti che nel 1970 non esistevano voli low cost e nemmeno treni veloci, senza contare che i soldi per qualunque mezzo di trasporto razionale potevamo a malapena sognarceli. La nostra unica possibilità era dividere tra noi cinque il costo della benzina e infilarci tutti dentro una piccola Renault R4. Ovviamente con i bagagli: viveri, sacchi a pelo, zaini… Ancora oggi mi chiedo come quella macchina, e in un certo senso anche noi, siamo sopravvissuti per sei giorni di viaggio tra andata e ritorno, strade sbagliate e traghetti. IL CONCERTO Oggi, a distanza di quasi cinquant’anni, posso confessarlo: nessuno di noi cinque aveva il biglietto. Non ce lo poteva- mo permettere, visto che a mala pena ci restava qualche spicciolo per il ritorno. Il traghetto, infatti, ci aveva letteral- mente ridotti sul lastrico! Per nostra fortuna, in quel mo- mento molti altri hippy erano senza soldi come noi: così ci siamo accodati a un corteo di altri fanatici che ha forzato un piccolo cordone di poliziotti e nel giro di pochi minuti ci siamo ritrovati all’interno dell’evento. Il concerto non era ancora iniziato ma noi eravamo carichi, come si dice oggi, e senza esitare ci siamo conquistati i posti vicino al palco, piazzando i sacchi a pelo, spacchettando i primi viveri e preparandoci a quella che si preannunciava essere – e che poi è stata – una delle esperienze più belle della mia vita… Un’esperienza che di fatto si è rivelata anche un vero incubo e lo affermo da spettatore che ha vissuto tutti i cinque giorni Isola di Wight, 1970… 26 agosto Pink Fairies Tiny Tim Judas Jump Hawkwind Miles Davis Pochi festival musicali possono rivaleggiare con la tradizione leggenda- Kathy Smith Ten Years After ria dell’isola di Wight, iniziata il 31 agosto del 1968 e arrivata fino al 1970, Rosalie Sorrels 28 agosto Emerson, Lake & Palmer data in cui ha raggiunto il suo apice. Dal 2002 la tradizione è ricomin- David Bromberg Fairfield Parlour The Doors ciata, e da allora il festival si ripete regolarmente ogni anno. L’edizione Redbone Arrival The Who del 1970, svoltasi tra il 26 e il 30 agosto, è stata così spettacolare da Kris Kristofferson Lighthouse Sly And The Family Stone surclassare persino il grande Woodstock. Di fatto, è un miracolo che la Mighty Baby Taste Melanie piccola isoletta di Wight non sia letteralmente sprofondata sotto il peso Tony Joe White degli oltre 500 mila spettatori (secondo alcune fonti, sarebbero stati ad- 27 agosto Chicago 30 agosto dirittura 700 mila). La line-up dell’evento, che già nel 1969 includeva star Gary Farr Family Good News del calibro di Bob Dylan, The Who e The Band, è letteralmente il sogno di Supertramp Procol Harum Kris Kristofferson qualunque amante di musica. Andy Roberts’ Redbone Ralph McTell Everyone The Voices Of East Heaven Ray Owen’s Moon Harlem Free Howl Cactus Donovan Black Widow Mungo Jerry Pentangle The Groundhogs The Moody Blues Terry Reide David 29 agosto Jethro Tull Lindley John Sebastian Jimi Hendrix Gilberto Gil e Caetano Shawn Philips Joan Baez Veloso Lighthouse Leonard Cohen Gracious! Joni Mitchell Richie Havens

Rewind – 1970 4. 5. 4-5. Alcuni scatti 6. Jimi Hendrix firma di Fabio Treves l’autografo a un dall’isola di Wight. fortunato fan prima Chi si alzava perdeva del concerto al Piper, il posto... il 23 maggio 1968. 23 maggio 1968, Jimi 6 al Piper di Milano della sua durata vicino al palco. Le edizioni precedenti del Un’altra data indimenticabile è quella del festival avevano già raggiunto un gran numero di spettatori primo concerto di Jimi Hendrix in Italia, (nel 1969 la star principale era stata Bob Dylan): si parlava nel 1968, al leggendario Piper situato sot- di cento o centocinquantamila presenze. Ma nessuno si to il Palazzo dell’Arte a Milano, zona Parco sarebbe mai aspettato il boom del ’70. Cinquecentomila! Il Sempione. Una volta un giornalista mi ha pratone intorno al palco era un mare uniforme di persone chiesto che cosa sia stato per me quel ammassate l’una sopra l’altra: c’era chi sveniva, chi faceva periodo: si aspettava di sentirmi parla- l’amore, chi dormiva, chi si drogava... Anche solo andare al re di lotte studentesche, occupazioni e gabinetto era un’impresa, visto che da dove ero io bisogna- barricate… E invece l’unica cosa che mi va camminare tra la folla per almeno un’ora e mezzo prima sono sentito di dire è stata: Jimi. Vederlo dal vivo, dopo essermelo imma- di incontrare un orribile bagno chimico. Con il rischio (anzi ginato per anni come una vera e propria figura mitica, mi ha lasciato di la certezza) di perdersi, di non ritrovare la strada e di non stucco. La stessa reazione, ora che ci penso, devono averla avuta anche riuscire più a tornare vicini al palco. E non mi chiedete del tutti quei chitarristi italiani che fino a quel momento avevano sostenuto, mare: pur essendo stato sicuramente vicino, e pur avendo sprezzanti, che Hendrix sembrava così bravo grazie alle sovraincisioni e sentito che qualcuno riusciva ad arrivarci, io non sono mai alle tecniche usate in studio. Mi immagino le loro facce, quando Jimi sul riuscito a vederlo! palco ha suonato i pezzi del disco alla perfezione con solo tre pedali e Inutile poi dire che i viveri e le scorte, che sarebbero dovuti quattro Marshall! Quando, prima del concerto, ho trovato uno spiraglio bastare per cinque giorni, sono finiti al primo giorno: quan- per incontrare Hendrix non sapevo cosa dirgli. Credo di aver balbettato ta roba puoi pensare di portare, del resto, viaggiando in qualcosa del tipo: ‹‹Ehi Jimi, lo sai che anche io sono nato il 27 novembre cinque su una R4? E non era un problema soltanto nostro. come te?!». Il mito Hendrix, probabilmente, avrebbe anche potuto rispon- dermi ‹‹sì, va bene, ma adesso vattene…». E invece lui disse a un fotografo che era lì vicino di scattarci una foto insieme, lasciandomi senza parole… Purtroppo, ai tempi ero solo un ragazzino, un perfetto nessuno, e non sono mai riuscito a contattare il fotografo per farmi spedire quella che poteva diventare una delle foto più belle della mia vita. Peccato!

8 9 Molti altri intorno a noi avevano avuto lo stesso problema, I dieci vinili di Fabio che non riguardava soltanto i viveri. Dopo il primo giorno all’isola di Wight era finito di tutto, il cibo, i rullini per fare le foto, le sigarette e tante altre cose, alcune innominabili. Con la differenza, rispetto ai giorni nostri, che all’epoca non esistevano né bar né ristoranti o bancarelle e nemmeno venditori ambulanti in mezzo al pubblico. Se finivi le scorte portate da casa avevi solo due possibilità: o te ne andavi, perdendo il posto e probabilmente senza mai più riuscire a rientrare, oppure ricorrevi al più primitivo baratto. Che è quello che abbiamo fatto noi. Io per fortuna ho trovato qualcuno che mi ha dato i suoi rullini per le foto in cambio di una bottiglia d’acqua! Musicalmente parlando, invece, il festival è stato sublime: una sequela infinita di rivelazioni. Per esempio, l’esibizione degli Emerson, Lake & Palmer, il loro primo concerto in assoluto, ha completamente stravolto il bluesman che era in me. Poi Rory Gallagher con i Taste, che da quel momento è diventato uno dei miei indiscussi eroi della chitarra. E infine i Jethro Tull, dei quali apprezzavo sia la passione per il blues sia la capacità di scoprire sonorità completamente nuove. L’unica nota dolente? La scena dei fischi e degli insulti a Joni Mitchell, decisamente immeritati. 7. 1. John Mayall & The Blues Breakers 2. Vanilla Fudge Blues Breakers with Eric Clapton (1966) Vanilla Fudge (1967) Un album semplicemente indimenticabile: le fondamenta Un disco importante della mia passione per il blues. per la mia formazione: mi ha insegnato che la musica non era solo blues. È lui o non è lui? 6. The Ramones 7. Paul Simon Un’altra cosa che mi ricordo con piacere di quell’avventura Ramones (1976) Graceland (1986) è stato l’incontro con alcuni amici di vecchia data… È suc- cesso tutto per caso e in modo incredibile. A un certo pun- Questo Lp si ricollega molto alla mia Per il blues, come per tutta la musica, to, uno dei miei compagni di viaggio mi ha indicato un punto esperienza a Radio Popolare. la commistione è tutto. La creatività, non ben precisato nel mare di quelle cinquecentomila per- Mandarlo in onda significava il genio si sviluppano solo nella sone: ‹‹Guarda Fabio, quello non ti ricorda qualcuno?». assecondare una nascente cultura condivisione e nella mescolanza. ‹‹Mi ricorda Finardi!», gli ho risposto. musicale e rivivere così l'entusiamo che, E nessuno lo ha fatto meglio di Paul ‹‹E infatti è proprio lui!». anni prima, avevo provato con il blues. Simon in questo disco. ‹‹Ma non dire fesserie, figurati se becchiamo Finardi!». E invece era proprio lui. E assieme a Eugenio c’era an- che Alberto Camerini. Quante possibilità c’erano che ci incontrassimo? Ritrovarci tutti lì è stato semplicemente incredibile e stupendo.

Rewind – 1970 7 L’espressione un po’ 8. Spencer Davies 9. Fabio intervista Come tutto è iniziato così che abbiano noi fotografato da Fabio John Mayall, per che andiamo all’isola Treves a Londra nel una trasmissione La mia giovinezza è stata sempre ac- di Wight... Eugenio 1968, durante una radiofonica nel 1982. compagnata dalla musica: in casa mia, Finardi sembra colto delle sue incursioni Il bluesman inglese è grazie a mio padre che era un grande ap- di sopresa al trovarsi nella capitale stato un vero punto passionato di musica e di cinema, c’era tra milanesi anche britannica alla di riferimento per la una delle collezioni di dischi più fornite sul suolo inglese scoperta del blues Treves Blues Band di Milano. Sono cresciuto con i concerti di Ray Charles, Muddy Waters, Ella Fitz- 3. B.B. King 4. Jimi Hendrix 5. The Rolling Stones gerald e con i vinili di Beethoven e dei Electric Ladyland (1968) Concerti Brandeburghesi, così come Live In Cook County Jail (1970) Exile On Main Street (1972) di Miles Davis e Billie Holiday. A fronte Hendrix è sempre Hendrix! di questa grande educazione musicale, Uno dei live più belli della storia, reso Un disco a cui umanamente tengo la realtà italiana e, soprattutto, di Milano “drammatico” dai fischi dei detenuti moltissimo, potrebbe anche alla fine degli anni ’60 mi offriva di fatto in sottofondo quando si presenta tranquillamente salire al primo posto solamente la musica melodica e il beat sul palco il direttore del carcere. per quanto mi ha fatto emozionare. all’italiana. Nel 1965, per fortuna, ho fatto la mia pri- 8. Lucio Battisti 9. The Who 10. Ben Harper ma vacanza studio in Inghilterra: è stato and Charlie Musselwhite come fare un viaggio spaziale su un pia- Emozioni (1970) Who’s Next (1971) neta completamente diverso. Quando No Mercy In This Land (2018) in un locale ho sentito per la prima volta Un disco con un cast eccezionale, Un disco fondamentale, l’intro di House Of The Rising Sun degli una musica stupenda e che mi ha probabilmente il miglior lavoro Charlie Musselwhite è stato Animals mi è venuta la pelle d’oca e ho dato la soddisfazione di andare degli Who in assoluto. il mio mentore dell’armonica. capito che quella era la mia musica. A un po’ contro quella critica becera E questo disco è Londra nel ’65 ho scoperto il “British che disprezzava a priori tutto ciò semplicemente incredibile. Blues Revival”, allora al suo apice, che a che era italiano… sua volta mi avrebbe spinto alla ricerca delle radici del blues… Tornato in Italia, però, mantenere i contatti con questo mondo diventava difficilissimo: la musi- ca del resto del mondo era lontanissima dalla Milano di fine anni ‘60, e questa di- stanza si vedeva dappertutto, non solo sui palchi dei concerti o alla radio, ma anche nei negozi di dischi, che in gran parte non erano nemmeno dei veri e propri negozi di dischi ma semplici ven- ditori di lampadine ed elettrodomestici. Nelle edicole nessuna rivista accenna- va agli avvenimenti epocali che stava- no trasformando la musica… Ritornare all’estero allora per me è diventato una necessità. Era l’unico modo per recupe- rare quello che avevo iniziato a scoprire nel mio primo viaggio del ’65…

Rewind «Ho portato il PUNK a Milano» Il punk italiano vive la sua stagione più autentica tra il 1978 e il 1979, battezzata al concerto di Adam and the Ants a Milano, dove suonano anche i Decibel di Enrico Ruggeri. Che oggi ci racconta tutto D I Giuliano Donati e Fred Ventura «ALLA FINE DEGLI ANNI SETTANTA IN ITALIA non esisteva trovata nel testo di una canzone dei Mott the Hoople, in uno nemmeno la musica rock. Figuriamoci il punk! Nel 1977 ero dei dischi con cui ero cresciuto. Ma se in Inghilterra l’istituzio- stato qualche giorno a Londra con i soldi risparmiati lavo- ne da scardinare era la regina, in Italia lo scenario era diverso. rando come commesso per tutta l’estate. La mia rabbia era Da noi l’istituzione erano i gruppi extraparlamentari di sini- al culmine. A Londra capivi che stava succedendo tutto e che stra, all’epoca davvero privi di autoironia, fantasia e capacità noi eravamo tagliati fuori. Lì ogni giorno nascevano nuove di ascolto, oltre che intransigenti, che non sapevano nulla del band punk e molti di quei musicisti, anche se modesti tecni- punk e di certo non potevano capire la nostra rabbia fatta di camente, stavano cambiando la storia del rock. I Sex Pistols in giubbotti di pelle nera, spille, capelli corti, borchie e gel. L’idea particolare, guidati da Malcolm McLaren, stavano mettendo giusta mi è venuta poco dopo, quando abbiamo annuncia- a ferro e fuoco l’Inghilterra, mentre le case discografiche se li to il primo concerto punk alla discoteca Piccola Broadway a contendevano. Io sognavo di fare qualcosa del genere in Italia. Milano: “4 ottobre”, recitava il volantino che distribuimmo Appena rientrato per prima cosa ho cambiato nome alla mia ovunque nelle scuole e nei centri sociali, “concerto punk a band, che fino ad allora si chiamava Trifoglio, per puntare su Milano con i Decibel”. È successo il finimondo. E ovviamente una parola semplice, forte e internazionale: Decibel. L’avevo non ci hanno fatto suonare. Anzi: non ho potuto nemmeno

Foto di Angelo Trani avvicinarmi alla discoteca e sono restato a guardare la scena ci obbligato a cantare in italiano (all’epoca era impensabile una CONCERTI LIVE da lontano. Si erano radunati centinaia di punk accorsi da tutta band italiana che cantava in inglese), diede inizio alla nostra Milano, gente mai vista prima. Eravamo riusciti a farli venire carriera musicale». fuori allo scoperto. Peccato che oltre a loro fossero arrivati an- che i cortei antifascisti di Autonomia Operaia e ci fu una specie Enrico, riavvolgiamo il nastro e torniamo a dove tutto è Dal 4 aprile di rissa, con l’intervento finale della polizia. Il risultato è stato Enrico Ruggeri è che, senza nemmeno suonare una nota, ero diventato famoso. cominciato… impegnato in un tour Radio Popolare volle intervistarmi subito e dal giorno dopo Nel 1977 in Italia nessuno ascoltava il punk e nessuno sapeva italiano: il prossimo ricevevo anche telefonate anonime con minacce di ogni tipo. chi erano i Sex Pistols. Io invece già negli anni precedenti avevo 24 maggio è al teatro Di quel concerto mancato ne parlarono anche i quotidiani notato i segnali di qualcosa che stava cambiando. Mi ricordo Colosseo di Torino. nazionali. E alla fine arrivarono pure i giornalisti musicali (tutta gli articoli di Manuel Insolera che leggevo negli anni ’70 su Informazioni: gente che ovviamente non sapeva nulla del punk) e Maurizio «Ciao 2001». Lui per me è stato importante, perché invece di • www.enricoruggeri.me Arcieri, dei Krisma, l’unico musicista italiano imparentato con parlare dei soliti cantautori e del rock anni ’60, scriveva delle •www.facebook.com/ il punk in quegli anni. Ci portò alla Phonogram che, dopo aver- New York Dolls e dei Roxy Music e poi di Bowie e Lou Reed. tuttorouge/ Nei suoi articoli, invece di recensire i soliti Neil Young e Gucci-

Sopra, ni, scriveva di un altro genere di musica. Ho scoperto così an- Rewind la copertina che i Tubes di White Punks on Dope. Erano anni davvero intensi del bootleg e tutta la rabbia che c’era in giro non poteva essere incanalata LIVE IN ITALY con il concerto solo nella musica prog. Il prog era una musica bellissima e la milanese ascoltavo anch’io. Ma era molto simile alla musica classica. Il Se la storia del punk inizia nel 1976 a Londra, con i primi concerti di Adam musicista prog era super preparato e veniva dal Conservatorio. dei Sex Pistols, e a New York con i concerti di Blondie, Television and the Ants. Quando lo ascoltavi o lo vedevi ai concerti ti scoraggiava. Ti e Ramones al GBGB, in Italia una vera scena punk viene alla luce dicevi «io non ce la farò mai, la musica non è roba per me». solo dopo le date di Adam and the Ants a Milano, nel 1978, un even- A destra, alcuni Io sapevo che non avrei mai suonato la chitarra come Steve to epocale che incoraggia le band nascoste nelle cantine a uscire fan dei Sex Howe, anche se ero stato mandato a scuola a fare solfeggio. La allo scoperto e a far nascere una “scena punk italiana”, che per lo Pistols (nel caso musica fatta in quel modo non era per i ragazzi come noi. Poi più aveva la sua base operativa il sabato pomeriggio alla fiera di non si fosse a un certo punto, nel 1976, arrivarono Ramones, Television, Sinigaglia di Milano e poi più avanti, dal 1979, all’Odissea 2001, un capito). Patti Smith e tanti altri nuovi gruppi. Non c’erano più gli assolo locale in via Forze Armate a Milano dove vennero poi a suonare negli né di chitarra né di batteria e la rabbia sembrava finalmente anni successivi molti dei gruppi più importanti della scena new wave libera di sfogarsi. inglese. Del concerto di Adam Ant esiste il bootleg intitolato sem- plicemente Milan 16.10.1978, rintracciabile online tra i collezionisti. Come si condivideva allora la voglia di cambiare? Di seguito le nove date che hanno fatto la storia del punk italiano: Era nell’aria. Eppure, anche se in televisione nel 1977 passò un 1. Decibel, Milano, 4 ottobre 1977, Discoteca Piccola Broadway servizio sui Sex Pistols, qui in Italia mancavano i locali, che da noi erano solo discoteche, e mancava l’interesse per la musi- (concerto annullato) ca come veicolo di espressione e di ribellione, visto che tutta 2. Adam and the Ants + Decibel, Milano, 16 e 17 ottobre 1978, X-Cine l’energia dei movimenti giovanili era canalizzata verso la poli- tica e i cortei in piazza. Per fortuna però c’erano alcuni negozi di via Ciro Menotti di dischi a Milano dove arrivavano le novità, per esempio da 3. Sabatok Folle, Milano, 9 dicembre 1978, Palazzina Liberty, festival Buscemi in corso Magenta e da New Cary in via Torino. Ma il posto per eccellenza per condividere dischi e cultura musicale patrocinato da Radio Popolare dove suonano TV Vampire (poi era la fiera di Sinigaglia di via Calatafimi, zona Ticinese, il sabato Gags), Borstal Dampers, Windopen ecc. pomeriggio, dove si radunavano centinaia di giovani, hippies 4. Bologna Rock, Bologna, 2 aprile 1979, Palasport, festival dove e punk, in cerca di dischi usati da comprare e da vendere. In suonano Skiantos, Gaznevada, Windopen ecc. fiera ci passavi il pomeriggio, parlavi con decine di altri ragazzi 5. Iggy Pop + Human League, Milano, 29 maggio 1979, Palalido come te e scambiavi dischi e idee. Andando lì riuscivi a sapere 6. Sex Party Punk con Decibel e 198X, Milano, giugno 1979, Galleria Preart, via Larga 11 7. Rock & Metropoli, Milano, 23 novembre 1979, Palalido, festival organizzato dalla Cramps con Jumpers, Kandeggina Gang, Kaos Rock, Skiantos ecc. 8. Ramones, End Of A Century Tour + UK Subs, Milano, 16 febbraio 1980, Palalido 9. Damned, Milano, 30 aprile 1980, Teatro Orfeo quasi tutto. In un’epoca senza internet quello era il centro del mondo, il social a nostra disposizione. Lì scoprivi che c’erano i concerti, per esempio tutti quelli venuti dopo il 1978 all’Odissea 2001 di viale Forze Armate a Milano, un locale che negli anni successivi ha catalizzato la scena punk e poi new wave in Italia, portando da noi tanti gruppi fondamentali come Pop Group, Slits, Bauhaus, Gang of Four, Echo & the Bunnymen, A Certain Ratio, Suicide e tanti altri. Tra gli anni del prog e dei cantautori, quando tu avevi quindici anni, e l’arrivo del punk, quando ne avevi venti, che cosa è successo? C’è stato soprattutto il rock decadente. Con David Bowie e Lou Reed. Ci sono stati i Roxy Music e, per i palati più fini, ci sono stati anche gli Sparks, i Cockney Rebel e i Mott the Hoople. In Italia non era una musica molto seguita e nemmeno amata, visto che all’epoca era quasi obbligatorio ascoltare i cantautori, per non parlare degli Inti Illimani o del country rock della West Coast. Come racconto nel mio libro (Sono stato più cattivo, Mon- dadori, 2017, Ndr), le prime amicizie degli anni ’70 nascevano sui banchi di scuola proprio partendo dalla musica. Uno dei miei

LA DISCOGRAFIA STORICA DEI DECIBEL 1978 Punk, Spaghetti Records 1980 Vivo da re, Spaghetti Records PUNK PLAYLIST primi compagni di banco si chiamava Carmelo e realtà. Ma non era facile, perché non 1982 diventammo inseparabili scoprendo il nostro co- avevamo l’eskimo, non avevamo i ca- Novecento, I 10 dischi da non mune interesse per le pagine di «Ciao 2001». Insie- pelli lunghi e la barba e io avevo anche la Spaghetti Records perdere secondo me suonavamo la chitarra e abbiamo fatto il nostro basetta alla Lou Reed di Rock N Roll Ani- Enrico Ruggeri primo gruppo. Doveva essere il 1972 e suonavamo mal, per non parlare dei Ray-Ban, che nel Sweet Leaf dei Black Sabbath. Con Fulvio Muzio, mio caso erano occhiali da vista ma che, 1. David Bowie altro mio amico storico, la scintilla dell’amicizia come ho raccontato più volte, mi hanno “Heroes” scattò in uno dei primi giorni di scuola, tra i banchi fatto rischiare spesso le randellate. del liceo classico Manzoni a Milano, quando lui mi 2. Iggy Pop disse quella che io ho definito la frase magica, quel- Alla fine, però, il punk è arrivato in Lust For Life la che ci ha unito per sempre: «Gli Inti Illimani mi fanno cagare». Dire una cosa del genere in quegli Italia... ed è diventato anche di sini- 3. Ramones anni equivaleva a sfidare l’establishment della cul- Ramones tura dominante dell’epoca. Fu lui a farmi scoprire i stra. Queen prima e i Roxy Music poi. Certo, questo è stato l’ennesimo qui 4. Sex Pistols pro quo paradossale. Dal 1980 in poi, Never Mind the Bollocks Come si muoveva un’anima punk in quegli il punk è diventato la musica dei centri sociali, con i gruppi della Cramps e della Great Complotto, 5. The Stranglers anni, tra il potere della sinistra da una parte oltre a quelli dell’area di Firenze, da cui poi sono emersi i Lit- No More Heroes fiba, i Cafè Caracas, i Moda (da non confondere con i Modà e i sanbabilini dell’estrema destra dall’altra? di adesso). Senza dimenticare i DeNovo di Catania e i CCCP 6. Ian Dury Con grande difficoltà. Perché, comunque ti muo- di Reggio Emilia, che sono diventati i più famosi di tutti. Per i New Boots and Panties!! vevi, rischiavi di prendere botte e insulti. La sinistra Decibel è stato un paradosso, come dicevo, perché mentre la era monolitica e anche omofoba. I dischi di David Cramps negli anni ’80 proponeva gruppi punk, tutti di sinistra, 7. Ultravox! Bowie venivano visti con sospetto perché la sua im- noi andavamo a Sanremo venendo nuovamente etichettati Ha!-Ha!-Ha! magine non corrispondeva al cliché del cantautore come traditori. Non a caso, al concerto dei Ramones del 1980 con la camicia a scacchi e la barba. In tutto questo, a Milano, i Decibel vengono presi di mira con cori di insulti da 8. Talking Heads poi, dovevi anche cercare di non farti associare ai parte del pubblico. Ho dovuto aspettare che si spegnessero 77 sanbabilini, peraltro lontanissimi dai miei gusti visto le luci per entrare e mischiarmi nella folla che ballava Hey Ho che ascoltavano la dance e impazzivano per John Let’s Go. Tutti i concerti punk di quel periodo ho dovuto vederli 9. The Clash Travolta e Donna Summer. Tutta musica rispetta- con il cappellino e senza i miei occhiali bianchi per non farmi The Clash bilissima ma che all’epoca rappresentava la scelta riconoscere. Salvo al concerto dei Damned all’Orfeo, nel 1980, peggiore possibile. Bisognava dribblare queste due dove l’ho fatta grossa presentandomi con i capelli ossigenati, 10. Larry Martin Factory Early Dawn Flyers And Electric Kids

Rewind Sopra, la pelliccia e gli occhiali bianchi. Ho voluto esagerare. E infatti Quando eri lì, poi, ti perdevi tra le proposte musicali e non a sinistra, non mi hanno fatto entrare. sapevi cosa vedere per la quantità di concerti che c’erano The Ramones: ogni sera. Andare a Londra mi è servito anche per farmi ve- Joey (Jeffrey E prima dei Decibel che cosa c’era di punk in Italia? nire molte idee su come proporci sulla scena musicale italia- Ross Hyman), Pochissimo. I Krisma di Maurizio Arcieri, che aveva suonato na. Malcolm McLaren che usa i Sex Pistols per scandalizzare Johnny nei New Dada negli anni ’60, avevano pubblicato il lungimi- l’Inghilterra pre-thatcheriana degli anni ’70 è stato un segno (John William rante Chinese Restaurant proprio nel 1977. Erano molto inno- rivelatore. Lui ha portato i suoi ragazzi in televisione scan- Cummings), vativi ed erano anche molto ricchi e si potevano permettere di dalizzando tutti. Poi in occasione del Giubileo ha pubblicato Marky (Marc prendere aerei per andare a vedere i Television a New York o la cover di God Save The Queen con la foto della regina con la Steven Bell) chi volevano a Londra. E ai tempi, se potevi fare tutto questo, spilla da punk. Lui in quel 1977 è riuscito a colpire il nervo sco- e Dee Dee alla fine facevi la differenza. Poi c’erano i Gaznevada di Bologna perto della società inglese. Che cosa potevo fare io? Attaccare (Douglas che però sono arrivati a esordire quando ormai erano diventati il governo Andreotti quando già lo facevano tutti aveva poco Glenn Colvin), un gruppo di new wave, con altre influenze. Ma c’era anche la senso. E così ho deciso di provocare quell’establishment fat- fotografati nel canzone italiana che subiva l’influenza del punk: prima di tutto to di movimenti studenteschi, Lotta Continua, Avanguardia marzo del 1980. Faust’o, un vero mistero della musica italiana, che ha fatto tre o Operaia e così via. Quelle erano le realtà monolitiche e inat- quattro dischi molto belli e poi è sparito. Poi Alberto Camerini taccabili dell’Italia di allora. A destra, e Ivan Cattaneo. Era veramente punk al cento per cento inve- Johnny Rotten ce il nostro primo album, Punk, datato 1978, e anche il nostro È nata così l’idea del concerto alla Piccola Broadway, il dei Sex Pistols concerto in via Larga nel giugno del 1979, in una galleria d’arte, è intervistato intitolato Sex Party Punk e organizzato da Graziano Origa, che primo concerto punk a Milano, giusto? a bordo per noi era l’Andy Warhol italiano, artista, fumettista e illustra- In quel clima politico era difficile soprattutto suonare, perché del “Queen tore, oltre che giornalista e poi direttore della rivista «Gong». È gli unici graditi da chi organizzava concerti erano i cantauto- Elizabeth” stato uno dei primi a darci fiducia già nel 1977. E lui raccoglieva ri e i gruppi che parlavano di lotta di classe, con le eccezioni in navigazione intorno a sé tutta l’intellighenzia milanese, tanto che quella di pochi gruppi prog. Già nel ’74 avevamo suonato al liceo sul Tamigi sera a vederci c’erano, tra i tanti, Maurizio Arcieri e Christina Einstein, portando per la prima volta in Italia sul palco le can- il 7 giugno 1977, Moser dei Krisma, Mario Luzzatto Fegiz, Giulia Borghese del zoni dei Roxy Music e lasciando tutti di stucco. Poi nel nostro durante il loro «Corriere della Sera», il famoso designer Giancarlo Iliprandi repertorio sono entrati molti altri pezzi di quel genere glam e Silver Jubilee e Mizio Turchet, uno dei geniali art director di Fiorucci. E al decadente, come Sweet Jane e I’m Waiting For The Man di Lou Boat Trip. mixer c’era Alberto Camerini! Reed. Ma nel 1977 la distanza era ancora più grande e l’onda- ta del punk inglese aveva dato voce a chi come noi sentiva il Che ruolo hanno avuto i viaggi a Londra in quell’epoca? bisogno di cambiare da molto tempo. L’idea del concerto alla Londra in quegli anni era una città dura, che non ti filava nem- Piccola Broadway di via Redi (angolo Buenos Aires, a Milano) meno di striscio, tanto meno se eri italiano. Le prime volte ci è nata nella casa di un amico che abitava di fronte al locale. Era si andava in macchina, a comprare gli amplificatori Marshall. il 4 ottobre 1977 e i volantini di quel concerto hanno scatenato una reazione che ha superato le nostre migliori aspettative.

Enrico Ruggeri Quali sono stati poi i concerti punk più importanti dell’e- passare dalla parte dei padroni. Io avevo le scritte sotto Per saperne casa che recitavano «Servo della borghesia». Però noi ci di più poca a Milano e in Italia? C’è stato qualcosa prima o dopo siamo divertiti e l’abbiamo vissuta bene, perché eravamo veramente molto diversi da quel mondo. Quando siamo Enrico Ruggeri, quello famoso di Adam and the Ants dell’ottobre 1978? arrivati c’erano gruppi tipo La Bottega dell’Arte e i Collage, Sono stato più cattivo, Il primo vero concerto punk italiano poteva essere quello degli con i capelli lunghi e le voci in falsetto. Poi c’era Pupo, c’e- Mondadori (2017) Heartbreakers allo Sporting Club di Santhià, in provincia di ra Toto Cutugno e veramente quelli che per noi erano il Vercelli, il 23 dicembre 1977. Noi Decibel eravamo la band di passato, morto e sepolto, anche se poi sono durati altri Stefano Gilardino, apertura. Poteva essere un evento epocale, ma alla fine i pro- quarant’anni anni. Noi eravamo i marziani. Avevo tutti La storia del Punk, tagonisti hanno dato buca e così abbiamo suonato solo noi. contro: da una parte i protagonisti storici di Sanremo e Hoepli (2018) Il pubblico è rimasto di stucco perché si aspettava un concerto dall’altra il nostro pubblico che si sentiva tradito. E in quegli natalizio e non una band punk! Ci siamo rifatti nel maggio del anni, quando avevi tutti contro rischiavi veramente la vita. Online: il sito 1978 aprendo il concerto degli XTC al Teatro Tenda di Varese. Non c’è stata più un’epoca come quella. Si veniva dagli anni elpasserotto.it Noi stavamo portando il punk in Italia, mentre gli XTC faceva- di piombo e per la strada i ragazzi si sentivano autorizzati curato da no già parte della nuova ondata post punk e new wave in arrivo a usare il randello e ad ammazzarsi. Il lato positivo, però, è Paolo Mazzanti da USA e Inghilterra, insieme a Stranglers, Costello, Ultravox, che poi tutto quello che ho vissuto dopo è stato in discesa. Police, Talking Heads, Devo e altri ancora. Pochi mesi dopo, Non ci sono stati altri periodi così. Roberto D’Agostino ci ha organizzato due concerti al Titan di Roma, che sono stati davvero l’apice della carriera punk dei Foto di Riccardo Ambrosio Decibel. Infatti sono finiti anche con qualche rissa. Comun- que il più importante e anche l’ultimo nostro concerto punk è DECIBEL, GALEOTTO FU SANREMO stato quello del 16 ottobre 1978 a Milano con gli Adam and the Ants all’X-Cine, oggi Teatro Menotti di Milano. Tutto è nato Dopo l’esordio folgorante di Contessa nel 1980, Enrico Ruggeri da un personaggio del sottobosco punk milanese, una certa è tornato tante altre volte a Sanremo come solista e finalmen- Rosso Veleno, che ci ha contattato perché sapeva che noi ave- te, nel 2018, di nuovo insieme ai Decibel, classificandosi al 16° vamo l’impianto. È stata lei a organizzare l’arrivo di Adam Ant posto con il brano Lettera dal Duca, una canzone dedicata a a Milano. Quel nome all’epoca era sinonimo di punk inglese al David Bowie, il “Duca Bianco”, di cui si ricorda la memorabile cento per cento. Era una delle 4 o 5 band di culto che ruotava- interpretazione in coppia con Midge Ure, l’ex chitarrista dello no intorno ai Sex Pistols e che hanno fatto parte del punk della storico gruppo new wave inglese Ultravox, nella serata dedicata prima ora, quello di Siouxsie and The Banshees, dei Sex Pistols, ai duetti. La presenza di Ruggeri e i Decibel al festival più impor- del film Jubilee e così via. Ragion per cui abbiamo accettato di tante della canzone italiana era ricominciata in realtà nel 2010 suonare gratis. Adam è arrivato a Milano il giorno prima e a quando, sempre nella serata dei duetti, avevano interpretato me è toccato il compito e l’onore di portarlo in giro per la città. insieme La notte delle fate. Il gruppo, con Fulvio Muzio e Silvio Visto da vicino, di giorno, era un tipico inglese gentilissimo e Capeccia, però, si è poi ricompo- molto timido, con gli occhiali spessi, perfino troppo delicato. sto solo nel 2014, durante il con- Mi colpiva questo suo modo di essere che contrastava con certo degli Spark a Londra, e nel la sua immagine sul palco, dove si toglieva gli occhiali e met- 2016 ha annunciato il ritorno sulle teva in scena un punk feroce e violento, raffinatissimo, con scene con una conferenza stam- un’estetica che tendeva al sadomaso. Purtroppo quella volta pa nello storico Liceo Berchet di l’emozione non ha giocato a nostro favore e il nostro concerto, Milano. Nel 2017 è così uscito il contrariamente a quello di Adam, non è passato alla storia disco Noblesse Oblige e, oggi, il come un successo. La formazione però me la ricordo ancora: nuovo album Alma, di cui trovate Pino Mancini alla chitarra, Roberto Turatti alla batteria, Paolo la recensione a pagina 64. Lovat al basso al posto del solito Erri Longhin e io alla voce. Quei Decibel si sono sciolti poco dopo. Ma forse meglio così, perché il punk era già finito ed era già forte la voglia di cambiare aria e di fare altre cose. Poi Sanremo e il successo? Andare a Sanremo è stata la svolta che volevo a tutti i costi. Quando me lo hanno proposto ho detto subito sì. Lo avevano proposto anche agli Skiantos, che però poi nelle fasi di sele- zione sono stati scartati. Loro hanno così potuto continuare a sputare sull’establishment. Noi invece siamo passati dall’al- tra parte. In quegli anni andare a Sanremo, infatti, voleva dire

foto di Oliviero Toscani L’ IN FIN ITO INIZIA DA QUI D I Roberto Vecchioni

ROBERTO VECCHIONI SI RACCONTA In un periodo in cui tutto si dissolve nella liquidità e nella precarietà culturale, la canzone d’autore parla ancora alle nuove generazioni. Parola di Roberto Vecchioni B come se avessi bisogno di un’etichetta, come per significare “sì, insomma, quello lì, bravo, per carità, Bisogna amare ciò che si vive, non solo la vita in sé ma...”. Questa storia del “cantautore Vecchioni” mi mandava in bestia, innanzitutto perché non ero e che è un’astrazione, ma gli atti, i gesti, le scelte, gli non sono un cantautore, e poi perché mi sembrava proprio riduttivo come un modo per sbolognare entusiasmi, le sconfitte, i progetti che ci costrui- qualcuno e via. Chi si crede un artista è quasi sem- pre pieno di sé, ché se no farebbe altro. Nessuno sci dentro. E bisogna amarli incondizionatamente, mi conosce veramente, mi dicevo, ho dato l’anima per più di quarant’anni e sono noto soltanto per Sa- che siano gioia o dolore, vittoria o sconfitta, pietre marcanda e Luci a San Siro. La cosa stava prendendo una brutta piega e bisognava raddrizzarla prima che sparse o monumenti. Il mio ultimo disco parte dai diventasse una crisi vera e propria. E così ci pensai. E mi pensai. Ci pensai e mi pensai a lungo. Il punto miei romanzi, Il mercante di luce e La vita che si ama, di rottura giunse quando una signora tirandomi per la camicia mi cinguettò: “Ma lei è il signor Venditti, e vuole invertire la tendenza di facciamo un selfie?”. E io: “Signora, io mi chiamo Battiato”, le risposi incazzatissimo. E lei: “Il cantau- «Il punto di rottura oggi al lamento: esiste uno spa- tore Battiato?”. E qui il mondo si capovolse. La pa- rola magica. Va bè, va bè, ero stato scambiato per un giunse quando zio enorme di felicità intorno a altro, ma ci stava. Epperò Battiato l’aveva chiamato una signora noi, che spesso non vediamo “cantautore”. Non ero il solo. Sì, ma non sapeva chi tirandomi per perché pretendiamo troppo dal ero. Io avevo scritto canzoni di cui vado fiero, al dia- destino invece di darci da fare. È volo la falsa modestia, come L’ultimo spettacolo, Il cielo capovolto, La stazione di Zima e quella lì, ma non la camicia mi qualcosa, il superamento di una solo lei, non aveva la minima idea di cosa fossero. cinguettò: “Ma lei condizione esistenziale, che ho Giusto così, mi dissi. Quelle canzoni erano grandi è il signor Venditti, voluto mettere nero su bianco proiezioni nel cielo notturno e non toccavano terra, anche nel libro che accompagna non potevano essere viste da così lontano, e io non lo capivo, o forse lo capivo benissimo e scacciavo facciamo un questo nuovo album, L’infinito: l’idea per la paura di tradirmi, di cadere in basso. selfie?” » «C’è stato un momento, im- Non avevo mai considerato che c’è modo e modo provviso, in cui mi sono ferma- di scendere più in basso e che il “bello” a volte non è alto e non è basso. Puoi essere aereo e transmediale to. Mi sono guardato dentro con quanto vuoi ma devi pure lasciare qualche indizio, indicare una traccia a chi ascolta. È la forma che un misto di noia e scontento. Ero famoso, sì, ero non ti deve tradire mai. L’oscurità non è in sé un segno di superiorità, ma di incertezza. Certo ogni “il Professore”, riempivo i teatri, ma avevo la con- tanto ci si può levare lo sfizio, ma la metafora in canzone non è e non deve essere quella della poesia vinzione che nessuno mi prendesse veramente sul scritta, deve concedere un varco, un piccolo “led” serio, critici compresi. Mi chiedevo perché i gior- nalisti chiamassero Battiato Battiato, De André De André e invece me “Il cantautore” Vecchioni,

Roberto Vecchioni nei primi anni ’70, l'età dell'oro della canzone popolare d’autore. Poca scena, molta sostanza

ROBERTO VECCHIONI SI RACCONTA in sintonia con chi ascolta. Non si può pretendere L’ i n f i n i t o da un pubblico di tradurre un codice, non gli si può chiedere di emozionarsi, se non capisce per cosa Cinque anni dopo Io non appartengo più (2013), è arrivato nei negozi L’infinito, il ti emozioni tu. Vuoi startene in una torre d’avorio nuovo album di Roberto Vecchioni con dodici brani inediti e disponibile in vinile a snocciolare l’incomprensibile? Vuoi recitare in Limited Edition e Cd, quest’ultimo in edizione Deluxe arricchita dal saggio Le pa- uno specchio? E perché mai allora non ti chiudi in role del canto. Riflessioni senza troppe pretese. L’album, prodotto da Danilo Man- una stanza e canti per te solo? Fuori, fuori bisogna cuso per DME e distribuito da Artist First, contiene anche l’eccezionale ritorno al andare, mica solo tra i “tuoi”, quelli che ti vengono canto di Francesco Guccini che, per la prima volta, duetta con Roberto Vecchio- dietro, ti sentono uguale a loro. Così, una mattina ni nel brano Ti insegnerò a volare, ispirato all’esperienza di Alex Zanardi. L’album mi alzai che non c’era più nemmeno il caff

ROBERTO VECCHIONI SI RACCONTA VECCHIONI SCELTO È giusto, ovviamente, sentire La strana coppia DA VECCHIONI la musica ovunque, in macchi- Inciso tra i solchi del nuovo album di Roberto Vecchioni troviamo il contributo di due artisti tra molto molto di- Elisir na o quando si cammina per la versi come Francesco Guccini e Marco Castoldi, in arte Morgan: «Francesco.... so tutto di lui. È un uomo colto, un Samarcanda strada, ma non per questo deve meraviglioso naïf, un personaggio tutto d’un pezzo e dalla cultura fortemente contadina, oltre che americana. Co- Per amore mio essere consumata velocemen- nosce molto della modernità. È un ricercatore dubbioso del mondo: le sue caratteristiche fondamentali sono la te e casualmente. Perché que- nostalgia e il dubbio. I suoi migliori dischi sono dedicati a questi due sentimenti: Amerigo e Stanze di vita quotidia- sta è canzone d’autore, canzo- na. In tutti c’è nostalgia e dubbio, perché il mondo non si sa mai com’è. La locomotiva, invece, per lui è un’eccezione, è ne di impegno, fatta di verità. una ballata che ha trovato per caso. L’uomo Guccini è cre- puscolare, nel senso buono, innamorato di quello che fa e Contiene parole e cose vere o verosimili, con cui ingenuamente pieno di sé. Non avrebbe mai cantato con nessuno. Ma quando sono andato a fargli sentire il brano, costruiamo personaggi o inventiamo favole, ma Ti insegnerò a volare, ha voluto cantarlo. Credo sia il disco più bello della mia vita, in cui torno a fare canzone d’autore. dentro ci dobbiamo mettere la verità, che resti per E lui mi ha dato ragione. E ha cantato. Poco, ma ha cantato. E facendolo ha messo un marchio non solo su quella can- sempre, che faccia pensare e che, quindi, non deve zone, ma sull’intero disco. Morgan, invece, è tutta un’altra storia: lui è uno dei più grandi musicisti viventi. È talmente essere liquida. Anzi, devi sentire che il disco pesa, avanti, che fa cose che nessuno capisce e che sono quasi sempre troppo straordinarie. È fuori da ogni norma e ha devi tenerlo in mano e deve riempire il tuo spazio. una inclinazione al sentimento fortissima. Nessuno le sa queste cose, perché la sua vita privata non coincide con Deve esistere. Una cosa del genere non può svanire questo suo talento. Nel suo libro autobiografico (Il libro di Morgan. Io, l’amore, la musica, gli stronzi e Dio, Einaudi) ha nell’etere, non può essere trattata come prodotto di scritto che lui ha cominciato a suonare dopo aver visto con suo papà un mio concerto. Da allora mi considera un consumo, veloce, casuale e scaricabile con un click. po’ come un padre. Ha cantato in Come è lunga la notte tutta la parte in cui io ho scritto in terza persona di me, Del resto, se qualcuno dirà che sono superato, è come se mi vedessi da fuori. vero che sono un uomo del ’900. E ne sono orgo- glioso, perché è stato un secolo che ha inventato tante cose. Dalla fisica quantistica alla relatività e dal jazz alla musica leggera e al rock. Allora, sic- come ho cinquant’anni, ma di carriera, mi sono detto che me lo posso permettere di essere un po’ snob e datato. Perché a questo punto per me non si tratta di vendere o di soldi: la canzone d’auto- re è una scelta e un modo per stare con le persone come me, per fare cultura, nel senso bello del ter- mine, quello con la “c” minuscola, che è quello che hai dentro e che fa parte della nostra storia e della nostra memoria. Quindi ho fatto questa richiesta al distributore: solo Cd e vinile. Il vinile del resto oggi è tornato per tutti e tutti hanno di nuovo un giradischi in casa. Anche quelli da 100 euro vanno benissimo: io ne ho due o tre ma ne uso sempre uno di quelli compatti, che costano pochissimo, perché è più pratico. Il vinile ti restituisce il gusto per la lentezza e la pazienza. Come nello slow food: le cose che ti piacciono devono essere assaporate piano piano. Il vinile ti obbliga a questo: non ci sono tastini e comandi istantanei, devi alzarti e appog- giare la puntina ogni volta. Il vinile è parte di un nuovo umanesimo che ci spinge a tornare a essere persone normali, vere. RIPRENDIAMOCI LA CANZONE D’AUTORE Oggi non esistono più lo spazio e il tempo per pen- sare la canzone d’autore, per capirla e per avere il tempo di crearla e di usufruirne. Negli anni ’70 era diverso: c’era tanta ricerca, di parole, di sentimenti, di idee. Le canzoni di Guccini o di De André erano storie che avevano un respiro che oggi non c’è più.

Quel periodo è stato speciale. È stato un momen- LA DISCOGRAFIA to costruttivo e irripetibile, dopo la ricostruzione fisica del Dopoguerra e il boom economico. Un Più di quarant'anni periodo in cui i padri non capivano più i figli, che di produzione artistica, dovevano quindi ripensare un mondo tutto nuo- dal vinile al Dvd. vo in cui vivere. Poi c’era il vento esistenziale che A sinistra, vinyl only... soffiava dalla Francia, le canzoni di Juliette Gréco e Yves Montand, e anche di Aznavour. Una cultura 1971 Parabola Parabola (1971) dell’io che tornava fuori, dell’uomo che si indaga e 1972 Saldi di fine stagione Elisir (1976) si interroga sull’amore, sul dolore, condividendo 1973 L’uomo che si gioca con gli altri la sua storia e le sue ricerche. Pensate Samarcanda (1977) a Tenco e a Paoli: anche loro erano esistenziali. E il cielo a dadi Calabuig... (1978) loro ci hanno portato fino a De André e Guccini, 1973 Il re non si diverte Robinson (1979) con cui la canzone si è estesa, dall’amore e dall’io 1975 Ipertensione fino al mondo intero. Come è successo anche nel- 1976 Elisir la canzone americana, da Bob Dylan e Leonard 1977 Samarcanda Cohen fino a Bruce Springsteen. Ma da noi con la 1978 Calabuig, stranamore cultura umanistica italiana che è superiore a quella americana. E quindi con alle spalle un vero roman- e altri incidenti ticismo, una profondità diversa, che nella cultura 1979 Robinson, come salvarsi americana non c’era. Loro raccontano fatti, cose, avvenimenti. Hanno il ritmo. Ma usano una termi- la vita nologia semplice, accessibile, con poche metafo- 1980 Montecristo re. Noi italiani usiamo la metafora fin dai tempi di 1982 Hollywood Hollywood Dante e Petrarca. La nostra canzone ha alle spalle 1984 Il grande sogno (nuove tutta la cultura europea, che è antica. Credo che un giorno tutto questo dovrà essere rimesso a posto. incisioni di vecchi brani, Pesi e misure tra noi e gli americani vanno ricon- sei inediti, due reprise siderati. e un volume con poesie di Vecchioni, disegni LA PASSIONE PER LA VITA e storie di Hugo Pratt, Milo Manara, Moebius La canzone d’autore è frammentaria. Parla di amo- e Andrea Pazienza) re. Di libertà. Di giustizia. Di passione. Ma sempre a 1985 Bei tempi momenti, senza un sistema. Non arriva mai al pun- 1986 Ippopotami to centrale, che è solo uno e di quello bisognerebbe 1989 Milady parlare. Mi sono chiesto a lungo quale sia questo 1991 Per amore mio punto e ho trovato la risposta. Il punto è la vita. 1992 Camper Non come concetto astratto, non ce ne frega nien- (live con un inedito) te dell’astrazione. La vita come cose vissute, che ci 1993 Blumùn hanno fatto stare male, bene, gioire e desiderare. La 1995 Il cielo capovolto vita come le cose che si toccano. La vita come stra- 1997 El bandolero stanco ordinaria bellezza, per poter resistere nel dolore e 1999 Sogna ragazzo sogna nella gioia. Dobbiamo prenderci tutto. La vita vale, 2000 Canzoni e cicogne la vita conta. Ho detto basta alla vita inutile, alla vita (live con due inediti) che genera rabbia e che cantano in tanti. Ho scelto 2001 Live @RTSI invece la vita come forza positiva, come qualcosa 2002 Il lanciatore di coltelli che vale, che conta. Ho detto basta al piangersi ad- 2004 Rotary Club of Malindi dosso. Guardiamola la vita. Amiamola. 2005 Il contastorie (live con un inedito) LE CANZONI 2007 Di rabbia e di stelle 2009 In Cantus Per Una notte, un viaggiatore ho preso come spunto il (live con inediti) romanzo di Calvino dove le storie cominciano e non 2011 Chiamami ancora amore si sa mai come vanno a finire. Si entra in una nebbia (nuove incisioni di brani editi, tre inediti e due cover) 2013 Io non appartengo più 2018 L’infinito Per amore mio (1991)

«BELLA LA TUA CANZONE...» Erano i primi anni ’70, non sono sicu- sono tanti. Francesco per me è un can- Il Professore ro, credo fosse il 1974. Sono a Sanremo, tore, che è una parola anche più nobile e è una grigia giornata di pioggia. En- sacra. Siamo quelli degli anni ’70 e ’80, Sposato con Daria Colombo, Roberto ha quattro tro nel famoso Hotel Des Estrangers e abbiamo addirittura esagerato con le figli e vive a Milano, dove è nato il 25 giugno 1943 vedo nell’atrio uno strano personaggio. parole e i dubbi, con i miti, con i pensieri. da genitori napoletani. Laureatosi in Lettere an- Vado a sedermi di fronte a lui. Lo avevo Abbiamo esplorato ogni mondo imma- tiche presso l’Università Cattolica di Milano, vi sentito, certo. Ma non lo avevo mai vi- ginabile, rimanendo sempre in quella resterà ancora per due anni come assistente di sto. Il patron del Tenco me lo presenta: dimensione di incertezza, di dubbio, di Storia delle religioni. Prosegue poi per trent’anni la «Caro Roberto, lui è Francesco Gucci- tempo che fugge. Non arrivavamo mai a sua attività d’insegnante di greco, latino, italiano e ni». Francesco alza lo sguardo e mi dice nessuna conclusione. Non ci siamo mai storia nei licei classici, ragione per cui verrà sem- «Ho sentito una bella canzone, quella arrivati. Sicuramente pretendevamo pre soprannominato “Il Professore”. La sua attività che parla di stadi e di calcio». Si riferiva anche troppo da noi. Una ricerca conti- nel mondo musicale inizia negli anni ’60, quando ovviamente a Luci a San Siro, mi stava nua di astrazione, in ogni canzone. Scri- comincia a scrivere canzoni per artisti affermati. prendendo in giro. Io non ho perso tem- vevo e mi trovavo dopo anni a non capire Nel 1971 incide il suo primo album, Parabola, che po e ho risposto «Sì sì, non è male nean- quello che volevo dire. Alla fine del ’68, contiene la celeberrima Luci a San Siro. Nel 1973 che la tua del trenino che va a spaccarsi». fino agli inizi degli anni ’70, tutto era so- partecipa al Festival di Sanremo con L’uomo che si Parlavo de La locomotiva. È iniziato tutto gno e illusione. Non voglio pensare agli gioca il cielo a dadi. Nel 1974 vince il premio della così tra noi. Abbiamo preso un whiskey anni peggiori, ma a quelli belli, iniziali. critica discografica come miglior disco dell’anno e un bourbon, una Canon. E siamo an- Quando si stava nelle aule delle scuole per Il re non si diverte. Il successo arriva nel 1977 dati in giro per Sanremo a fare fotografie a parlare e discutere. Ho scritto canzoni con l’album Samarcanda cui fanno seguito più che oggi risultano sporche e sbilenche. di cui sono orgoglioso, non voglio esse- di venti album e altrettante raccolte. Nel 1992 il Non ci siamo più lasciati da allora, non re modesto. Erano anni in cui si curava brano Voglio una donna vince il Festivalbar come fisicamente, ma artisticamente. Ideal- l’estetica, non l’anima. C’era la paura di canzone più ascoltata dell’anno. Nel 2011 stravince mente, sentendoci entrambi consape- calare, quella che ti fa scrivere in modo al Festival di Sanremo con la canzone Chiamami voli di essere in questo mondo per dire alto e inutile. Invece va tenuta una me- ancora amore che dà il titolo all’omonimo album. qualcosa. dietà, senza mai abbassare la guardia. Vecchioni è anche autore di saggi, recensioni e Ho fatto una fatica immensa a tirarlo Perché la parola è la cosa più importante articoli per i più autorevoli giornali nazionali. È l’u- fuori dalla tana. Non cantava da sette che abbiamo. La lingua italiana è la più nico artista ad aver vinto insieme il Premio Tenco anni. Cosa abbiamo fatto in tutto que- bella e importante del mondo. E la stia- (1983), il Festivalbar (1992), il Festival di Sanremo sto tempo? Abbiamo semplicemente mo perdendo. Eravamo come poeti, ma (2011) e il Premio della critica “Mia Martini” (2011). indagato, cercato. La canzone d’autore la musica è più accessibile, può dare an- è un termine che non mi piace, gli autori che emozioni più immediate.

ROBERTO VECCHIONI SI RACCONTA da cui emergono fantasmi: un luogo-non luogo dove L’infinito (2018) Side B non si capisce nulla e nemmeno si sa perché si è lì. Vai, ragazzo Nella valigia, l’unico bagaglio che ci è stato concesso, Side A Ogni canzone d’amore si nasconde il segreto. Ma la valigia non possiamo Una notte, un viaggiatore Com’è lunga la notte aprirla, possiamo solo immaginare cosa ci sia den- Formidabili quegli anni Ma tu tro e averne una risposta emotiva. L’infinito è solo in Ti insegnerò a volare Cappuccio rosso parte un disco autobiografico; dentro si muovono (Alex) Canzone del perdono altri uomini e donne reali, che a volte si raccontano, Giulio Parola a volte sono raccontati nel loro straordinario amore L’infinito per ciò che si vive. E così la storia di Giulio Regeni (Giulio), rivissuta nell’illusione della madre che non può crederlo morto e lo racconta con salti nel tem- po, ora bambino, ora adolescente, ora uomo, sempre dolcemente addormentato lì a casa sua. La passione di Cappuccio rosso, Ayse, che va a morire contro l’Isis è ripercorsa da lei stessa in un’immaginaria lettera dal fronte al suo amore. Niente di epico, tutto sem- plicemente umano. In Ti insegnerò a volare è l’amore invincibile di Alex Zanardi a parlare, a ricordare, ed è lui che spiega come fare a rialzarsi. Sulle orme di Itaca di Costantino Kavafis, Alex diventa maestro per dire ai ragazzi che la passione per la vita è più forte del destino. La Canzone del perdono (solo sul Cd) è un omaggio a papa Francesco, quasi una nota a piè di pagina della mia vecchia Stazione di Zima. Vai, ragazzo è un inno alla mia passione per gli studi clas- sici: continuo a pensare che aiutino a tracciare una linea di confine tra vivere la vita o transitarci dentro e basta. In Com’è lunga la notte parlo di me a balzi nel tempo. L’ultima strofa è in terza persona, come se mi guardassi da fuori, e allora a cantarla è il mio amico Morgan. Formidabili quegli anni è uno scippo a Mario Capanna, ma non si tratta di nostalgie per ciò che è stato il ’68 ma di com’ero io in quel periodo, dei sogni e delle speranze che avevo. Perché per me non esiste un “c’è stato” o un “ci sarà”: il mio orologio è fermo in un continuo presente, quello della mia anima e del- le mie convinzioni. E ovviamente non mancano le canzoni d’amore. Ogni canzone d’amore è un madriga- le di una semplicità assoluta: mi divertiva l’idea che tutti i poeti del mondo, senza saperlo, avessero scrit- to d’amore per mia moglie. L’altra canzone d’amore, Ma tu, è su due piani e due tempi che s’intersecano, e due sono le donne: la prima e l’ultima. Enorme è la differenza tra un sentimento profondo e l’immagine di un sentimento ma entrambe le canzoni hanno un loro posto nel cuore. Parola infine è un’elegia sulla morte del linguaggio, l’unico brano apparentemente fuori tema. Ma nella sua malinconia impotente, il finalino felliniano è messo lì a dire che la speranza non muore. A sinistra, tris d’assi al Club Tenco: Roberto Vecchioni, Francesco Guccini e Paolo Conte a metà degli anni ’70

Rewind Di padre in figlio

Cristiano De André L’utopia e la realtà, la libertà dell’artista e il confronto con un’eredità bellissima ma ingombrante. «Risvegliare le coscienze: mio padre diceva che noi cantanti portiamo un messaggio e in questo non posso che appoggiarlo». Parla Cristiano De André D I Giuliano Donati CRISTIANO DE ANDRÉ nasce a Genova il 29 dicembre 1962 e Il tour cresce a pane, musica e teatro, tanto che già a 11 anni si avvicina alla chitarra e a 17 al violino, che studia poi per cinque anni al “Storia di un impiegato” è un tour ispirato al celebre concept album di Faber, conservatorio. Come potrebbe, lui, figlio del grande Fabrizio, che porterà Cristiano in giro per tutta Italia. Una vera e propria opera rock: uno dei maggiori cantautori italiani di sempre, sfuggire a questo «Ci sono molti brani di mio padre rifatti con arrangiamenti rock e psiche- destino? Con la sua prima band, Tempi Duri, insieme a Carlo delici, integrati dalle riprese del giapponese Natsumi Corona, che riper- Facchini, Marco Bisotto e Carlo Pimazzoni, pubblica nel 1982 il corrono tutto il viaggio, dall’epoca del 1968 ai giorni nostri, un po’ alla Pink primo omonimo singolo e l’anno successivo l’album di esordio Floyd, molto sinfonico ed elettronico. L’esperienza può essere apprezzata Chiamali Tempi Duri, da cui nasce anche un tour. E sempre con sia da chi conosce già la musica di mio padre sia da chi la vuole scoprire. questa band accompagna il padre Fabrizio nel 1981 e nel 1984 È un viaggio musicale, culturale e visivo, che spero possa coinvolgere tutti, nella tournée di Crëuza de mä, per poi iniziare, nel 1985, una car- giovani e meno giovani». riera solista che ha come primo passaggio la partecipazione al Le prossime date previste sono il 30 gennaio all’Obihall di Firenze, il 7 feb- Festival di Sanremo con il brano Bella più di me, vincitore del Pre- braio al Teatro Regio di Parma, l’11 febbraio alla Cavea Santa Cecilia di Roma, miodellacritica.Ilfeelingcon Sanremoèunacostante:nel1993 il 4 marzo all’Alcatraz di Milano, l’11 marzo al teatro Colosseo di Torino. arriva secondo tra i big e vince il Premio della critica con Dietro la www.facebook.com/CrisDeAndre - twitter.com/Cristiano_De_A porta, premio in cui ottiene il tris nell’edizione del 2014, con Invi- sibili. Nel frattempo sono passati più di dieci Lp, ma la passione memoria. Mi è parsa una bella cosa proseguire il suo lavoro, per la musica non è diminuita, così come la voglia di affrontare caratterizzandolo con nuovi arrangiamenti che possano nuove sfide artistiche. La più recente, arrangiare e riproporre esprimere la mia personalità musicale e allo stesso tempo dal vivo Storia di un impiegato, il concept album pubblicato da regalare un nuovo vestito alle opere, una mia impronta. Con Fabrizio De André nel 1973, ha significato per Cristiano ripor- questo tour voglio risvegliare le coscienze: mio padre diceva tare in auge «i figli della rivoluzione pacifista: l’utopia, l’anarchia, che noi cantanti portiamo un messaggio e in questo non il Sogno, da una parte, il Potere, la paura, l’inabissamento delle posso che appoggiarlo. Come ha scritto Alfredo Franchini, qualità individuali a discapito delle esigenze globali, dall’altra». Storia di un impiegato è un’opera adatta per capire i sogni di chi Oltre che confrontarsi con l’eredità paterna. credeva in un mondo migliore, di coloro che non si accon- tentavano di un lavoro qualsiasi solo per sbarcare il lunario. Come è nata questa tua voglia di portare avanti È un disco che anticipa i tempi, perché mette in discussione il patrimonio artistico di tuo padre? le basi su cui si fonda il potere. Dopo che avevo arrangiato l’ultimo concerto del 1998, Fa- brizio mi chiese di portare avanti il suo messaggio e la sua

Rewind Growin' Up... Alcune immagini di Cristiano da giovane, tra la passione precoce per la musica e il complesso rapporto con il padre Fabrizio. Perché proprio il ’68? Come erano quei concerti? Perché la questione scottante è quella temporale: sono pas- Pericolosi. C’erano spesso scontri e non era difficile che vo- sati cinquant’anni e quel disco, anche se è uscito nel 1973, lassero anche le molotov. Erano anni di “lotta dura, senza in realtà parlava proprio di tutto quello che ha significato il paura”, come recitava uno dei tanti slogan dell’epoca. Non ’68, dalla rivoluzione del maggio francese fino alla nascita era un periodo facile, soprattutto con gli operai, che affron- di tutti i tumulti giovanili, fino alle stragi di Stato e agli Anni tavano momenti difficili di lotta, e la Democrazia Cristiana di piombo, che hanno chiuso quella fase storica. È stato un che era un muro incrollabile. Poi quella tensione è sfociata periodo caldo e di ribellione in cui il potere aveva una gran- in quello che sappiamo. Il rapimento di Aldo Moro, la stra- dissima urgenza di affermare se stesso, forse perché era stato ge di Bologna, gli Anni di piombo, le tante cose che oggi messo in discussione. Sono stati anni molto particolari della a cinquant’anni a volte riconosco ancora e che non sono nostra storia. Dietro le barricate c’erano i contestatori, quelli cambiate. Il potere è sempre lo stesso e ha sempre lo stes- che sognavano un mondo anarchico, ispirati dall’esempio di so significato. Ogni potere che si succede prende le veci di una società libera come quella degli indiani d’America, fino quello precedente e fa le stesse cose. C’è una bella frase di al movimento degli Indiani metropolitani. mio padre nel testo di Nella mia ora di libertà: “Certo bisogna farne di strada/da una ginnastica d’obbedienza/fino a un Tu eri molto giovane... gesto molto più umano/che ti dia il senso della violenza/però bisogna farne altrettanta/per diventare così coglioni/da non Io ero piccolo, ero un bambino... poi nel 1973 quasi un ragaz- riuscire più a capire/che non ci sono poteri buoni”. zino, ma mi ricordo molto bene quel momento. Mi ricordo l’aria che si respirava, e che si respirava ancora nel 1975. In Qual è l’eredità più importante di tutto questo? Italia, quella è stata un’epoca unica. Quindi all’anniversario di quell’anno si somma il fatto che per me quel clima è un L’eredità di cui tutti oggi beneficiamo è proprio quella che è nata ricordo molto forte, è il sogno con cui sono cresciuto. Mi allora con i movimenti pacifisti degli anni ’60 in America, con gli ricordo, per esempio, quando ho accompagnato mio pa- hippies, e poi arrivati fino agli Indiani metropolitani degli anni dre in tour con i New Trolls nel 1975. Si respirava un’aria di contestazione pazzesca e lui con quell’album è stato molto contestato, perché non voleva schierarsi politicamente in un momento in cui tutti cercavano una bandiera politica sotto cui stare. Lui, durante i concerti, quando sentiva anche solo un fischio si fermava e cominciava a parlare anche per venti minuti ai compagni e a chi manifestava. Una volta gli ho fatto anche uno scherzo: gli ho fischiato io. Eravamo in provincia di Como, al palasport di Cantù, e anche quella volta lui si è fermato e ha fatto venti minuti di monologo. Oggi il ’68 è ancora importante, perché non fu tanto una rivoluzione politica quanto sociale e culturale, e per questo è stato uno spartiacque tra il passato e il futuro che viviamo ancora oggi.

Cristiano De André De André canta De André Cristiano De André, unico vero erede del patrimonio musicale deandreiano, ha attinto dall’immenso repertorio di Fabrizio rileggendo il disco del 1973, un concept album sempre più attuale «sugli anni di piombo e sulla speranza di costruire un mondo migliore». Storia di un impiegato, infatti, racconta il gesto di un impiegato degli anni ’70, animato dal ricordo della rivolta collettiva del maggio francese del 1968. «Il Sessantotto non fu tanto una rivoluzione politica, quanto sociale e culturale: anni di “lotta dura, senza paura”, come recitava uno dei tanti slogan, ma anche uno spartiacque tra passato e futuro». Cristiano De André e Stefano Melone (alla produzione artistica) hanno dato una nuova vita musicale alle canzoni del disco, un suono rock-elettronico, calibrato sui momenti psicologici del protagonista della storia, dall’iniziale clima di sfida dettato dall’in- troduzione sui giorni del Maggio francese sino al fallito attentato e al carcere. Canzoni celebri come Il bombarolo e Verranno a chiederti del nostro amore si affiancano ad altri brani di repertorio che hanno affrontato il tema della lotta per i diritti, come La guerra di Piero, tutti contenuti nei 3 progetti discografici di grande successo: De André canta De André, Vol. 1 (2009), De André canta De André, Vol. 2 (2010) e De André canta De André, Vol. 3 (2017). ’70 in Italia, formati da tutta quella gente che aveva capito quello Una volta ai concerti c’era la politica e volavano che mio padre cantava proprio in questo disco. Come la storia le molotov. E oggi? di quell’impiegato che sceglie di togliersi dalle manifestazioni, dove rischia di finire in galera o di essere ammazzato per cause Il mio, oggi, è un sogno musicale e pacifista, moderno e at- che alla fine non sono così importanti, e che decide invece di tuale, perché alcune cose non sono cambiate. Il potere ci volere abbattere il potere da solo e, quindi, di mettere una bomba condiziona sempre, anche se adesso lo fa con le fake news a un ballo mascherato dove ci sono tutti questi politici. Nel suo e utilizza altre vie per governarci. Il mio è quindi un sogno sogno lui riesce a farlo ed è allora che il giudice gli dice «oggi tu musicale anche contro tutto questo berlusconismo che dura sei il potere, che cosa vuoi fare?», così che si ritrova dall’altra parte da quarant’anni e che ha cancellato l’arte e la cultura. Nel a fare lo stesso gioco di chi aveva il potere prima di lui. pezzo sulla cima genovese, ’A çimma, si parla di un cuoco che si fa in quattro e fatica per creare il famoso piatto della mia Come nasce questo tuo ultimo tour? città, una tasca di vitello con il ripieno fatto di tante cose, uova, piselli, prosciutto, e che richiede un sacco di tempo per Nasce con Stefano Melone alla produzione artistica ed è una essere preparato. Il cuoco ci lavora fin dal mattino, mette una riproposizione di quest’opera in una chiave molto rock, in cui scopa vicino al camino per fermare le streghe, ma alla fine entrano tutti gli stili musicali che ho attraversato, dalla classica di il piatto gli riesce perfettamente e la offre ai commensali. A Čajkovskij e Mozart fino al rock e al rock duro o elettronico, come questo punto, però, lo mangia il primo che capita, che non quellocheavevosperimentatonelmioalbumScaramante.Cisono capisce niente, a cui non interessa nulla di ciò che rappresen- i suoni dei grandi gruppi che ho amato, dai Pink Floyd ai Radiohe- ta e che gli dà una coltellata con noncuranza, come fosse una ad,echehannoabbracciatolamiaesistenzamusicale.Neèvenuto alimento qualsiasi. Allora il cuoco si arrabbia e dice: «Man- fuori un linguaggio musicale che mescola diversi stili e questa è la giate, mangiate, non saprete chi poi vi mangerà!». Questa è cosa che mi è piaciuta di più, il fatto di averci messo dentro tanti la fine che fa oggi l’arte, che viene mangiata e fatta a pezzi riferimenti, tutti quelli che fanno parte della mia crescita artistica. da persone misere, che non la capiscono e che non sanno Mai come in questo progetto sono riuscito a infilarceli tutti. che cosa significa.

Rewind Un dialogo infinito In questo tour quindi ci sono anche l’attualità e il mondo di oggi? Ne La versione di C., l’intensa autobiografia pubblicata nel 2016 per Mondadori, Cristiano Ci sono eccome. Nel brano Don Raffaè, per esempio, c’è De André ha ripercorso il suo passato, il suo quello che decide di avvicinarsi alla mafia perché non si amore per il mare, Genova e la Gallura, oltre sente protetto dallo Stato. In Disamistade c’è la preghiera al rapporto con i genitori e al legame con i suoi figli, Francesca, Alice, che si possa vivere senza il dolore. Nel brano Fiume Sand Fabrizia e Filippo. Ve ne proponiamo un estratto. Creek si parla della strage degli indiani d’America, quindi in qualche modo dell’utopia che rappresentava la cultura di “Non è più il tempo di significare quello che ho fatto per chi è sangue quel popolo. Ne La domenica delle salme c’è ancora un altro del mio sangue, il mio ruolo impone a me come a tutti i padri di fare i quadro, molto pesante, della situazione odierna. Ho scel- conti con quanto non abbia fatto. Quando Fabrizia e Francesca venne- to canzoni che potessero continuare a parlare delle grandi ro a vivere per un periodo da me avrei dovuto dar loro modo di amarmi, tragedie umane e storiche, legandole a quel sogno di allora, più che contestarmi. A quell’età non sta a loro comprendere il disa- pacifista e anarchico, che rimane valido ieri e oggi. Questo è gio, ma a me che sono adulto. Non avrei dovuto relegare Filippo a una un modo per portarlo avanti, per chi non lo conosceva e per estraniazione, al contrario, costruttivo sarebbe stato evitare ciò con il tutti quelli che non lo hanno mai abbandonato. dialogo, con la forza del confrontarsi senza rancori. Lasciare un figlio nel silenzio, proprio negli anni della sua formazione, è come costruirgli L’eredità di Fabrizio De André quindi è più viva una gabbia di incomunicabilità. Assumendo tale consapevolezza sa- che mai… rebbe stato più facile anche per Alice sorpassare le frizioni con i fratelli di un’altra madre. Però ancora non ti nascondo di avere una speranza, Mi sembra che oggi viviamo in un mondo in cui vige la legge quella speranza che mi ha accompagnato, solitario, fino alla tournée del più furbo. In qualche modo, se sei furbo riesci a frega- di Anime salve quando ci riabbracciammo come se nulla fosse acca- re l’altro. Come se poi non ci fosse sempre uno ancora più duto, o come quando calavo la lenza, con te sulla barca, e volevo con furbo che fregherà poi te. È una logica assurda e in questo tutto me stesso che un altro grande dentice abboccasse, per avvertire siamo anche regrediti rispetto agli anni ’70, quando c’era il tuo orgoglio. Sono qui, papà, mi senti? Sono qui nudo, senza nessuna uno spiraglio di speranza e un’alternativa. C’era un modo scusa dietro cui nascondermi, basta, non voglio darne più. Mi guardo di pensare diverso. Anche se poi hanno trovato una chia- allo specchio e ti rivedo ancora, nel riflesso prego che si aggiungano i ve per distruggere la nostra generazione con la droga, an- volti dei miei figli, quasi che fossimo pronti a una foto di famiglia, con i nullandoci. Ci siamo fatti ingannare e i nostri ideali sono sorrisi genuini e l’armonia pulsante. Hai presente? Come un tempo”. caduti. Più della metà dei nostri coetanei, parlo per la mia generazione, sono morti a causa della droga. Siamo stati una (da Cristiano De André, La versione di C., Mondadori, 2016)

Cristiano De André generazione nata sognando con gli ideali conquistati dai 5. più grandi di noi e che poi è stata decimata. È quello di cui parla la mia canzone Invisibili. Ed è una realtà che ha toccato in particolare la mia città, Genova, che negli anni ’70 è stata sommersa dalla droga. Che ricordo hai di quegli anni e di tuo padre? Lui in quegli anni era in un momento tumultuoso e preso dalle sue cose. Io lo seguivo, ma lui era quasi sempre via. In casa, oltre alla sua, ascoltavo tutta la musica degli anni ’70. Dai Rolling Stones, che amavo più dei Beatles, fino a Lou Reed, Bob Dylan, Jefferson Airplane, Grateful Dead, Velvet Underground e David Bowie. E poi Janis Joplin e Jimi Hen- drix, per non parlare della musica prog, dalla Mahavishnu Orchestra ai Jethro Tull, e di Billy Cobham e Miles Davis. In questo senso ho fatto la mia strada oltre e indipenden- temente Fabrizio, che era più ancorato alla canzone tradi- zionale, anche francese, per arrivare poi a Dylan, a Leonard Cohen e ad altri cantautori americani. Lui i Rolling Stones e il rock più moderno proprio non li sopportava. Io poi vi- vevo con mia madre, perché quando ero adolescente lui se ne era andato da un pezzo a vivere a Milano. A Genova mi influenzavano di più i ragazzi che frequentavo, che come me ascoltavano rock psichedelico e prog. La tua formazione musicale si è quindi sviluppa- sentire il mio violino nel pezzo Zirichiltaggia che lui cantava Il De André ta autonomamente da tuo padre? in gallurese. Gli ho promesso che glielo avrei suonato meglio più ascoltato di Lucio Fabbri nell’originale. Penso di aver mantenuto la da De André Mi hanno formato tante altre cose e semmai la sua lontanan- promessa e di averlo lasciato di stucco... Sono riuscito a farlo. za è una delle cose di cui ho sofferto. Anche per questo ho I dischi dovuto arrangiarmi da solo, fare le mie scoperte. Tra i gruppi Negli ultimi anni vi siete riavvicinati? La buona novella che mi hanno aperto la mente ci sono sicuramente i Dire Non al denaro non Straits, i Police, i Pink Floyd. Anche se poi, quando scrivevo Negli ultimi tempi ha voluto la sua famiglia intorno a sé, sia all’amore né al cielo le mie canzoni, non ero sotto la loro influenza. Considera che me sia mia sorella Luni. Io avevo ormai già un mio bagaglio Crêuza de mä ho anche fatto 8 anni di conservatorio, studiando violino. musicale e anche una mia discografia, ma lui ha voluto che Anime salve Sono stato quindi influenzato anche dalla musica classica. arrangiassi il suo pezzo Le acciughe fanno il pallone, un brano Tutte cose che sono riuscito a mettere in questo progetto. che fa parte dell’ultimo disco che ha scritto con Ivano Fos- Le canzoni sati, Anime salve. Quella volta è rimasto così colpito dal mio Marinella Quando hai cominciato a pensare a una tua car- arrangiamento che ha voluto che lo seguissi nel tour del 1997 Il pescatore riera e a una tua musica? e del 1999, quello che poi ha interrotto, purtroppo. Lì siamo Amore che vieni, riusciti ad avvicinarci come non era mai successo prima. amore che vai Ho cominciato a suonare la chitarra a 11 anni, proprio perché Peccato che poi sia finita, ma meglio tardi che mai. Resto La canzone dell’amore mio padre ne aveva sempre in casa e quindi io gliele rubavo l’erede di un grande capitale musicale e per questo cerco di perduto e mi esercitavo. Imparavo gli accordi. Qualcosa ho anche trattarlo con estrema attenzione, facendo arrangiamenti imparato da lui, ma poco. Molto di più dagli amici che già che rispettino i brani originali e che siano adatti anche al sapevano suonare. Chiedevo sempre a tutti e ho preso anche pubblico nuovo e più giovane. Per far scoprire quelle canzoni lezioni. Quindi a 13 o 14 anni ero già bravo e ho continuato anche a tutti quei ragazzi che magari non lo conoscevano e a esercitarmi. La musica era una cosa che avevo nel sangue, che attraverso i miei concerti e i miei arrangiamenti se ne ancora prima di rendermi conto del fascino che aveva su di innamorano e non lo lasciano più. me quello che faceva mio padre. A 17 anni gli ho chiesto di andare al conservatorio, anche se lui non era d’accordo, per- ché giustamente aveva pensato che la mia carriera artistica con questo cognome sarebbe stata molto difficile. Ma io ho voluto continuare lo stesso, anche se lui avrebbe voluto che facessi veterinaria. Mi sono intestardito, e alla fine ho fatto il conservatorio, promettendogli che un giorno gli avrei fatto

La musica...

Rewind – Eugenio Finardi ...ribelle Dal blues alla canzone politica, la sua grinta ha innescato la miccia del rock italiano D I Eugenio Finardi Artwork di Convertino & Designers UN AMERICANO A MILANO, si può dire così. Sono nato in con tutta la mia parte americana che mi divideva dagli altri. via San Vittore, ma ero americano fino in fondo. Cresciuto e allevato a Milano da una mamma americana, mi sentivo 1. talmente americano che nella mia cameretta ho sempre avuto una grande bandiera a stelle e strisce, a tutta parete. Anche oggi parlo il “finardese”, un mix di italiano e inglese, Il fatto che sarei stato americano da grande non era nean- perché ci sono ancora tante cose che so dire solo in ingle- che in discussione. Era scontato. Non era previsto che io se. Succede così anche a Rossana Casale. Io e Demetrio non fossi americano. Ho fatto anche sei mesi in America all’epoca parlavamo inglese. Lo stesso con Camerini. Ma quando avevo un anno e un anno quando ne avevo sei, fa- era ed è un italiano misto all’inglese finalizzato alla mas- cendo la prima elementare, e ci andavo ogni anno dispari sima espressione e apertura mentale, il contrario esatto di praticamente, oltre che tutte le estati a casa della nonna. come adesso si usa sporcare l’italiano con anglicismi che Il problema è che non avevo mai avuto un vero contatto con gli americani: andavo da cugini e parenti, ma restavo Eugenio Finardi, anti cantautore all’interno della cerchia familiare. Nel 1971 finalmente, a 19 anni, sono andato davvero in America, all’università. E «Sono nato come un anti cantautore, un cantante rock che diceva pane al pane lì mi sono accorto che c’era un problema, e cioè che fonda- e vino al vino, senza tante fregnacce». Classe 1952, figlio di una cantante lirica mentalmente gli americani non li sopportavo... Ho capito di americana e di un ingegnere del suono bergamasco, Eugenio Finardi studia in avere un interno rifiuto, che è anche un rifiuto di me stesso, America ma sceglie l’Italia e Milano. Negli anni ’70 della contestazione, dei festi- di tutta quella arroganza americana, che peraltro io stesso val di «Re Nudo» e delle radio libere, Eugenio con i suoi compagni di avventura sfoggiavo da giovane e che era in realtà una maschera che rivoluziona il sound della musica italiana. Con Sugo e gli altri dischi della Cramps serviva a nascondere la mia profonda timidezza. il suo modo di essere cantautore e leader di una band è un antidoto forte alle Mi sentivo davvero diverso. E non a caso i miei amici qui in solite pastoie sanremesi, e un’alternativa a suon di rock al cantautorato di Dalla, Italia erano Camerini, che era mezzo brasiliano, Demetrio Guccini e De André. I testi si rivolgono agli ascoltatori dell’epoca (e a quelli di Stratos, greco nato ad Alessandria d’Egitto, e così via. Era- oggi) con un linguaggio diretto, parlando di politica ma anche di vita quotidiana, vamo una specie di comunità di “spostati”, che ci rendeva invitando “a mollare le menate e mettersi a lottare”. Anche dopo l’era del riflusso, anche difficile sentirci come borghesi italiani qualunque. di cui fra l’altro ha parlato per primo nel testo di Cuba, Finardi continua il suo Erano gli anni ’50 e ’60, qui c’era una omologazione for- percorso di musicista ribelle e sincero, di cantautore e di interprete sensibile tissima. Le donne dovevano vestire con il tacco medio, le e originale, che sia di fado, blues o delle canzoni di un (altro) autore dissidente calze velate, il maglioncino di cashmere. Fuori dalle scuole come Vladimir Vysockij, a cui ha dedicato uno dei suoi lavori a cui tiene di più. di Milano, in centro, vedevi quelle mamme tutte uguali, mentre la mia non riusciva a essere come loro. Era una Sugo (1976) è il suo secondo Lp, quello della donna albina, americana, che faceva la cantante lirica, un consacrazione, quello di Musica ribelle e La soprano, e che qui molti prendevano per tedesca. Già allora radio, manifesto di un rock d’autore poetico e le dicevano “turna al to’ Paes, tedesca!”. Per questo oggi mi militante, dall’anima italiana (anche musicale). riconosco in Cara Italia di Ghali. Solo quando sono andato Dietro al cantautore esuberante e originale c’è in America veramente mi sono reso conto che ero italiano. una band fortissima, capace di spaziare tra Da lì ho scelto di esserlo, italiano, sia pure come outsider, rock, folk, jazz (e perché no, un po’ di reggae), con la chitarra di Camerini, la batteria di Cal- loni, il basso di Hugh Bullen e il violino di Lucio Fabbri (cui si aggiungono come ospiti anche membri degli Area).

Rewind non significano niente, tipo la “macchina performante” o 1. i “prodotti trendy” o, la peggiore di tutte, quando si dice di “avere l’attitudine rock”. Oliver Strimple, sassofonista e flautista, un ragazzo ebreo in- glese nato in India, i cui genitori, tedeschi, erano sfuggiti alla LA SCOPERTA DEL BLUES persecuzione nazista. Poi è diventato uno scienziato del Mit, uno di quelli che hanno misurato le dimensioni dell’universo Sono cresciuto in una famiglia di musicisti. Ma al Conser- con l’effetto Doppler... Poi ovviamente c’erano Fabio Treves vatorio di Milano mi hanno bocciato. Era il 1965. Il motivo? e tutti gli altri. Erano gli anni del viaggio al Festival dell’isola Avevo corretto Béla Bartók, i Mikrokosmos, scrivendo a china di Wight, con Donatella e Lucio Bardi. Era una compagnia di sul rigo musicale. All’epoca non conoscevo la musica mo- musicisti in cui tutti suonavamo soprattutto il blues. Tutti i derna e non ero mai stato esposto alle dissonanze. Avendo soldi che ricevevamo finivano nei dischi, anzi ci mettevamo studiato musica barocca, ho ingenuamente voluto fare una d’accordo per non comperare doppioni e ascoltarli tutti. Mi correzione. Scandalo! Così, pur avendo sempre studiato il ricordo il debutto a 33 giri dei Led Zeppelin. Quel disco lo pianoforte, poi ho saltato il Conservatorio e non ho mai im- abbiamo ascoltato per la prima volta tutti insieme a casa di parato a leggere la musica, o comunque faccio molta fatica. un amico, religiosamente. Lo abbiamo messo sul piatto e poi Proprio quell’estate, però, sono stato in America dalla non- è successo il finimondo. Quel primo brano, Good Times, Bad na e ho subito l’uragano del rock. Ho visto i Rolling Stones Times, ci ha sconvolto. In quegli anni ci sono stati tanti esordi in televisione che suonavano Satisfaction. In più mio cugino, sconvolgenti. All’isola di Wight con Camerini e Treves abbia- credendomi fan dei Beatles e pensando di farmi un torto, mo assistito al primo concerto in assoluto degli Emerson, mi ha regalato i primi tre dischi dei Rolling. Quel regalo Lake and Palmer. Mi ricordo ancora l’inizio con la presenta- ha cambiato la mia vita. Mi si è acceso allora l’amore per il zione dei loro nomi accompagnati dai colpi di cannone. In blues e, come molti altri, non solo italiani, ho fatto il percor- mezzo a 400mila persone. Poi, ovviamente, i Free, Hendrix so a ritroso, dal blues bianco degli Stones su fino alle origini. e gli Who, che suonarono tipo alle 4 del mattino. Molti di noi Poi, quando sono tornato in Italia, ho voluto comperare dormivano. Io ero sveglio per fortuna. una chitarra elettrica, una Eko. E da lì sono andato avanti… GLI INIZI Ho iniziato a suonare con i musicisti della mia adolescenza, tra cui Alberto Camerini. Facevamo i pezzi di Fire And Water dei Free, quelli di Paul Rodgers e Paul Kossoff. Rodgers can- tava in un modo incredibile. Suonavamo con il mio amico Le prime passioni... in vinile «Mia zia, dall’America, ogni anno mi mandava i dischi del Newport Folk Festi- val, dove spesso suonavano anche i bluesmen della prima ora. Lì ho comincia- to a sentire le canzoni di Pete Seeger e il folk vero, quello da cui nacquero poi Bob Dylan e Joan Baez. Senza contare James Taylor e Joni Mitchell. Quando avevo otto anni in casa mia è arrivato anche Harry Belafonte. Poi Lena Hor- ne che cantava Summertime (l’album si chiamava Stormy Weather, del 1957, RCA Victor). Poi i dischi di musica classica, che sono quelli su cui si sono for- mati i miei gusti. Il primo disco in assoluto che ho comperato a otto anni è un LP che posseggo ancora, Horowitz plays Scarlatti (ripubblicato nel 2014 da Sony ma solo in Cd). Scarlatti resta uno dei miei maestri». Lena Horne, non proprio una musica ribelle, ma raffinata sì

Eugenio Finardi foto di Roberto Masotti GLI ANNI DEI FESTIVAL andassero all’università. Nelle scuole dell’obbligo i figli degli operai venivano messi nei banchi in fondo, perché il maestro La voglia di festival, in Italia, è arrivata nei primi anni diceva che tanto poi sarebbero andati a lavorare. Poi è arriva- ’70. I primi sono stati quelli organizzati dalla rivista «Re to il 1968 e le cose sono cambiate: sono arrivati il pacifismo, Nudo». Io ho suonato solo a quello di Zerbo del 1972, sul Po l’uguaglianza, la psichedelia, la musica, la controcultura, le in provincia di Pavia, perché spesso ero via. Quella volta droghe. Il ’68 è stata una spinta a cambiare la vita prima che la abbiamo suonato solo noi attaccando una prolunga che ci vita cambiasse noi, ed è partito da tutti i giovani, universitari era arrivata da una contadina. Io suonavo il sitar, andando e proletari. È stato l’immaginazione al potere, con le comuni, avanti tutta la notte con la gente intorno. Nel 1973 ci fu l’e- i jeans, i capelli lunghi e così via. Venivamo da un mondo alla state a Terrasini, la prima comune hippie italiana, voluta De Amicis e nel giro di pochi anni è veramente cambiato il in Sicilia da Carlo Silvestro, poeta e giornalista romano, modo di pensare. dove si incontrarono il ramo psichedelico del Movimento Studentesco, quello di «Re Nudo», con Claudio Rocchi, L’ e m o z i o n e d e l l a m u s i c a Camerini, Paola Pitagora, l’artista Guido Daniele, insieme a Mauro Rostagno e gli altri di Lotta Continua. Da lì si pre- «Come la matematica, la musica ha le sue leggi ben precise: non ha confini o sero gli accordi per i festival successivi, di cui i più famosi nazionalità ma, in compenso, è comprensibile a un certo livello solo dai “con- saranno quelli del parco Lambro di Milano del 1974, ’75 e dannati”, i musicisti, coloro che non necessariamente fanno della musica un ’76, i primi due più piccoli ma anche più d’avanguardia. Nel mestiere, ma che per natura la capiscono emotivamente. Me ne sono reso primo suonai con la mia prima formazione, con cui feci il conto guardando mia madre e mio padre, una cantante lirica, l’altro tecnico del mio esordio con i primi singoli del 1973, Spacey Stacey e Hard suono, una persona emotiva e l’altra razionale. Un giorno mio padre mi ha visto Rock Honey, entrambi usciti con la Numero 1. Poi ci suonai commosso mentre ascoltavo l’adagio del concerto n. 20 K. 466 di Mozart e ancora nel 1976. mi ha chiesto: “Ma come fai a commuoverti per una cosa che non ha parole?”. Questo mi ha fatto capire che mio padre non capiva la musica, non la sentiva IL PUBBLICO ITALIANO ERA CAMBIATO emotivamente come me, pur lavorando nel campo della musica. Ci si può per- dere nell’estasi pentatonica che si prova ascoltando il blues o il jazz solo se si Nei festival non c’erano più solo i “freakkettoni” italiani: è musicisti. Solo i bambini possono essere educati a questo. Alberto Camerini, c’erano studenti, proletari e semplici borghesi, tutti alla ri- per esempio, pur venendo da una famiglia totalmente “visual”, appassionata di cerca di qualcosa di nuovo. Al parco Lambro si sono visti i arte, con un fratello, Mario, che è un disegnatore molto bravo, un padre pittore primi studenti universitari che arrivavano dal proletariato, dopo l’apertura degli atenei a tutti. Era avvenuto nel giro di e un nonno scultore, è un vero musicista, un pochi anni un cambiamento epocale. Quando io ero nelle talento esplosivo. Io la chiamo una condan- scuole dell’obbligo, era impensabile che i figli degli operai na: perché essere un musicista non è una 2. scelta, come non è una scelta quella di fare l’artista. O lo sei o non lo sei». 1. Nella pagina precedente, Eugenio Finardi sul palco del festival di «Re Nudo» al parco Lambro di Milano 2. A fianco, Eugenio, mentre non getta alcun oggetto dal finestrino... foto per gentile concessione Archivio Cramps

Rewind CREATIVITÀ, IMPEGNO E ROCK LA GENESI DELLA MUSICA RIBELLE Oggi quella cultura ha vinto, ma allora era tutto nuovo, erava- La genesi di queste canzoni è tutta in quegli anni. Ormai mo un’avanguardia. Negli anni ’70 in una cena della Cramps, vivevo da solo a Milano, perché i miei erano tornati in Ame- la casa discografica di Gianni Sassi, ci trovavo Demetrio Stra- rica il 30 aprile del 1975, lo stesso giorno della caduta di Sai- tos, Paola Pitagora, John Cage, Nanni Balestrini, gli operai gon e della fine della guerra nel Vietnam. Vivevo con Lucio dell’Alfa Romeo... Era un calderone di cervelli in movimento, Fabbri, musicista polistrumentista poi nella PFM e direttore dentro ai quali passavano autentici ciclotroni di idee, che poi d’orchestra. Un giorno ho preso la chitarra in mano e Musica davano frutti diversi e incredibili in ogni ambito. John Cage ribelle è arrivata, parole e musica insieme. All’inizio era un produceva le sue idee, io le mie, ma per tutti c’era l’idea di far arpeggio, perché io avevo un modo di suonare con le mani, parte di un collettivo, di cui faceva parte anche la musica. senza plettro, anche se poi nel disco l’ho suonata con il plet- Una canzone come Musica ribelle ha una forza che nasce dal tro. Era una chitarra acustica suonata come una ritmica, fatto che non prevale nessuno, c’è una spinta comune, che che in sala di incisione si è unita al classico trio di batteria, è l’idea del ’68. Anche se Camerini e io eravamo la parte più basso e pianoforte, senza mai fare un assolo. Sovrainciso psichedelica del movimento. Ed eravamo molto criticati per poi c’è Patrizio Fariselli con i fiati, il sinth e l’Arp 2000, ol- questo. È successa la stessa cosa dieci anni dopo, negli anni tre ai mandolini di Lucio Bardi. Perché doveva essere un ’80 inoltrati. Mi ricordo che era apparso all’orizzonte Jova- pezzo italiano. Musica ribelle è nato con l’espresso scopo di notti e tutti gli davano del sempliciotto. Eppure è quello che è fare il rock italiano. Essendo io americano, mi era molto andato più avanti e che è rimasto più attuale. A me dieci anni ben chiaro che cosa fosse il rock, contrapposto alla musica prima era successo lo stesso. Ero criticato. Mi dicevano che italiana, e sapevo suonare come loro, visto che facevo le non ero politico e non ero poetico. Ma io volevo essere quel- canzoni dei Jethro Tull, dei Cream. Ma sapevo molto bene lo: volevo essere utile. Erano canzoni politiche scritte con che era ridicolo farlo in italiano. Era forzato. Viene fuori l’ottica di un ragazzo di 22 anni. Musica ribelle, Extraterrestre, quello che facevano i Camaleonti, l’Equipe 84 e i Dik Dik: Non è nel cuore e così via erano tutte canzoni estremamente rispettabilissimi, ma non era rock. Il rock italiano non si politiche, anche se il mio modo di scrivere non era figlio del li- suona più in cinque battute come l’inglese, il pentametro, ceo classico ma bensì delle high school americane. Ero molto ma segue naturalmente l’endecasillabo, la forma ritmica più rock, all’opposto di un Pietrangeli o di un Guccini, e mal naturale della nostra complicatissima lingua. In italiano, sopportavo un certo tipo di cantautori italiani. per esprimere un concetto, devi usare il doppio delle parole dell’inglese. L’inglese è una lingua “balistica”, che spara pa- role molto accentate come proiettili. L’italiano invece ha un I dischi dall’America ritmo serrato e continuo, tipo “ta ta ta ta ta”, senza accenti, per cui devi usare un ritmo che segue questo andamento, «Alla fine degli anni ’60, in Italia i dischi americani e inglesi arrivavano tardi, perché il mercato discografico era diverso. Gli artisti italiani, se vendevano dischi in America, non venivano pagati. In Italia, in- vece, si proponevano prima le traduzioni dei pezzi degli americani, Consigliati da Eugenio Senza prescindere da Satie, che non vedevano una lira... Il risultato era che gli originali arrivavano Mozart, Scarlatti, la musica solo dopo le traduzioni stesse, se queste avevano successo. Io, per barocca, Rhapsody In Blue fortuna, avevo un amico che andava a scuola a Ginevra e portava a di Gershwin, il fado di Amalia casa tanti dischi. Molti invece mi arrivavano direttamente dall’Ame- Rodrigues, Buena Vista Social rica, dai cugini. Poi si andava a Lugano, che per noi milanesi era die- Club, la musica cubana, la salsa tro l’angolo. In Svizzera potevo cambiare i miei dollari che a Lugano sudamericana, i dischi di Gilberto valevano più che in Italia, per cui ci guadagnavo. Con la differenza Gil e Caetano Veloso, i Pink Floyd compravo i dischi. Ricordo che io compravo i Rolling Stones, mentre e i King Crimson (e tanto altro ancora)... ecco i dieci dischi da possedere assolutamente. Alberto Camerini comperava i Jefferson Airplane e così via. Uno dei 1. The Beatles, Rubber Soul Un disco da regalare segreti delle sonorità che avevamo io e altri, qui in Italia, era proprio 2. Sly and The Family Stone, Fresh il prossimo Natale? questo: un mix di Weather Report, Miles Davis e Jefferson Airplane 3. Miles Davis, Tutu «Il mio consiglio è un disco insieme ad altre influenze blues. E ai Roxy Music per il sax. Io e Alber- 4. Prince, Sign “O” The Times di Fantastic Negrito, un musicista to ascoltavamo molta più musica americana, a differenza degli altri 5. Jimi Hendrix, somalo americano il cui vero musicisti italiani, che ascoltavano più quella inglese. Anche Alberto nome (Xavier Amin Dphrepaulezz) aveva cugini in America e da uno di questi gli arrivavano le novità Are You Experienced si fa fatica anche solo a leggerlo. della West Coast, i Grateful Dead e così via. La costante in quegli 6. Massive Attack, Mezzanine L’album in particolare anni era il blues, e per blues intendo il blues bianco, quello di Rory 7. Ελενη Τσαλιγοπουλου è Please Don’t Be Dead (2018). Gallagher e dei Taste, più che di Howlin’ Wolf e B.B. King». È una musica nera piena di blues (Eleni Tsaligopoulou), Dream Era e contaminata dalla storia, 8. Talking Heads, Remain In Light quindi anche dal rock bianco 9. Brian Eno e David Byrne, dei Led Zeppelin, per esempio, ma non solo». My Life In The Bush Of Ghosts 10. Jefferson Airplane, Bark

Eugenio Finardi con il charleston e la chitarra velocissima e in sedicesimi. Il foto di Fabrizio Fenucci contrario del blues americano. Sono così Musica ribelle ma anche Diesel ed Extraterrestre. Tutti questi pezzi hanno un Noi, adottivi digitali andamento che si adatta alla lingua italiana. È una scelta che ho fatto quando ho scoperto che mi stavano antipatici «I vinili sono una bella cosa. Lo erano, lo sono e lo saranno, sempre di più. Ma gli americani e in generale gli anglosassoni. ai miei tempi non era come oggi. I vinili erano anche una rottura di palle. Ti dovevi alzare ogni quindici minuti per cambiare lato... Tanto è vero che per LA MUSICA ITALIANA la mia generazione, e per tutti quelli che come mio padre lavoravano in quel mondo, il Cd è stato una grande scoperta. Comodo, immune dalla polvere, in Gli anglosassoni hanno un atteggiamento di superiorità, grado di suonare per un’ora di fila e di skippare i brani a piacere. Vuoi mettere. da veri colonialisti. Noi no. Quindi con la mia musica ho Ma non è solo questione di comodità. Oggi con la masterizzazione digitale cercato volutamente di dimostrare che non siamo da meno tutto è migliorato e le fabbriche producono i vinili con grande attenzione alla e che, soprattutto, non ci limitiamo alla musica melodica, qualità. Oggi c’è rispetto per i vinili, ma una volta non era così. Nonostante la anche se abbiamo una nostra identità. Musica ribelle infatti, grande competenza di tecnici e ingegneri del suono, le maestranze addette subito dopo l’avvio, non ha l’entrata in scena di una chitarra alla pulizia degli stampi e, prima ancora, dei father, i primi metal negativi che si elettrica, ma di un violino. Nell’inciso entra il mandolino ricavano dai lacquer, erano veramente brutali. Li ho visti con i miei occhi pulire che passa attraverso un Marshall da 200 watt settato come quei negativi con la pasta abrasiva! Con il risultato che quando ascoltavi la quello di Hendrix. E fa venire giù i muri. Ecco la musica ita- copia stampata del tuo album, che avevi masterizzato con grande attenzione liana: sono tutti pezzi costruiti in maggiore (mentre il blues e con le alte frequenze perfette, il suono si era appiattito. Con i Cd siamo stati usa la pentatonica minore) e che seguono scale vivaldiane. liberati da tutto questo. E anche dall’obbligo di incidere la musica quindici Franco Fabbri in un libro che ha scritto su di me dice, anche minuti alla volta. Oggi, tuttavia, è diverso: i metal negativi si puliscono con con un accenno di critica, che in fondo io scrivo solo can- tecniche computerizzate. Senza contare che una volta avevi anche dei limiti zonette mozartiane. Ed è la verità. Da figlio di una cantante nell’usare le basse frequenze a fine facciata, dove il solco si stringeva. Tutte lirica e da italoamericano, io scrivo arie e suono il blues. Ma cose risolte dalla masterizzazione digitale, quella vera, arrivata negli anni ’90. con il blues fatto in italiano ci ho provato e non funziona. Il mio primo disco che ha usato queste tecniche è stato La forza dell’amore, Anche perché il blues è una espressione gutturale e richiede che come qualità sonora è stato un salto in avanti memorabile». una lingua che venga dalla pancia. L’italiano, invece, viene dalla testa, a meno che tu non sia napoletano. Ma essendo io milanese non potevo farlo. Ci ho provato poi con il fado a togliermi questo sfizio. Ma questa è un’altra storia. Come quella di Carlo Boccadoro che mi ha fatto cantare Vladimir Vysockij, il cantautore russo. Meraviglioso. Musica ribelle 1976-2016 (2016) Un bel cofanetto che contiene i primi cinque album di Eugenio (da Non gettate alcun oggetto dai finestrini a Roccando rollando) rimasterizzati in vinile 180 g, tre stampe e un libro. Caldamente consigliato.

Rewind Protagonista unico e irripetibile della nostra epoca, punto di riferimento per molte generazioni che hanno trovato in lui e nel suo teatro canzone un esempio di onestà intellettuale, Giorgio Gaber è un autore di cui oggi si sente più che mai il bisogno. Come racconta suo nipote D I Lorenzo Luporini GIORGIO GABER il cantattore Lorenzo Luporini racconta il Signor G

Giorgio Gaber MIO NONNO È STATO UN MUSICISTA SUI GENERIS, non Chi è Giorgio Gaber una rockstar. Diciamo che per lui la musica era un modo per vedere e capire il mondo e, soprattutto, era un modo per fare Giorgio Gaberščik, in arte Gaber, nasce a Milano domande o per far nascere dentro di noi la voglia di farle e il 25 gennaio 1939. Dopo l’esordio come chitarrista di trovare risposte. Lui cantava e suonava perché quello era di Adriano Celentano, all’età di diciannove anni firma un modo per dire delle cose serie in maniera leggera. Infatti, il primo contratto discografico per la Ricordi e incide il la prima cosa che spiego nelle mie lezioni su Gaber a tutti i 45 giri Ciao ti dirò. Gli anni ’60 lo vedono indiscusso e autorevole protago- ragazzi che ci vengono a sentire, nelle scuole in cui organiz- nista dello spettacolo in Italia con numerosissime incisioni discografiche e ziamo gli eventi, è questa: prendete la vita con leggerezza, con un’intensa attività televisiva anche nel ruolo di conduttore di diversi pro- perché la leggerezza non è superficialità ma è planare sulle grammi di grande spessore e successo: Canzoni di mezza sera (1962), Canzo- cose dall’alto e non avere macigni sul cuore. Perché non c’è niere minimo (1963), Questo e quello (1964), Diamoci del tu (1967), …E noi qui niente di più bello di chi ti fa pensare con una risata e perché (1970). Sono gli anni della fortunata collaborazione con lo scrittore Umberto ridere ti aiuta a non dare nulla per scontato. Ecco perché Simonetta, coautore dei suoi più importanti e popolari successi discografici, Gaber ci insegna uno sguardo del tutto diverso sul mondo, e delle prime frequentazioni con il pittore Sandro Luporini. Ed è proprio con riuscendo a parlare di disuguaglianza sociale in modo leg- Luporini che Gaber, a partire dal 1970, invitato dal Piccolo Teatro di Milano, gero ma non superficiale. E lo fa sempre con un linguaggio cambia decisamente strada creando l’inedita forma artistica del teatro can- accessibile, cosa niente affatto scontata sia ai suoi tempi sia zone, che porterà in scena dalla stagione teatrale 1970-1971 fino al 1999-2000. oggi. Perché Gaber, è stato più che un artista un modo di Appartengono a questo lungo periodo anche gli spettacoli di prosa (“teatro pensare il mondo. d’evocazione”), le regie e le produzioni riferite ad altri artisti (Ombretta Colli, Enzo Jannacci, Beppe Grillo, Arturo Brachetti), la direzione artistica dei teatri CANZONE E TEATRO di Venezia e la manifestazione Professione Comico che fu trampolino di lancio per molti degli attuali protagonisti della comicità italiana. Nel 2001, a seguito Gaber era un “cantattore”, nel senso che per capire il suo della forzata interruzione dell’attività teatrale, si dedica a quella discografica lavoro è fondamentale osservarlo in quello che è il suo “for- con due album: La mia generazione ha perso (2001) e Io non mi sento italiano mat” di riferimento, il teatro. Che per lui era prima di tutto (pubblicato postumo nel 2003), che lo consacrano protagonista d’eccellenza l’unica possibilità di avere un contatto reale con la gente anche nell’ambito della canzone d’autore. Il primo gennaio 2003 Giorgio Gaber e l’unica possibilità di dire ciò che si pensa senza censure si spegne nella sua residenza di Montemagno (Lucca).

Rewind Lorenzo “Ci sono artisti che tentano Luporini... faticosamente di passare e la sua alla storia e artisti che playlist preferiscono passare direttamente alla cassa” Giorgio Gaber Nipote di cantattore (è figlio di Dalia Gaber (come invece accadeva in televisione). È come se chiamato a rispondere in modo individuale e dove si crea e Roberto Luporini), Jovanotti andasse a fare solo teatro: provate a im- un rapporto reale tra l’attore e lo spettatore. Non a caso Ga- Lorenzo “tramanda” maginare che effetto vi farebbe un’ora di monologo ber preferiva i teatri non troppo grandi, per non perdere il la memoria artistica e anche di dialogo con Lorenzo. Ovviamente non contatto fisico diretto con le persone che aveva davanti a sé. di Gaber, oggi custodita tutti i cantanti sono così. Il rap moderno spesso dalla fondazione a lui esibisce più una ricerca di brillantezza e di impatto VALORI, NON MODE intitolata, attraverso al primo ascolto che di profondità e di senso. Non workshop e incontri tra c’è una vera analisi critica e individuale: funziona L’opera di Gaber è piena di altri messaggi che sono ancora parole e musica che porta al momento, quando lo senti alla radio mentre fai oggi di grande attualità. Come quello dell’essenzialità, come nelle scuole superiori altro, ma non può funzionare a livello di pensiero. esclusione di tutto ciò che va oltre il messaggio più impor- di tutta Italia. Altre Però sembrano provenire da questo ambito, oggi, le tante e contro il consumismo e tutti quei beni superflui che preferenze oltre alla nuove penne della discografia e un giorno magari rendono superflua anche la nostra vita, oltre che renderci musica del nonno? guarderemo a loro come facevamo con i cantautori. tutti più egoisti. O come quello dell’onestà e del coraggio in- Eccole: Gaber è stato anche il primo intellettuale italiano tellettuale. Gaber diceva esattamente ciò che pensava e che • Brunori Sas, La verità a schierarsi contro un certo modo di pensare per riteneva potesse essere utile a sé e agli altri. Il consenso non • Willie Peyote, sentito dire e non con la propria testa. Lui questo era cercato a priori, ma doveva essere la conseguenza del suo lo ripeteva sempre: ognuno di noi potrebbe essere pensiero e delle sue parole. E in questo non ha mai accettato Educazione Sabauda unico e geniale se fosse capace di vedere il mondo compromessi sul piano intellettuale. Un altro tema impor- • Ghali, Album tante di Gaber è stato il rifiuto del giovanilismo a favore di • Lo Stato Sociale, Primati una responsabilità da parte dei giovani sul proprio destino, • Eminem, Kamikaze mentre spesso, soprattutto alla sua epoca, tutti cercavano • Post Malone, Beerbongs di essere accomodanti e rassicuranti con i giovani. E infine la libertà, che nell’angolazione molto originale proposta da & Bentleys Gaber e Luporini negli spettacoli scritti insieme era para- • Kendrick Lamar, Nation dossalmente intesa come limitazione e non come indistinta • Salmo, Playlist con i propri occhi. Purtroppo il conformismo in- vece la faceva da padrone già alla sua epoca, quella che oggi possiamo definire l’epoca d’oro della televisione: un elet- trodomestico che creava dipendenza, come diceva lui, oltre che perdita del contatto umano, esattamente il contrario di quanto succede con la musica e a teatro, dove ciascuno è


Like this book? You can publish your book online for free in a few minutes!
Create your own flipbook