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Sardegna Immaginare - Numero 3

Published by Sardegna Immaginare, 2015-07-02 09:59:28

Description: Sardegna Immaginare - Numero 3

Terzo numero della rivista digitale dedicata alle bellezze e tradizioni della Sardegna.
Visita il sito http://www.sardegnaimmaginare.it

Keywords: sardegna,mare,archeologia,cultura,tradizioni

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Servizio fotografico Gabriele Sardu Stazione di Arbatax di Gabriele SarduFAENRTRICOHVEIE Sulle tracce di Lawrence

Stazione del Tirso unire paesi di montagna, storicamente isolati dai principali centri urbani. Tra tutti Jerzu e Gairo del-IIl binario della stazione del Tirso che devia ver- la cui ferrovia, inaugurata nel 1880 e dismessa nel so Chilivani c’è ancora ed è ben visibile. A fianco 1956, restano segni tangibili tra vecchie stazioni, ci passa quello della linea, ancora operativa, tra alcune recuperate e riconvertite, altre, invece, in Nuoro e Macomer. Sono le belle foto dell’epoca a stato completo di degrado. Cosi come i ponti, vere ricordare gli antichi fasti di una stazione, immersa e proprie opere d’ingegneria, con campate sospese nella campagna ed ormai completamente abban- tra le alture: il ponte San Girolamo a Seui è di sicu- donata. I convogli dell’Arst (ex Fds e ancora prima, ro quello più suggestivo. O tratti scavati nella roc- Sfs) non si fermano più ed intorno le sterpaglie si cia oggi ripensati come percorsi ciclabili o ippovie. sono impossessate dei caseggiati in cemento e dei Viaggi avventurosi tra foreste, strapiombi e spiagge binari, un tempo trafficati da viaggiatori in par- in un mutevole scenario per passeggeri con un con- tenza o in transito verso il capoluogo barbaricino, cetto di tempo e di velocità ben diverso da quello Bosa o Chilivani. Uno snodo fondamentale per la odierno. Viaggiatori uniti da un privilegio comu- rete ferroviaria a scartamento ridotto del centro ne: poter ammirare l’isola da una prospettiva dif- Sardegna. ferente da quella abituale e un museo naturalistico È la storia di una delle tante stazioni ormai dismes- sterminato dove mare e montagna s’abbracciano se e lasciate al loro destino. in un tripudio di colori. Lo riferiva Lawrence nella Visitarle significa ripercorrere la storia di un passa- sua opera, innamorato di quella Sardegna selvag- to recente dell’isola. Certamente un’isola diversa, gia e impervia, ancora poco conosciuta e lontana povera di collegamenti stradali veloci. Per soppe- anni luce dal turismo di massa dei nostri giorni. rire al cronico ritardo strutturale prese forma, alla fine dell’800, una fitta trama ferrata in grado di102 sardegnaimmaginare

Stazione del TirsosardegnStaaizmiomneadgiiAnrabraeta1x 03

Stazione di Arzachena Stazione di Palau104 sardegnaimmaginare

Stazione di Villagrande Strisaili sardegnaimmaginare 105

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Eppure tanto affascinante da indurlo a raccontare simile è toccata alla linea Sarcidano - Villacidro,nel dettaglio un’isola inedita, da scoprire e da per- chiusa nel 1956 o alla Montevecchio - San Gavi-correre in lungo e in largo. no, abbandonata quando era calata l’esigenza diDalle alture alla costa è il salto che ancora ora si portare il minerale appena estratto dalla minierapuò compiere a bordo del trenino verde, partendo alla fonderia. Il trenino utilizzato era ancora piùda Macomer per arrivare a Bosa, affacciati sulla piccolo di quello classico a scartamento ridotto.costa occidentale. Identica emozione per i viaggia- Zaino in spalla e tanto spirito d’avventura sono glitori che da Mandas sino ad Arbatax, immersi in ingredienti giusti per escursioni alternative, allauna natura selvaggia e rigogliosa tra scorci e sfu- scoperta di un passato recente di archeologia in-mature, declinate in tutte le gradazioni di colore. dustriale che giorno dopo giorno rischia di andareChiara ed evidente la testimonianza di un passato perduto.di binari e traversine nella stazione degli autobusdi Ozieri che prima ospitava carrozze ferrovia-rie dirette alla vicina Chilivani. Una bretella fon-damentale (e per i tempi veloce) per collegare ilcentro del Logudoro alla linea delle Ferrovie delloStato con destinazione Cagliari, Sassari e Olbia. Ilvecchio tracciato è ancora ben visibile e le vecchierotaie hanno lasciato spazio ad una stradina sterra-ta, oggi usata per passeggiate a cavallo. Una sorte sardegnaimmaginare 107

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Intervista a Maria Paola Loriga«Dottoressa, siamo arrivati!» oppure «Dottoressa, Le parole della Loriga fanno materializzare colorideve cambiare treno». Capitava anche di essere e profumi.svegliati dal personale viaggiante, a bordo delle lit- «Viaggiai qualche giorno dopo il pauroso incendiotorine delle Ferrovie della Sardegna in servizio da che devastò la Gallura. Il servizio di trasporto eraPalau a Sassari. stato interrotto per un po’. Piansi quando vidi parte«Non me lo posso scordare - racconta Maria Pa- dei terreni dei miei nonni anneriti dal rogo e sor-ola Loriga, farmacista sassarese - ci conoscevamo risi vedendo i fili di erbe che nascevano a nuovatutti. Molti dei macchinisti erano di Osilo e io sono vita. Un fortissimo contrasto di emozioni avvoltaoriginaria di Osilo». Il racconto della professionista da quell’odore insopportabile di fumo e di cenere.è preciso e quasi malinconico. Ripercorre le tappe Come ricordo la fermata extra che i macchinisti sidel trenino che, senza fretta, si arrampicava sulle concedevano per andare a riempire i bidoni d’ac-montagne della Gallura per poi riscendere verso il qua in una fontanella vicino a Tempio. Era comeLogudoro. fosse un gruppo di amici in gita per la Sardegna.«È un treno di ricordi, aneddoti, volti e storie, tante Ben diverso dal viaggio, di sicuro più anonimo, trastorie. Per me quel treno era il mezzo che mi allon- Sassari ed Olbia con le Ferrovie dello Stato. Paesag-tanava da casa, per la prima volta. Andavo a La gi, colori e persone differenti».Maddalena ad imparare la professione. Di anni nesono passati, ma quell’affascinante viaggio scomo- di Gabriele Sardudo e lungo è ancora vivo nella mia mente. Il primo,nel 1994. Partivi da Sassari la domenica, subitodopo pranzo, dal binario laterale, vicino a quellodove oggi passa la metropolitana leggera». sardegnaimmaginare 109

di Fabio Isman OSSIDIANA L’oro nero di Sardegna110 sardegnaimmaginare

Sentiero di Ossidiana - ph Claudio Saba sardegnaimmaginare 111

Monte Arci - Claudio SabaIIl nome le viene da Plinio il Vecchio, anche se già silicio tra il 65 ed il 75 per cento, non è facile da re- l’aveva menzionata Teofrasto (327 - 288 a.C.): il perire; e la Sardegna ne possiede il giacimento più famoso naturalista racconta che un tal Osidius esteso. Insomma, in antichità era davvero una tra l’avrebbe citata per primo, in Etiopia; e il sopran- le sue ricchezze. Per alcuni, tra il IV e III millennio nome di «oro nero», deriva invece dalla preziosità a.C., il suo valore di scambio era secondo soltan- che rivestiva nella notte dei tempi. Era alla base to a quello del sale, essenziale per la conservazio- di manufatti abbastanza essenziali, come le armi ne del cibo, e considerato quasi come una sorta e gli attrezzi da lavoro: l’ossidiana, più resistente, di moneta preistorica. Declina con l’avvento dei più facile da lavorare scheggiandola, soppianta la metalli; però, è ancora richiesta, anche in seguito, selce. E quella sarda, già usata in modo sistema- per trarne oggetti ornamentali, come vasi, ciotole, tico cinquemila anni prima di Cristo, si diffonde tavolini, bacili e, soprattutto, statuette votive. in Liguria, nella Provenza, in Catalogna, perfino L’ossidiana si trovava in luoghi scomodi da rag- sull’Adriatico, e anche a Nord del Po. Perché il ma- giungere, per la navigazione antica: Lipari, Pan- teriale, che non è un minerale ma vetro vulcanico telleria, Palmarola nell’arcipelago di Ponza, alcune scuro proveniente da un rapido raffreddamento zone dell’Africa, dell’Asia, dell’America, dell’Egeo, della lava, una roccia magmatica con una quota di e limitati giacimenti nel Centro Europa. Ma un’a-112 sardegnaimmaginare

rea a Est del Golfo di Oristano, quella del Monte Ossidiana - Claudio SabaArci alto 812 metri, nel Comune di Pau, è vastacirca 150 chilometri quadrati; e da sola, possie- laurea, ha compiuto un’indagine, rilevandovi quat-de una superficie più estesa che tutte le altre isole tro giacimenti, undici centri di raccolta, 74 officineproduttrici considerate assieme. Qui, il risultato di e 157 stazioni preistoriche: tracce davvero ingentieruzioni assai remote si chiama «sa pedra crobina»: ed evidenti dell’estrazione, o della lavorazione, delnera come il corvo. Mentre l’ossidiana verde è tipi- prezioso materiale.ca di Pantelleria, esistono tre tipi di quella sarda, ri- Nel 2000, un altro centro di trasformazione è sta-partiti a seconda della loro colorazione: anche per to individuato non lontano, a Mogoro, in localitàle inclusioni che contiene. Così, avendo riguardo ai Serra Neula, nel villaggio prenuragico di Puiste-maggiori giacimenti in filone, ecco quelle del ver- ris. Siamo nel pieno del periodo neolitico: la sta-sante meridionale del Monte Arci, nell’area detta gione della cosiddetta cultura di Ozieri. Questodi Conca Cannas; del versante occidentale, nell’a- doveva essere in sito di notevole importanza perrea di S. Maria Zuarbara, o Marrubiu; e dell’area la lavorazione del prezioso vetro vulcanico: la So-orientale, nella zona di Perdas Urias. Nel 1958, printendenza ha infatti rilevato oltre 260 “fondi dil’archeologo Cornelio Puxeddu, per la sua tesi di capanna”: un insediamento di tutto rispetto. Ov- viamente, come ormai costume, la ricerca è avve- nuta per la necessità di ampliamento della Strada sardegnaimmaginare 113

statale 131, la famosa Carlo Felice che taglia in Monte Arci - Claudio Sabadue verticalmente l’isola, promossa dall’omonimoSavoia re di Sardegna negli Anni 20 dell’Ottocen- interpretate come botteghe artigianali in cui si la-to; infatti, in Italia, i nove decimi delle prospezioni vorava l’ossidiana. Ora, un saggio di scavo ha per-archeologiche e degli scavi sono ormai dettati da messo d’identificarne un’altra, scavata nella rocciamotivi d’urgenza, o dalla necessità di realizzare ed isolata, che ha restituito numeroso materialequalche opera pubblica. Non sono, cioè, il frutto di archeologico, anche composto dalla preziosa so-esigenze scientifiche conclamate, né di un’accurata stanza frutto delle eruzioni. Per esempio, ci sonopianificazione degli interventi. due punte di zagaglie, un’arma da lancio, appuntoL’indagine ha permesso di rilevare una “sacca”, in ossidiana, in mezzo a frammenti fittili decoratidove l’ossidiana era trasportata in notevole quan- tipici della cultura di Ozieri, quella di San Miche-tità dalle acque del vicino Rio Mogoro dal Mon- le (tra il 3200 e il 2800 a. C.). L’ossidiana è statate Arci; e dopo le piene, si depositava in noduli, trovata in gran copia: opaca, lucida e traslucida;pronti a diventare materia prima per fabbricare ed è assai più numerosa di altri materiali, come laarmi e strumenti litici. Già i sopralluoghi di Pu- selce o il quarzo. Infatti, su 200 elementi litici chexeddu avevano individuato almeno due capanne, sono stati recuperati nei due strati della sacca, 159 sono composti da questo vetro: il 79 per cento del totale. Quindi, la materia prima veniva lavorata e114 sardegnaimmaginare

trasformata qui, e qui la popolazione ne ricavava Scavo cimitero medievale San Michele Algherogli strumenti per il proprio uso quotidiano.È proprio con l’ossidiana che, in Sardegna, vero- de deposito di Monte Arci, il Sito C; ma anche sesimilmente cominciano, fuori dall’isola, gli scambi è un unicum, indica, probabilmente, un riuso delcommerciali. La qualità del materiale di Monte prezioso materiale, chissà come e chissà da dove,Arci è inconfondibile: per l’elevato grado di cri- in uno dei più antichi mosaici parietali del Cen-stallinità e la varietà dei colori. Ed è stata trovata, tro Italia, s’intende Roma esclusa. Le mappe dellaper esempio, nella Grotta del Fontino, una cavità diffusione antica spiegano che dall’isola, l’ossidia-funeraria eneolitica nel Grossetano, e in una serie na viene trasportata, via Corsica, in Liguria, sulledi altri luoghi assai remoti sul Continente. In tem- coste africane e nell’Italia centrale. Sono state pre-pi recenti, quattro bravi ricercatori hanno scoperto disposte perfino delle tavole sulle “Vie dell’ossidia-che addirittura un mosaico del XII secolo, nella na” nell’antichità. Un grande studioso, Giovannicappella di San Giovenale nel Duomo di Narni, Lilliu, ha compiuto scoperte nell’isola di Santo Ste-un Cristo in maestà, ha alcune tessere nere composte fano, nell’arcipelago della Maddalena, che rappre-di ossidiana. È sarda: lo certificano le analisi dei senta l’anello di congiunzione con la Corsica.suoi componenti chimici; proviene dal più gran- È pensabile, che, almeno all’inizio, il prezioso ma- teriale viaggiasse a bordo di imbarcazioni del tipo “Is Fassonis”: come quelle ancora costruite in fieno sardegnaimmaginare 115

palustre e giunco dai pescatori degli stagni di Ca- Ossidiana frecce ancorabras e di Santa Giusta, dove, la prima domenicadi agosto, si continua a disputare una regata di ve- ossidiana, poste ai due lati di un bastone, e que-locità assolutamente singolare. Le barche a fondo sta arma era così furiosa che si diceva bastasse unpiatto vanno spinte, con una lunga pertica, da un colpo per tagliare la testa a un cavallo, secandoglibarcaiolo che è in piedi; secondo alcuni, sarebbe- tutto il collo», scrive il gesuita Josè de Acosta (1539ro di origine fenicia, ma esemplari simili sono stati - 1600). L’arma la vediamo ancora in alcuni codicitrovati anche nel Lago Titicaca, in Perù. E, a pro- antichi.posito del Sud America, frate Toribio de Benaven- Ma il vero regno dell’ossidiana è la Sardegna. Sulte uno tra i primi dodici missionari a raggiungere Monte Arci, i geologi hanno individuato, una ven-l’appena scoperto Messico, racconta, nel 1524, che tina d’anni fa, cinque giacimenti; descritti e carat-i tagli dell’ossidiana erano «come quelli di un raso- terizzati a seconda delle particolarità dei rispettiviio». Il materiale, però, era fragile, e non se ne pote- materiali. Con sistemi di analisi assai sofisticati,vano ricavare lame dai pregi di quelle europee: al è stato possibile stabilire che tutte le ossidiane dimassimo, poteva servire per i coltelli ed i pugnali, Monte Arci si sono formate in un lasso relativa-non per trarne però delle spade. Del resto, sempre mente ristretto di tempo, e risalgono al Pliocene:di vetro si tratta. Presso gli aztechi, con l’ossidiana tra i cinque milioni e mezzo e i due milioni e mez-si realizzava un’arma stranissima, il “macuahuiltl”. zo di anni fa: sono molto più antiche, ad esempio,Era un’asta di legno lunga circa 80 centimetri, con di quelle di Lipari, vecchie “appena” di qualchealmeno cinque o sei lame d’ossidiana inserite nelle migliaio d’anni. Oggi, l’ossidiana è utilizzata so-due scanalature laterali. Per gli spagnoli, era un’ar- prattutto per trarne lana di roccia, oltre che gio-ma a due mani; ma le dimensioni erano nettamen- ielli e collane di qualche pregio, e perfino lame perte inferiori a quelle delle spade europee. Ne esiste- bisturi. Ma un tempo, se ne creavano, per esem-va anche un esemplare più piccolo, grande circa la pio, non solo le punte delle frecce, ma anche deglimetà, con appena quattro lame per parte. Si sa di amuleti. Una statuetta, a ricordo di un pellegrinag-un cavallo decapitato da un colpo di “macuahuiltl” gio a Santiago di Compostela, era sotto gli abiti dia due mani: «Le loro armi erano lame affilate di una tra le vittime della Grande Peste, divampata dal 1582 al 1583, i cui resti sono stati ritrovati allo “Quarter” di Alghero, l’ex Collegio dei Gesuiti di-116 sardegnaimmaginare

venuto poi caserma (dal che il nome), dove l’ar- de las Casas, un vescovo impegnato nella difesa deicheologo Marco Milanese ha scoperto, nel 2008, nativi americani, il primo ecclesiastico a prenderel’incredibile ed affollato cimitero medievale di San gli ordini sacri nel Nuovo Mondo. Ci lascia unaMichele. In passato, la si riteneva anche una pietra testimonianza dettagliata sulla lavorazione dell’os-che garantiva protezione. Ed è ancora non poco sidiana. «Vi erano coltellinai, ed è cosa mirabileappetita da chi è seguace delle cure naturali: sareb- fare rasoi, e non so se riuscirò a farlo capire. Si se-be efficace per combattere lo stress e la depressio- devano per terra, e prendevano un pezzo di pietrane, per dimenticare vecchi rancori, e accettare il nera come lava, assai dura come selce, altrettantopassato; inoltre, attenuerebbe il dolore, e stimole- preziosa e più rilucente che alabastro e diaspro.rebbe la circolazione del sangue. Hanno un bastone lungo come una lancia; unisco-Nel Comune di Pau, che si raggiunge dal bivio di no i due piedi scalzi e con essi tengono la pietraUsar della Statale 131 (sempre quella), è sorto an- contro il petto; con ambo le mani prendono il ba-che un Museo dell’Ossidiana, in cui è studiata ed stone, e col davanti, che è come il bastone di unaesposta l’intera vicenda di Monte Arci: dalla lavora- lancia, spingono verso il petto; e subito salta unzione preistorica del materiale, ad oggi. Nell’area, rasoio con la sua punta. Così, in un “credo” se nesi scava ancora; e già nella prima metà del 1800, cavano venti e più. Questi rasoi escono quasi dellaAlberto Ferrero de La Marmora, allora un capi- stessa forma ed aspetto della lancetta con cui i no-tano dell’esercito piemontese ed il primo ad aver stri barbieri sono soliti cavar sangue. Il vederli rica-fornito un’autentica descrizione dell’isola, raccon- vare così, è cosa degna di ammirazione». I nostritava che, «passando vicino a due luoghi detti Con- antichi progenitori, probabilmente, non facevanoca ‘e Cervu e Sennixeddu, si prende un sentiero in modo assai diverso; solo che nessuno ce ne haincassato», lungo il quale si ha «qualche volta l’im- lasciato, purtroppo, un racconto.pressione di camminare sui cocci di una vecchiafabbrica di bottiglie nere, tanto sono numerose le Alghero - Cimitero di San Michele - Satuetta in ossidianascaglie» di quello che un tempo era l’«oro nero».Ci sono alcune interessanti sale, e, nel cortile, la ri-produzione in scala di un ambiente montano, conle officine dove si lavorava il prezioso materiale. Ilmuseo, pensato nel 2007, è stato aperto nel 2010,con intenti assolutamente didascalici. Ci sono an-che esempi moderni di lavorazione dell’ossidiana,da parte di artigiani locali. Sono in mostra nume-rosi tipi della roccia, il cui colore tendenzialmenteè scuro, di solito nero brillante o anche grigio; mavaria fino a numerose tonalità di verde, blu e rosso.L’esposizione è unica nel suo genere, e la visita sicompleta recandosi anche sul non lontano MonteArci; poi, vi sono laboratori didattici, giochi per ipiù giovani, visite guidate. Perché il piccolo pae-se, qualche centinaio di abitanti, è in realtà unapiccola, ma grande capitale: quella dell’ossidia-na. In lontananza, nel paesaggio ancora rurale,si ammira il Golfo di Oristano, lontano non piùdi dieci chilometri: forse, era da qui che, in tempiassai lontani, una tra le prime ricchezze dell’isolaveniva commerciata, già nel Neolitico, e si dirigevaverso lidi anche assai remoti. Alla volta della Ligu-ria, dove è stata ritrovata nel Savonese, nella Grot-ta delle Arene Candide, e in quella Pollera; versoPisa, dove si è recuperata nella Grotta del Leone;in Francia, e ancora altrove. Dalla Sardegna, unmateriale miracoloso per la possibilità di essere la-vorato, s’irradiava, prestissimo, nel mondo.E concludiamo con un racconto di Fra Bartolomé

di Gabriele Sardu VGEACICROHIA Un salto nel passato118 sardegnaimmaginare

Servizio fotografico Marco Corda sardegnaimmaginare 119

IIl paesaggio è spettrale, l’aria, sinistra, come il set dal vento, si alternano al rumore delle auto. Sono di un film horror anni ’80. Tutto si è fermato al molti i turisti che ogni anno spendono qualche 1951 a Gairo, nelle montagne del centro Sarde- ora per visitare il paese fantasma, senza conoscere gna. Ciò che resta del paese, abbandonato nella magari la storia, attratti da un paesaggio unico e metà del secolo scorso per l’altissimo pericolo di surreale. Eppure il passato di Gairo è fatto di tanti dissesto idrogeologico, ricalca un tipico paese momenti felici, alternati a fatti drammatici, lega- montano, abbracciato alla strada provinciale che ti soprattutto alle gravi alluvioni. Tra le prime in s’inerpica tra mille curve. Passeggiare a piedi per ordine di tempo si ricorda quella del 1880, la se- le vie di Gairo vecchio permette di compiere un conda più grave nel 1927. Ancora una nel 1940 salto nel passato, dove le facciate delle case mo- ed infine la più catastrofica che portò al definitivo strano fascino ed eleganza nella loro semplicità. abbandono del paese nel 1951. Tra via Mazzini e via Marconi è un susseguirsi di «Sei giorni e sei notti di piogge intense e una frana ruderi e case basse, col tetto pericolante o coperte che spazzò via la maggior parte delle case», rac- solo da travi in legno rimaste prive di tegole. Una contano gli anziani, mentre la popolazione veniva mensola, un caminetto o pezzi di carta da parati fatta sfollare, diretta a Ulassai, Jerzu e perfino Ar- fanno viaggiare la fantasia e delineano i contorni bus. Fu in quell’anno che si decise di costruire un di un’intimità quasi profanata. centro abitato a monte. Nacque Sant’Elena. Una Gli scricchiolii di imposte che sbattono, percosse decisione non condivisa da tutta la popolazione.120 sardegnaimmaginare

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Tant’è che una parte degli abitanti formò la frazio- Oggi sia Gairo che Osini, affacciati l’uno di frontene di Taquisara, un’altra ancora il comune di Car- all’altro e separati da un’imponente valle, rappre-dedu, sulla costa orientale tra Barisardo e Tertenia. sentano una delle tappe fondamentali per i turistiLe case di Gairo vecchio hanno resistito per più che, giunti in Sardegna, non si fermano sulla costa.di 50 anni al completo abbandono, anche se i se- Chi dell’isola vuole scoprire angoli e prospettivegni del tempo hanno lasciato inesorabilmente una differenti da quelli proposte dalle guide in cartatraccia molto profonda. patinata non resta deluso, soprattutto se la visita aUn destino identico è toccato al vicino comune di Gairo la programma nella stagione fredda. È quel-Osini che - sempre nel 1951 - fu messo in ginoc- lo il periodo giusto per ammirarlo nelle sue tintechio dalla stessa alluvione che colpì Gairo. L’abita- più sinistre, quando ruderi e anfratti appena s’in-to storico (che ancora oggi mostra le imposte alle travvedono, imprigionati e quasi stritolati da unafinestre di colore azzurro e rosa) venne abbando- densa coltre di nebbia.nato e ricostruito ex novo ad una manciata di me-tri più in alto. sardegnaimmaginare 125

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Ascoltare il rumore del silenzio tra le valli senza uomini.Camminare assorti in un giallo che solo la Sardegna riesce a disegnaree un verde che solo questi in questi luoghi si riesce a respirare.Il rumore della preghiera alle pendici dell’infinito e campane che rispondono lontane.Un viaggio nella memoria, tra la terra e il cielo. Testo: Giampaolo Cassitta - Foto: Gabriele Doppiu sardegnaimmaginare 127

di Fabrizio Vella DGI GOOLARROPU Un mondo antico e impervio128 sardegnaimmaginare

Servizio fotografico archivioChintula sardegnaimmaginare 129

UUna natura selvaggia che ancora porta la testimonianza di legia di Gorropu (n.s. aquilegia nuragica) famiglia: un mondo antico e impervio: questo è il paesaggio della Sar- ranuncolaceae – genere: aquilegia; questo endemi- degna caratterizzato da una miriade di sfumature e rarità; smo è stato inserito dall’Unione Internazionale per per questo gli esperti del trekking ritengono l’isola una delle la Conservazione della Natura (IUCN) fra i primi mete ideali per svolgere le loro escursioni nella natura. cinquanta a rischio di estinzione nel Mediterraneo. In Sardegna uno dei trek più conosciuti e caratte- Tra le specie arboree merita menzione l’esemplare ristici è quello della gola di Gorropu nel Supra- di Tasso (Taxus baccata) e tra gli arbusti la Fillirea monte di Urzulei e Orgosolo. (Phillyrea latifolia) che si trovano nella prima parte Il canyon Gorropu è lungo circa 1,5 km, le sue del canyon (rispetto all’ingresso di valle) entrambi pareti meridionali, dalla punta Cucutos (m. 888 di età stimabile intorno ai 1000 anni. s.l. m), precipitano per circa 500 m; sul fondo si Gorropu, e l’ambiente circostante, è frequentato restringe sino a raggiungere in alcuni punti la lar- da gran parte della fauna tipica del Supramonte. ghezza minima di 4 m. Dal muflone alla martora, dal cinghiale al gatto I processi erosivi e gli assestamenti tettonici del selvatico, alla volpe. Ma in modo particolare va Terziario hanno scolpito sulle rocce carbonatiche segnalata la presenza dell’aquila reale (N.s. aquila stratificate del Supramonte una moltitudine di ge- chrysaetos) che, tra le alte pareti, nidifica ancora con oforme, tra queste primeggia la gola di Gorropu diversi esemplari. che rappresenta una particolarità geomorfologica Anche il rarissimo sòriche ‘e àrbore: il ghiro sardo di altissimo pregio e di valenza mondiale. (N.s. Glis glis Melonii) è presente nelle antiche fore- Un habitat così particolare, come quello presente ste che incombono sulla gola. all’interno del canyon di Gorropu, con le sue alte Le acque del rio Flumineddu formano laghetti pareti, i suoi punti d’ombra, le sue correnti d’aria, dove ancora sopravvive un anfibio considerato tra i suoi repentini sbalzi termici, non può che aver i più rari presenti in Europa: l’euprotto sardo (N.s favorito i presupposti per la presenza di endemismi Euproctus platycephalus). Così pure è presente il raro e altri aspetti ambientali particolarissimi. discoglosso sardo (N.s. Discoglossus sardus), la trota In modo specifico va citata la specie erbacea Aqui- sarda (N.s. Salmo trutta macrostigma) e la natrice (N.s. Natrix natrix Cetti).130 sardegnaimmaginare

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Nelle grotte e negli anfratti abita un altro prezioso È immaginabile che anche Gorropu, poiché impo-fossile vivente: il geotritone del Supramonte (N.s. nente espressione della forza della natura, duranteSpeleomantes supramontis). la preistoria sarda fosse un luogo di culto. Anco-Oltre che un grande monumento paesaggistico e ra oggi, molti visitatori una volta usciti dalla golageologico, Gorropu rappresenta, sotto altro punto affermano che Gorropu sia un luogo che ispiradi vista, un importante monumento storico e cul- sentimenti mistici; un luogo dove l’uomo, nella suaturale. limitatezza, si confronta con la forza della naturaOsservando l’orografia, ma anche la dislocazione e con il Creatore.dei numerosi nuraghi circostanti, si può dedurre Anche la chiesetta di Sant’Anna potrebbe esserecome in passato il canyon ebbe una fondamentale espressione di quel sincretismo religioso frequen-funzione strategica e difensiva. te in Sardegna. Il tempio si trova a circa 900 mGorropu era di certo un luogo non percorribile per dall’ingresso a valle del canyon, in un punto in cuigli eserciti invasori che, attraversando le sue strette i salti comunali di Orgosolo, Urzulei e Dorgali sipareti, diventavano facile preda dei sardi. incontrano. Come spesso accade anche in altri luoghi del pia-132 sardegnaimmaginare

neta, i cosiddetti orridi, ossia le gole profonde, ri- fine: sopraffatti dalla disperazione finivano per to-chiamano ad esseri mostruosi e spesso al Diavolo. gliersi la vita.Gli anziani parlano di Sa mama de Gorropu (La Ma l’aspetto forse più singolare, sostenuto con con-madre di Gorropu), una spaventosa creatura che vinzione da numerosi anziani, è che in un puntodimora all’interno del canyon. Mentre sos drullios preciso all’interno di Gorropu, sia possibile vedere(è forte l’assonanza con i trools della mitologia nord le stelle di giorno.europea) sono descritti come creature malvagie Questo dato, non trova alcun sostegno scientifico,che durante le notti tempestose escono dalle grotte ma c’è più di un anziano che afferma che in un de-nascoste nella gola e trascinano via uomini, ani- terminato periodo dell’anno, a una certa ora e nelmali e costruzioni del Supramonte. punto più stretto del canyon, si possano veramenteSi racconta che a Gorropu abiti anche Sa Tentas- vedere alcune stelle di giorno.sione (il Maligno) e che in molti in passato vi si re-cassero per incumandare (affidare) la propria animaal Diavolo in cambio de sas richesas mundanas (le ric-chezze terrene). Ma tutti facevano poi una brutta sardegnaimmaginare 133

Percorsi Trekking a cura di Società Chintula Escursione al canyon Gorropu. Partenza dal Campo base Gorropu (SS 125 km 190,500) Percorso escursionistico facile. Partenza in fuoristrada con la guida dal Campo Base Gorropu da cui si percorre uno sterrato panoramico di circa 5 km per raggiungere il rio Flumineddu. Quindi si affronta un facile trekking di 2,5 km di avvicinamento al canyon. Per la visita del sito si impiega circa un’ora. Per il rientro, previsto nel pomeriggio, si ripete a ritroso lo stesso percorso dell’andata, raggiungendo nuovamente il Campo Base Gorropu. Partenza da Ghenna Sìlana (SS 125 km 183) Percorso panoramico-escursionistico. Si raggiunge il passo di Ghenna Sìlana. Da tale punto si affronta un trekking di circa due ore lungo 4 km con un dislivello di circa 650 m. Il percorso è assai interessante dal punto di vista paesaggistico, botanico (lecci, corbezzoli, terebinti e ginepri monumentali), faunistico (muflone, martora, aquila) culturale (insediamenti pastorali storici). Per la visita del sito si impiega circa un’ora. Per il rientro si affronta un facile trekking di 2,5 km fino ad attraversare il Rio Flumineddu; da tale punto, con il fuoristrada, si percorre uno sterrato panoramico di circa 5 km per raggiungere il Campo Base Gorropu (SS 125 km 190,500). Qui si effettua una breve sosta e dal punto panoramico è pos- sibile osservare tutto il percorso che si è fatto. Rientro, sempre in fuoristrada, al passo di Ghenna Sìlana. Gorropu integrale Percorso escursionistico per esperti. Partenza in fuoristrada con la guida dal Campo Base Gorropu (SS 125 km 190,500). Dopo aver percorso un tratto panoramico della Strada Statale 125, ci si immette nel Supramonte di Urzulei per apprez- zare i paesaggi calcarei di Campu Oddeu e di Campos Bàrgios. Si raggiunge il sito Sa Sedda de as bacas e da tale sito si percorre un facile trekking di circa 3 km ricco di attrattive quali: il tasso monumentale e la tomba dei giganti di Su campu de sa Càrcara, l’ovile di Sa Sedda de as bacas. Poi si prosegue percorrendo S’Ischina de s’Arraiga fino a raggiungere Sa Giuntura e Pischina Gorropu, che segna l’ingresso a monte del canyon Gorropu. Qui ha inizio il percorso più impegna- tivo e più spettacolare all’interno della gola di Gorropu (lunga circa 1500 metri) osservando, stupefatti, l’enorme lavoro che l’acqua del Flumineddu ha fatto nei milioni di anni per posizionare, modellare e levigare enormi massi di calcare originatosi da 190 a 60 milioni di anni fa sotto il livello del mare. L’origine marina è testimoniata anche dalla presenza di fossili come amoniti, alghe, pesci, etc. All’interno si troveranno anche esemplari millenari di Fillirea latifolia e Tasso (Taxus baccata) oltre che altre numerose specie endemiche della Sardegna, ma a confermare l’unicità microclimatica del canyon troviamo l’Aquilegia di Gorropu o Aquilegia nuragica, endemismo che, su tutto il pianeta, vegeta in pochissimi esemplari solo all’interno del canyon. “Tutti i diritti riservati Società Chintula”134 sardegnaimmaginare

La società Chintula, concessionaria per il controllo e la valorizzazione del sito offre validi servizi per raggiungere la gola, permettendo a tutti ditrovare la soluzione più adatta alle proprie esigenze e capacità.LA PIU’ FACILE1. Andata e ritorno in fuoristrada dal Campo Base Gorropu (S.S. 125 km. 190.500)• 1° Partenza: ore 9.00 dal Campo Base Gorropu.• 2° Partenza: ore 10.00 dal Campo Base Gorropu.• Rientro: dalle ore 15.30 alle ore 19.00 al Campo Base Gorropu.• Equipaggiamento: Scarponi da trekking (in alternativa scarpe da ginnastica robuste); 1 L d’acqua.• Dislivello a piedi: circa 50 mt. in salita/discesa.• Lunghezza complessiva percorso a piedi: circa 6 km.• Difficoltà: Escursionistico facile.• N° minimo di partecipanti: nessun limite.2. Discesa in fuoristrada con guida dal Campo Base Gorropu (S.S. 125 km. 190.500):• Partenza con guida:ore 9.00 dal Campo Base Gorropu (S.S. 125 km. 190.500).• Rientro: dalle ore 16.00 alle ore 19.00 al Campo Base Gorropu.• Equipaggiamento: Scarponi da trekking (in alternativa scarpe da ginnastica robuste); 1 L d’acqua.• Dislivello a piedi: circa 50 mt. in salita/discesa.• Lunghezza complessiva percorso a piedi: circa 6 km.• Difficoltà: Escursionistico facile.• N° minimo di partecipanti: 4 persone.LA PIU’ BELLA3. Discesa dal Passo Ghenna Silana a piedi con guida e rientro in fuoristrada• Partenza con guida: alle ore 9.00 dal passo Ghenna Silana (S.S. 125 km. 183).• Rientro: alle ore 17.00 circa al passo Ghenna Silana.• Equipaggiamento: Scarponi da trekking; 1 L d’acqua.• Dislivello a piedi: circa 650 mt. in discesa.• Lunghezza complessiva percorso a piedi: circa 7,5 km.• Difficoltà: Escursionistico.• N° minimo di partecipanti: 4 persone.4. Discesa dal Passo Ghenna Silana (S.S. 125 km 183) a piedi senza guida e rientro con il fuoristrada• Partenza in autonomia: dalle ore 9.00 alle ore 14.00 dal passo Ghenna Silana (S.S. 125 km. 183).• Rientro: dalle ore 16.00 alle ore 19.30 circa al passo Ghenna Silana.• Equipaggiamento: Scarponi da trekking (in alternativa scarpe da ginnastica robuste); 1 L d’acqua.• Dislivello a piedi: circa 650 mt. in discesa.• Lunghezza complessiva percorso a piedi: circa 7,5 km.• Difficoltà: Escursionistico facile.• N° minimo di partecipanti: nessun limiteBELLA E IMPEGNATIVA5. Traversata integrale del Canyon.• Partenza con guida: alle ore 8.30 dal Campo Base Gorropu.• Rientro: alle ore 17.00 circa al Campo Base Gorropu.• Equipaggiamento: Scarponi da trekking; 2 L d’acqua.• Dislivello a piedi: circa 400 mt. in discesa.• Lunghezza complessiva percorso a piedi: circa 6,5 km.• Difficoltà: EEA• N° minimo di partecipanti: 4 persone.Per info e prenotazioni: Coordinate geograficheSocietà Chìntula (per navigatore satellitare GPS)Cellulare: 328.8976563 - 328.5748917 (ITA) Passo Ghenna Silana: 40° 09′ 32.0″ N – 9° 30′ 29.0″ EMobile: 0039.389.4208595 (DE-FR-UK-ES) Campo Base Gorropu: 40° 11′ 51.0″ N – 9° 32′ 8.0″ EE-mail: [email protected]: http://gorropu.info sardegnaimmaginare 135

Redazionale HOTELSU GOLOGONESiamo nel cuore antico della Sardegna, la suggestiva Barbagia.Un’idea anche per un weekend d’autunno per gi, olio d’oliva e vini della Vineria. Nel dopo cena non può mancare l’assaggio di digestivi e infusi alle godersi un semplice relax, immersi nel tranquillo erbe aromatiche dell’orto di Su Gologone. Spesso nel terrazzo dei sogni potete rilassarvi conUsilenzio dei vigneti e degli oliveti, lambiti dalle lim- il Cinema sotto le stelle, in cui i grandi registi rac- pide acque del Cedrino e dall’omonima sorgente contano, attraverso le immagini, la Sardegna di ieri carsica di Su Gologone. Un luogo unico, dove con- e di oggi. Da non perdere l’occasione di esplorare fort, romanticismo e arte prendono forma. L’Hotel il suggestivo territorio circostante, uno straordina- Su Gologone è un’oasi di fascino, in cui lo spirito rio mix di archeologia e natura. Le guide dell’hotel della terra sarda si respira ovunque: nelle camere vi accompagneranno con Land Rover, moto quod, tutte diverse per colore, accessori, esposizione e ar- biciclette, canoe, cavalli e a piedi… attraverso i sel- redi tradizionali. Un intreccio originale di roman- vaggi sentieri del Supramonte con il suo calcare tiche atmosfere e squisita ospitalità, tra i profumi e bianco, ad un passo dal cielo o alle acque cristalli- i sapori della cucina regionale. ne della vicina spiaggia di Cala Cartoe. Assistere alla preparazione dei pani tradizionali E dopo una giornata di natura, mente e corpo si e alla loro degustazione nel Nido del Pane signi- rilassano nella SPA con massaggi al mirto e ma- fica trascorrere una serata speciale. Compiere un schere di bellezza al miele di asfodelo. Una valida viaggio nella cucina tradizionale barbaricina, os- alternativa è il percorso “l’Arte a Su Gologone” servando le antiche tecniche di cottura della car- che racconta gli artisti sardi più importanti tra ne allo spiedo e ammirando le manifatture di abili 800 e 900. Una preziosa raccolta di pezzi unici tra artigiani. Da non perdere la cena informale con le tapas della Cantina o la degustazione di formag-136 sardegnaimmaginare

quadri, ceramiche e antichi mobili che si possonoapprezzare in un itinerario suggestivo fino ad ar-rivare alle Botteghe d’arte, “Su Gologone Style”.Ideate e progettate da Giovanna Palimodde, cre-atrice di un vero e proprio marchio che racchiu-de in sé tradizione e innovazione. Qui si possonoammirare e acquistare sontuosi scialli, creazioni intessuto con ricami policromi che ben si inseriscononelle architetture mediterranee.Abili mani realizzano con maestria progetti e dise-gni, dando vita a pezzi unici, oggetti in ferro, ese-guiti sempre su bozzetti in esemplari limitati per ilmarchio “Su Gologone Style”. Ceramiche maioli-cate a gran fuoco (960°), con smalti e forme unichenel loro genere. Una vera galleria d’arte immersain un panorama mozzafiato, una simbiosi armoni-ca tra splendidi quadri a olio e olivi secolari, anforedella sposa e ginepri, ricami e lecci in una cornicedove si eleva lo spirito attraverso proposte artisti-che d’eccellenza.

La ricetta di Su Gologone PANE FRATTAU Ingredienti per quattro persone: 350gr. pane carasau; 400gr. di sugo di pomodoro; 120 gr. di pecorino di due stagionature e provola grattuggiati; 4 uova; Basilico; Cipolla; Olio d’oliva; Sale qb. Preparazione: Per il Sugo: sugo di pomodoro, olio d’oliva, cipolla aglio basilico, carne di vitella tagliate a pezzettini, far cuocere a fuoco lento per 30 min. in seguito, immergere per un attimo in acqua bollente e salata la sfoglie di pane carasau, quindi tagliarle a spicchi e disporle sul piatto, tenendo conto che una porzione è costituita da una intera sfoglia, infine condire con sugo di pomodoro fresco e con i vari formaggi grattugiati, sistemare al centro del piatto, così ottenendo, un uovo in camicia. E’ una ricetta povera ed economica e al tempo stesso buonissima è tipica della Barbagia.138 sardegnaimmaginare



di Chiara Porqueddu MAMOIADA Il carnevale, un rito ricco di mistero140 sardegnaimmaginare

Servizio fotografico Gabriele Doppiu sardegnaimmaginare 141

BBarbagia terra selvaggia e misteriosa, caratteriz- Issohadores che lanciano sa soha zata da antichi riti che si manifestano soprattutto durante il carnevale. Uno di questi riti è quello ne di coprire il capo e viene legato attorno al viso; che si celebra a Mamoiada; dove viene appunto • “su bonette”, il berretto; richiamato il mondo barbaricino arcaico con i suoi • “sas peddes”, o “mastruca”, che ricopre il bu- riferimenti alla vita pastorale e al mondo animale. sto ed è costituita da pelli di pecora (rigorosamente I Mamuthones, uomini tramutati in bestie (pecore nera); o capre) sono protagonisti di queste celebrazioni. • “sos usinzos”, tipici scarponi in cuoio: Il 17 gennaio festa di S.Antonio Abate decreta l’i- • “sa carriga”, insieme di campanacci, tenuti in- nizio delle festività del carnevale Mamoiadino, in sieme da cinghie di pelle, collocati sul dorso e dal particolare si da inizio al solenne rito della vestizio- peso rilevante (circa 25 kg): ne; ovvero quella trasformazione degli individui in • “su belludu”, completo in velluto, di colore nero Mamuthones e Issohadores. o marrone. I Mamuthones indossano: Gli Issohadores, invece, indossano: • “sa visera”, una maschera di legno nera con ca- • “sa visera ‘e santu”, una maschera bianca li- rattere antropomorfo; gnea, il cui uso è stato reintrodotto solo nei primi • “su muncadore”, un fazzoletto in tibet (solita- anni 90; mente utilizzato dalle donne locali) che ha la funzio- • “sa berritta”, copricapo tradizionale in panno nero che viene ripiegato e tenuto fermo da un faz- zoletto colorato legato intorno al viso;142 sardegnaimmaginare

Sa visera ‘e santu dell’IssohadoreMamuthsaorndeergisnisatiemmma saugminuanrcead1o4re3

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Issohadores che lanciano sa soha sardegnaimmaginare 145

• “su curittu”, giacca di panno rosso; Sa visera del Mamuthone• “sa ‘amisa”, camicia bianca;• “su pantalone biancu”, calzoni bianchi; coloso come se fosse un rito pagano, ricco di miste-• “s’issallu”, uno scialletto piegato a modo di ro e fascino dovuto al richiamo dei tempi passati.triangolo e legato in vita, pitturato o ricamato a Il momento più importante e solenne della vesti-mano con fili molto colorati; zione si ha quando i Mamuthones e gli Issohado-• “sas carzas”, in orbace, che rivestono le scarpe res indossano la maschera, è proprio questo istantefin sotto il ginocchio; che sancisce il cambiamento: gli uomini perdono• “sa soha”, fune in giunco (anticamente realiz- l’identità e mutano in creature misteriose.zata in cuoio), abilmente intrecciata dagli artigiani Dopo la vestizione si può dare inizio alla sfilata.locali. Sembrerebbe proprio questo termine a dare Anch’essa impregnata di mistero e ritualità. I Ma-origine al nome “Issohadores”; muthones procedono a piccoli saltelli, il loro corpo• “sos sonajolos”,una cintura in pelle lavorata a tende una volta a destra e una a sinistra, questomano con intarsi di vario genere, con applicati dei movimento, che il gruppo esegue in modo simulta-campanellini o sonagli di piccole dimensioni, in- neo, viene fatto in due tempi e provoca il suono deidossata in modo trasversale attorno al torace. campanacci, il loro incedere è interrotto di tantoLa vestizione, dunque, incarna una cerimonia che in tanto dal capo Issohadores che con un comandopotremmo definire a metà tra il sacro e il profano: ordina il famosissimo triplice salto, un vero e pro-le varie fasi vengono eseguite in modo molto meti- prio stacco che trasforma il monotono incedere in una melodia inconfondibile.146 sardegnaimmaginare

Mamoiada: Menhir “Perda Pintà”Mamoiada è un paese della Barbagia di Ollolai, nel centro della Sardegna, a pochi chilometri dalla catenamontuosa del Gennargentu e dall’altopiano del Supramonte. Fin dai tempi antichi un luogo ricco di storiae tradizioni: la sua conformazione geografica ha favorito l’insediamento dell’uomo sin dal neolitico. Lazona è conosciuta anche per la presenza di alcune Pietre Lunghe (men-hir) caratterizzate da un’iconografiaa cerchi concentrici. Oggi tuttavia ne rimangono pochi: la maggior parte sono stati distrutti dalla popo-lazione locale che riteneva questi men-hir fossero case degli spiriti maligni. Tuttavia nel libro “Voyage enSardaigne” del 1830 Alberto Della Marmora descrive alcune di queste pietre oggi scomparse. […] Questomonolito è lavorato evidentemente col martello o con lo scalpello, sia pure in modo grossolano: la sua sezione traversa tende piùall’ovale che al cerchio perfetto e misura 4 metri e 5 metri sul diametro maggiore: l’altezza è di 6 metri» […] (Della Marmora1830 “Voyage en Sardaigne”).L’unica stele che ancora oggi si conserva intatta si trova in un cortile alla periferia del paese: nel 1997 du-rante dei lavori di costruzione di un’abitazione fu rinvenuta totalmente interrata nel terreno, praticamenteintegra. “Sa perda Pintà” (conosciuta anche come “Stele di Boeli”) è un grosso blocco di granito alto 2,67m., largo 2,10 m. e profondo 0,57 m. Le superfici - entrambe molto rifinite - sono caratterizzate da svariatedecorazioni. Nella parte anteriore troviamo una serie di incisioni, formate da diversi cerchi concentrici chevanno da un minimo di due fino a un massimo di sette; questi si trovano intorno ad un incavo (coppella)centrale da dove parte un intaglio lineare che divide alcuni cerchi, terminando a forma di uncino. Nellaparte superiore e nella parte inferiore sinistra, invece vi sono molte coppelle (circa una ventina) di diversedimensioni. Sempre nella parte sinistra si notano sette coppelle disposte a semicerchio poco sopra unodei temi a cerchi concentrici attraversati da un’incisione rettilinea. Tali disegni e simboli sono certamenteunici in Sardegna e hanno un significato rilevante anche in ambito europeo, dove una simile iconografiaricorda molto quella dell’area celtica (Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda) […] «l’uso di pietre dritte, o men-hir,non dev’essere considerato esclusivamente dei popoli antichi dell’Europa settentrionale ed occidentale: monumenti simili si ritro-vano sebbene in piccolo numero, nell’isola di Sardegna…»[…] (Della Marmora 1830 “Voyage en Sardaigne”). Tuttaviagli archeologi che datano questo menhir nel periodo 3200-1800 a.C. collegano tali simboli ai culti legatial ciclo morte-rinascita e alla fertilità, caratteristici delle credenze delle comunità agricole di età neolitica.Un ulteriore conferma di questa tesi viene dal vaso paleo-sardo tipico della cultura di Ozieri (3300-2480a.C.) dove si possono osservare le medesime incisioni. di Chiara Porqueddu sardegnaimmaginare 147

Sport e tempo libero di Chiara Porquedduph Ogliastra DivingAlla ricerca del vento, terza puntata:BBari Sardo e Cardedu. di grandi spiagge il tutto dominato da una rigoglio- Bari Sardo - Torre Di Barì sa distesa di macchia mediterranea. Una leggera brezza ci accompagna nel cuore Una di queste spiagge uniche è la Torre di Barì: dell’Isola per esplorare e scoprire il massiccio del arenile lungo circa 8 km diviso in due parti dalla Gennargentu prima e gli altopiani del Supramonte torre di Bari Sardo, antica costruzione spagnola poi, fino a raggiungere Bari Sardo e la costa Oglia- utilizzata come punto di osservazione. La parte strina con i suoi uliveti secolari e le scogliere moz- nord chiamata “Mari de is Ominis” è una spiag- zafiato. gia con sabbia grossa caratteristica per il suo colo- L’Ogliastra ha caratteristiche naturali ben diverse re ocra che conferisce al mare splendide sfumatu- dalle altre coste sarde, infatti, essa si contraddistin- re che variano dall’azzurro al verde. La parte sud gue per l’alternanza di alte scogliere, con diversa “Mari de is Femunas” è fatta di sassolini grigi e origine rocciosa e diversi colori, di piccole calette e148 sardegnaimmaginare

ph Ogliastra Divingph Ogliastra Diving sardegnaimmaginare 149

ph Ogliastra Diving150 sardegnaimmaginare


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