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La Valle del Tassobbio. La vita nei secoli prima dei Canossa

Published by davide, 2020-09-15 08:16:54

Description: con saggi di:
Silvia Chicchi, Sergio Guidetti, James Tirabassi,
Nicola Cassone, Villiam Morelli, Massimo
Gigante, Luca Bagni e Alessandra Curotti

Keywords: valle del Tassobbio,Tassobbio,Cortogno

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99 Vercallo nel Atto Adalberto nel 958, a cui si deve ampie aree ricoperte da selve e da particolare della aggiungere Migliara nel 976, ap- incolti. In questo periodo le fonti pergamena di partenevano ad un grande signore documentarie sono ancora silenti in San Tommaso laico; troviamo poi la curtis di Spa- merito all’organizzazione delle co- gnago, località oggi scomparsa che munità rurali, che cominciarono ad sorgeva presso il borgo di Vaglie di aggregarsi attorno alle parrocchie di Cortogno (negli estimi di Sarzano villaggio ed ai primi siti incastellati; del 1667 appaiono alcune proprie- tali comunità appariranno sulla sce- tà terriere ubicate presso “L’Ara di na solo al tramonto del XII secolo, Spagnago”). Spagnago fu concessa quando verranno chiamate a presta- nel 943 dai re Ugo e Lotario ai ca- re sottomissione al comune cittadi- nonici della Cattedrale di Reggio; no, ormai ben determinato nella sua nel corso del X secolo è attestato il espansione all’interno del comitato possesso della curtis di Vercallo da a scapito dei signori feudali, laici parte del monastero reggiano di san od ecclesiastici, che ne ostacolava- Tommaso, mentre Felina e Mallia- no l’avanzata; tuttavia la descrizione co passarono, come abbiamo visto, di queste vicende riguarda un epoca dalle mani degli estinti Supponidi storica assai diversa rispetto all’al- a quelle degli Obertenghi, signori to medioevo, dove nuovi poteri si di Lunigiana. Le prime concessioni scontreranno in un contesto in gran di terre lungo il Tassobbio ai vescovi parte mutato rispetto all’età prece- reggiani sono documentate a parti- dente. re dal 1022, e riguardano le località di Leguigno e Gombio. I vescovi di Parma rimasero invece in possesso di Pianzo almeno sino al 1033, questo in virtù della loro dignità comitale, poiché Pianzo costituiva l’ultimo lembo di comitato parmense posto a levante dell’Enza. Questa “anomalia confinaria” si protrasse sino al XIX secolo: il Ducato di Parma manten- ne infatti, sino alla sua soppressio- ne avvenuta nel 1859, il possesso di una porzione di terra reggiana che si protendeva all’interno della valle del Tassobbio; al suo interno si trovava- no le ville di Compiano, Borzano, Crognolo, Roncovetro, Vedriano, Gombio e Soraggio. Nel pieno XI secolo la “carta dei possedimenti” ed il paesaggio agrario della val Tas- sobbio appaiono distribuiti a “mac- chia di leopardo”, situazione tipica della fase finale dell’alto medioevo, dove diversi attori detengono i beni terrieri e dove accanto ai poderi coltivati a vite e cereali rimanevano

100 Appendice: Carnione, una borgata ancora oggi esistente nel comune di Carpineti; il “fluvium Tasublum” piccolo abitato sorge alle falde me- La prima attestazione ridionali del monte Le Borrelle, ri- documentaria del lievo che è delimitato a sud dall’alto Tassobbio (anno 1116) corso del Tresinaro, a nord da quel- lo del Tassobbio; la stessa Carnione Un decreto del vescovo reggiano si trova menzionata tra le terre che, Buonsignore dato nel 1116 in favore dopo la morte di Bonifacio da Ca- del monastero di Marola, nell’in- nossa (anno 1052), la chiesa Reggia- dicare i confini di alcune terre na reclamava come di sua pertinenza pertinenti alla località di Carnio- perchè arbitrariamente a lei sottratte ne, citava, un po’ pomposamente, i dal potente marchese (“Inter Carnioni et due “fiumi” Tresinaro e Tassobbio: Pantano mansos X..”). “..terra Carniuni, qua nunc noviter laboratur E’ questa, in assoluto, la più antica intra confinia fluviorum quoque Trisnarie atque menzione documentaria del Tassob- Tasubli…” (…”il podere terriero di bio; citazione incidentale, in riferi- Carnione, che ora è nuovamente mento ad un’indicazione confina- coltivato, si trova all’interno dei ria, percepita come semplice linea confini costituiti dai fiumi Tresi- di demarcazione di un fondo rurale. naro e Tassobbio…). La citazione riguarda il primo tratto La “terra Carniuni” indicata nel do- del corso d’acqua, quello poco a valle cumento era stata donata al mona- della sorgente principale, alla testata stero di Marola da Matilde di Canos- della vallecola che separa l’abitato di sa: essa va senz’altro identificata con Marola dalla vicina abbazia; dunque già in epoca medievale l’idronimo “Tassobbio” veniva riferito anche al tratto del torrente prossimo alle scaturigini e non solo a quello posto più a valle.

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103 La Valle del Tassobbio L’ambiente vegetale di Villiam Morelli nato a Bibbiano il 20 aprile 1957. Operatore del Centro di Informazione ed Educazione Ambientale dei territori Canossani della Val d’Enza - Socio Coop Incia che si occupa di ambiente e turismo - Socio della Società Botanica Italiana - Guida Ambientale Escursionistica Premessa tano spesso boschi decidui di latifo- La valle del torrente Tassobbio ha glie dominati dalla Roverella (Quer- un bacino idrografico di circa 100 cus pubescens Willd. subsp. pubescens) e dal km², è situata nel medio Appennino Cerro (Quercus cerris L.). L’associa- reggiano e fa parte del bacino idro- zione del querceto misto è presente grafico del fiume Enza. La quota nelle sue varianti mesofila e xerofi- massima del bacino è di 960 m s.l.m la. Il querceto mesofilo si sviluppa mentre la quota minima (alla con- su suoli sufficientemente profondi fluenza con l’Enza) è di 258 m s.l.m. ed umidi (tipicamente sui versan- Dal punto di vista geologico nella ti più freschi), dove sono presenti valle sono presenti substrati argillo- anche, Acero campestre (Acer campe- si, marnacei e arenarie; questi, oltre stre L.) e Acero opalo e (Acer opalus alle forme di erosione e all’espo- Mill. subsp. opalus), Carpino bianco sizioni dei versanti, condizionano (Carpinus betulus L.) e Carpino nero fortemente la vegetazione presente. (Ostrya carpinifolia Scop.). Ai margi- ni delle boscaglie ritroviamo Acero La vegetazione minore (Acer monspessolanum L. subsp. monspessolanum), Biancospino (Cratae- Tipi vegetazionali gus monogyna Jacq.) e altri elementi a La vegetazione del bacino idrografi- portamento arbustivo. La vegetazio- co del Tassobbio è quella caratteri- ne che si insedia in corrispondenza stica della zona collinare della pro- degli affioramenti argillosi è soprat- vincia. Un criterio utilizzabile per tutto erbacea e arbustiva, sporadica e definire le principali macrotipolo- con ampi diradamenti nelle zone più gie vegetazionali è basato sul tipo di scoscese, mentre dove si può svilup- substrato rinvenibile, che concorre pare un sufficiente spessore di suolo, insieme alle condizioni geografiche la roverella (Quercus pubescens Willd. e microclimatiche, a selezionare le subsp. pubescens) è il maggior rappre- fitocenosi rinvenibili. sentante del querceto xerofilo che si Le bancate arenaceo-marnose ospi- ritrova nei microambienti più cal-

104 di. Il ginepro (Juniperus communis L.) formazione forestale, alcune querce: specie arbacee è ben rappresentanto tra gli arbusti la Roverella (Quercus pubescens Willd. nemorali colonizzatori delle praterie calca- subsp. pubescens), il Cerro (Quercus cer- ree, assieme ad altre specie arbustive. ris L.) e raramente il Rovere (Quercus Nelle zone più integre, la copertura petraea (Matt.) Liebl. subsp. petraea), arborea è senza limite di continuità specie in rarefazione nel territorio trasformandosi risalendo dal fon- considerato. Altre essenze e arboree dovalle lungo i versanti, da bosco e arbustive sono presenti in queste igrofilo a tipologie associative mag- formazioni forestali nelle diverse giormente svincolate dalla presenza tipologie presenti. Notevole la co- dell’acqua. E’ da ricordare anche la pertura di specie arbacee nemorali presenza all’interno del territorio in studio, di due emergenze arboree: il Pino silvestre (Pinus sylvestris L.) ed il Faggio (Fagus sylvatica L. subsp. sylvatica). Affronteremo ora, in modo succin- to, alcuni degli ambienti vegetazio- nali presenti nella valle. Boschi che caratterizzano, con copiose fio- le Pulmonarie mesofili riture, la stagione tardo invernale e primaverile, anticipando la copertu- Gran parte delle aree boscate del- ra delle piante arboree all’emissione la valle sono coperte da formazioni del fogliame. Tra queste citiamo mesofile, soprattutto querceti; si le Pulmonarie (Pulmonaria officinalis tratta di formazioni che hanno l’e- L. e Pulmonaria apennina Cristof. & sigenza di avere una moderata ma Puppi), dalla caratteristica macula- costante disponibilità idrica, situa- tura fogliare simile agli alveoli pol- zione favorevole dove sono presenti monari, la Fegatella (Hepatica nobilis suoli profondi e versanti ombreg- Schreb.), gli Anemoni (Anemonoides giati. La loro struttura e la compo- sizione floristica e spesso complessa e diversificata. La specie arborea ca- ratteristica è il Carpino nero (Ostrya carpinifolia Scop.); ad esso sono asso- ciate, in base alle caratteristiche della

105 Bosco nemorosa (L.) Holub e Anemonoides bustive come le Rose (Rosa sp.pl.), il xerofilo ranunculoides (L.) Holub), la Scilla Prugnolo (Prunus spinosa L. subsp. (Scilla bifolia L.) la Primula comune spinosa), il Biancospino (Crataegus (Primula vulgaris Huds. subsp. vulgaris L.) monogyna Jacq.), il Ginepro (Juniperus e il Dente di Cane (Erythronium dens- communis L.), utilizzato un passato canis L.). per l’Albero di Natale, la Vesicaria Nelle aree dove non sono presenti (Colutea arborescens L.), dai curiosi suoli argillosi, troviamo spesso casta- frutti rigonfi e altre numerose spe- gneti da frutto abbandonati. Il Ca- cie. Tra le specie erbacee tipiche di stagno (Castanea sativa Mill.) è specie queste cenosi troviamo il Camedrio impiantata dall’uomo e il suo man- (Teucrium chamaedrys L.), il Geranio tenimento a compagini pure, pre- sanguigno (Geranium sanguineum L.) suppone una continua eliminazione e il raro Dittamo (Dictamnus albus L.) delle specie che carettrizzerebbero dal caratteristico profumo di limone questa tipologia boschiva. Nella valle e dalle splendide fioriture. sono presente anche alcuni esem- plari di castagno di dimensioni rag- Pinete guardevoli e meritevoli di tutela. a Pino silvestre Boschi xerofili Il Pino silvestre (Pinus sylvestris L.) tro- va in alcune vallate emilane il suo Si tratta di formazioni forestali dove limite meridionale dell’areale. Lo la componente arborea e arbustiva e possiamo trovare entro compagini caratterizzata da specie xerofile, cioè arbustive oppure boschi di roverel- adatte a condizioni di aridità, anche la o orno-ostrieti. Su suoli arenacei estrema. La specie arborea domi- poveri lo riveniamo in popolazioni nante è la Roverella (Quercus pubescens quasi pure (pinete). Willd. subsp. pubescens), specie che ama La sua presenza nel nostro territo- i luogi asciutti e assolati. A differen- rio è documentata a partire da cir- za dei boschi mesofili, dove questà ca 10.000 anni fa e ha raggiunto la specie è generalmente sottomessa o massima espansione nel periodo Bo- convive con altre essenze, nei bo- reale. La nostra provincia conserva schi xerofili, spesso, forma consorzi le maggiori popolazioni appennini- quasi puri e aperti, quindi estrema- mente luminosi, questo permette l’isediarsi di numerose specie ar-

106 che. Si comporta spesso come specie Calanchi I Calanchi pioniera e soffre molto l’ombreggia- mento di altre specie arboree quan- Le tipiche erosioni calanchive che do si trova misto ad esse. Una carat- si formano su suoli argillosi si ca- teristiche che distingue questa specie ratterizzano per le ripide pareti che da altre delle stesso genere utilizzate accettano solo poche specie vegeta- un tempo per i rimbischimenti e li, che tollerano l’elevata aridità del presenti nella valle, è la corteccia che suolo dovuta alla caratteristica collo- si squama a placche rivelando il ca- sità del suolo argillooso e all’elevata ratteristico colore rosso aranciato. salinità delle acqua che vi circolano. All’interno del bacino del Tassobbio Nella parte sommitale, oltre ad ar- ritroviamo il Pino silvestre nei bo- busteti a Ginestra odorosa (Spartium schi, sporadico e mescolato ad altre junceum L.), utilizzata un tempo per essenze, ma anche in alcune bellis- la produzione di fibre, sono pre- sime popolazioni pure. Il corteggio senti specie postcolturali come la floristico in queste ultime cenosi Sulla (Sulla coronaria (L.) Medik.) e risulta estremamente scarso a causa altre componenti erbacee; lungo i della copertura del suolo da parte versanti più stabili si insediano solo degli aghi rinsecchiti che creano una poche specie estremamente adatta- vera e propria forma di pacciamature bili a questi ambienti come l’Astro naturale e inacidiscono il suolo. spillo d’oro (Galatella linosyris (L.) Rchb.f. subsp. linosyris) o la Scorzo- nera laciniata (Podospermum laciniatum (L.) DC). Alla base, dove sovente, nei periodi piovosi, ristagna acqua, troviamo spesso del canneti a Can- nuccia di palude (Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud.), la Farfara (Tussilago farfara L.) e l’Inula vischio- sa (Dittrichia viscosa (L.) Greuter).

107 Prati aridi siva da parte degli arbusteti circo- stanti, siano tutelati dalla Comunità Queste estese cenosi, insediatesi su Europea, all’interno delle aree Rete terreni calcarei, colonizzano aree Natura 2000, come habitat priori- incolte al margine di boschi o delle tari di salvaguardia. zone calanchive. La composizione La lista delle Orchidaceae presenti e floristica è essenzialmente composta lunga, ne citiamo solo alcune: Or- da specie erbacee, molte delle quali chide minore (Anacamptis morio (L.) a ciclo annuale. Si tratta di ambien- R.M. Bateman, Pridgeon & M.W. ti ricchi di biodiversità ma soggetti Chase ), Vesparia (Ophrys sphegodes a estrema aridità nel periodo estivo Mill.), Cimiciattola (Anacamptis co- con il conseguente disseccamen- riophora (L.) R.M. Bateman, Prid- to delle specie presenti, soprattutto geon & M.W. Chase) e l’autunnale Poaceae. Trecce di dama (Spiranthes spiralis (L.) Una delle Poaceae caratteristiche Koch) di questo ambiente e la Trebbia (Chrysopogon gryllus (L.) Trin.), il cui Arbusteti apparato radicale veniva usato un ed habitat tempo per la produzione delle spaz- in evoluzione zole. Ma una delle caratteristiche di questi prati aridi e la presenza di Al margine delle aree boscate, nei copiose fioriture di orchidee, specie coltivi abbandonati e nei prati cal- protette dalle legge regionale 2/77 carei in evoluzione sono presenti e che fanno si che questi ambienti, spesso soggetti ad invasione progres- Trecce di estese formazioni arbustive, tipiche dama di ambienti in costante dinamismo. Si tratta di cenosi spesso complesse e diversificate. Presso i boschi for- mano una fitta cortina che funge da ambiente di transizione tra la vege- tazione prettamente arborea e le aree circostanti, spesso coltivate. In que- ste situazioni si formano ambienti

108 ricchissimi di specie che provengono giormante caratterizzate e ricono- da entrambi gli habitat con i quali scibili. vengono a contatto. Specie domina- Come dicevamo le specie più comu- ti sono il Prugnolo (Prunus spinosa L. ni appartengono alla famiglia delle subsp. spinosa) e i Rovi (Rubus sp.pl.). Salicaceae: Pioppo nero (Populus nigra Situazioni diverse si creano quando L.) , Pioppo bianco (Populus alba L.) , l’arbusteto invade aree coltivate o Salice bianco (Salix alba L.) general- acomunque aperte. In questo caso, mente a portamento arboreo, Salice soprattutto su suoli calcarei, le specie ripaiolo (Salix eleagnos Scop.), Salice presenti si comportano come pio- rosso (Salix purpurea L.) a portamento niere e la loro rapida colonizzazione arbustivo. Le Salicaceae sono specie dei terreni porta a una evoluzione dioiche, ovvero hanno l’apparato della vegetazione nel tempo e spesso riproduttivo maschile e quello fem- alla ricolonizzazione del bosco. Qui minile su piante diverse. A queste spesso domina il Ginepro (Junipe- essenze si aggiugono l’Ontano nero rus communis L.), le Rose (Rosa sp.pl.) (Alnus glutinosa (L.) Gaertn.), assie- il Perastro (Pyrus spinosa Forssk). e me a molte altre specie arbustive il Biancospino (Crataegus monogyna come ad esempio il Sambuco nero Jacq.) con i cataratteristici grappoli (Sambucus nigra L.) tipica specie colo- di fiori rossi ricchi di vitamina C. nizzatrice di suoli umidi e ricchi di sostanza organica. Alcune curiosità Ambienti ed usi tradizionali dell’Ontano nero acquatici e e del Sambuco nero saranno appro- boscaglie fonditi nel paragrafo dedicato alla ripariali flora. Lungo il corso d’acqua e gli affluen- Coltivi e ti, la vegetazione strettamente ac- aree ruderali quatica risulta poco rilevante. Nelle acque correnti, solo poche piante Si tratta di ambienti di origine an- vascolari riescono a insediarsi, a tropica dove la vegetazione presente volte in moodo effimero, questo av- è dominata da specie coltivate o co- viene soprattutto nlla parte bassa del munque commensali delle colture o Tassobbio, verso la confluenza con il invasive per le stesse. fiume Enza. I boschi ripariali invece sono ampia- mente diffusi lungo il corso d’acqua principale e i suoi affluenti. Spesso si tratta, soprattutto nella parte piu alta delle stesse compagni boscate illustrate in precedenza che arriva- no finu all’acqua e alle quali si ag- giungono specie tipicamente ripa- riali come i salici o i pioppi. Nella parte più bassa le cenosi tipicamente caratteristiche delle rive sono mag-

109 Fiordaliso Anche se non sono habitat natura- in forte espansione, l’Euforbia Capelvenere li, diventano spesso occasione per prostrata (Chamaesice prostrata (Aiton) la colonizzazione da parte di specie Small) o l’Acero negundo (Acer ne- ormai rare e in forte regressione gundo L.), fanerofita di origine ame- come ad esempio quelle che da sem- ricana sfuggita alle coltivazioni e agli pre hanno seguito la cotivazione dei impianti a scopi ornamentali e inva- cereali: Fiordaliso (Cyanus segetum denti in molte cenosi. Hill), Adonide (Adonis annua L.) , Papavero (Papaver rhoeas L.) , Spero- La flora nella (Consolida regalis Gray). Molte aree ruderali e sono coloniz- Mentre lcon il termine di vegetazio- zate da specie invasive espesso nitro- ne isi indicano le associazioni o le file come l’Ortica (Urtica dioica L. comunità di specie che coprono una subsp. dioica) o la Parietaria (Parietaria determinata area o un determinato officinalis L.). territorio, con il termine flora ven- Ultimamente, anche nella valle del gono indicate le singole specie pre- Tassobbio e nella collina in genera- senti in un’area o in un territorio, le, si è assistito all’arrivo di nume- anche molto vasto. rose specie alloctone a volte estre- La flora della Val Tassobbio risulta mamente invasive come ad esempio estremamente ricca, come del resto la Gramigna indiana (Eleusine indica quella di tutta la collina reggiana. (L.) Gaertn. subsp. indica), la liano- Nella valle è presente il 20% di tutta sa Vite riparia (Vitis riparia Michx.), la flora provinciale. Anche se non ci utilizzata come portainnesto e ora sono specie esclusive, la ricchezza e la importanza di quelle presenti risulta veramente notevole. Un esempio può essere quello del Capelvenere (Adiantum capillus-veneris L.), piccola felce caratteristica di pareti stillicidiose e muri umidi. Questa specie, un tempo comune anche nelle città è ormai diventata rarissima e minacciata di estinzio-

110 ne nella nostra provincia. Ormai (L.) Crantz), Violaciocca appen- Altra rara e ca- esistono solo quattro microstazio- ninica (Erysimum pseudorhaeticum Po- ratteristica felce ni: un cortile di un antico palazzo latscheck), Barbone (Himantoglossum tipica di luoghi a Reggio Emilia, una forra umida adriaticum H. Baumann) Campanel- molto ombrosi al Rio della Rocca, in una fontana lino primaverile (Leucojum vernum e presente a a Toano e appunto una stazione, L.), Giglio di San Giovanni (Lilium pochi chilometri presso Cortogno su una colata tra- bulbiferum L. croceum (Cahix)Baker), da Cortogno è la vertinosa soggetta a continuo stilli- Giglio martagone (Lilium martagon L.) Lingua cervina cidio; questa sicuramente risulta la e molte altre. Molte specie presenti più abbondante e in buono stato di nella valle avevano un utilizzo pratico (Asplenium scolopen- conservazione. Un’area di eccellenza da parte dell’uomo, non solo a sco- drium L., 1753)”. dal punto di vista floristico è la valle pi alimentari (circa 150 specie erano del Rio Tassaro, sito d’importanza conosciute e utilizzate normalmente Il Sanbuco comunitaria e con presenza di habi- in cucina), medicinali e manufat- nero tat praticamente intatti e ricchissimi turieri, ma anche legate a pratiche di specie, molte di queste protette magiche, tradizioni e credenze; lo Ontano nero dalla Legge Regionale 2/77 o inserite studio di tutto cio che lega le piante nella “Lista rossa delle specie rare e all’uomo è una scienza chiamata et- Giglio minacciate della Regione Emilia- nobotanica. di San Giovanni Romagna” come ad esempio: Aqui- Come accennato in precedenza ap- legia scura (Aquilegia atrata W.D.J. profndiamo usi e tradizioni legate a Koc), Dittamo (Dictamnus albus L.), due specie caratteristiche e abbon- Elleborina palustre (Epipactis palustris dantemente presenti nella valle del Tassobbio, l’Ontano nero (Alnus glutinosa (L.) Gaertn.) e il Sambuco nero (Sambucus nigra L.). L’Ontano nero ha da sempre evo- cato sinistre credenze, forse dovute al fatto che al taglio il legno diventa immediatamente rosso sangue op- pure al fatto che lo stesso legno, che si deteriora facilmente al contatto con l’aria, diventa immarcescibile se immerso in acqua. Questa caratteri- stica era ampiamente sfruttata, tanto che i pali delle palafitte o quelli che sostengono la città di Venezia sono di Ontano nero. L’ontano nero for- nisce diverse tinte: rosso dalla cor- teccia, verde dai fiori, marrone dai rametti giovani; la corteccia è ricca di tannino, usato in conceria e per la preparazione d’inchiostro. Le dro- ghe ricavate da ramoscelli, foglie e gemme ricche di numerose sostanze hanno proprietà astringenti, diure- tiche, febbrifughe e antinfiammato- rie.

111 Il Sambuco nero è sicuramente una dei frutti per uso alimentare, la ca- delle piante più sterttamente legate ratteristica del legno, contenente all’uomo. Praticamente tutte le parte un midollo spugnoso, era sfruttata della pianta erano utilizzare per vari dai bambini per la realizzazione di scopi; nella tradizione locale veniva- cerbottane e strumenti a fiato. E’ no considerete sette le parti utilizza- una pianta dal duplice simbolismo, bili e quindi chi si accingeva alla rac- nella tradizione cristiana veniva usata colta si doveva prima inginocchiare nei riti funerari, come viatico per il sette volte di fronte ad essa per avere viaggio verso l’aldilà, nella tradizio- indilgenza. Oltre all’uso dei fiori e ne pagana invece, come protettrice della casa e del bestiame e ad essa, in passato, si attribuivano poteri magi- ci, contro i demoni e le streghe. Il Sambuco aveva anche proprietà divi- natorie: se in estate i suoi fiori era- no di colore giallo, meglio ancora di color ruggine, annunciava un nuovo figlio; un infiorescenza sottile indi- cava un anno di siccità, una robusta annunciava un buon raccolto. Il Leccio (Quercus ilex L. subsp ilex) presente sul Monte Baraz- zone è una quercia semprever- de, ed è questa, una delle due stazioni del reggiano.

112 Capriolo foto di Roberto Parmiggiani

113 La Valle del Tassobbio La Fauna di Massimo Gigante e Luca Bagni Massimo Gigante si e’ laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie all’Universita’ di Bologna. membro della societa’ reggiana di scienze naturali “C.Iacchetti” e collaboratore del Museo Civico di Ecologia e Storia Naturale di Marano s/P. Da molti anni si interessa sopratutto di rettili e anfibi. Guardia Giurata Ecologica volontaria dal 1998, all’interno del raggruppamento e’ coordinatore del progetto “ censimento fauna minore”. Luca Bagni Biologo laureato all’Università di Parma, si occupa di censimenti e indagini faunistiche, in particolare ornitologiche. Collabora con associazioni impegnate nella conservazione della natura, come LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), CISNIAR (Centro Italiano Studi Nidi Artificiali) e ASOER (Associazione Ornitologi Emilia Romagna). Svolge attività di educazione ambientale e didattica scientifica. Chi percorre i tranquilli e ameni all’ultima glaciazione quando i gran- sentieri della Val Tassobbio incon- di mammiferi come Mammut, Ri- tra molteplici e differenti situazioni noceronti lanosi, Orsi delle caverne, ecologiche che sfumano gradual- Leoni delle caverne, Cervi megaceri, mente l’una nell’altra, ciascuna con Bisonti, ecc., presenti in Italia fino associato un preciso popolamento alla fine dell’ultimo periodo glacia- animale risultante delle relazioni fra le, erano ormai scomparsi ed estese diversi fattori (antropico, vegetazio- foreste ricoprivano le valli e i monti nale, geologico, climatico, ecc.) e il appenninici. più delle volte composto da entità Il progressivo abbandono delle at- specifiche confinate esclusivamente tività silvo-pastorali e i mutati rap- a poche aree che presentano condi- porti fra uomo e ambiente hanno zioni di vita a loro idonee. notevolmente favorito l’espansione L’assetto faunistico odierno rispec- delle comunità di ungulati (Caprio- chia, almeno in parte, quella che li, Daini, Cervi e Cinghiali), frutto era la fauna del periodo susseguente di reintroduzioni a partire dagli anni

114 ‘70 del secolo scorso; ciò, assieme al Capriolo regime di tutela di cui gode, ha con- sentito la ricomparsa del Lupo (Canis Gambero lupus), unico grande predatore pre- di fiume sente nell’Appennino Settentriona- le e oggi molto frequente anche in Gastroliti questo settore collinare. Il gambero, come Cinghiale Ambienti umidi tutti gli artropodi, è rivestito da Il patrimonio faunistico di questo I torrenti e i ruscelli che numerosi un esoscheletro territorio, però, non si limita alla solcano il territorio collinare erano rigido, composto sola fauna superiore, infatti alla un tempo dimora di invertebrati, da chitina e da grande varietà floristica si associa pesci e anfibi oggi in grave rarefa- sali minerali una numerosa e diversificata fauna zione a causa dei cambiamenti am- (sopratutto invertebrata, soprattutto artropodi, bientali. Tra questi un posto d’ono- composti di che spesso per l’alimentazione di- re lo merita il Gambero di fiume calcio), che pendono da poche specie botaniche (Austropotamobius pallipes Lereboullet, non permette come il caso della Sfinge dell’Eu- 1858) che, attualmente, a causa del- l’accrescimento forbia (Hyles euphorbiae), e che nel la forte sensibilità all’inquinamento graduale loro insieme svolgono un ruolo in- idrico, è relegato in pochi rii con dell’animale. sostituibile nelle reti e catene ecolo- acque fresche, ossigenate e non in- Questi invertebrati giche. quinate. Questo crostaceo colonizza sono perciò preferibilmente torrenti con fondali Sfinge rocciosi e con acque ricche di car- dell’Euforbia bonato di calcio. Il calcio, infatti, è indispensabile al suo biochimismo e viene accumulato dall’animale, sopratutto nelle fasi precedenti la muta, sotto forma di due sassolini di forma discoidale denominati gastro- liti, localizzati nella parte anteriore dell’apparato digerente. Durante le mute i gastroliti vengono frantumati e dissolti all’interno dello stomaco e il calcio così disciolto viene utilizzato per indurire il nuovo esoscheletro . Di colore variabile in funzione del- le condizioni ambientali, dal bruno chiaro al bruno-verdastro scuro, questo crostaceo decapode raggiun- ge una lunghezza massima di 12 cm e un peso di circa 90 grammi. E’ una specie notturna che di giorno si na- sconde nelle anfrattuosità delle roc- ce. Sul capo, sopra l’apertura bocca-

115 costretti a le, possiede un paio di antennule e pesce lungo al massimo 10 cm, dal- rinnovare un paio di antenne. Le antennule, la colorazione tendente al grigio. I periodicamente corte e terminanti in due flagel- maschi presentano sulla prima pin- l’esoscheletro li, sono gli organi dell’equilibrio e na dorsale una caratteristica macchia attraverso dell’udito; le antenne, più lunghe, blu iridescente che diviene molto un processo sono invece organi del tatto, gusto e appariscente nel periodo riprodut- chiamato muta olfatto. Le robuste chele, più gran- tivo. La testa è grande e tozza con durante la quale di nei maschi, sono adoperate oltre occhi sporgenti. la vecchia corazza che per la cattura delle prede rap- Endemita della regione padana, il viene perduta presentate per lo più da invertebrati Ghiozzo ha abitudini crepuscolari e e sostituita acquatici e piccoli pesci, anche per bentoniche; le pinne ventrali sono con una nuova. la difesa dai predatori. Tutte le ap- fuse a formare una sorta di ventosa Inizialmente il pendici, se perdute accidentalmente con la quale aderisce al substrato e nuovo carapace o volontariamente attraverso l’au- che prende il nome di disco pelvico. è molle e totomia, possono essere rigenerate. Molto aggressivo sia con i suoi con- ciò consente All’estremità dell’addome è presente specifici che con altre specie ittiche, all’animale di una sorta di potente pinna natatoria sia i maschi che le femmine mostra- accrescersi utilizzata dall’animale per fuggire no comportamenti sedentari e terri- rapidamente rapidamente all’indietro in caso di toriali. Di giorno ama stare nascosto prima che la pericolo. Il periodo riproduttivo va sotto i sassi dove, con la bocca, scava stessa si indurisca dall’autunno (accoppiamento) alla delle vere e proprie tane facilmente nuovamente. tarda primavera (schiusa delle uova). individuabili per la presenza al loro Fino ad un tempo non troppo lonta- ingresso di mucchietti di sabbia e Ghiozzo no era oggetto di un’intensa pesca da ghiaietto. di ruscello parte delle popolazioni locali che lo Caratteristica dei maschi di questa catturavano per mezzo di rudimen- specie è la capacità di emettere suo- tali fascine (al cui interno venivano ni a bassa frequenza associati sia al posti resti alimentari come esca), che comportamento riproduttivo che a venivano immerse nei tratti più pro- quello di difesa del territorio. I suo- fondi dei ruscelli. Specie “vulnera- ni, dal momento che in questa specie bile” e minacciata, oggi è protetta su manca la vescica natatoria, vengono tutto il territorio provinciale. probabilmente emessi grazie allo Più comune e più facilmente osser- sfregamento dei denti faringei. vabile è il Ghiozzo di ruscello (Pado- gobius bonelli Bonaparte, 1846) noto ai In molti pesci i denti sono localizzati in locali col nome dialettale di “bòtel”. profondità nella faringe, all’altezza dell’ultima Diffuso in tutto il corso del Rio Tas- sobbio, oltre che in numerosi suoi arcata branchiale e la loro superficie affluenti, il Ghiozzo è un piccolo permette di triturare il cibo ingerito prima che giunga nello stomaco. La riproduzione avviene in prima- vera ed è preceduta da un rituale di corteggiamento durante il quale il maschio si esibisce in parate nuziali al fine di attirare la femmina nella propria tana; avvenuto ciò, la stes- sa, con l’ausilio del disco pelvico, aderisce alla volta della tana e inizia la deposizione delle uova, subito se-

116 guita dalla fecondazione da parte del (Phragmites australis). Questo piccolo Cannuccia maschio; le uova sono poi affidate ed elegante anfibio anuro dalla bella di Palude alle cure del maschio che provvede colorazione verde brillante diviene da: wikipedia.it ad ossigenarle, difenderle dai preda- parzialmente acquatico in primavera tori e tenerle pulite mediante secre- durante il periodo riproduttivo; nel Raganella ti mucosi ad azione battericida fino corso dell’amplesso la femmina può alla loro schiusa. La sua carne bianca deporre fino a 1000 uova in forma foto di Roberto e saporita era, fino al dopoguerra, di masserelle sferiche. In autunno, Parmiggiani molto apprezzata per fritture e per con l’arrivo del freddo, dopo essersi questo il ghiozzo era oggetto di pesca nutrita abbondantemente duran- Ballerina gialla che avveniva perlopiù a mano e con il te l’estate, si rifugia nel sottosuolo prosciugamento delle pozze nei ru- sempre in prossimità dell’acqua, foto di Roberto scelli. Oggi il Ghiozzo è particolar- dove supererà la stagione invernale. Parmiggiani mente protetto in tutto il territorio E’ insettivora e per la cattura delle provinciale. prede si serve della lingua protrattile Lungo le sponde del Tassobbio nel- e prensile. In passato era considerata le sere primaverili è possibile udire profeta della pioggia in quanto si ri- i rumorosi richiami dei maschi di teneva che il suo squillante gracidio Raganella (Hyla intermedia Boulenger, preannunciasse il mutamento del 1882), udibili a diverse centinaia di tempo. Inoltre, nella bassa reggiana, metri di distanza e che spesso sono era impiegata per curare in parti- scambiati per il frinire delle cicale. colare le slogature: veniva applicata La Raganella ha abitudini spicca- viva, con un semplice bendaggio, tamente arboricole potendosi rin- facendo aderire bene il suo ventre venire anche a notevoli altezze sulla alla parte dolente. Un tempo molto chioma degli alberi più alti del bo- comune nel Reggiano, oggigiorno è sco; oltre che maestra nel salto, gra- divenuta scarsa. Tra i nomi dialettali zie alla presenza di dischi adesivi alle che il popolo reggiano gli ha attri- estremità di ciascun dito, è, infatti, buito troviamo “rana dal sniòr” e un’abilissima arrampicatrice. Gli “ranèina dla madòna”: strani e cu- ambienti dove però si rinviene con riosi nomignoli, quasi deferenti nei una certa facilità sono le zone acqui- confronti dei nostri piccoli anuri, trinose con presenza di fitti canneti che forse traggono la loro origine dove, durante il giorno, ama star- in un lontano passato quando spes- sene rannicchiata sulle foglie del- la comune Cannuccia di palude

117 Sicofante so alcuni animali erano considerati rappresentate sopratutto da larve di manifestazioni terrene di entità di- lepidotteri defogliatori (Limantrie, foto di Roberto vine. Bombici , Processionarie, ecc.), nei Parmiggiani Piuttosto frequente lungo i rii e i confronti dei quali svolge un’impor- ruscelli è anche la Ballerina gial- tante azione di controllo (nel corso Aspide la (Motacilla cinerea Tunstall, 1771) , di una stagione un adulto può pre- il cui nome dialettale “Squasacòva” dare oltre un migliaio di bruchi); rimanda immediatamente alla tipi- per tale motivo, questo coleottero ca abitudine di questo uccelletto di fu in passato impiegato come effi- muovere la lunga coda in su e in giù cace agente di lotto biologica in am- mentre cammina o se ne sta posata al bienti forestali e non. Se molestato suolo. Nidifica generalmente presso è in grado di spruzzare dall’addome l’acqua corrente, sotto a ponti o in sul malcapitato un liquido caustico altri manufatti, oppure in scarpate dall’odore acre e molto persistente. terrose con massi e pietre affioran- Gli adulti superano l’inverno sotto- ti spesso vicino a cascatelle o altri terra e possono vivere anche più di salti d’acqua. La Ballerina gialla è due anni. Le uova vengono deposte un uccello insettivoro e non è raro in piena estate in buche scavate nel vederla anche presso i cumuli di terreno ai piedi degli alberi e i nuovi letame in campagna, dove può re- adulti compariranno nella prima- perire facilmente le sue prede. Alla vera successiva. Data la sua notevole fine dell’estate, se le condizioni am- importanza per la conservazione de- bientali non sono più idonee a causa gli ambienti forestali, il Sicofante è dell’abbassamento della temperatu- specie particolarmente protetta su ra, può spostarsi scendendo a quote tutto il territorio provinciale (Legge inferiori. Regionale n° 15 del 2006). Negli assolati boschi di ro- Boschi xerofili verella (specie se associata a copiosi arbusti di ginepro) è possibile rin- In questi ambienti, nelle giornate venire il temuto Aspide (Vipera aspis soleggiate di inizio estate, è possibile sorprendere, durante la sua frenetica attività di ricerca di cibo, il Sicofan- te (Calosoma sycophanta L., 1758). Tra i più grandi e vistosi coleotteri pre- datori presenti in Italia, questo Ca- rabide, lungo fino a 4 cm, presenta una splendida livrea verde metallica con riflessi dorati e rosso-violacei. Oltre a muoversi rapidamente sul terreno e arrampicarsi molto agil- mente sugli alberi e cespugli grazie alle robuste e lunghe zampe, all’oc- correnza il Sicofante è anche un ottimo volatore. Le sue popolazio- ni oscillano da un anno all’altro in relazione a quelle delle sue prede

118 francisciredi Laurenti, 1768). Presenta io. L’utilizzo della theriaca, usata per La forma e corpo tozzo, testa triangolare, coda molteplici patologie (peste, polmo- la lunghezza piuttosto corta e le squame che ri- nite, febbri, ecc.), cadde in disuso della coda coprono il capo sono piccole. Il co- nel Reggiano solamente agli inizi del non sono lore è variabile dal grigio al bruno XX secolo. buoni caratteri rossiccio; il disegno ornamentale Un curioso uccello abitatore dei bo- diagnostici, in della regione dorsale, piuttosto co- schi di quercia, specie se ricchi di quanto capita stante, è costituito da una serie di alberi morti o deperenti, è il Torci- sovente di barre scure trasversali e sfasate ri- collo (Jynx torquilla Linnaeus, 1758), ap- imbattersi spetto alla linea mediana dorsale. partenente alla famiglia dei Picchi. in serpenti Le squame che circondano la bocca Campione di mimetismo, presenta appartenenti a sono biancastre mentre sulla nuca un piumaggio dai toni marroni e specie innocue è generalmente presente una mac- grigi, finemente screziato, con una che a causa di chia nera a forma di V rovesciata. fitta trama di linee più scure e mac- traumi subiti La pupilla è verticale. Nel Reggiano chioline chiare, in modo da rasso- hanno perduto la Vipera non sembra superare i 75 migliare alla corteccia di un albero. porzioni di cm di lunghezza. Affatto rapidissima E’ un picchio “degenere”, in quanto coda, così nei movimenti, all’avvicinarsi di un non ha la capacità di scavare buchi che la stessa potenziale nemico si difende, il più nel legno, avendo un becco piuttosto assume un delle volte, rimanendo immobile, debole. Per nidificare, deve quindi aspetto corto confidando nel proprio mimetismo, approfittare delle cavità già scava- e tozzo. con la testa leggermente sollevata e te dagli altri picchi, in particolare “caricata” all’indietro. Gli accop- dal Picchio verde (Picus viridis) e dal Torcicollo piamenti avvengono in primavera, Picchio rosso maggiore (Dendrocopos mentre i piccoli, lunghi 17-20 cm, major), entrambi molto comuni nel foto di Roberto sono partoriti a settembre; questi Parmiggiani ultimi sono già autosufficienti e con apparato velenifero funzionante. Le Tra le curiose femmine in gestazione, quando al credenze mattino il terreno è umido e freddo, appenniniche per termoregolarsi più rapidamente raccolte su e favorire lo sviluppo degli embrio- questo ofide ni, si portano in luoghi sopraelevati vi è quella fino a 2 m di altezza dal suolo: da qui secondo cui è forse nata la diffusa credenza che le sparandogli vipere per partorire salgano sugli al- addosso col beri. Fino ad un recente passato era fucile fosse impiegata, oltre che per fini culinari in grado di (la sua carne era considerata buona attrarre a sé il e saporita), anche per il confeziona- piombo e, nel mento di importanti medicine tra caso il colpo le quali la più famosa era la theria- fallisse, di ca, antico preparato farmaceutico la far scoppiare cui preparazione avveniva in Reg- l’arma in gio Emilia sotto lo stretto controllo mano. del priore e di un rappresentante del collegio dei medici, del podestà dell’arte degli speziali e di un nota-

119 Biscia territorio del Tassobbio. Non sono mente di nero. Di temperamento dal collare rari i casi di occupazione di cavità nei mansueto e poco mordace, la Biscia muri e nei pali; inoltre, può nidifi- si ciba sopratutto di topi e anfibi e care anche all’interno delle cassette- in particolare di Rospi e proprio per nido artificiali, dalle quali all’occor- questa sua preferenza alimentare in renza può scacciare gli uccelli più dialetto locale tale serpente è chia- piccoli. Il suo cibo preferito è rap- mato “Bissa bodara” (i Rospi sono presentato dalle larve delle formi- denominati col termine di “Bod- che, che cattura sul terreno all’inter- da”). Non particolarmente legata no dei boschi o ai loro margini. Per all’acqua, frequenta anche luoghi marcare il possesso del territorio, in aridi e rocciosi. Se minacciata può primavera emette una serie di 10-20 appiattire il corpo, arrotolarsi su suoni lamentosi in rapida successio- se stessa, dilatare le ossa mascellari ne: “piè – piè – piè – piè – piè, …”. facendo assumere al capo la forma Quando è seriamente minacciato, triangolare, sibilare, il tutto a per- assume un atteggiamento “terrifi- fetta imitazione della vipera; inoltre, co”, allargando la coda, soffiando negli esemplari più vecchi il collare e piegando il collo con movenze da chiaro che adorna il capo scompa- serpente: in tal modo, riesce spesso a re del tutto, cosicché diventa molto difendersi dai predatori come don- difficile distinguerla dalla più peri- nole e scoiattoli, capaci di introdursi colosa vipera. Sempre in caso di mi- nelle cavità dove ha il nido, che lo naccia può fingersi morta girandosi scambiano proprio per un perico- sul dorso, strabuzzando gli occhi, loso rettile. Il Torcicollo è una spe- spalancando le fauci, lasciando pen- cie minacciata seriamente dal taglio zolare la lingua ed emettendo al con- degli alberi morti o marcescenti e tempo sangue misto a saliva. Altra dall’uso dei pesticidi. Essendo una sua difesa è quella di emettere dalla specie migratrice su lunghe distan- cloaca un liquido dall’odore molto ze, può risentire negativamente an- persistente e nauseabondo prodotto che delle perturbazioni atmosferi- da particolari ghiandole. Le femmi- che incontrate nel corso dei viaggi ne possono raggiungere e superare i migratori e di eventuali condizioni 2 metri di lunghezza (con diametri ambientali svantaggiose nelle aree di del tronco superiori agli 8 cm) e svernamento africane. deporre, generalmente nei letamai, fino a un centinaio di uova lunghe Boschi mesofili ciascuna 3 cm e più, che schiudono In questi ambienti, soprattutto se confinanti con prati e campi colti- vati, non è raro imbattersi in grossi esemplari di Biscia dal collare (Na- trix natrix L., 1758). Questo serpente presenta una colorazione grigio-oli- vastra con barre nere trasversali e il capo è ornato da una sorta di collare biancastro, marginato posterior-

120 entro la fine di giugno. Proprio gli danno per la pianta. Ama vivere in I ghiri possono esemplari più grossi e senili di que- piccoli gruppi plurifamiliari e i nidi anche scavare sta specie sono sempre stati circon- sono generalmente ubicati all’inter- gallerie e creare dati da un alone di terrore e rispetto no dei tronchi cavi ; è in grado però, nidi sotterranei. dalle popolazioni locali e spesso su di al pari dello Scoiattolo, di costruirsi loro sono fiorite credenze e leggen- dei nidi di forma globosa fra i rami Ghiro de che tuttora persistono, come ad più alti degli alberi. Ama frequen- esempio quella dei temuti serpenti tare anche le abitazioni umane che foto di Roberto crestati. In passato si usavano prepa- utilizza come rifugio diurno. In au- Parmiggiani rare con tale specie dei saporiti bro- tunno aumenta considerevolmente di da impiegarsi a fini medicinali. di peso (fino a pesare anche 300 g) A chi a notte La sua saliva non è particolarmente per poter far fronte al lungo digiu- fonda ha pericolosa per l’uomo. no invernale che può durare anche attraversato Altro, e più grazioso, abitatore dei 7 mesi. Durante il lungo letargo le un bosco, castagneti e dei boschi di quercia sue orecchie si ripiegano a chiudere sarà capitato o di faggio è il Ghiro (Glis glis italicus i meati acustici al fine di non farvi senz’altro di Barrett-Hamilton,1898). entrare eventuali parassiti. La carne udire i trilli, Di aspetto simile allo Scoiatto- di Ghiro, fin dalla più remota anti- i brontolii e lo, lungo al massimo 35 cm (coda chità, è sempre stata considerata una i sommessi compresa), il suo pelame è di colo- ghiottoneria: basti pensare che in gorgheggi re grigio-argento con parti ventrali epoca romana questi animaletti era- emessi da più chiare. Noto per essere un dor- no allevati e “ingrassati” in appositi questa simpatica miglione eccezionale, il Ghiro è di grandi vasi di terracotta. Nell’Ap- bestiola abitudini prettamente notturne e pennino settentrionale la caccia e soprattutto nel ama “passeggiare” tra le fronde degli l’utilizzo culinario dei Ghiri si sono periodo degli alberi, saltando di ramo in ramo, in protratti fino agli anni ’70 del No- accoppiamenti. cerca di cibo rappresentato perlopiù vecento. Lo si catturava anche per Spesso le case da nocciole, ghiande, insetti, fiori, mezzo di profonde fosse scavate nel abitate da uova, nidiacei e molluschi. Si nutre terreno che poi venivano riempite colonie di questi anche di corteccia di giovani alberi con paglia, foglie, rami, muschi e rumorosi roditori che viene strappata in senso orizzon- sopratutto ghiande e faggiole. Tali sono state tale rimuovendo spesso un intero fosse erano poi utilizzate e occupate considerate anello intorno al tronco, con grave dai Ghiri durante il periodo del le- infestate da targo e in questo modo durante l’in- spettri (ar-ghà verno se ne potevano catturare molti séinta). esemplari senza fatica. Uno dei più temuti predatori del Ghiro è l’Allocco (Strix aluco Lin- naeus, 1758), rapace dalle abitudini strettamente notturne che ama so- prattutto i boschi maturi con alberi ricchi di cavità dove nidificare (ma può sfruttare anche i nidi abbando- nati dei corvidi e degli scoiattoli, così come i solai degli edifici). Se si ha la fortuna di avvistarlo durante il ripo- so diurno, si nota innanzitutto la co- lorazione criptica del suo piumaggio

121 Allocco e la forma tondeggiante della testa, simpatia dall’uomo. La colorazione priva dei “ciuffi auricolari” caratte- del mantello, soggetta a dimorfismo foto di Roberto ristici invece del Gufo. Gli esemplari stagionale, varia dal rossiccio al gri- Parmiggiani di Allocco possono essere riuniti in giastro fino al marrone scuro e non due categorie a seconda della tona- sono rari esemplari completamente Scoiattolo lità di colore del piumaggio: quelli neri con o senza macchie bianche appartenenti alla forma “grigia”, da ad esempio all’estremità della coda. foto di Roberto noi più comune, e quelli della for- Le parti inferiori sono sempre più Parmiggiani ma “rossa”, più rara. La sua presen- chiare, spesso bianche. Le orecchie, za sul territorio viene spesso tradita rivolte verso l’alto, hanno ciuffet- La parola latina dalle frequenti vocalizzazioni emesse ti di pelo più evidenti nel periodo sciurus, di durante le ore notturne nelle varie invernale. derivazione stagioni dell’anno: tipico e incon- Formidabile arrampicatore, questa greca, fondibile è infatti il richiamo terri- bestiola usa la sua lunga coda come significherebbe toriale, costituito da un tremolante letteralmente “ululato”, che in passato deve aver Esemplari mutilati della coda, durante un “colui che siede certamente alimentato le paure e le salto sono in grado di coprire distanze all’ombra della diffuse credenze sui rapaci notturni inferiori alla metà di quelle consuete. sua coda” come portatori di morte e di sven- tura. Come tutti i grandi predatori, timone e per aumentare la superfi- l’Allocco svolge un insostituibile ed cie portante durante gli acrobatici importantissimo ruolo ecologico, salti. I robusti e aguzzi artigli asso- contribuendo a tenere sotto con- ciati alla particolare conformazio- trollo le popolazioni di molti piccoli ne delle caviglie consentono allo animali, in particolare roditori, che, Scoiattolo di scendere velocemente se presenti in alte concentrazioni, spesso possono arrecare danni al pa- lungo il tronco a testa in giù. Pos- trimonio forestale. siede una visione dicromatica per cui i suoi occhi distinguono il rosso Pinete dal blu ma non il rosso dal verde o il rosso dall’arancione; quindi per Particolarmente ghiotto dei semi chi voglia avvicinarsi a questi sim- del pino silvestre è lo Scoiatto- patici animaletti risulta assoluta- lo (Sciurus vulgaris italicus Bonaparte, mente indifferente vestire di verde, 1838). Lungo 45 cm di cui 20 spet- rosso o arancione, mentre risulterà tanti alla coda, questo grazioso ro- ditore è sempre stato tenuto in gran

122 leggermente svantaggioso vestire in (Sciurus carolinensis), specie più versatile Rospo blu. Costruisce evidenti nidi sulla e competitiva. comune biforcazione dei rami degli alberi, Nelle pinete prive di uno strato ar- con l’entrata generalmente rivolta bustivo, soprattutto nelle umide in basso e imbottiti internamente di notti autunnali, non è difficile im- muschio. Tali ricoveri sono coper- battersi in qualche grosso esempla- ti con una sorta di tetto conico che re di “bodda”, nome dialettale in- impedisce alla pioggia di penetrare. dicante il Rospo comune (Bufo bufo Diurno e poco socievole, si ciba di gemme, germogli, semi, frutti, fun- Secondo molti studiosi la parola rospo deriverebbe dal latino ghi (tra cui la tossica Amanita muscaria), haruspex che indicava il sacerdote etrusco-romano che aveva tartufi, insetti, uova, pesci, picco- poteri divinatori, ed era in grado di predire il futuro. Il rospo (o li uccelli, piccoli mammiferi, ecc. meglio il suo veleno), assieme ad altri elementi sia vegetali che Non ama molto le ghiande. Mangia animali, era infatti utilizzato nei riti e nelle cerimonie religiose di solito stando eretto, utilizzando (come quelle che avvenivano nei sacrari oracolari) per produrre le dita delle zampe anteriori come quelle di una mano per rigirare in stati mentali alterati e per indurre visioni. ogni verso e con incredibile rapidi- tà il pasto. Quando vi è abbondanza L., 1758). In un tempo molto an- di cibo crea delle provviste general- tico questo anfibio anuro era con- mente seppellendo i frutti e i semi, siderato una vera divinità benevola, ad uno ad uno, sotto terra; l’olfat- to, poi, lo aiuterà a ritrovare il cibo Spesso la dea madre era raffigurata con le nascosto. E’ in grado di emettere sembianze di un rospo brontolii, fischi, grida acute e altri suoni di eccitamento. In inverno, simbolo di fecondità e prosperità, il pur riducendo l’attività, non va in cui culto era collegato a quello degli ibernazione. Partorisce di solito una antenati; successivamente, con l’av- sola cucciolata all’anno composta al vento della religione cristiana, que- massimo da 6 piccoli. La sua pellic- sto innocuo animale fu considerato cia, soprattutto quella del petto e del rappresentante e legato del demonio ventre (indicata col nome di “vaio”), e per questo ingiustamente perse- era oggetto in passato di commercio, guitato e ancora oggi disprezzato. mentre ancora oggi sono in vendita La pelle del Rospo è disseminata di pennelli ricavati dai peli della coda ghiandole velenifere, che, se lacera- di varie specie di scoiattoli che si di- stinguono per morbidezza ed elasti- Altra credenza popolare vuole che il rospo sia in grado di cità e sono impiegati sopratutto nella sputare il veleno negli occhi delle persone provocando in esse, tecnica pittorica dell’acquerello. Si come conseguenza, l’itterizia (che in passato si curava facendo riteneva, in passato, in virtù delle sue eccezionali doti acrobatiche, che ingoiare al malato dei pidocchi vivi). In realtà, se l’animale è il cervello disseccato di questo ani- male riuscisse a preservare da cadute ed infortuni. In alcune regioni ita- liane questa specie è in declino e a grave rischio di estinzione locale a causa dell’introduzione in tali aree dello Scoiattolo grigio americano

123 infastidito può emettere, al pari delle rane, un getto di urina scono dopo circa 2 settimane, sono dalla cloaca. Altra sua difesa è quella di riempire d’aria delle già dotati di una tossina cutanea (bu- sacche linfatiche sottocutanee ed apparire così più grande agli fonina) che li difende dalla maggior parte dei predatori. occhi del predatore. Una delle specie di rapaci attualmen- te maggiormente in espansione sul Gufo comune te, liberano un liquido lattiginoso nostro territorio, è il Gufo comu- contenente molte tossine (perlopiù ne (Asio otus Linnaeus, 1758), molto foto di Roberto alcaloidi) con effetti diversi sull’or- adattabile e in grado di vivere anche Parmiggiani ganismo umano compresi danni in ambienti antropizzati. Non co- cardiologici e ipertensione. E’ cre- struisce un proprio nido, ma occupa denza diffusa nel nostro appennino quello di altri uccelli, in particolare che il rospo si cibi di terra e che sia corvidi, spesso se costruiti su alberi molto ghiotto e avido di essa; si cre- di conifere. Una possibile spiegazio- de addirittura che ne possa mangiare ne della sua fase di espansione può così tanta fino a scoppiare. Da questa forse ricercarsi proprio nel recente credenza è nato il detto locale usato aumento di alcune specie di corvidi. in dispregio degli avidi: “ Sei come A differenza di questi ultimi, però, un rospo!”. Almeno fino al XIII se- svolge un importante ruolo ecologi- colo, a Reggio Emilia è attestato l’u- co, al pari dell’affine Allocco, essen- tilizzo di piccoli rospi per torturare i prigionieri e indurli a parlare: in questo caso i rospetti venivano fatti ingoiare vivi ai malcapitati. Fino ad un recente passato era ancora attivo, invece, l’utilizzo dei rospi a fini te- rapeutici: ad esempio, la loro cenere era ritenuta utile per combattere la peste e l’infiammazione delle mam- melle. Una volta privata della pelle, la carne del Rospo è commestibile. Molto longevo, lo si rinviene spes- so anche lontano dall’acqua: infatti la pelle, molto verrucosa e in parte cheratinizzata, lo protegge efficace- mente dalla disidratazione. Solo in primavera i rospi, percorrendo di- stanze anche di diversi chilometri, si recano in acqua per accoppiarsi e deporre le uova, di colore nero, che vengono deposte in file regolari all’interno di un cordone gelatinoso lungo alcuni metri. I girini, che na- Ovatura di rospo

124 do un gran predatore di piccoli ro- dove poter rinvenire ed osservare il Biacco adulto ditori, dai topi selvatici alle arvicole. Biacco (Hierophis viridiflavus Lacépède, Comunque, a dimostrazione dell’e- 1789). Questo elegante rettile, agi- foto di Roberto clettismo e della plasticità compor- lissimo sulla terra come in acqua, è Parmiggiani tamentale della specie, sono stati ri- in grado di arrampicarsi con gran- portati casi di individui di Gufo che de destrezza sugli alberi e sulle ri- si sono specializzati nell’alimentarsi pide e scoscese pareti dei calanchi. di particolari ed inconsuete fonti La livrea del dorso, molto variabile, alimentari, come ad esempio quello può essere nero-inchiostro , con ri- di un gufo che aveva imparato a pe- scare pesci rossi in una fontana or- Gli esemplari di questa specie con livrea scura o namentale cittadina. Meno vocifero completamente nera sono denominati col termine dialettale dell’Allocco, il Gufo può emettere di “magnan”. I magnan erano coloro che riparavano, il più delle alla fine dell’inverno e in primave- volte a domicilio, le pentole e altri oggetti di rame e, poichè, per ra il classico e cupo “uh - uh”, usato il loro mestiere che richiedeva l’uso del fuoco, avevano viso e per proclamare il possesso del terri- mani sempre sporchi di fuliggine, per similitudine anche questo torio. Gli esemplari giovani, invece, per richiedere il cibo ai genitori, rettile ha assunto tale denominazione. quando già sanno volare e sono fuo- ri dal nido emettono dei penetranti flessi spesso violacei, oppure gialla Nel giugno ed acuti fischi, che possono risultare (o bianco sporco) con macchie ver- del 1978 a fastidiosi se i gufi sono presenti nei dastre (o nere) a guisa di scacchiera Montegibbio pressi dei centri abitati. In autunno che nella seconda metà del corpo (MO) è stato ed in inverno, i gufi possono riu- mutano in 4-6 strisce longitudinali; catturato un nirsi in gruppi formati anche da una il ventre è di solito di color grigio ar- esemplare ventina di individui (raramente di desia. I maschi, che in questa specie lungo 245 cm più) che riposano durante il giorno sono più grandi delle femmine, pos- su alberi o arbusti (“dormitori”). Al sono superare i 2 metri di lunghezza. suolo si raccolgono allora numerose I maschi, in primavera, effettuano “borre”, o boli alimentari, conte- dei caratteristici combattimenti ri- nenti i resti indigeriti delle prede: tuali per il possesso della femmina. penne, peli, ossa, parti chitinose di Le uova sono deposte in giugno, in insetti. Per studiare le comunità di genere in crepe del terreno, e in micromammiferi, cioè toporagni agosto compaiono i piccoli Biacchi e roditori, molto elusivi e difficili che hanno una colorazione comple- da contattare, si possono analizzare tamente diversa dagli adulti. E’ un proprio le borre dei rapaci nottur- ni: dall’osservazione dei resti in esse Biacco giovane contenuti, si giunge spesso alla de- terminazione delle specie presenti in foto di Roberto quel territorio. Parmiggiani Calanchi Le impenetrabili macchie di gine- stra odorosa sono un habitat ideale

125 Altro curioso serpente molto mordace che, specie colarmente ghiotto e abile nel cattu- nome dialettale nel periodo degli accoppiamenti, rare altri serpenti, Vipere comprese, dato dal volgo a non esita a rincorrere e mordere ri- che ingoia praticamente ancora vivi. questo serpente petutamente eventuali intrusi, uomo Altro abitante tipico delle macchie di e che è stato compreso, emettendo al contempo cespugli, specie se spinosi, è l’Aver- raccolto in acuti sibili. Il suo morso è innocuo; la piccola (Lanius collurio Linnaeus, alcuni abitati tuttavia, a causa dei denti ricurvi, 1758), piccolo uccello dalle abitudi- del nostro causa lacerazioni superficiali con ni spiccatamente predatorie in grado appennino è senso di bruciore intenso e prolun- di catturare anche piccoli serpenti, “inguìlla ‘d téra”. gato sanguinamento. uccelletti come le capinere, grossi Nei periodi di I termini dialettali di “frustòun” insetti (soprattutto coleotteri). La carestia (ma o “batachiùn” con cui si suole in- specie presenta un marcato dimor- non solo), dicare questo serpente derivano fismo sessuale nella colorazione del infatti, questo dal fatto che a volte, quando messo piumaggio: il maschio appare più serpente veniva alle strette, è in grado di contrarre vistoso, con testa grigio chiaro, “ma- appositamente i muscoli della parte posteriore del scherina” nera, gola bianca, dorso e cacciato corpo, frustando con potentissimi e ali castane, parti inferiori sfumate per essere fulminei colpi di coda chiunque gli di rosa, coda bianca e nera, mentre consumato si avvicini. Questi impressionanti la femmina ha colori meno con- come cibo; la e dolorosi attacchi si sono osservati trastanti, essendo bruna sulle par- sua carne era non solo a carico di animali (perlo- ti superiori e grigiastra con sottili considerata più bestiame al pascolo) ma anche di barrature scure su quelle inferiori. molto buona e persone. A differenza degli altri ser- Il becco è forte e leggermente adun- saporita. penti che durante la fuga sono molto co, come quello dei rapaci. Curiosa silenziosi, il Biacco muove di con- è l’abitudine di infilzare le piccole Averla piccola tinuo e abbastanza violentemente la prede sulle spine dei cespugli, com- coda a destra e sinistra provocando al portamento che, come tutte le specie foto di Roberto contempo molto rumore: tale com- di averla, mette in atto per agevolarsi Parmiggiani portamento pare essere un’efficace nello smembramento delle stesse e strategia per distrarre e disorienta- per costituire delle dispense alimen- Questo re l’eventuale predatore. Come altri tari. E’ piuttosto aggressiva anche comportamento serpenti è oggetto di varie credenze nei confronti dei potenziali preda- è invece stato popolari come quella secondo cui, tori, in particolare quando questi si invece, da uno in zone acclive e per sfuggire più ra- degli autori, pidamente, sia in grado di formare Gigante, con il proprio corpo una sorta di osservato più ruota e di rotolare via fulmineamen- volte per un te. piccolo anfibio Questo bizzarro comportamento comune in è riportato in alcuni modi di dire Appennino: il dialettali locali che riferiscono che Geotritone quando si è inseguiti da uno di questi rettili e si è su un pendio non biso- gna fuggire in discesa, come verreb- be istintivo fare, ma occorre correre seguendo le curve di livello (...andèr ad travèrs). Il Biacco si ciba di tutto ciò che riesce a catturare ed è parti-

126 avvicinano al nido, riuscendo spes- ad ali chiuse sugli steli delle essenze Luscengola so a scacciarli. L’Averla piccola può vegetali ed in particolare della can- frequentare anche le siepi che bor- nuccia di palude: infatti solo sui foto di Roberto dano i coltivi e i prati permanenti, fusti di questa pianta la particolare Parmiggiani ambiente dove fino a pochi decen- colorazione delle ali anteriori risulta ni orsono era uno degli uccelli più straordinariamente efficace nel mi- Falena comuni. Attualmente, pare soffrire metizzare l’animale. I bruchi sono di soprattutto delle potature e fresa- colore bianco e nero e il loro corpo è ture indiscriminate delle siepi e dei ricoperto da ciuffi di peli gialli; una cespugli, dove ama fare il nido, ol- volta maturi, si ritirano sottoterra tre che dell’uso di pesticidi in agri- per svernare. coltura. E’ una specie altamente migratrice, che sverna nelle savane dell’Africa orientale e meridionale. Giunge relativamente tardi sul no- stro territorio (in maggio) e riparte abbastanza presto (in agosto). Prati aridi In queste stesse praterie soleggiate, soprattutto se con molti Specie molto appariscente ma che si sassi e rocce affioranti, è possibile rinviene di rado è la Falena Rhypa- fare l’incontro con la Luscengola ria purpurata (Linnaeus, 1758). Que- (Chalcides chalcides L., 1758), una cu- sta stupenda farfalla notturna, della riosa lucertola con il corpo serpen- famiglia degli Arctidae, compie una tiforme e gli arti molto ridotti por- sola generazione all’anno e i bruchi tanti ciascuno tre minuscole dita. si cibano di diverse essenze vegetali Lunga al massimo 50 cm, presenta fra le quali Taraxacum, Trifolium, una colorazione bruno-grigiastra Plantago, Galium, Achillea, Arte- con, a volte, riflessi metallici e con misia, Hieracium, Scrophularia. striature longitudinali più scure che decorrono dalla nuca fino alla por- Gli adulti, di medie dimensioni, si zione prossimale della coda. Come rinvengono a partire dalla fine di le comuni lucertole è in grado di ri- giugno nei pratelli aridi. Di giorno generare la coda quando questa vie- amano nascondersi stando posati ne amputata. Talvolta si serve delle sue brevissime zampe per procedere lentamente sul terreno ma general- mente le ripiega lungo i fianchi e si muove effettuando il tipico mo- vimento dei serpenti denomina-

127 Le osservazione to reptazione. In caso di pericolo, di colore bruno. La testa è grossa e numericamente inoltre, può anche infossarsi nel tondeggiante, con grandi occhi gial- più abbondanti terreno. Estremamente agile e rapi- li. Le zampe sono grigio-bluastre. si registrano da nei movimenti, in natura non è Più grande di una Poiana, ma più nei mesi di una facile preda. Può però accadere piccolo di un’Aquila reale, è detto aprile, maggio che venga catturata occasionalmente anche Aquila dei serpenti. E’ specie e giugno; ciò da serpenti e da rapaci come poiane legata ai climi caldi e piuttosto sec- indica forse che e gheppi; ma anche in questo caso chi, dove abbondano le sue prede molti esemplari può ancora riuscire a sfuggire al suo preferite. Nel Reggiano è in fase di tendono predatore grazie al fatto che le pic- espansione, ma ancora non diffuso e a passare cole squame che ricoprono il suo lo si può osservare sui rilievi collina- sottoterra corpo si possono distaccare come ri e di media montagna dove le aree il restante avviene nei pesci. Già ad aprile av- boscate si alternano alle zone aperte. periodo estivo vengono gli accoppiamenti e le fem- Per la ricerca della preda, può sta- in una sorta di mine partoriscono nel mese di luglio zionare immobile a mezz’aria, nella estivazione da 3 a 18 piccoli già autosufficienti. posizione detta “spirito santo”, at- Decisamente poco amante del fred- teggiamento questo tipico anche del Biancone do, è possibile rinvenirla solo nelle ben più comune e diffuso Gheppio. giornate molto calde e prive di ven- Dopo aver individuato la preda, attua foto di Fabio Simonazzi to. Si ciba di invertebrati ed è parti- una picchiata non veloce, interrotta colarmente ghiotta di limacce e larve più volte da fasi di stallo, per tenere di formiche. Poiché difficilmente meglio sotto controllo i movimenti osservabile (è più facile sentirne il del serpente. Non è immune al ve- fruscio tra l’erba che vederla!), la leno della Vipera e per tale motivo luscengola è tra i pochi animali che gli aspidi figurano raramente tra le non possiedono un nome proprio sue catture. Dopo averli sopraffatti, dialettale reggiano. è in grado di trasportare i serpen- I rettili, in particolare i serpenti, ti nel gozzo, lasciando sporgere dal che frequentano le aree aperte er- becco solo la coda; questi potranno bose o con scarsa vegetazione, pos- poi essere consumati in un luogo più sono finire vittima di un possente appartato. rapace diurno, il Biancone (Circaetus gallicus Gmelin, 1788). Specializzato Aree ruderali nella cattura degli Ofidi, presenta un piumaggio molto chiaro infe- I vecchi edifici abbandonati diven- riormente, bianco con macchietta- tano sovente rifugi ottimali per il tura scura, mentre di sopra appare Rinolofo minore (Rhinolophus hip- posideros minimus Heuglin, 1861), tra i più piccoli Chirotteri europei: la sua lunghezza complessiva arriva appena a 6 cm, l’apertura alare è di circa 22 cm e il suo peso è compreso fra i 5 e i 9 grammi. Il mantello si presenta soffice e denso, di colore bruno con la parte ventrale più chiara. L’ele- mento più caratteristico di questa

128 specie (e di quelle congeneri) è la ci si avvicina si invola verso un rifu- Rinolofo minore foggia del naso: le narici sono cir- gio d’emergenza; se molestati posso- condate da una “foglia” di natura no andare soggetti ad emorragie na- foto di Roberto cartilaginea e priva di pelo a forma sali spesso letali. Gli accoppiamenti Parmiggiani di ferro di cavallo. Queste caratteri- avvengono d’autunno e le femmine stiche escrescenze cutanee rivestono partoriscono in giugno-luglio un In queste un ruolo cruciale nell’emissione de- solo piccolo cieco e privo di pelo colonie sono gli ultrasuoni, suoni ad altissima fre- che per qualche tempo resterà salda- state osservate quenza di cui i pipistrelli si servono mente aggrappato alla pelliccia della anche altre per orientarsi nel buio e per localiz- madre. Poiché i piccoli sono molto specie di zare le loro prede, rappresentate da sensibili al freddo, le femmine per chirotteri come insetti di vario tipo. Gli ultrasuoni, partorire e allevare la prole si aggre- il Rinolofo infatti, una volta raggiunto un osta- gano in colonie riproduttive, anche euriale colo, rimbalzano e tornano indie- di molte decine di esemplari, in (Rhinolophus tro, venendo così captati dalle grandi luoghi molto caldi e protetti da cor- euryale Blasius orecchie di questi prodigiosi mam- renti d’aria come i sottotetti, dove i 1853). miferi volanti. Dalla natura dell’eco raggi del sole, battendo sulle tegole, prodotta dai propri ultrasuoni, un surriscaldano lo spazio sottostante. Può capitare che pipistrello è in grado di sapere il tipo Nella stagione primaverile-estiva i una colonia di di ostacolo, o di preda, che si trova maschi tendono invece a condurre questi chirotteri davanti, “vedendo”, così, nel buio vita isolata. Gli accoppiamenti av- frequenti più completo. Nella bella stagio- vengono in autunno. Non appena d’estate il solaio ne, di giorno dormono appesi alle le temperature annunciano l’arrivo e l’inverno la travi dei soffitti a testa in giù con la della stagione fredda i rinolofi mi- cantina del membrana alare che li avvolge com- nori si rifugiano nei luoghi dove medesimo pletamente, testa compresa, mentre trascorreranno l’inverno in uno edificio. dopo il tramonto escono in volo per stato di profondo letargo. Questi cacciare insetti; le prede preferite minuti animali presentano una ele- Per spostarsi sono falene e mosche e occasional- vata superficie corporea in rapporto sul terreno mente possono scendere al suolo, alla loro piccola massa e ciò fa sì che i pipistrelli “camminando” sul terreno , per cat- perdano rapidamente molta acqua usano sia gli turare coleotteri, ragni e scarafaggi. attraverso la traspirazione cutanea. arti anteriori Durante il pisolino diurno basta un Per questa ragione, oltre ad avere che quelli piccolissimo rumore per destarlo dal adottato abitudini notturne che li posteriori; l’arto suo riposo e allora inizia a muovere sottraggono all’esposizione dei raggi anteriore poggia il capo in tutte le direzioni e appena del sole, per il letargo sono costret- unicamente sul ti a rifugiarsi in luoghi molto umidi pollice, unico in grado di impedire o rallentare la dito libero dalla disidratazione, come grotte, miniere membrana alare. e cantine umide . Nella fase di iber- nazione gli esemplari restano ad una certa distanza l’uno dall’altro, diver- samente da come spesso si verifica nei congeneri. Può superare i 20 anni di vita. I nomi dialettali con cui i reg- giani designavano in genere i pipi- strelli sono: “paipastrel”(Carpineti), “parpastrel”(Poviglio), “palpastrel”

129 Orbettino (Reggio Emilia, Guastalla, Castel- Perlopiù crepuscolare, l’Orbettino novo né Monti), “ulodgu”, “lódge” si ciba di invertebrati, sopratutto foto di Roberto (Villa Minozzo, Ligonchio). molluschi, che trova in abbondanza Parmiggiani negli ambienti adatti. In primave- Coltivi ra, in concomitanza con la stagione riproduttiva, i maschi combattono I prati e i pascoli, specie se situati in ferocemente fra loro mordendosi valli fresche e umide, sono habitat reciprocamente. I piccoli nascono frequentati dall’Orbettino (Anguis fragilis, Linnaeus 1758), una stra- L’orbettino è specie ovovivipara e perciò la membrana ovulare semitrasparente che na lucertola lunga al massimo 50 avvolge inizialmente i piccoli viene lacerata cm (di cui il 60% spetta alla coda), priva completamente di zampe, che già all’interno del corpo della madre o si sposta sul terreno con movimenti subito dopo il “parto”. L’ovoviviparità è una sinuosi e che per questo spesso vie- ne erroneamente considerata alla caratteristica comune a molti rettili che stregua dei serpenti. La sua colora- vivono in climi freddi e umidi come il Marasso zione tende al bruno-grigiastro o al ramato e nelle femmine, come nei e la Lucertola vivipara giovani, sono sempre presenti fasce longitudinali più scure. già autonomi a partire dalla fine di Il corpo, a sezione cilindrica, è ri- agosto e misurano circa 8 cm. Molto vestito da piccole squame lisce dotate longevo, sono noti esemplari allevati di formazioni ossee interne che ren- in cattività che hanno superato i 50 anni. Gli adulti sono territoriali e Lo strato osseo che riveste il corpo dell’Orbettino in genere solitari. Un tempo molto (adattamento, assieme alla perdita degli arti, alle spiccate comune, oggi lo si rinviene sempre abitudini fossorie) spesso persiste a lungo dopo la morte più di rado e ciò è imputabile anche dell’animale che in questo modo mantiene quasi inalterate all’aumento considerevole dei suoi predatori ed in particolare dei Cin- le proprie fattezze per molto tempo. ghiali che fanno vere e proprie stragi fra i piccoli vertebrati. Le tane letar- dono questo piccolo rettile piuttosto giche sono generalmente situate sot- rigido nei movimenti e duro al tatto. to grossi massi, sotto cataste di legna o all’interno di vecchie ceppaie. Tra i nomi dialettali raccolti nel Reggiano e utilizzati per designare tale specie vi è quello di “giasöl” (=ghiacciolo) che fa riferimento al fatto che se viene maneggiato bruscamente la sua coda si può rompere in più parti , simil- In passato si riteneva che, “spezzandosi”, da ogni sua parte del corpo nascessero altri rettili mente ad un candelotto di ghiaccio. Tra le varie credenze popolari vi è quella, non vera, che ritiene l’Or- bettino molto velenoso e per di più completamente cieco ; a tal propo- sito vi sono dei detti dialettali come: “se gavessà la vista de sò surella (cioè

130 la vipera) faré cascher l’óm da sella”, climatiche e alla disponibilità ali- Sembra che la “se l’urbét agh’ vdéssa e la vépra agh’ mentare. Sono attive, di solito, sia di presunta cecità sentéssa puvrèt l’óm che s’embàtis- giorno che di notte e d’inverno non (non la mancanza sa”. cadono in letargo, ma, nonostante d’occhi!) di questo Se si osserva attentamente la super- ciò, sono difficilmente osservabili, animale derivi ficie dei campi coltivati, specie a fine in quanto conducono una vita mol- da una leggenda inverno, quando la coltre nevosa si è to appartata e sono sempre all’er- secondo la quale ormai sciolta e l’erba è ancora bassa, ta; sanno infatti di costituire la più l’Orbettino, venendo è possibile osservare un intreccio di importante risorsa alimentare per calpestato dalla gallerie scavate appena sotto la su- moltissimi predatori, Lupo com- Madonna, le si perficie e larghe pochi centimetri; preso. Le Arvicole sono solite deli- rivoltò contro questi complessi e intricati sistemi mitare i loro percorsi emettendo di mordendole il di piccoli sentieri e cunicoli sono continuo urina; ciò, oltre a marcare piede; per avere creati dalle Arvicole, dei piccoli ma il territorio, consente loro, in caso osato tanto, gli molto prolifici roditori che sovente di necessità, di ritrovare rapidamen- venne inflitto come arrecano, quando presenti in gran te la strada di casa. Allo stato attuale castigo la perdita numero, gravi danni all’agricoltura, delle ricerche nella nostra provincia della vista. soprattutto alle colture di cereali e vivono almeno 6 specie di arvico- agli alberi da frutto. Stretti parenti le, alcune delle quali, come l’Ar- Arvicola di Savi dei lemming, le Arvicole si distinguo- vicola di Savi (Microtus savii De Sélys no dai “veri” topi per avere la coda Longchamps, 1836) e l’Arvicola di molto più corta e ricoperta di pelo, Fatio (Microtus multiplex Fatio, 1905)), le orecchie più piccole e arrotonda- sono più legate ad ambienti boschivi te, il muso tozzo e arrotondato, gli ed hanno abitudini più sotterranee, occhi piccoli e le zampe molto brevi. mentre altre, come l’Arvicola delle nevi (Chionomys nivalis Martins, 1842) A causa degli arti corti, le Arvicole si muovono e l’Arvicola campestre (Microtus arva- correndo rapidamente in linea retta mentre i lis Pallas, 1779), sono legate ad am- topi di solito si spostano compiendo saltelli bienti aperti come prati e pascoli. Si alimentano prevalentemente di erba e radici ma integrano volen- tieri la loro dieta con bulbi, rizomi, gemme, fiori, frutti, semi, funghi e, specie nel periodo invernale, con cortecce tenere. Sono dotate di una pelliccia corta, liscia e molto fitta, di colore variabile, a seconda della spe- cie, dal bruno-grigiastro al bruno- rossiccio. Le femmine di Arvicola possono partorire 3-6 volte l’anno cucciolate di 2-6 piccoli, che saran- no sessualmente maturi già a pochi mesi dalla nascita. Le loro popola- zioni possono così raggiungere den- sità molto elevate nel giro di breve tempo e sono generalmente soggette a notevoli e rapide fluttuazioni nu- meriche in rapporto alle condizioni

131 Gheppio Tra gli uccelli rapaci, il più comu- di salute fisica e quindi della capaci- ne predatore di arvicole è il Ghep- tà di essere un buon predatore (cosa foto di Roberto pio (Falco tinnunculus Linnaeus, 1758), che tornerà sicuramente utile anche Parmiggiani piccolo falco dalla colorazione casta- alla femmina nell’allevamento dei na sulle parti superiori e biancastra piccoli). La femmina del Gheppio, maculata su quelle inferiori. Il ma- insomma, sa per istinto (è il lungo schio adulto, inoltre, si differenzia processo evolutivo per selezione na- dalla femmina adulta e dagli indivi- turale che l’ha resa in grado di fare dui giovani per avere testa e coda di ciò) quali caratteristiche considerare colore grigio chiaro. Da esperimenti nella scelta del partner. La visione eseguiti in condizioni di cattività, si nell’ultravioletto rende il Gheppio è scoperto che i maschi in realtà pre- in grado di percepire anche le tracce sentano un piumaggio di tonalità più di urina lasciate nei prati e nei coltivi brillanti di quanto appaia a noi esseri dalle Arvicole, le sue prede prefe- umani, che non possediamo la capa- rite. L’urina di questi roditori, che cità di vedere nell’ultravioletto. Tutti noi percepiamo come trasparente, gli uccelli, infatti, posseggono oc- riflette infatti la luce nell’ultravio- chi dotati dell’abilità di percepire la letto. Un Gheppio può così capire luce riflessa dagli oggetti nella banda quali sono le zone più ricche di pre- dell’ultravioletto, appunto, a cui noi de e dove vale la pena spendere più siamo ciechi. Questo, rende alcune tempo ad aspettare che i roditori specie in grado di percepire le colo- escano dai loro rifugi. razioni particolari di alcuni frutti o Ringraziamo Roberto Parmiggiani per bacche, oppure, come nel caso del la disponibilità nella concessione delle Gheppio, di percepire le particolari fotografie e per l’aiuto nelle ricerche sul tonalità dei piumaggi dei loro stessi campo. conspecifici. Più un Gheppio ma- Ringraziamo inoltre Fabio Simonazzi per la schio presenta un piumaggio “bel- foto del Biancone e la Società Reggiana di lo”, più facilmente verrà scelto da Scienze Naturali “C. Iacchetti”. una femmina e potrà così “mettere su famiglia” e passare i propri geni alla prole. La vistosità del piumaggio è sempre un indice del buono stato

132 Glossario e sono nascosti da penne e piume), Anuro: ordine di anfibi con cor- hanno una funzione nella comu- po tozzo, zampe posteriori più svi- nicazione sociale (vengono solleva- luppate di quelle anteriori e privi di ti quando l’animale è in allarme) e coda nello stadio adulto. forse nel mimetismo (per rompere Autotomia: capacità posseduta da la sagoma troppo arrotondata della alcuni animali di automutilarsi parti testa negli ambienti boschivi ricchi del proprio corpo (es. zampe, coda); di elementi verticali, i tronchi degli l’amputazione avviene generalmente alberi). in seguito ad una violenta contra- Colorazione criptica: che ras- zione muscolare in corrisponden- somiglia all’ambiente circostante, in za di un punto di minor resistenza modo tale che l’animale che la pos- come ad esempio le articolazioni. siede si mimetizza alla vista. Bentoniche: hanno abitudini Endemita: entità specifica pro- bentoniche quegli organismi acqua- pria ed esclusiva di una determinata tici che si sono adattati a vivere sul regione geografica. Più frequente- fondale. mente viene usato come sinonimo il Biochimismo: l’insieme delle termine “endemismo”. complesse reazioni chimiche che av- Esoscheletro: struttura ester- vengono all’interno degli organismi na rigida conformata a corazza che viventi e che sono alla base dei pro- protegge l’animale e al tempo stesso cessi vitali. sostiene gli organi molli interni; è Chirotteri: ordine di mammife- tipico degli artropodi. ri volanti, comunemente noti col Estivazione: adattamento che nome di pipistrelli. permette a molti animali e piante di Ciuffi auricolari: sono così det- sottrarsi a condizioni ambientali sfa- ti i ciuffetti di penne posseduti sulla vorevoli e che consiste nel rallentare testa da alcune specie di rapaci not- le attività metaboliche entrando, du- turni, come i gufi. Lungi dall’essere rante la stagione calda, in uno stato delle vere orecchie (i meati uditivi letargico. sono infatti situati ai lati della testa Faggiole: i frutti del faggio anche denominati faggine, eduli e dotati di un caratteristico involucro capsulare

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134 Una nuova area protetta: Paesaggio naturale e seminaturale Protetto della Collina Reggiana - Terre di Matilde di Alessandra Curotti Geologo, ha orientato la propria formazione verso tematiche connesse alla tutela e valorizzazione degli aspetti ambientali, con particolare riferimento alle Aree Protette maturando la propria esperienza lavorativa presso diversi Enti: il Parco Regionale del Gigante, la U.O. Aree Protette e Paesaggio della Provincia di Reggio Emilia, la Comunità Montana dell’Appennino Reggiano, il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano – Guida Ambientale Escursionistica Ora la valle del Torrente Tassobbio, Il Paesaggio Protetto rientra tra così ricca di valori naturalistici, geo- le categorie IUCN (International logici, storici e culturali, fa parte del Union for Nature Conservation); Paesaggio naturale e seminaturale diffuso all’estero, ma non ancora Protetto della Collina Reggiana - sperimentato in Italia, può essere Terre di Matilde. attuato in quelle aree nelle quali è ancora possibile leggere una secola- Dopo un percorso complesso, av- re integrazione tra attività umane e viato nel 2007, è infatti arrivata a sistema naturale. compimento l’istituzione di que- Il Paesaggio Protetto della Col- sta nuova tipologia di area protetta lina Reggiana - Terre di Matilde (Delibera di Consiglio Provinciale istituito e gestito dalla Provincia di n.111 del 23 giugno 2011). Reggio Emilia è di area vasta: com- prende buona parte della zona col- La L.R. 6/05 definisce i Paesaggi linare, con una superficie di oltre protetti come “aree con presen- 20.000 ha. za di valori paesaggistici diffusi, Hanno aderito a questa nuova area d’estensione anche rilevante e protetta, la maggior parte del- caratterizzate dall’equilibrata in- la quale ricade nel territorio della terazione di elementi naturali e Comunità Montana dell’Appenni- attività umane tradizionali in cui la no Reggiano, i comuni di Albinea, presenza di habitat in buono stato Baiso, Canossa, Casina, Castelnovo di conservazione e di specie risulti ne’ Monti, San Polo d’Enza, Scan- comunque predominante o di pre- diano, Vetto, Vezzano sul Crostolo minente interesse ai fini della tute- e Viano. la della natura e della biodiversità”.

135 La fascia collinare considerata è Elevati valori di naturalità caratteriz- compresa tra i 200 e i 700 m.sl.m. ; zano il paesaggio protetto della col- l’assetto morfologico è determinato lina reggiana, che include la Riserva dalle dinamiche fluviali dei Torrenti Naturale Regionale “Rupe di Cam- Tresinaro, Crostolo e Tassobbio: di potrera” e ben 6 SIC (Sito di Inte- quest’ultimo, con i suoi tratti appa- resse Comunitario) di Rete Natura rentemente controcorrente, causati 2000, la rete ecologica europea, da successivi fenomeni di cattu- con importanti presenze di habitat e ra fluviale, si tratta ampiamente in specie di flora e fauna.Tutta l’area è questa pubblicazione. percorsa da una fitta rete di percorsi La geodiversità di quest’area è ben escursionistici CAI, con ampi tratti rappresentata: dalle ofioliti, con i dei sentieri provinciali dei Ducati, didattici basalti a pillow, di Rossena Spallanzani e Matilde, fondamenta- e Campotrera, al vulcanetto di fan- li per una fruizione maggiormente go delle Salse di Regnano; dalla rupe consapevole e per forme di “turismo arenacea di Canossa, bell’esempio di dolce”. erosione residuale, ai suggestivi ed Il Paesaggio Protetto della Colli- inquietanti calanchi; dalle morfo- na Reggiana - Terre di Matilde è logie carsiche dei gessi messiniani ai appena nato, ma può rappresentare “muri del diavolo”, gli strati arenacei un nuovo modello organizzativo, verticali di M. Duro. una regia, per una credibile valoriz- Tutta l’area è caratterizzata da un’am- zazione del territorio di particolare pia diversità e repentina variabilità di pregio e quindi ad alta vulnerabilità; ambienti: dalle coperture boschive a può essere uno strumento per indi- querceto misto, alle coltivazioni a rizzare lo sviluppo e la riqualificazio- foraggio per il Parmigiano Reggia- ne di realtà economiche (agro-ali- no; dai castagneti alle boscaglie di mentare, turismo e servizi connessi, pino silvestre, oltre ad una rete di attività culturali ed ambientali , set- castelli, pievi, borghi, oratori, muli- tore forestale…) e di interventi (il ni, torri, antiche strade, che nel loro recupero del patrimonio edilizio, la insieme costituiscono le tracce più mitigazione di quello incongruo….) evidenti dell’importante retroterra in modo sostenibile, preservando i storico-culturale della collina reg- valori ambientali e storico-culturali giana, cuore del sistema delle terre presenti. di Matilde di Canossa.

136 Il libro si ferma al giungere dei Canossa, prima di Matilde. Sugli eventi nel territorio della Val Tassobbio durante la vita di Matilde di Canossa, ed anche degli anni seguenti, esiste già numerosa ed interessante saggistica. Chi desidera conoscere la storia di quel periodo non ha che da scegliere. Questo libro abbraccia una dimensione del tempo quasi indefinibile su ciò che si pensa sia accaduto nella Valle del Tassobbio e nelle sue vicinanze. Non esiste altra pubblicazione nel merito ed ha richiesto particolare impegno e molto lavoro. E’ stato possibile portarlo a compimento grazie alla volontà della Pro Loco di Cortogno ma soprattutto alla determinazione di Davide e Piero che per due anni hanno fermamente creduto nella possibilità di aggiungere un tassello importante per far conoscere il territorio, la vita e la storia della Val Tassobbio. La fortuna, però, è stata quella di avere un amico come James Tirabassi “il timoniere” attento a che la “rotta” dello studio, della ricerca e della testimonianza non venisse deviata dal vento della fantasia. Infine il sostegno di Stefano Landi: una importante sensibilità che ha le sue origini materne in questo territorio e fra questa gente. Foto: Ansgar Hoffmann, 2005

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138 Foto: Danilo Costoli



1 La Valle del Tassobbio è una piccola “enciclopedia” che tutti noi possiamo sfogliare e apprezzare, nella speranza che l’intera valle, ma soprattutto l’intero corso d’acqua, che lungo i suoi 21 Km attraversa 5 Comuni, possa essere maggiormente tutelato, valorizzato e attrezzato con una rete sentieristica ben organizzata Quello che troverai all’interno La Valle del Tassobbio La Geologia di Silvia Chicchi Origini morfologiche e catture fluviali nella Valle del Tassobbio di Sergio Guidetti Preistoria e Protostoria nella Valle del Tassobbio di James Tirabassi Topografia storica del bacino del Tassobbio fra l’età romana ed Alto Medioevo di Nicola Cassone La Valle del Tassobbio l’ambiente vegetale di Villiam Morelli La valle del Tassobbio La Fauna di Massimo Gigante e Luca Bagni Una nuova area protetta: Paesaggio naturale e seminaturale Protetto della Collina Reggiana - Terre di Matilde di Alessandra Curotti


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