49 Sepoltura zie a piccole imbarcazioni monossili ti nei pressi, o, più probabilmente, femminile (canoe scavate in un solo tronco), all’interno del villaggio, onde raf- con corredo giunge fino alle coste tirreniche del- forzare il senso di appartenenza al relativamente la penisola, quindi in Pianura Pada- territorio abitato. Il culto dei morti, ricco (collana na attraverso una catena di scambi ben documentato nei luoghi d’ori- in steatite, organizzati fra chi controlla le fonti gine del Neolitico, prevedeva infatti vasetto, di approvvigionamento e chi non ne il seppellimento dei defunti o per- punteruolo, dispone. I fruitori di questa merce, lomeno dei leader, sotto la capanna bracciale) da considerata preziosa e con probabi- della famiglia di appartenenza: in Chiozza di li valenze magiche, avranno dovuto seguito, dopo la decomposizione, Scandiano acquisirla a caro prezzo, dando in si provvedeva a recuperare il cranio, cambio alimenti e/o oggetti di pre- che, intonacato d’argilla e munito Cranio gio. I terreni più facili da dissodare di nuovi occhi, realizzati mediante rivestito di con attrezzi ancora poco efficienti l’applicazione di conchiglie inserite argilla con (accettine in pietra, zappe in corno) nelle orbite vuote, veniva conserva- conchiglie vengono occupati sistematicamente, to ed esibito agli ospiti. Nelle tombe al posto disboscati e coltivati a cereali. Ovvia- troviamo spesso modesti elementi di degli occhi, mente senza l’aratro e le pratiche di corredo che denunciano una società da Gerico concimazione i villaggi esaurivano in ancora poco diversificata. modo relativamente rapido la fer- I villaggi neolitici presenti nella no- tilità del suolo e pertanto dovevano stra regione e più in generale nella saltuariamente spostarsi per tornare Pianura Padana, per quanto è stato dopo decenni, quando la fertilità possibile appurare, sono aree più o era stata rigenerata naturalmente. Il senso di possesso del territorio, oltre che con le difese perimetrali, era ri- badito dal seppellimento dei defun-
50 reti, pareti che, più raramente, ven- Capanna del gono realizzate anche internamente Neolitico per separare gli ambienti. Esse sono Ricostruzione costruite con canne e rami intreccia- del parco ti ai pali (“incannucciato”) quindi archeologico intonacate di argilla. di Travo Nulla ancora sappiamo sulle strut- (da: www. ture del Tardoneolitico (metà del archeotravo.it) IV millennio a.C. – inizio età del meno ampie delimitate da palizzate Rame) e ancora confuse sono le no- o da piccoli fossati. Al loro interno stre conoscenze sui gruppi umani di troviamo capanne che nel Neolitico questa fase che prefigura la comples- Antico (seconda metà del VI – fine sità che troveremo nell’età del Rame. del VI millennio a.C. Ceramica Im- Oltre alle strutture abitative all’in- pressa e Cultura di Fiorano) sembre- terno dei villaggi, come si è detto, rebbero di pianta pseudocircolare o troviamo anche pozzi per acqua e ovalare e provviste di pozzetti inter- pozzetti di vario tipo: silos , per lo rati: i così detti “fondi di capanne”. storaggio degli alimenti, clay-pit, per Nel Neolitico Medio (V millennio l’approvvigionamento dell’argilla, e a.C. Cultura dei Vasi a Bocca Qua- anche i così detti “tan-pit”, ipotizzati drata) e recente (fine V- prima metà come vasche per la concia delle pel- del IV millennio a.C. Cultura Chas- li. Spesso i pozzetti caduti in disuso sey-Lagozza) le capanne diventano vengono reimpiegati come immon- invece rettangolari e sostenute da dezzai che, quando li esploriamo, pali posti sia negli angoli che lungo il restituiscono una grande messe di perimetro a fare da ossatura alle pa- reperti. All’interno del villaggio e/o in prossimità di esso sono presenti le tombe degli inumati deposti in nuda terra, generalmente in posizione rannicchiata sul fianco sinistro, con testa ad est e volto a sud. Non tut- ti hanno un corredo, ma dove c’è è rappresentato, per i maschi, gene- ralmente da armi (asce, scalpelli, cu- spidi di freccia) e, per le femmine, Veduta parziale della palizzata neolitica di Razza di Campegine
51 Ceramiche del Neolitico Antico (Cultura di Fiorano), da Fiorano Vaso in ceramica da ceramiche, strumenti in osso e che marginano il villaggio (Ospedale depurata del monili, oggetti, questi ultimi, pre- di Imola). Neolitico Medio senti anche in alcune delle tombe Nella nostra montagna rarissime (Cultura dei maschili. sono le tracce neolitiche perché rare Vasi a Bocca Delle palizzate restano normalmen- sono le aree pianeggianti idonee Quadrata) da un te solo i buchi di palo che appaiono all’agricoltura e fra queste ancora pozzo di Razza di come cerchi neri nel terreno chiaro più rare quelle con un substrato fer- Campegine del substrato (Razza – scavi TAV), o, tile. A Selvapiana e a Marola infatti, qualora esse siano state distrutte da dove, come abbiamo visto, sono pre- un incendio, come resti carbonizzati senti siti paleolitici, mancano fre- (Lugo di Romagna). Gli antichi fos- quentazioni neolitiche, forse a causa sati, poi colmati da sedimenti, appa- della scarsa fertilità dei suoli pleisto- iono invece come fasce di terra scura cenici ricchi di sali di ferro e man- ganese e poveri di humus; idonei ad un’agricoltura irrigua moderna, ma non adatti a un’agricoltura primi- tiva. Mancavano pertanto le ragioni che potessero spingere degli agri- coltori a colonizzare aree inadatte all’agricoltura, soprattutto quando si aveva davanti a sé una immensa e fertile pianura scarsamente abitata. La frequentazione della montagna in età neolitica diventa quindi epi- sodica e legata alla ricerca di risorse minerali (steatite, conchiglie fos- sili, selce locale, calcedonio, ocra, calcite, ecc.) o a prodotti integrativi dell’alimentazione (castagne, bac- che, funghi, selvaggina, ecc.). Non mancano infatti tracce di penetra-
52 Cuspidi di frecce neolitiche in selce (Raccolta Chierici) zioni neolitiche in Appennino, ma tare il sito, non sono identificabili Gaetano Chierici sono del tutto sporadiche (singoli all’interno della Raccolta Chierici, Reggio Emilia, manufatti in selce e rare accettine in dove dovrebbero essere finiti. 1819 - 1886 pietra verde). I nostri sopralluoghi effettuati a più Sacerdote, Nella Valle del Tassobbio, unica ipo- riprese in questi ultimi trent’anni insegnante e tetica presenza insediativa è quel- hanno fruttato solo piccoli ed insi- paletnologo. la di Prà di Lago, sito individuato gnificanti frustoli di ceramica. Fu con Luigi nell’Ottocento da Rocco Nobili che Rimane quindi aperta l’attribuzio- Pigorini e Pelle- lo segnalò a don Gaetano Chierici, ne cronologica del sito che, stando grino Strobel fra fondatore e primo direttore del no- solo alle descrizioni ottocentesche, i fondatori della stro museo. potrebbe anche risalire all’età del Paletnologia ita- Come testimonia il toponimo si Rame, la quale, come vedremo, pre- liana, Introdusse tratta di un ampio prato conformato vede insediamenti anche montani. nello studio della a conca, per cui sembra di trovarsi preistoria italiana di fronte ad un antico lago di cui sia il metodo degli franata a valle parte della sponda. scavi stratigrafi- Proprio grazie a tale conformazione ci; esplorò i primi pianeggiante l’area ben si preste- villaggi neolitici; rebbe ad ospitare un insediamento riconobbe l’età neolitico, ma purtroppo i reperti del Rame, da lui rinvenuti nell’Ottocento, che pro- definita Eneo- babilmente consentirebbero di da- litico; contribui notevolmente Accettine in pietra verde, simili a allo studio delle quella recuperate in Val Tassobbio terramare e degli etruschi padani.
53 Età del Rame 5.400/5.300-4.300 anni fa L’uomo del Già dal Neolitico Recente l’uomo sacralità è in forte aumento ed è te- Similaun produce qualche piccolo strumento stimoniata dalla ossessiva rappresen- (noto anche in rame quali lesine (punteruoli) e, tazione del sole, unito ai simboli del come Ötzi) forse, asce. Sembra inoltre che egli potere (pugnali, asce e alabarde) e è un reperto dedichi maggior attenzione alla pa- da altre pratiche rituali messe in atto antropologico storizia e alla produzione di tessu- nelle aree sacre e/o funerarie (aratu- scoperto sulle ti, ben documentata, quest’ultima, ra rituale preliminare con successiva Alpi Venoste dall’aumento del numero di fusaiole semina di denti umani). (ghiacciaio di (piccoli volani per i fusi) e di pesi da Si tratta quindi di una società mol- Similaun, 3.210 telaio, oggetti che già nelle fasi me- to diversa da quella neolitica e ben m s.l.m.,) nel dia e recente del Neolitico avevano lo testimoniano nelle necropoli, 1991. Si tratta fatto la loro comparsa. E’ però con le tombe che, spesso, hanno ricchi del corpo di un l’età del Rame che il metallo viene corredi grazie ai quali cogliamo una essere umano cercato intensamente e utilizzato per di sesso ma- produrre oggetti di prestigio che ci schile, risalen- documentano una differenziazione te ad un’epoca sociale mai vista prima. compresa tra il La ricerca del rame porta all’esplo- 3400 e il 3300 razione intensiva del territorio e a.C. (età del ad una movimentazione dei grup- Rame), conser- pi umani, agevolata anche dall’uso vatosi grazie del carro, del tutto inedita (il lun- alle partico- go e difficoltoso percorso compiu- lari condizioni to dall’uomo del Similaun ne è una climatiche chiara testimonianza), ciò fa sì che all’interno del vengano scoperti altri metalli (oro, ghiacciaio. argento e antimonio) e altre materie prime (marmo, alabastro, diaspro, Ascia e ecc.). Proprio in questa fase vengo- pugnale con no scavati i primi filoni di minerali custodia (miniere di Monte Loreto e Libio- dell’uomo del la in Liguria) e realizzate le prime Similaun “fonderie”. Anche l’agricoltura riceve nuovo impulso grazie all’impiego dell’ara- tro che consente un più efficiente sfruttamento del terreno. I territo- ri scelti vengono quindi fortemente caratterizzati da necropoli monu- mentali (tumuli, grotte funerarie, tombe megalitiche) e in villaggi di- fesi da opere perimetrali. Anche la
54 notevole differenziazione sociale e no spesso subito rifacimenti che ne un forte valenza guerriera dei per- hanno traslato l’impianto anche di sonaggi più ricchi. Oltre alle armi soli pochi metri producendo un pa- e agli oggetti da parata in rame che servono ad esaltare il potere dell’éli- Statue-stele te, la figura dei grandi personaggi maschile di dell’epoca (big-men) viene riprodot- Minucciano ta su massi incisi e statue-stele, che, probabilmente, vogliono celebrare questi antenati mitici. Queste ul- time peraltro non raffigurano solo guerrieri, ma anche donne dalle ve- sti sontuose che documentano ulte- riormente l’attività della tessitura. Purtroppo gli scavi estensivi relativi agli abitati di questa età sono pochi ed effettuati in anni recenti o ad- dirittura attualmente in corso. Ciò però ha già consentito di verificare che i villaggi sono spesso circonda- Pianta di una ti da un fossato artificiale: ciò che della grandi non sappiamo è se esso sia sempre capanne di Via presente. Sappiamo inoltre che le Guidorossi, capanne, solitamente rettangolari e Parma a volte molto lunghe ( anche più di 50 metri), in alcuni casi risultano Statue-stele absidate su uno o su entrambi i lati femminile di corti (Parma). Quanto all’estensio- Treschietto ne degli abitati e al numero di strut- ture abitative che essi racchiudevano nulla sappiamo, sia perché fino ad oggi sono stati scavati solo lembi di villaggi, sia perché le capanne han-
55 linsesto di fori di palo non sempre be i resti di 18 scheletri e numerosi decifrabile. Dell’articolazione in- oggetti di corredo caoticamente ac- terna, salvo l’ubicazione del focola- catastati sul pavimento della grotta re, nulla sappiamo dato che il suolo Tomba coevo alle strutture è solitamente di- maschile con strutto dalle arature. Sono poi pre- ricco corredo senti, come nei siti neolitici, pozzi (pugnale per acqua e pozzetti di vario tipo. in rame, Le necropoli rinvenute in pianu- pendaglio ra (Remedello –BS; Spilamberto in marmo, – MO), ora ben distinte dall’abita- cuspidi di to, sono sempre in nuda terra e gli freccia in scheletri sono sia distesi che rannic- selce, collana chiati. I corredi maschili e femminili di conchiglie, ricalcano i caratteri neolitici, ma si decorazioni di aggiungono alle armi solite (accetti- madreperla), ne in pietra verde, cuspidi di freccia dalla in selce, monili e ceramiche) asce, necropoli di pugnali e alabarde in rame, pettorali Remedello e spilloni d’argento oltre a splendidi (BS) pugnali in selce. Le necropoli della collina sono in- vece ubicate all’interno di grotticelle dette, per l’appunto, “sepolcrali”, delle quali abbiamo una chiara te- stimonianza anche nel reggiano alla Tana della Mussina ove il Chieri- ci ebbe modo di documentare un presunto “altare” in gesso sul quale si sarebbero svolte funzioni funera- rie connesse con il fuoco (forse un primo tentativo di combustione dei resti umani o di sterilizzazione pe- riodica del sepolcreto). Riconob- Accettine in pietra verde dalla Tana della Mussina
56 sepolcrale (accettine in pietra verde, sibile recuperare una notizia che Pugnale in selce un pugnale in selce e uno in osso, denuncia la presenza nei pressi del dalla Tana della vari elementi di collana in osso, di- Cerreto di una necropoli simile a Mussina versi recipienti ceramici). quella rinvenuta a Remedello Sot- Nella nostra montagna le tracce to nel Bresciano. Purtroppo non Bicchiere di questa età sono rare o di dub- ci sono pervenuti reperti, ma, dato campaniforme da bia identificazione. Oltre alla Tana che la segnalazione è di Giovanni Campo Pianelli della Mussina abbiamo evidenti Bandieri, uno dei principali esplo- (vista frontale e tracce di un abitato della fase fina- ratori della necropoli bresciana, da sotto) le dell’età del Rame, pertinente alla oggi esposta nei nostri Musei, essa cosiddetta Cultura del Bicchiere sembra essere del tutto attendibile. Campaniforme a Campo Pianelli, Sono poi noti alcuni oggetti spora- pianoro ubicato alla base della Pie- dici da varie zone della collina e del- tra di Bismantova. Infine, grazie ad la montagna: due pugnali in selce una ricerca d’archivio, è stato pos- (uno da Mattajano e uno recente-
57 Ascia piatta mente recuperato dall’amico Pier- in rame da giorgio Giaroli a Pulpiano di Re- La Mandria gnano) e un’ascia in rame che è stata di Monte recuperata nella valle del Tassobbio: Castagneto fu raccolta nel campo la Mandria di Monte Castagneto, sul versante che guarda il Rio di Maillo. Nessun abitato invece, salvo quello di Prà di Lago di ambigua cronologia, già ri- cordato a proposito del Neolitico, ci è noto nell’intero bacino, mentre la sola ipotetica area sepolcrale è pre- sente a Cagnola dove i resti di alcune tombe vennero intaccate dall’aratro. Io ebbi solo modo di vedere pochi resti scheletrici e minuti frammenti ceramici, mentre un oggetto in rame o in bronzo fu rinvenuto e poi per- duto da chi mi segnalò l’emergenza (Giuliano Ruffini): stando alla sua descrizione, sembra essere stato un pendaglio ad occhiali e pertanto un monile databile ad un momento compreso fra l’età del Rame e l’an- tica età del Bronzo. Per l’età del Rame, a differenza che per il Neolitico, non possiamo im- putare la carenza di documentazio- ne a scelte insediamentali: sappiamo che l’uomo, in questa età, non si dedicava più soltanto all’agricoltura ma esplorava sistematicamente il ter- ritorio integrando peraltro l’econo- mia di sussistenza con la pastorizia, attività che, attraverso la transuman- za, lo costringeva ancor più a cono- scere la montagna, la quale doveva quindi far parte del suo complesso ed articolato mondo. Credo quindi che le scarse conoscenze in merito siano dovute piuttosto alla difficoltà di riconoscere i siti dell’età del Rame (già di per sé effimeri anche in pia- nura, settore della provincia in cui la visibilità archeologica è ben più ele- vata che in montagna) dove il bosco occulta molti dei siti esistenti.
58 Età del Bronzo 4.300- 2.900 anni fa Nell’età del Bronzo proseguono le nuove terre da coltivare. Cronologia della sperimentazioni metallurgiche, per- Questo periodo della protostoria età del Bronzo tanto il rame, metallo base da oltre che si è sviluppato fra il 2300 e il in Appennino un millennio, continua ad essere 900 a.C. circa, in Italia è caratteriz- Reggiano estratto e fuso, ma per produrre og- zata da un ampio mosaico di culture, getti in bronzo. Se infatti gia nell’età termine quest’ultimo che utilizzia- del Rame le leghe con l’arsenico, o mo, in assenza di documentazioni con le impurità presenti nei solfuri scritte, per indicare gruppi umani di rame, casuali o volute che fossero, che hanno cultura materiale (stovi- erano già state impiegate è solo nella glie, attrezzi, armi, ecc.), riti fune- seconda fase del Bronzo Antico, at- rari e religiosi, strutture abitative, torno al 1900 a.C., che cominciò ad usanze, costumi, ecc. simili. Insom- essere prodotta in modo massiccio la ma un surrogato del termine popolo lega classica di rame e stagno. o etnia. Ed è proprio questa lega, il bronzo, Tali culture si sono sviluppate in ol- che determinerà la fortuna del II tre un millennio intersecandosi, in- millennio a.C. Dopo la produzione fluenzandosi a vicenda o sovrappo- di oggetti da esibire come status symbol, nendosi, a volte con esiti nefasti per continuando la tradizione dell’età la cultura subalterna completamente del Rame, con il Bronzo Medio e cancellata da quella egemone. Inol- vieppiù con quello Recente e Finale tre visto che l’Italia è una penisola gli strumenti e gli attrezzi in bronzo l’influenza dei popoli che naviga- sostituiscono quelli poco efficienti vano nel bacino mediterraneo (Mi- di osso, corno e selce, consentendo cenei, Shardana, Sicani, Tirreni, una produzione agricola e artigia- ecc.) hanno spesso inciso in modo nale sempre più elevata. Il bronzo determinante sulle culture che si af- inoltre verrà spesso usato per fab- facciavano sul mare. Non è peraltro bricare armi da offesa e da difesa a secondario l’influsso che le popola- sottolineare l’aumentata bellicosità zioni poste oltralpe in vari momenti fra i villaggi che vanno accumulan- hanno avuto sulle genti che abitava- do ricchezza e che hanno bisogno di no la Pianura Padana. Già in questo Tempo 4300 3650 3350 3200 2900 trascorso anni fa Ordine anni fa anni fa anni fa anni fa Periodo preistorico Bronzo Bronzo Bronzo Bronzo antico medio recente finale monte del gesso Montecastagneto Felina Campo Pianelli Monte Venera Monte Valestra Faieto di Cortogno
59 Ricostruzione periodo quindi viaggi di uomini, di in cui fu riconosciuta per la prima di un villaggio merci e di idee avevano un peso si- volta: una torbiera dell’anfiteatro palafitticolo gnificativo per lo sviluppo culturale morenico in cui venne impiantato ed economico delle popolazioni che uno dei primi villaggi palafitticoli. E tentavano di affacciarsi alla storia. proprio la tecnica usata per erige- Nell’Italia settentrionale l’età del re questi primi complessi villaggi ha Bronzo inizia con abitati che, per poi dato il nome di civiltà palafitti- alcuni studiosi, sembrano sorgere cola a tutta quella rete di palafitte che ex novo, mentre, per altri, sembra- è stata individuata sulle rive dei laghi no risentire del precedente periodo alpini, nei laghetti inframorenici, dell’età del Rame e questa seconda all’interno o lungo i corsi d’acqua ipotesi dovrebbe essere quella più senescenti e, più raramente attivi, naturale poiché nella storia dell’uo- della pianura. mo è abbastanza consueto che non ci Nel reggiano aree umide idonee ad siano brusche cesure fra un momen- accogliere questi abitati tecnologica- to storico ed un altro, ma, piuttosto, mente avanzati ce ne dovevano essere graduali trasformazioni verso civiltà diverse, ma, purtroppo, le alluvioni più evolute e ciò anche quando ci di età storica e il cambio d’alveo dei troviamo di fronte ad episodi di oc- corsi d’acqua appenninici hanno cupazione non pacifica di un terri- obliterato l’antico paesaggio col- torio. Anche in questi casi infatti la mandole o erodendole. Solo scavi popolazione che riesce a soggiogarne profondi hanno infatti intercetta- un’altra assorbe quasi sempre, poco to rare tracce di questi abitati: una o tanto, elementi culturali dei vinti, probabile palafitta è stata riportata se considerati migliorativi. in luce a Rubiera e un’altra nei la- Questa antica età del Bronzo, ge- ghetti di risorgiva di Ca’ del Lago/La neralmente datata circa al 2.300 Braglia. – 1650 a.C., nella zona del Garda In montagna invece, dove l’assenza diede vita a una caratteristica Cultu- di dati non può essere giustificata ra detta di Polada, dal nome del sito con tale motivazione, gli eventuali siti, che ovviamente non sarebbero comunque palafitte, non sono an- cora stati individuati a causa delle difficoltà insite nella ricerca oppure proprio non ci sono perché si trat- ta di genti che vivevano in simbiosi con piccoli e grandi bacini idrici che nella nostra montagna non esistono se non ad altezze proibitive per l’in- sediamento stabile. In sostanza nella montagna reggiana fino ad oggi abbiamo trovato solo i resti di un piccolo abitato a Mon- te del Gesso di Vezzano, peraltro scivolato in un inghiottitoio, e due ripostigli di asce, uno a Monte del Gesso di Ventoso e uno a Talada/Ca’ de’ Ferrari. Entrambi furono na-
60 scosti da “venditori ambulanti” o da Foto aerea “fabbri itineranti” che poi, per varie della piccola ragioni, non certo ultima la morte, terramare non tornarono a recuperarli. C’è mantovana di chi, invece, sostiene che i ripostigli Corte Gandolfa abbiano, comunemente, valenza vo- tiva e pertanto siano stati volontaria- Ipotesi mente deposti ove li ritroviamo. ricostruttiva Nel bacino del Tassobio, le sole trac- della ce ipoteticamente attribuibili a tale Terramara di momento o forse all’età del Rame, Montale sono quelle gia citate nel capitolo precedente: la dubbia necropoli di Ipotesi Cagnola. ricostruttiva Col Bronzo Medio iniziale e pieno della (1650- 1400) in Pianura Padana gli Terramara di abitanti dei grandi villaggi palafitti- Santa Rosa di coli, che già da secoli si erano dif- Poviglio fusi sulla sconfinata valle alluvionale, cominciano, probabilmente anche a causa di cambiamenti climatici, a costruire i loro abitati sempre più distanti dalle zone umide. In zone asciutte quindi, seppur in prossi- mità di corsi d’acqua indispensabi- li alla vita, oppure su piccoli dossi fluviali posti all’interno delle ampie valli prodotte dagli impetuosi corsi d’acqua che alla fine dell’ultima gla- ciazione solcarono la grande pianu- ra. Questi primi abitati, sede di un popolo che non costruisce più solo palafitte, sono delimitati da un fos- sato e/o da una palizzata. Solo in un secondo momento diventano vere e proprie “terramare”, cioè abitati delimitati da un fossato alimenta- to dall’acqua derivata da un corso che, ovviamente, come in prece- denza, è indispensabile per la vita del villaggio. Essa però viene tenuta a debita distanza, anzi, con la terra di risulta si erige un aggere che de- limita e difende l’abitato. E’ questo un momento di grande fortuna per la civiltà nata come palafitticola e poi evolutasi in palafitticolo-terra- maricola, essa si diffonde in modo
61 Ricostruzione capillare su vasta area della Pianura ben protetto e celato alla vista dai ri- ipotetica dell’abitato Padana centro orientale. I villaggi di lievi circostanti. di Monte Venera questo tipo, sono numerosi e piut- Il primo viene impiantato sul pia- tosto ampi ( da 1/2 a 2 ha, con circa noro sommitale del monte, forse (Ricostruzione e disegno 100 abitanti per ha) in pianura, ma appositamente spianato, visto che Davide Costoli) parecchi, seppur più modesti, sono una cima pianeggiante è piuttosto anche quelli che vengono impianta- anomala in natura. Qui, nella fase ti in collina e in montagna fino ad piena della media età del Bronzo, altezze che arrivano ai 1000 metri. viveva un piccolo gruppo di persone Ovviamente le strutture che deli- che, di generazione in generazione, mitano questi abitati montani sono ricostruirono le loro capanne fino al del tutto diverse. Per quanto è stato Bronzo Recente o addirittura all’i- possibile vedere sino ad oggi si tratta nizio del Bronzo Finale. Poi arriva- essenzialmente di villaggi impiantati rono Liguri ed Etruschi a realizzare su cime o su pendici appositamente strutture che distrussero buona parte terrazzate, a volte delimitati da mu- di quanto si era conservato ed infi- retti a secco. ne il castello medievale che continuò Nel bacino del Tassobbio quattro siti l’opera di obliterazione. Gli scavi vengono impiantati fra la fase piena ottocenteschi, condotti dal Chierici, (circa 1550- 1400 a.C.) e tarda (cir- probabilmente proprio a causa del- ca 1400-1300 a.C.) del Bronzo Me- le sovrapposizioni più recenti, non dio. Abbiamo due siti ubicati pro- hanno rivelato strutture abitative, prio all’interno della valle, su cime perimetrali o difensive, ma riportato secondarie, uno, Monte Castagne- in luce solo materiali ceramici e uno to, ben visibile da buona parte della spillone di bronzo. I recenti scavi re- montagna e l’altro, Monte Venera, alizzati dalla Soprintendenza per in-
62 dagare i resti liguri-etruschi hanno e cariche di crogiuolo. Insomma Ansa cornuta e interessato anche lembi del deposito evidenti e consistenti testimonianze oggetti in bronzo più antico, ma non sono ancora ter- di una fiorente attività fusoria. Fu (rasoio, ascia ad minati, pertanto staremo a vedere se forse proprio la produzione di og- alette e pugnale) si arriverà a nuove conoscenze. getti in metallo che suggerì la scelta da Monte Venera L’altro sito è posto su una cop- insediativa: una montagna delimita- pia di pianori collegati da una sel- ta da corsi d’acqua e protetta da una Ceramica di tipo la, entrambi inclinati a valle verso serie ininterrotta di rilievi ricca di “Appenninico” da est. Qui Pio Mantovani e Gaetano legname indispensabile per fondere Monte Venera Chierici scavarono alcune trincee il metallo. La produzione e il com- che documentarono una consistente mercio di metalli doveva all’epoca stratigrafia, ma non evidenziarono suscitare non pochi appetiti perciò elementi strutturali relativi ad abita- conveniva tenere nascosta tale attività zioni o a delimitazioni ad eccezione onde non incorrere in scorribande. di un muretto a secco non databile, Monte Venera, però, per quanto è ma forse pertinente alle successi- possibile dedurre dai materiali con- ve, seppur scarse, testimonianze di servati in museo, nel Bronzo Medio frequentazioni etrusche. Tanti però pieno non era ancora stato insedia- furono gli oggetti in bronzo recu- to, sembra pertanto che in questa perati e spesso interi, rinvenuti, as- fase Monte Castagneto fosse l’unico sieme a fornelli, forme per fondere villaggio a dominare l’intero bacino imbrifero. Altri due siti, Faieto e Felina, gravi- tavano sull’area, ma entrambi erano posti su quel tratto dello spartiacque destro della Val d’Enza che funge anche da spartiacque del nostro ter- ritorio, avendo cosi doppia valen- za strategica. Faieto, recentemente esplorato da Musei e Soprintenden-
63 Scavi di za con una campagna di scavi durata Faieto: quattro anni, ha evidenziato un’oc- panorama; cupazione a terrazzamenti della col- terrazzo; lina su cui fu impiantato il villaggio. terrazzo Gli scavi hanno messo in luce, quasi in corso completamente, un terrazzo di mez- di scavo; zacosta rafforzato a monte con una capanna cortina muraria realizzata con pietre in corso di disposte a secco. Nella parte più larga scavo del terrazzo fu edificata una capanna lunga m 9 e larga m 4, costruita su Dolio biconico una fossa coperta con un impianti- da Felina to ligneo sostenuto, verso valle, da pali. I reperti più antichi risalgono appunto al Bronzo Medio pieno, ma il sito si protrasse fino al Bronzo Re- cente evoluto e forse fino alle soglie di quello Finale. A Felina, dove fra 1974 e 1976 i Mu- sei hanno eseguito tre trincee orto- gonali, è stato indagato un abitato pluristratificato che sorse nel Bron- zo Medio tardo, quindi un po’ dopo quelli di Faieto e Monte Casta- gneto, e che concluse la sua vita nel
64 Anse cornute da Faieto Bronzo Recente. Qui nessun ele- impediscono ulteriori accertamenti. mento strutturale del Bronzo Me- Come si è detto, mentre questi due dio è stato individuato, mentre della siti erano nel pieno della loro atti- fase più tarda del Bronzo Recente è vità, anche Monte Venera prospe- stata messa in luce parzialmente una rava, ma qualcosa di particolare deve grande capanna al cui centro si tro- essere accaduto nel corso o alla fine vavano il focolare e un grande dolio del XIII sec. a.C. perché solo in esso biconico inserito nel pavimento. la vita si ferma, mentre continua a Probabilmente anche il sito di Feli- Felina e ancor più a Faieto. Come na può essere stato realizzato su più ho ipotizzato in altre occasioni, for- ordini di terrazzi, ma l’espansione se proprio la ricchezza del sito ha del paese sulle pendici del colle e determinato la sua fine violenta per l’impianto del castello nel medioevo mano di gruppi armati dediti alla
65 Ricostruzione guerra di rapina. tere politico sul territo- ipotetica La frequentazione della valle è poi rio, forse innescata dalle dell’abitato di sottolineata anche dal rinvenimento pressioni demografiche Faieto di un’ascia ad alette del Bronzo Re- delle genti peninsulari cente raccolta dal Chierici durante che pressavano sempre più (Ricostruzione e una passeggiata esplorativa lungo questo popolo. disegno Davide Costoli) l’affluente di Rio Maillo. Sul cri- E’ in questo momento nale che stava percorrendo, all’altez- infatti che cominciamo a Acia ad alette za di Bell’Essere individuò questo trovare più consistenti te- in bronzo da splendido reperto in un terreno che stimonianze di ceramiche Bell’Essere non recava tracce di abitati coevi. Si subappenniniche (tipi- tratta di un oggetto sporadico per- che delle culture che nel Metallurgia duto o del residuo di un ripostiglio Bronzo Recente abitavano preistorica: andato distrutto. la penisola) sia nei siti di disegno Ed è proprio fra la fine del Bronzo panura che, soprattutto, ricostruttivo (da Medio e il Bronzo Recente iniziale in quelli di montagna. Di “ Dal diaspro al (circa 1.400-1250 a.C.) che in pia- conseguenza assistiamo ad bronzo”, Luna nura si assiste a una ristrutturazione un potenziamento delle editore 1998) degli abitati terramaricoli (raggiun- difese che in pianura cor- gono ampiezze di 6-7 ettari con rispondono a un minor punte addirittura di 20 ha) conse- numero di siti, ma più guente a una ridistribuzione del po- ampi e con aggeri consi- Estrazione del minerale Sminuzzatura Fusione del Bronzo Colatura negli stampi
66 stenti, cui fanno riscontro in mon- Reperti da tagna abitati sempre più arroccati San Michele verso le cime. di Valestra: E’ durante questa fase che l’area ter- rotella in ramaricola gradualmente, ma ine- osso, tazza sorabilmente, va spopolandosi per carenata, vaghi ragioni che ancora non conosciamo, di collana in ma che sempre più sembrano iden- pasta vitrea tificabili in sensibili cambiamenti climatici, nel depauperamento delle risorse alimentari, in crisi politiche e in significative migrazioni di genti. Quello che è certo è che all’inizio del Bronzo Finale nella pianura emilia- na gli abitati sono estinti o quasi, nel senso che solo nelle terramare più grandi resta ancora, per poco tem- po, qualche nucleo umano destinato ad estinguersi di certo entro la fine del XII sec. a. C. In montagna in- vece troviamo alcune teste di ponte poste a controllare le vie appennini- che che collegano il nuovo universo del Bronzo Finale situato nel Basso Polesine a quella parte di Toscana che vedrà in seguito lo sviluppo della Civiltà Villanoviana. Fra questi siti montani troviamo Campo Pianelli e Monte Valestra, entrambi posti sul crinale sinistro della Valle del Secchia, valle che, at- traverso il Passo del Cerreto, con una certa facilità di percorrenza, condu- ce in Toscana e la cui foce, in quei tempi, doveva trovarsi in un punto posto di fronte alle Valli Veronesi o al Polesine, divenendo così forse la principale fra quelle vie di comuni- cazione testè ricordate che raccorda- vano mondo padano e mondo tran- sappenninico. Da queste dinamiche ovviamente la Valle del Tassobbio era esclusa, vi- sto che in ogni caso restava tagliata fuori da traiettorie di questo tipo. Al massimo era toccata solo tangen- zialmente nel tratto Faieto-Felina dove, come abbiamo detto, il suo li-
67 Disco di Nebra mite orientale coincide con lo spar- Bretagna) e la cremazione serve a in bronzo e tiacque dell’Enza al cui sbocco in smaterializzare un corpo per rido- oro: a destra e pianura stava Servirola, certamente narlo a chi governa da “fuori” il de- sinistra le linee ancora in parte attiva nel Bronzo stino degli uomini. Prima che il rito dell’orizzonte, in Finale. Nonostante ciò e nono- della cremazionie diventi ovunque basso la barca stante tale crinale a Felina si fonda ortodosso, distruggendo anche gli solare, al centro il con quello del Secchia, su di esso a oggetti di corredo, fortunatamen- sole (o luna piena) tutt’oggi non conosciamo nessun al- te le necropoli a rito misto ci con- e la mezzaluna, tro sito di Bronzo Finale. sentono di vedere come la casta dei sul resto del disco Le necropoli dell’età del Bronzo ter- guerrieri, all’interno delle terrama- le stelle fra cui un ramaricolo sono solitamente ad in- re fosse quella più importante: nella gruppetto di sette, cinerazione e composte da centinaia necropoli di Olmo di Nogara, fra interpretate come di ossuari/pentola quasi sempre privi XIV e XIII sec. a.C. in un’area riser- Pleiadi. di corredo e solo nei villaggi argina- vata all’élite furono sepolti circa 40 ti dell’attuale Veneto ne troviamo a guerrieri armati di spada e/o pugna- Carro Solare di rito misto, dove cioè la cremazione le e diverse donne con ricchi monili Trundholm in coesiste con l’inumazione, anche di bronzo ed ambra. bronzo e oro se quest’ultima tende a scomparire Col Bronzo Finale la cremazione di- con il passare del tempo. L’incine- venta sistematica, e le urne non sono razione è un fenomeno rituale che più vasi di uso quotidiano, ma veri ha radici più remote, ma che solo e propri recipienti funerari. Al loro nell’età del Bronzo in coincidenza di interno, finalmente, vengono, qua- una sacralità che vede negli elementi si sempre, deposti oggetti di corre- extraterrestri (sole, luna e stelle ben do che ci consentono di cogliere la evidenti sul disco di Nebra recente- complessità di questa nuova società mente scoperto in Germania) le di- (necropoli di Campo Pianelli a Bi- vinità da onorare, prende il soprav- smantova). vento. E’ in questa fase che gli astri diventano riferimento fisso della re- ligione (carro solare di Trundholm in Danimarca, Stonehenge in Gran
68 Età del ferro, civiltà preromane 2.900-2.200 anni fa Con l’inizio dell’età del Ferro la abbiamo traccia. Popolamento montagna e la pianura reggiana, Gli Etruschi, come i Romani, peral- dell’Italia del Nord come del resto buona parte dell’E- tro, non mostrarono un particolare milia, sembrano essere pressoché interesse per l’Appennino, consi- spopolate. Sembra cioè che, dopo la derato probabilmente un territorio crisi che provocò la fine della civiltà da controllare semplicemente per terramaricola e dopo l’estinzione dei tenere fluidi i contatti e i percorsi capisaldi del Bronzo Finale, nessuna che univano la madrepatria all’E- abitato etrusco o ligure presidino la truria padana. Il problema è capire montagna reggiana. E’ solo in un cosa andava controllato, visto che nel momento avanzato (fine VII-inizi VI-V sec. a.C., momento della loro VI sec. a.C.) che la via del Secchia viene percorsa nuovamente in modo sempre più assiduo da genti etru- sche che, probabilmente risalendo la Valle del Serchio e/o del Magra, poste all’estremità settentrionale del loro territorio, lasciarono le tracce della più antica penetrazione nella montagna reggiana a Bismantova e gettarono le basi per i centri proto- urbani di Servirola e Rubiera. Mentre gli Etruschi, già da tem- po presenti nel bolognese e mode- nese, dove penetrarono grazie alla facilità di percorrenza del reticolo idrografico che collega Bologna alla Toscana, gradualmente prendevano possesso del nostro Appennino, dei Liguri citati dalle fonti antiche non Ceramiche etrusche dipinte da Campo Pianelli
69 Reperti dell’età del ferro da Cortogno Gancio di cintura in bronzo celtico da Servirola di San Polo d’Enza Riscostruzione massima espansione verso nord, nei pire se fra Etruschi e Liguri oltre agli ipotetica nostri territori non sembrano esser- scambi ci sia stata anche una parziale dell’abitato ci, siti liguri. Nella nostra montagna integrazione. etrusco di San i siti di tale età individuati e/o par- Nella montagna reggiana i cen- Claudio a Reggio zialmente indagati risultano infatti tri etruschi più importanti fino ad Emilia tutti controllati dagli Etruschi che, oggi indagati sono Campo Pianelli tuttavia, commerciano beni di qua- e Monte Castagneto, ma in molte lità e di prestigio sia con il mondo li- altre località sono affiorati reperti gure, ben conclamato a ovest del tor- indicativi di siti non ancora esplorati rente Magra, che con quello celtico, oppure di modeste frequentazioni. presente almeno dal VI sec. a.C. in E per arrivare alla problematica che poi a nord del Po; più difficile e ca- più interessa la montagna, dobbia- mo dire che nell’ultimo decennio le cose sono sostanzialmente cambia- te. Ciò grazie ai sondaggi realizzati Rem voltiamqua vocre conducit vica; int. Hebus omnos
70 opera di Paolo Montanari e di chi Tomba di Case scrive di tre tombe liguri alla Pietra Pantani sul di Bismantova, segnalate nel 2008 Monte Valestra da Franca Melloni e l’anno successi- vo da Giampaolo Montermini. Frammenti di Si è infatti visto che molti sono i siti ceramica ligure che contemplano oltre ai materiali d’impasto, da etruschi anche reperti liguri. Inoltre Monte Valestra l’excursus cronologico che tali rinve- congiuntamente da Soprintendenza nimenti copre non è più relegato alla e Musei Civici sulla cima di Monte fine del III-I sec. a.C., come attesta- Valestra, agli scavi sistematici diretti to in precedenza da sporadici rinve- dalla Soprintendenza a Monte Ca- nimenti funerari: le tombe a cassetta stagneto, alle ricognizioni effettuate di Luceria (Canossa), Villa Baroni da Leonardo De Marchi nella valle (Quattro Castella) e Bosco Cerna- dell’Enza ed infine al recupero ad ieto (Canossa), località quest’ulti- ma collocata sulla destra del bacino idrografico del Tassobbio, e quella in anfora di Villa Manodori (Quat- tro Castella). Questo, peraltro, è il periodo che vide la conquista romana della no- stra montagna ottenuta dopo un quarto di secolo di feroci e sangui- nose guerre contro i Liguri che, per essere completamente debellati, do- vettero essere deportati in massa nel Sannio. Ora abbiamo reperti che sembrano innalzare la presenza ligure almeno al IV e probabilmente al V sec. a.C. Nella Valle del Tassobbio, in parti- colare, possiamo constatare che nel sito di Monte Castagneto le strut- ture murarie, già esplorate nell’800 dal Chierici, sono state recentemen- Tombe liguri dalla Pietra di Bismantova Tomba a incinerazione da Bismantova, Prato Rabotti
71 Due fibule in te riportate in luce dalla Soprinten- pizzazione della montagna reggiana bronzo e un denza e consistono di spessi muri dall’inizio dell’età del Ferro all’ar- coltello in ferro di pietra, piuttosto anomali per un rivo dei romani. Certo è che tale dalle tombe piccolo ed arroccato sito di mon- territorio fu controllato fra VI e V di Bosco tagna: gli studi in corso speriamo secolo dagli Etruschi, mentre alme- Cernaieto possano chiarirne la funzione. Qui, no dal IV in poi, nel momento cioè peraltro, stando alle notizie preli- della crisi della dominazione etrusca Ossuario minari, pare che siano presenti sia in Italia Settentrionale innescata dai con ciotola- reperti etruschi che liguri, mentre coperchio, gli oggetti di corredo rinvenuti nel- una fibula in le tombe riportate in luce nell’800 bronzo, una nella piccola necropoli scoperta sul punta di lancia terrazzino di Ferniola, posto a mez- in ferro e zacosta del monte, sembrano pre- una moneta valentemente etruschi, così come il romana forata rito inumatorio in nuda terra. (vittoriato) Altri reperti, sebbene più modesti, impiegata sono stati rinvenuti sulla cima di come monile, Monte Venera, ma anche a Corto- dalle tombe di gno, in pieno centro storico, da Da- Villa Baroni vide Costoli e a Barazzone, da Vin- cenzo Ferretti e Francesco Dell’Eva. A poca distanza verso nord, appena oltre il bacino del Tassobbio, sul Monte Tesa è presente un vero e proprio sito collocato in posizione panoramica su un balcone naturale che guarda sulla bassa Val d’Enza. Sito che è poi stato rioccupato in età romana e ora è sede di culto cristia- no oltre che sede di un punto geo- detico, come a ribadirne nel tempo l’importanza strategica. Al momento però è prematuro ten- tare di tracciare una ipotesi di antro-
72 Bacile in bronzo impiegato come ossuario, due fibule e un diadema(?) in argento dalle tombe di Luceria Celti, i Liguri sembrano contrasta- aver condotto ad una integrazione re o quantomeno non lasciare carta dei due popoli, fatto che spieghe- bianca agli Etruschi; il che, come rebbe le difficoltà che si incontra- ipotizzato più sopra, potrebbe anche no nell’attribuire il prodotto più significativo della cultura materiale, la ceramica, all’una o all’altra delle Situla in bronzo realtà storiche. In punti strategi- impiegato ci quali Rossena, Monte Valestra e come ossuario, Bismantova troviamo infatti tracce una collana in conclamate della loro presenza. Che pasta vitrea popolazione di Liguri siano quelle e due spade che occuparono il nostro Appen- defunzionalizzate nino ancora non sappiamo, anche ripiegandole a S, se i reperti rinvenuti negli abitati dalle tombe di di Monte Valestra e Rossena pos- Luceria sono essere confrontati con quelli
73 Scontri tra Liguri e Romani e deportazione dopo la sconfitta. (da “I Liguri” Skira, Milano 2004) dell’Oltrepo pavese-alessandrino in cassette di pietra, di IX sec. a. C., (Guardamonte), mentre le tombe di rinvenute nel 1958 a Case Pantani ai Bismantova rimandano a confronti piedi di Monte Valestra, restano pri- con reperti della Garfagnana e delle vi di documentazione ligure i secoli Alpi Apuane. che vanno dall’VIII al VI, ma non è Insomma questi ultimi anni di ri- escluso che in futuro la montagna cerche hanno in parte colmato le reggiana ce ne restituisca traccia. lacune relative al mondo ligure. Se infatti, come sembra opportuno, consideriamo fondamentalmente li- guri le tombe a cremazione racchiuse
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75 Topografia storica del bacino del Tassobbio fra età romana ed Alto Medioevo di Nicola Cassone Laureato in Storia Antica presso l’Università degli Studi di Bologna con una tesi sull’organizzazione amministrativa della Cispadana in età romana- repubblicana. Dal 1994 è collaboratore dei Civici Musei di Reggio Emilia per l’età romana. Ha al suo attivo una trentina di pubblicazioni scientifiche monografiche. Attualmente si occupa di restauro di beni storici ed archeologici presso una cooperativa di Reggio Emilia. Dinamiche chi metri cubi alla grossa frana. dell’ insediamento In altri punti l’aspetto del paesaggio antropico in rapporto è invece decisamente caratterizzato alla geomorfologia da forme di evoluzione più anti- ca, dove appaiono pendii più dolci, All’interno della vallata l’aspetto ge- fondovalle concavi, o piatti, privi o nerale del paesaggio non è uniforme: con scarsi processi erosivi in atto, in alcuni tratti appaiono con evi- superfici di spianamento sommitali, denza caratteristiche morfologiche depositi antichi; ciò si riscontra in che indicano un recente approfon- particolare nel tratto mediano della dimento erosivo, come la presenza valle, compreso tra Pietranera e l’a- di versanti ripidi, aree calanchive ed bitato di Cortogno; in questo settore alte scarpate torrentizie; questa si- fluviale sono infatti ben evidenti gli tuazione si riscontra principalmen- effetti sul paesaggio di alcune “cat- te nel tratto finale del Tassobbio, ture torrentizie” operata dal Tassob- compreso tra la confluenza con il rio bio (vedi pag.22). Questa situazione di Maillo ed il punto di sbocco del dimostra, con evidenza, una attività torrente in Enza, presso Compiano. geomorfologica in evoluzione, dove In questo settore i pendii appaiono le forme di un modellamento più formati da materiali poco coerenti e antico vengono incise dalla successi- sono privi di un’adeguata copertura va ripresa di attività erosiva del corso vegetale; questa situazione innesca d’acqua. Queste condizioni hanno sovente processi di degradazione che condizionato negativamente l’in- possono portare, nel caso di rocce sediamento antropico sia nel fon- argillose o marnose, alla formazione dovalle che lungo i pendii di mezza di calanchi. Numerosi sono i movi- costa; gli abitati storici e comunque menti franosi attivi o quiescenti, che gli insediamenti più antichi attestati vanno dal piccolo movimento di po- dalle fonti documentarie sono in- fatti disposti principalmente lungo
76 le frastagliate linee di spartiacque feudale; lo sfruttamento della forza Elenco dei od in corrispondenza dei terrazzi o idraulica per l’impianto dei mulini mulini ad acqua dei poggi più rilevati che circondano è ben attestata in tutta l’area di ba- nel Torrente la vallata su entrambi i versanti: è il cino: in età preindustriale, in un Tassobbio e caso di Sarzano (prima attestazione arco di tempo compreso tra il XVII indicazione dei nel 958), Migliara (976), Pianzo ed i primi due decenni del XX se- mulini del bacino (1033), Leguigno (1022), Gombio colo, lungo il corso del Tassobbio (1022), Donadiolla (1021), Ron- risultavano attivi ben nove opifici 1-Mulino di Casina covetro (1116) ed infine Crovara ad acqua. Partendo dal tratto più a (la Molinassa) (1197). Va comunque considera- monte della valle e scendendo in di- 2-Mulino della Grotta to che la valle del Tassobbio, per la rezione dell’Enza troviamo i seguen- (Casina) sua morfologia tormentata e per la ti mulini: di Cortogno superiore 3-Mulino di Cortogno sua forma molto irregolare, lega- e di Cortogno inferiore (inizi XIX 4-Mulino di Leguigno ta sopratutto alla curvatura dell’a- secolo), di Leguigno (XVII secolo), 5-Mulino di Ariolo sta fluviale che passa da un senso di di Ariolo (attestato a partire dal 1827 6-Mulino Rosati scorrimento sud-nord ad un asse ma probabilmente di età medievale), 7-Mulino Rinaldi est-ovest, non si presta ad essere uti- il mulino Rosati (circa 1900), il mu- 8-Mulino Paoli lizzata come una agevole via di co- lino Rinaldi (1910), il mulino Paoli 9-Mulino di Chichino municazione, nonostante la sua po- (XVIII secolo), il mulino di Chichi- 10-Mulino di Buvolo sizione di potenziale “trait d’union” no (XVIII secolo) ed infine il mu- tra il bacino dell’Enza ed il distretto lino di Buvolo, risalente con tutta di Felina e Bismantova. probabilità al XVII secolo. Cortogno è l’unico abitato storico che si è sviluppato in posizione di L’appennino reggiano mezza costa; esso comunque si trova occidentale nella parte più alta del solco vallivo, in età romana dove la portata media del corso d’ac- qua non è sufficiente a provocare Una serie di campagne militari con- fenomeni erosivi tali da pregiudicare dotte dalle armate romane presso- la stabilità dei versanti. In posizione chè ininterrottamente, dal 187 al di fondovalle si trova invece Ariolo 175 a.C., contro i Liguri Apuani e (prima attestazione nell’anno 1022), Friniates (il nome della nazione li- la cui origine è forse da far risalire gure dei Friniates ha lasciato traccia alla presenza di un antico mulino nella denominazione dell’entro- terra montano modenese, l’attuale Frignano), portarono di fatto alla Frana di completa conquista dell’entroterra Roncovetro, appenninico Tosco-Emiliano. Ri- da: http:// guardo agli avvenimenti del 175 a.C., www.regione. anno del secondo consolato di Mar- emilia- co Emilio Lepido con imperium eser- romagna. citato in Cisalpina, le lacune del te- it/wcm/ sto liviano ci hanno lasciato un deduxit geologia/ come unica testimonianza di non canali/frane/ meglio precisate imprese militari ed rel_scien/ un breve excursus su altre popolazioni riattiv_frane_ antiche.htm
10 53 77 4 9 21 Marco Emilio Lepido, riconosciuto 876 protagonista della conquista romana della regione cispadana. Tito Livio liguri, altrimenti sconosciute, che Un preciso riscontro attesta che la (59 a.C.-17 d.C.), abitavano la dorsale tosco-emiliana: deduzione coloniaria del 173 a.C. storico romano. Garuli, Lapicini ed Hergates. Nono- coinvolse anche il settore appen- Nacque a stante i numerosi problemi testuali e ninico reggiano; lo si evince dall’i- Padova. L’opera la discordante tradizione tra gli Acta dentificazione di una località men- storiografica Triumphalia ed il testo liviano, unica zionata in una serie di documenti liviana “histo- fonte disponibile per la ricostru- relativi alla confinazione della Dio- riae” fu iniziata zione di questi avvenimenti, sembra cesi di Reggio Emilia di età alto me- probabilmente che in quell’anno venne condotta da dievale. La località in questione è il intorno al 27 a.C., Roma un’altra vittoriosa campagna controverso termis Salonis, un capi- nel momento in militare contro Liguri e Galli Cisal- saldo lungo il quale correva l’antico cui il regime au- pini, che si concluse con operazioni confine sud-orientale della diocesi gusteo gettava di fondazioni coloniarie e, forse, di reggiana, in adiacenza alle circoscri- le basi per il suo trasferimento forzato di popolazio- zioni vescovili di Lucca e di Modena. consolidamento ni. Come si desume dal testo di una pe- politico e cultu- Dopo la campagna del 175 a.C. la tizione rivolta dal vescovo di Reggio, rale. Compren- ribellione dei Friniates, l’indomi- Tebaldo Sessi, al Marchese Niccolò deva 142 libri ta nazione che popolava il settore d’Este nell’anno 1436, il nome della contengono la appenninico reggiano-modenese, località era in realtà terminus Saloni, narrazione degli venne pressochè del tutto soffocata; riferito con evidenza all’esistenza avvenimenti a essi vennero in gran parte deportati di un cippo terminale che sorgeva partire dalla fuga in pianura ed il loro territorio venne a poca distanza dall’Ospitale di San di Enea da Troia confiscato ed inglobato nel territo- Pellegrino in Alpe; questo riscontro fino al 9 d.C. Ci rio dello stato romano (Ager Publicus porta ad ipotizzare che l’antico ter- sono pervenuti Populi Romani). Nell’anno 173 a.C., il minus Saloni (letteralmente “il termi- solo 35 libri che governo romano istituì una commis- ne di Salonius”) tramandi il nome di coprono gli anni: sione senatoriale, composta da dieci uno dei decemviri di rango senato- dalla fondazione membri, con l’incarico di delimita- riale che componevano la commis- di Roma al 293 e re il territorio conquistato ai Ligu- sione del 173 a.C, quel Caius Salonius dal 218 al 167 a.C. ri ed organizzarne l’assegnazione ai Sarra ricordato da Tito Livio, il cui nuovi coloni romani e latini. A capo incarico, oltre all’appoderamento della commissione fu posto proprio dei fondi destinati ai coloni, dove- va comprendere anche la terminatio, tramite la collocazione di cippi, del territorio di recente confisca. Vista la grande estensione del territorio posseduto da Galli e Liguri, ogget- to della divisione del 173 a.C., ogni decemviro incaricato avrà agito in un ben delimitato settore del terri- torio confiscato, cosicché a Salonius Sarra dovette spettare l’ampio di- stretto montano posto tra Emilia e Garfagnana, nel cuore dell’antico territorio dei Friniates. Il “termine
78 di Salonio”, locuzione antichissi- romana della montagna emiliana, ma e fortunosamente sopravvissuta considerata, a torto, tardiva e margi- al naufragio di tanta parte della to- nale rispetto alla imponente opera di ponomastica di età romana, correva colonizzazione che riguardò le terre lungo la linea displuviale tosco-emi- di pianura, e contribuiscono a mo- liana che separava il territorio og- dificare sostanzialmente un panora- getto della distribuzione coloniaria ma informativo assai carente sino ai del 173 a.C. con quello della colonia primi anni ‘80 del XX secolo; infatti latina di Lucca, dedotta solo 4 anni in tempi recenti, grazie anche all’av- anni prima, nel 177 a.C.; la confi- vio di un numero sempre crescente nazione in questo settore del crinale di ricerche “mirate” in aree campio- tosco-emiliano separava così il ter- ne dell’Appennino, ricerche finaliz- ritorio dei coloni romani insediati zate alla comprensione delle dina- a nord dell’Appennino da quello miche insediative nel lungo periodo occupato dai coloni dipendenti am- compreso tra la prima penetrazione ministrativamente da Lucca, origi- romana (seconda metà del III sec. nariamente colonia di diritto latino. a.C.) ed il tardo antico, è emerso un Questi dati gettano nuova luce sui quadro storico-insediativo assai più tempi e sui modi dell’occupazione articolato, che ha contribuito a dare Tannetum Regium Poleografia, Luceria centuriazione e principali assi stradali della media val d’Enza in età romana
79 Particolare della “ Sexta Europae Tabu- la” dall’atlante di Claudio Tolomeo nell’edizione di Venezia del 1598 aspetto e forme tangibili al concet- seguiva il corso dell’Enza era dotato to di “area marginale.”In particola- di un asse stradale che correva lungo re per quanto riguarda il territorio la sponda reggiana del fiume, iden- che gravita attorno al tratto mediano tificabile con il cardo massimo della dell’Enza (compreso tra la stretta di centuriazione di Tannetum, ancora Vignale-San Polo a nord e la con- oggi in parte conservato, e con tratti fluenza del torrente Lonza a sud) si stradali rinvenuti in più riprese nella propone, per sommi capi, la seguen- zona di Montecchio Emilia (anche te ricostruzione delle dinamiche in- in questa località doveva sorgere un sediative e delle vicende storiche che vicus di età romana). Tale tratto stra- hanno caratterizzato la storia del po- dale doveva risalire la valle dell’Enza polamento in età romana: l’avvenu- sino a San Polo, dove si intersecava ta colonizzazione ed organizzazione con l’importante arteria costituita agraria della sottostante fascia di pia- dal percorso Parma-Lucca, attestato nura portò, già nella prima metà del nel cosiddetto “Itinerarium Antonini” II sec. a.C., ad un capillare fenome- del III sec. d.C. ed ivi menzionato no di urbanizzazione di tutta la bassa come “via Clodia”. Il tracciato della val d’Enza, urbanizzazione che si ar- via romana Parma-Lucca è oggi ri- ticolava attorno a due assi generatori conoscibile nel lungo tratto rettili- principali: il primo, costituito dalla neo che, in linea obliqua, si distacca via Emilia, metteva in successione la dalla via Emilia nel centro di Parma colonia di cittadini romani di Parma (viale Alessandro Farnese) e, in di- con il centro fortificato di Tannetum rezione sud-est, si inoltra nelle cam- (insediamento di origine preroma- pagne verso la valle dell’Enza; la stra- na) e con forum Lepidi (detta succes- da lambisce la località di Pilastrello e sivamente Regium). Il secondo asse punta successivamente in direzione correva in senso nord-sud perpen- di Traversetolo. La strada doveva dicolarmente al primo e, seguendo attraversare l’Enza all’altezza della il corso dell’Enza, collegava il centro confluenza del torrente Termina in urbano e porto padano di Brescello Enza, per risalire la sponda reggia- con Tannetum per poi raggiungere, na lungo il terrazzo fluviale sul qua- più a sud, il vicus di Luceria, ai pie- le sorgeva l’abitato di Luceria, dove di dei primi rilievi appenninici; ve- sono stati individuati, in varie ripre- rosimilmente anche il percorso che se, alcuni tratti basolati di una strada
80 romana. L’abitato di Luceria, indi- pavimenti in battuto e cocciopesto, La zona viduato archeologicamente a partire alzati in legno e tetti con manto la- dell’insediamento dalla seconda metà del XVIII secolo, terizio. di Luceria da va con tutta probabilità identificato Questi livelli, databili al II-I secolo un disegno con il centro di NUKERIA menzio- a.C., forniscono un parallelo mol- del pittore A. nato nell’opera geografica di Clau- to significativo tra documentazione Prampolini dio Tolomeo (metà del II sec. d.C.) archeologica e le fonti storiche che realizzato su ed ubicato dall’autore in Cispadana. descrivono, proprio in questa fase commissione di Il centro di Luceria si andò orga- cronologica, migrazioni forzate dei G. Chierici. nizzando attorno al tratto stradale liguri del crinale verso il fondovalle. In evidenza il Parma-Lucca, svolgendo il ruolo di L’abitato si disponeva attorno al basolato stradale stazione itineraria e, probabilmente, tracciato della strada lastricata che di età romana di centro di scambio commerciale lo attraversava in senso nord-sud; rinvenuto negli tra la pianura e la montagna, non- un area pubblica disposta a fianco scavi del 1862 ché, ovviamente, luogo di incontro di questa strada venne attrezzata già e pertinente tra i nuovi coloni insediati da Roma nel I secolo a.C. con la realizzazione all’asse viario che e le popolazioni indigene. Sondaggi di un portico, mentre in età giulio- risaliva la valle archeologici condotti in anni recen- claudia nella stessa area si insediò dell’Enza ti hanno permesso di identificare al una grande piazza, probabilmente di sotto delle strutture dell’abitato sede di un mercato e di un luogo di di età romana livelli riferibili all’e- culto; la funzione di Luceria come sistenza di un villaggio di età ligure, centro di mercato è confermata dal con fondazioni murarie in ciotoli, ritrovamento da una località poco
81 distante di un’epigrafe segnalata dal quella di Lucca, realizzata solo l’an- Chierici, oggi purtroppo perduta, no prima, nel 177 a.C. che ricordava l’esistenza di una an- Lo stessa denominazione della stra- tica fiera (nundinae) ripristinata per da, così come riportato dall’Itinera- volontà dell’imperatore Claudio. rium Antonini, quella di via Clodia, Questi dati sembrano confermare potrebbe infatti riferirsi al nostro l’attività della via di commercio e di personaggio, secondo una prassi transumanza che percorreva la val- consolidata nella Roma repubbli- le dell’Enza collegando gli empori cana per cui una strada prendeva il marittimi del Portus Lunae e di Pisae nome dal magistrato che ne aveva con le città della Cispadana. Se in promosso la realizzazione. Ovvia- età imperiale il centro di Luceria sia mente tale ricostruzione, anche se stato dotato o meno di autonomia suggestiva, è al momento del tutto amministrativa è questione dibattu- ipotetica ed andrebbe vagliata alla ta; verosimilmente l’abitato avrebbe luce di ricerche sul territorio al fine potuto configurarsi come vicus di- di individuare, archeologicamen- pendente amministrativamente dal te, elementi riferibili al passaggio municipium di Tannetum, la cui circo- di una antica via pubblica romana. scrizione, anche se in via ipotetica, A questo proposito va considera- avrebbe dovuto spingersi in direzio- to che a sud di Luceria, e quindi in ne sud sino a comprendere i primi direzione del cuore della montagna rilievi collinari. Appare evidente reggiana, sembra perdersi ogni trac- come il passaggio della via pubblica cia dell’antica strada romana, della Parma-Lucca abbia contribuito in quale non è possibile nemmeno sta- maniera decisiva allo sviluppo ur- bilire con sicurezza il punto di valico banistico di Luceria; ma quando av- del crinale appenninico; la comple- venne la realizzazione della strada? ta mancanza di dati archeologici in Un passo della narrazione liviana ri- merito è però parzialmente com- ferisce che nell’anno 176 si trovava a pensata da alcuni elementi offerti Parma, in veste di proconsole, il se- Roma, Museo natore Caio Claudio Pulcro, il quale della Civiltà venuto a conoscenza della ennesima Romana: ribellione dei Friniates, dopo aver ra- rilievo con dunato truppe di rinforzo da lì mos- mungitura di se verso le sedi montane dei Liguri una capra emiliani. Questa testimonianza po- da: “Archeo” trebbe costituire un indizio a favore monografie, dell’ipotesi che vede la realizzazione VIII, 1]. della via Parma-Lucca avvenuta in concomitanza alla spedizione mi- Sulmona, litare condotta da Caio Claudio; si Museo Civico: tratterebbe quindi di un asse stradale Bassorilievo sorto per finalità militari, una vera della e propria “strada di arroccamento” transumanza che mirava a smembrare in due il (I secolo a.C.) settore appenninico ancora in mano ai liguri ribelli, collegando la colo- nia di Parma sorta nel 183 a.C. con
82 dalla documentazione di età medie- considerata come la meta privilegiata Ipotesi vale e dalla toponomastica; come ve- delle greggi verso i pascoli estivi; in ricostruttive dremo in maniera più approfondita questo settore le scarsissime tracce della parete di un in seguito, tali dati permettono di di frequentazione riferibili all’e- edificio di ipotizzare l’esistenza di una via pub- tà romana vanno attribuite ad uno età romana blica, attiva quantomeno in età alto sfruttamento di tipo silvo-pastorale da: Ortalli 1995, medievale, che risaliva la val d’Enza, del territorio, dove la conduzione disegno di V. Politi attraversava trasversalmente la valle dell’alpeggio e del saltus doveva es- del Tassobbio, si portava nei pressi di sere legata ad ancestrali pratiche di Bismantova e, dopo essere discesa in tipo compascuale; qui una serie di val Secchia, attraversava l’Appennino itinerari di transumanza a breve rag- presso il passo di Pradarena, per poi gio dovevano fungere anche da assi discendere in Garfagnana seguendo di comunicazione viaria secondari. la valle del Serchio. In mancanza di fonti storiche e di In mancanza di ricerche mirate con- testimonianze archeologiche signi- dotte all’interno dell’ambito terri- ficative, la ricostruzione degli assetti toriale della strada, non è comunque territoriali e della storia del popola- possibile stabilire se questo percorso mento antico in ambito rurale può medievale abbia ricalcato o meno un essere intrapresa solo per via dedut- più antico tracciato di età romana. tiva, appoggiandosi cioè, pur con Alla luce di queste riflessioni appare molte cautele, ai dati relativi a com- evidente come in età romana la valle prensori vicini, la cui evoluzione del Tassobbio si collocasse nell’im- storica presenti strette analogie con mediato retroterra di un ricco ter- l’area in esame. ritorio, densamente urbanizzato e Per quanto riguarda la valle del Tas- ben dotato di infrastrutture, a cui sobbio si possono utilizzare a tal pro- era collegata tramite una via pubblica posito i dati offerti dalle ricognizioni transappenninica che risaliva la valle archeologiche condotte nel com- dell’Enza; la vicinanza con Luceria prensorio del comune di Toano, nel porta a ritenere che gli abitanti della versante reggiano della valle del Dolo vallata facessero proprio riferimento (sinistra idrografica). Qui al termi- a questo centro per le loro attività di ne della ricerca sul campo, condotta scambio commerciale e, forse, anche per le attività di culto (a Luceria è at- testato il culto di Diana). Le antiche fonti letterarie ricordano che per tutta l’età imperiale e sino al tardo- antico, l’entroterra appenninico emiliano era rinomato per l’alleva- mento degli ovini e la produzione di lane di qualità; la pastorizia doveva quindi svolgere un ruolo primario all’interno delle diverse attività pro- duttive delle popolazioni insediate lungo la valle dell’Enza ed i suoi af- fluenti. In particolare l’alto bacino della valle, alle falde dei monti Ven- tasso, Casarola ed Alpe di Succiso, va
83 Ricostruzione sui terreni dissodati nell’arco di un infatti le attestazioni di elementi di grafica della triennio (anni 1993-1996), all’in- pavimentazione in mosaico, laterizio villa romana di terno di un’area campione di 12 o cocciopesto. La copertura del tetto Correggio, da: kmq., sono stati individuati otto siti doveva essere affidata alle tipiche te- http://www. ed altre cinque emergenze con tracce gole piane a bordi rialzati ed a coppi archeobo.arti. di frequentazione di età romana. Si di probabile produzione locale, vi- beniculturali. tratta, nella maggior parte dei casi, sta la grossolanità dell’impasto degli it/comunicati_ di ritrovamenti riferibili a casolari esemplari rinvenuti. Il popolamento stampa/villa_ isolati o delle cosiddette “stazioni a a “casolari sparsi” attestato per l’età correggio.htm tegoloni”, così indicate nella dot- romana nel comprensorio di Toano trina scientifica per la prevalenza sembra caratterizzare anche gli altri La Tabula negli affioramenti di frammenti di settori della media ed alta monta- alimentaria embrici e l’assenza di ceramiche, ri- gna reggiana; l’attività nel territorio Contiene le conducibili alla presenza di edifici di del gruppo di volontariato “Arche- disposizioni servizio”, come ricoveri per animali omontagna” ha portato all’indivi- dell’imperatore o depositi per derrate. Fa eccezione duazione, nell’ultimo decennio, di Traiano per la situazione documentata lungo le numerosi siti riferibili all’età roma- l’istituzione falde del Monte della Castagna, che na nel comprensorio di Carpineti di un prestito sembra essere stato occupato in età (Onfiano, Pieve di S.Vitale), di Ca- ipotecario medio e tardo-imperiale da un pic- stelnuovo Monti (Costa dè Grassi, concesso colo villaggio di sommità composto Maillo) e di Casina (Pieve di Paul- direttamente da almeno quattro abitazioni, edifi- lo); i dati di rinvenimento, ancorchè dal patrimonio ci di servizio e sepolture. Riguardo inediti, confermano la diffusione di personale la cronologia dei siti indagati, se si un tipo di insediamento costituito dell’imperatore, esclude un’emergenza di età repub- da: http://www. blicana, che sembra testimoniare archeobo.arti. la sopravvivenza di riti funerari di beniculturali.it/ tradizione indigena anche dopo la parma/Veleia_ conquista romana, si tratta in gran sale.htm parte di attestazioni di media e tarda età imperiale. Dai dati emersi nelle Ricostruzione ricognizioni nel toanese la tipolo- di un tetto in gia abitative prevalente sembra es- laterizi romani sere stata la dimora rustica isolata; l’alzato nella maggior parte dei casi era costituito da una intelaiatura li- gnea rivestita da un rozzo intonaco argilloso (craticium); è stato possibi- le constatare che almeno in un caso questa intelaiatura poggiava su una semplice opera di fondazione a secco costituita da conci di arenaria rozza- mente squadrati. Il frequente appa- rire tra gli affioramenti archeologici di blocchi di argilla concotta fa rite- nere che le abitazioni fossero in gran parte pavimentate con questa sem- plice tecnica; del tutto assenti sono
84 in prevalenza da nuclei isolati, cioè tegoria di toponimi è rappresentata Tipologie casolari e fattorie che si distribui- dai nomi delle località di Compia- dei principali vano con una trama abbastanza fitta no (forse da un gentilizio COMPI- laterizi romani su tutto il territorio. La situazione LIUS), Borzano (da un gentilizio insediativa dell’Appennino Reggia- BURCIUS), Vedriano (forse da VE- Sesquipedale no sembra rispecchiare quanto at- TERIUS), Sarzano (da un gentilizio Pedale testato, per la media età imperiale, SERGIUS); la maggior diffusione nella montagna piacentina: grazie dei prediali di origine romana si Coppo ai dati catastali offerti dalla Tabu- riscontra proprio in area collinare, la Alimentaria, un lungo elenco di mentre diventa sempre più rarefat- Tegola o fondi agricoli pertinenti al territo- ta man mano che si sale verso l’alta tegolone rio dell’antico municipio di Veleia, montagna, dove prevaleva lo sfrut- sappiamo che l’estensione media tamento comunitario (compascuum) Mattone delle proprietà registrate oscillava tra dei pascoli e delle selve, a scapito manubriato i 50/100 iugeri, quindi 12,5/25 et- della proprietà privata. Nell’area di tari; si trattava quindi non di piccole bacino del Tassobbio si riscontrano proprietà, ma di fondi di estensione altri toponimi che sembrano deriva- media, comunque non paragonabi- re da nomi familiari di età romana; li alle enormi tenute latifondistiche essi non presentano però il suffuso di migliaia di iugeri di estensione, prediale -ANUM/ANA; è il caso di prevalentemente diffuse in Italia Cortogno (da un gentilizio COR- centro-meridionale, a prevalente TONIUS) e Bergogno (da un gen- manodopera schiavile e dedicate a produzioni agricole specializzate. Le abitazioni presente sui fondi dell’agro velleiate vengono infatti indicate con i termini di casae (casa- li) o coloniae (fattorie), manca invece del tutto la menzione di villae, ossia dei nuclei costitutivi le grandi azien- de latifondistiche. A tali dati si deve aggiungere il re- pertorio di quei gruppi di toponimi che la dottrina specialistica ritiene di certa origine romana e che con- tribuiscono pertanto a ricostruire, almeno parzialmente, una carta del popolamento romano in assenza degli elementi forniti dall’indagine archeologica; mi riferisco in par- ticolare a quei nomi di località che recano il tipico suffisso prediale la- tino -ANUM/ANA, che nel catasto romano veniva utilizzato, unita- mente al gentilizio del proprietario dei fondi agricoli, ad indicare la proprietà privata dei singoli poderi; lungo il corso del Tassobbio tale ca-
85 Fasi di tilizio BERGONIUS), la cui origine terrazzi di mezza costa, su paleofra- Lavorazione sembra derivare da onomastici di ne assestate o, più sovente, appaiono di una tegola tradizione indigena (celto-ligure), allineati lungo i crinali, scelta mo- romana forse riferiti a piccoli villaggi (vici) tivata da una maggior facilità delle originatisi su base gentilizia in età comunicazioni, favorite da una per- (Ricostruzione e disegno preromana correnza ad altimetria costante e non Davide Costoli) In area collinare e montana le scelte ostacolate dal passaggio di corsi d’ac- insediative sono da sempre condi- qua o da compluvi profondi, come Ricostruzione zionate dalla tormentata geomor- avverrebbe lungo i paralleli percorsi ipotetica fologia del territorio: appare infatti di fondovalle. Tale situazione ri- dell’area evidente la necessità di sfruttare le specchia i pochi dati archeologici re- artigianale della piccole porzioni disponibili di ter- lativi a siti di età romana individuati fornace romana reno pianeggiante o a bassa clivo- nel bacino del Tassobbio; negli anni di Cortogno metria; qui gli insediamenti di età attorno al 1990, in località Castio- romana sorgono di norma o sui ne di Leguigno, in prossimità di un (Ricostruzione e disegno Davide Costoli)
86 Il piano di cottura forato il fronte del praefurnium Resti della camera di cottura
Vista da sud pianoro sommitale che domina, da 87 degli scavi della sud, il tratto mediano del Tassobbio, fornace sono stati identificati in aratura due file parallele di muretti divisori rea- affioramenti di materiali caratte- lizzati in mattoni refrattari sui quali Spaccato della rizzati dalla presenza di frammenti poggiava il piano forato, ancora ben fornace romana di embrici e di ceramica d’impasto, conservato. Anche le pareti della ca- di Cortogno riconducibili ad una frequentazione mera di combustione erano costitu- del sito in età repubblicana (II-I sec. ite da mattoni refrattari della misura (Ricostruzione e a.C.) La diffusione degli elementi standard di cm 20x10x12. Il condot- disegno Davide Costoli) laterizi di copertura come coppi ed to del praefurnium, lungo m. 1,50 e embrici attesta, con evidenza, l’ade- largo alla base m. 1 era stato realiz- sione a nuove tecniche costruttive di zato con blocchetti di materiale re- tradizione centro-italica; parallela- frattario di minori dimensioni. Dal mente si assiste all’introduzione di terreno circostante la fornace sono attività produttive particolarmente stati recuperati diversi materiali: un evolute, come quella delle forna- frammento pertinente al bordo di ci, evidentemente connesse ad una un grande contenitore ceramico per filiera produttiva organizzata ed derrate (dolium) che reca un iscrizio- evoluta di materiali per l’edilizia. A ne mutila formata dalle quattro let- questo riguardo è particolarmen- tere “VECO”, forse un riferimen- te significativo il caso della fornace to al nome del proprietario o del rinvenuta presso l’abitato di Cor- marchio di fabbrica della fornace; si togno nell’estate del 1997, durante segnalano inoltre un frammento di i lavori di escavazione delle fonda- coppa a vernice nera ed una fibula menta di un capannone agricolo; del tipo “Aucissa” in bronzo, ele- la struttura sorgeva su un piccolo menti che portano ad una datazione terrazzo di mezza costa immedia- della fornace alla tarda età repub- tamente sovrastante il fondovalle blicana, tra la fine del II e gli inizi del Tassobbio; essa venne indagata del I secolo a.C. Dai campi coltivati archeologicamente nelle settimane circostanti la zona di rinvenimento immediatamente successive al rinve- della fornace sono stati rinvenuti, a nimento. La fornace, di pianta qua- più riprese, diversi materiali di età drata con lato di m. 2,80, presentava romana tra cui frammenti di laterizi, un canale centrale collegato su en- frammenti ceramici e monete; è la trambi i lati ad una serie di quattro conferma che presso Cortogno do- veva sorgere anche un nucleo abitato Frammento di dolium romano con iscrizione da Cortogno
88 rurale di cui al momento è impossi- sizioni eminenti, spesso abitate in Colonna Traiana, bile determinare l’estensione, ma la età protostorica. A questo proposito Roma. cui frequentazione dovette protrarsi va infatti sottolineato come in tutta Città romana almeno sino alla media età imperia- l’area montana del reggiano, a par- attaccata dalle le. Altre tracce di insediamenti di età tire dal IV secolo d.C., sembra ve- popolazioni romana sono state segnalate lungo rificarsi l’inizio di un processo di barbariche la destra idrografica della bassa val- destrutturazione del sistema di po- le del Tassobbio, presso Vedriano e polamento che si era costituito in età Strutture Roncovetro e nelle adiacente valle repubblicana e consolidato durante pertinenti del rio Maillo; in tutti i casi si tratta l’impero, con evidenti segnali di una ad un di emergenze caratterizzate da af- rarefazione degli abitati; è proprio edificio sacro, fioramenti sui campi arati di mat- a partire da questo periodo che si probabilmente toni ed embrici romani commisti a assiste al rapido decadimento e poi una cappella frammenti di ceramiche da fuoco e al completo abbandono, nel corso castrense da mensa di tipo comune, inqua- del V secolo, di Luceria. Questa si- rinvenute drabili in un generico orizzonte tuazione trova riflesso in un brano all’interno cronologico di età imperiale. Un dell’epistolario di S. Ambrogio (se- del circuito ultima segnalazione riguarda il colle conda metà del IV sec. d.C.), quan- murario di Sarzano, fortificato nel corso del do nel descrivere la regione emi- della rocca X secolo; recenti scavi archeologici liana, da lui percorsa durante una di Sarzano condotti nell’area del castello han- visita pastorale, il presule milanese nella primavera no evidenziato la presenza di alcuni lamentava lo stato di abbandono del- del 2011 frammenti di mattoni manubriati le plaghe dell’appennino, un tempo ed embrici romani riutilizzati nel- fiorenti ma ormai incolte ed immi- le strutture murarie difensive di età serite. Non è un caso che nella quasi medievale; questa circostanza costi- totale mancanza di fonti relative alla tuisce probabilmente la prova di un storia del popolamento dell’Appen- fenomeno insediativo di nuova na- nino reggiano tra età tardo-antica tura, verificatosi a partire dal tardo- ed alto-medioevo faccia eccezione impero: l’occupazione di siti d’altu- la menzione del kastron Bisimànton ra, di difficile accesso e facilmente (Bismantova), attestato come già difendibili, al fine di rioccupare po- esistente negli anni attorno al 600- 610 d.C. dal geografo bizantino Giorgio Ciprio. Bismantova dovette costituire innanzitutto un distretto amministrativo militare (è questo il significato di kastron nel linguaggio giuridico della prima età bizantina)
89 ma a tale distretto doveva far capo gentes, Tusciam ab Emilia Umbriamque a anche un omonimo insediamen- Flamminia dividunt). to fortificato per ospitare le truppe L’erezione del kastron Bisimànton, nel di presidio, come era consuetudine cuore stesso dell’Appennino reggia- in età tardo-antica. Proprio sulle no ben rappresenta la drammaticità propaggini orientali della rupe di della nuova epoca, che porterà all’i- Bismantova, sul poggio detto “il Ca- nevitabile e progressivo abbandono stelletto”, don Gaetano Chierici in- degli insediamenti sparsi a base fon- dividuò negli anni “70 del XIX seco- diaria di tradizione romana ed allo lo alcune strutture murarie realizzate spopolamento di gran parte della con mattoni “di modulo romano” montagna attestato, come abbiamo all’interno delle quali si rinvennero visto in precedenza, già nella se- numerosi reperti di età “barbarica”. conda metà del IV secolo. Solo con Il distretto bismantino con le sue il consolidarsi del dominio dei clan fortificazioni venne probabilmente gentilizi Longobardi, e quindi dopo creato già agli inizi del V sec.d.C., la metà del VII secolo, dopo un pe- all’indomani dell’istituzione della riodo di oltre due secoli di crisi de- provincia ”Alpes Cotticae et Appenni- mografica, si assisterà ad una ripresa nae” durante l’impero di Onorio; la del popolamento in area appenni- nuova provincia venne istituita per nica, ma con dinamiche insediative difendere, lungo la dorsale appen- del tutto nuove, che costituiranno i ninica e delle Alpi marittime, gli ac- primordi del sistema “curtense” di cessi verso l’Italia suburbicaria; uno conduzione e gestione delle terre di questi accessi era costituito senza pubbliche e private. dubbio dalla via publica che collegava Parma a Lucca e che sappiamo tran- L’Alto Medioevo sitare nel VII secolo proprio presso Bismantova. Nella prima metà del V secolo, con Che la nuova provincia compren- la costituzione della provincia Alpes desse anche l’Appennino emiliano Appeninae, si verificò un fenomeno è confermato da un passo di Paolo singolare, cioè la separazione ammi- Diacono che nella sua celebre di- nistrativa tra montagna e pianura gressione sull’organizzazione ammi- emiliana, quest’ultima ancora com- nistrativa dell’Italia, dove riportava presa nella più antica provincia Ae- notizie relative ad antichi cataloghi milia; nel settore reggiano, come provinciali di età tardo-antica, a abbiamo visto, il perno della difesa proposito delle Alpes Apenninae affer- del settore appenninico era costitui- mava: “La nona provincia (italiana) to dal distretto militare di Bismanto- è compresa negli Appennini che da va, posto nel cuore geografico dell’a- lì prendono origine, laddove termi- rea ed a presidio della strategica nano le Alpi Cozie. Gli Appennini strada transappenninica che collega- si elevano nel mezzo della penisola va Parma a Lucca. Tale strada venne e dividono la Tuscia dall’Emilia e verosimilmente utilizzata nell’anno l’Umbria dalla Flaminia”. (“Nona 552 dalle truppe del generale bizan- denique provincia in Appenninis Alpibus tino Narsete che stavano assediando conputatur, quae inde originem capiunt, Lucca, città che si trovava ancora in ubi Cottiarum Alpes finiuntur. Hae Ap- penninae Alpes per mediam Italiam per-
90 mano dei Goti, per portare soccorso nario civile detto appunto “gastaldo” a Parma, minacciata da un contin- sottoposto ad un controllo diretto gente nemico. Il contingente inviato del monarca. Fu verosimilmente in da Narsete, comandato da un gene- questa occasione che anche Bisman- rale germanico, venne sbaragliato tova cadde in mano longobarda, per presso l’antico anfiteatro di Parma creare al contempo un varco alle di- che sorgeva proprio nel punto in cui fese bizantine sulla linea dell’Ap- l’antica strada romana proveniente pennino ed un corridoio che met- dalla valle dell’Enza si intersecava tesse in comunicazione la capitale con la via Emilia, in corrispondenza della Tuscia longobarda, Lucca, con dell’attuale borgo Lalatta, presso il la pianura padana. Questa ricostru- collegio Maria Luigia. Questi eventi, zione si appoggia ad un’altra testi- narrati dallo storico bizantino Aga- monianza di età alto medievale: si zia, fanno supporre che il distretto tratta della biografia dell’abate Ber- di Bismantova si trovasse all’epoca tulfo di Bobbio, redatta dal suo bio- dei fatti saldamente in mano bizan- grafo Giona di Susa alla metà del VII tina, altrimenti non si spiegherebbe secolo; in essa si narra che Bertulfo, la scelta di Narsete di inviare senza di ritorno da una missione che lo esitazioni una parte del suo contin- spinse sino a Roma, dopo essersi la- gente (peraltro scarso) ad occupare sciato alle spalle la Tuscia, si trovò a la città emiliana posta al di là dell’Ap- transitare presso il “castello di Bi- pennino. Bismantova, ne fa fede la testimonianza di Giorgio Ciprio, rimase in mano bizantina sino alle soglie del VII secolo; all’indomani della calata dei Longobardi in Italia (anno 568), pur con fasi alterne, le armate guidate dal loro re, Alboino, avevano immediatamente consoli- dato il proprio dominio sulle città dell’Emilia occidentale, creando du- cati nelle città di Piacenza, Parma, Brescello, Reggio e Modena, sottrat- te ai Bizantini. Una “riscossa” dei Bizantini di Ravenna, avvenuta at- torno al 590, fece temporaneamente cadere nelle loro mani i ducati lon- gobardi emiliani; successivamente, durante i primi anni di regno del bellicoso Agilulfo, i Longobardi ri- cacciarono i Bizantini ad oriente del Secchia; in quell’occasione (anno 603) Brescello fu completamente rasa al suolo, Modena rimase in mano bizantina, Piacenza Parma e Reggio vennero invece istituite a ga- staldati longobardi, circoscrizioni amministrative rette da un funzio-
91 Longobardi smantova” (“propter castrum cui Bi- possesso della corona: Felina, Mal- e Bizantini smantum nomen est”). Sappiamo che il liaco (località scomparsa che sorgeva in Italia alla viaggio di Bertulfo avvenne nell’esta- a nord-ovest di Castelnuovo Monti), metà del VII te dell’anno 628: la sua missione era la grande selva fiscale del gaium Montis secolo. Tratta stata condotta sotto gli auspici del re Cervarii, che comprendeva tutto il da Rinaldo longobardo Arioaldo, che gli fornì lato reggiano dell’alta val d’Enza, dal Comba, L’Età anche una scorta di milites; nel 628 crinale appenninico sino al punto di Medievale, i Bizantini controllavano ancora confluenza della Lonza in Enza, ed Torino, l’alto litorale tirrenico, grazie ai pre- infine la corte di Roncaglio, sorta tra Loescher, sidi di castrum Aghinulfi in Versilia il medio corso dell’Enza e l’ultimo 1990, p. 105. e di Filattiera in Lunigiana; più ad tratto del Tassobbio (presso Ronca- est rimaneva in mano imperiale an- glio il monte “Staffola” costituisce che tutto il settore appenninico mo- una cristallina sopravvivenza del denese, che faceva capo al distretto nome longobardo del confine cur- del Frignano (castrum Feronianum), tense, detto nella loro lingua “STAF- che si arrese ai Longobardi esatta- FIL”). La valle del Tassobbio venne mente un secolo dopo, nell’anno dunque senz’altro a far parte del di- 728. Appare evidente come Bertul- stretto longobardo di Bismantova, fo, abate del più importante mona- inserita con tutta probabilità in par- stero del regnum, autentico perno te entro i confini della curtis regia di della politica di espansione longo- Malliaco in parte, il tratto inferiore, barda nel nord Italia, dovesse evitare entro quelli della curtis di Ronca- durante il suo viaggio località con- glio. L’esistenza di una importante trollate dai Bizantini; l’unica via via di comunicazione come quella transappenninica che si trovava allo- che, attraverso Bismantova, collegava ra sotto il completo controllo longo- Lucca all’Emilia pose la necessità di bardo era senz’altro costituita da un presidio militare stabile che la di- quella che risaliva la valle del Serchio fendesse; tale presidio doveva essere (Piazza al serchio, in alta Garfagnana garantito dall’afflusso di militari ha restituito corredi tombali longo- longobardi (exercitales) che in cambio bardi di fine VI/inizi VII secolo della cessione da parte della corona d.C.) per varcare l’appennino presso di lotti di terra fiscale (era questa una il Pradarena e raggiungere, attraver- delle principali funzioni delle corti so l’alta valle del Secchia, Bismanto- regie) si insediavano con le famiglie va. Ancora in documenti della chiesa sulle terre di nuova conquista, ga- reggiana del X secolo è attestato sul rantendone il presidio. Che le corti versante reggiano del passo di Prada- fiscali del gastaldato bismantino fos- rena, nella valle del Riarbero, il pas- sero sorte a presidio della strada saggio di una strada che conduceva pubblica Parma-Lucca, continuatri- “usque finibus Tusciae”. L’anno 628 va ce, se non nel percorso, almeno nel- quindi considerato un sicuro termi- la funzione della via romana men- ne ante quem per la conquista lon- zionata nell’Itinerarium Antonini, è gobarda di Bismantova; questo cen- dimostrato dalla presenza di alcuni tro venne riorganizzato in gastaldato interessanti toponimi localizzati regio, il tipico distretto amministra- proprio a cavallo della valle del Tas- tivo longobardo. All’interno del ga- sobbio; si tratta di due località deno- staldato vennero create almeno minate “La Strada” ancora esistenti quattro grandi corti fiscali in pieno una presso Vedriano, l’altra tra Le-
92 Parma goreccio e Pineto; almeno uno dei In rosso ricostruzione del tracciato dell’asse due toponimi, “La Strada” di Pine- stradale della via romana Parma-Lucca sulla base to, è attestata come esistente già agli inizi del XIV secolo, ed è quindi di di dati archeologici, topografici e toponomastici. sicura origine medievale (nel censi- In viola viene messo in evidenza il percorso del mento delle famiglie del contado manufatto stradale lastricato detto “via del Sale”, reggiano redatto nel 1315 tra gli uo- che collega la borgata di Legoreccio a La Strada mini del comune di Crovara appaio- no elencati i figli di tale “Zanis de Stra- (Vetto), località quest’ultima già attestata agli ta”). A cinquecento metri da “La inizi del XIV secolo. Strada” di Pineto, lungo un imper- vio versante montuoso che separa il lo sbancamento artificiale di un In quest’immagine corso del Tassaro da quello del Tas- fianco del monte poco al di sotto ripresa da nord-est sobbio, sono ancora ben visibili i re- della linea di crinale. La carreggiata è appare in tutta la sti di un’opera stradale ottenuta dal- stata realizzata con grandi conci di sua evidenza come arenaria lavorati a regola d’arte a co- il percorso del stituire un solido basolato. Sui lati manufatto stradale della strada, strapiombanti verso i lastricato che collega Legoreccio a Legoreccio La Strada sia stato ricavato da un taglio artificiale realizzato poco sotto la linea del crinale che culmina nell’altura del Monte Fiore (m. 762 s.l.m.). Tale opera consentiva alla strada di seguire un percorso pressochè rettilineo ed al contempo protetto a monte dal crinale sovrastante. Lo sbancamento
93 Uno dei Questo tratto di lastricato stra- lungo il confine con Parma, gabella tratti meglio dale si è conservato per circa evidentemente connessa con il pas- conservati del saggio di un’importante via di co- manufatto 30 metri di lunghezza e si trova municazione (la gabella daziaria del- stradale si trova lungo il crinale a nord di monte lo stato di Parma sorgeva presso poco a nord Compiano). Tuttavia l’esistenza del della cima del Fiore al di sopra dell’abitato di toponimo “La Strada” già in età me- monte Fiore. Campolungo (Comune di Vetto). dievale e l’attuale denominazione del Il lastricato è La larghezza media della strada tratto stradale, detto dai locali “via costituito da del Sale”, fanno presuppore una no- grossi blocchi è di 2,70 metri. tevole antichità di questo manufatto, di arenaria che potrebbe aver ricalcato in età sbozzati sottostanti fondovalle, si notano moderna un tracciato ben più anti- ricavati dallo inoltre grandi opere murarie di so- co. Interessante, anche se non di si- sbancamento struzione realizzate a secco; il manu- cura attribuzione, la denominazione del fianco del fatto sembra risalire, nella sua ultima del borgo di Scalucchia, che potreb- crinale e posati sistemazione, alla tarda età medievale be derivare da un diminutivo “di piatto”. o agli inizi dell’età moderna, quando (“SCULCULA”) della voce tardo- a Legoreccio venne istituita una ga- antica “SKULKA” (oggi diremmo del fianco del bella daziaria del Ducato Estense “Scolta”), forse di origine germani- monte attesta ca, che indicava le località presidiate l’imponenza da truppe confinarie lungo i settori dell’opera militarizzati dell’impero. Un’ulte- stradale e riore indizio della presenza di un la volontà di importante via di comunicazione realizzare un medievale tra Enza e Tassobbio è co- percorso agevole stituito dalla sopravvivenza del topo- ed a pendenza nimo “Currada”, pochi chilometri a costante, in modo nord di Compiano. Si tratta della da compensare volgarizzazione di un “locus Curra- la tormentata tiae”, che indicava il punto dove, geomorfologia dei lungo le strade “regie” medievali, ve- versanti di questo niva pagata la gabella per il transito settore montano dei carri, imposta detta appunto compreso tra “Curratia”. Questi dati, sintetica- il corso del mente raccolti in questa sede, non Tassobbio e sono sufficienti a ricostruire con quello del rio esattezza le varie fasi di utilizzo ed il Tassaro. tracciato (fatte certamente di parzia- li abbandoni e ripristini di tratte di- verse) di questo antico percorso via- rio, ma certamente invitano a ricerche mirate sul campo e nelle fonti archivistiche medievali. Il gastaldato di Bismantova soprav- visse alla caduta del regno longobar- do ad opera dei carolingi (anno 774). In alcune fonti documentarie
94 Scalucchia (Vetto), m 473 s.l.m. Sul prospetto di un edificio restaurato di recente sono emerse le tracce di due antichi del IX secolo esso è ancora menzio- portali ad architrave monolitico. Del primo, in basso, è nato come distretto minore dipen- rimasto visibile il solo architrave lunato; il secondo portale, dente dal comitato carolingio di soprelevato, permetteva l’accesso al secondo piano Parma; tale comitato si estendeva dell’edificio, costituito senza dubbio da un “solarium”. La ben aldilà dell’Enza sino a compren- presenza di tali strutture, realizzate in grandi conci di pietra dere tutto l’alto Appennino Reggia- locale, attesta anche nella valle del Tassobbio la diffusione di no e giungere a ridosso del corso del edifici residenziali a più piani, detti nelle fonti documentarie Secchia. In questo periodo le antiche “solaria”; tali edifici erano caratterizzati da muratura in curtes longobarde di Felina e Mallia- conci lapidei e sono riconducibili a modelli abitativi di co vengono donate dal re carolingio schietta impronta medievale. La loro diffusione nel settore Ludovico II al conte di Parma Sup- montano reggiano è confermata dalla sopravvivenza dei pone, membro di una delle più im- toponimi Solara (comune di Canossa) e Solarolo (comune di Castelnuovo né Monti). portanti famiglie della nobiltà franca Scalucchia trapiantate in Italia; questi passaggi (Vetto), m 473. di beni fiscali dalla corona a dignita- Un secondo ri laici o, come vedremo in seguito, edificio porta ecclesiastici, sancisce l’inizio di un tracce evidenti di fenomeno di smembramento dei un altro portale beni pubblici che contribuiranno sopraelevato alla crisi dell’impero carolingio e, di ad architrave conseguenza, il manifestarsi di quei monolitico sintomi di dissoluzione dello stato lunato. Da notare centrale che porteranno alla nascita la lavorazione del feudalesimo. Durante il regno “alla martellina” carolingio tutta la valle del Tassobbio dei conci si trovò a dipendere dal punto di vi- degli stipiti e sta amministrativo dall’autorità dei dell’architrave, conti di Parma, mentre dal punto di nonché la vista ecclesiastico essa si trovava com- croce patente presa all’interno della diocesi di incussa incisa Reggio, nel territorio della pieve di su quest’ultimo. Campiliola (Santa Maria Assunta di L’architrave Castelnuovo né Monti); facevano poggiava eccezione alcune parrocchie ubicate originariamente nella bassa valle: Vedriano, Ronca- su due mensole glio, Compiano e Pianzo dipendeva- successivamente no infatti dalla pieve parmense di rimosse: le Bazzano, anche se le decime di Pian- lacune murarie zo venivano elargite al vescovo di sono state Reggio. Nel corso del X secolo, in risarcite con particolare sotto il regno di Beren- un rinzaffo di gario I, le cessioni di beni fiscali mattoni e piccoli nell’area bismantina vennero elargi- conci di pietra te da parte della corona in massima sbozzata. parte ai vescovi reggiani che, in as- senza di una vera e propria dinastia di funzionari pubblici laici, assunse- ro poteri e deleghe sempre più vasti non solo nella città, ma anche nel
95 Carta Topografica dei Ducati di Parma, Piacenza e Ozola e dal crinale appenninico: si Guastalla. Levata degli anni 1821-1822. trattava di una vasta estensione che Sino alla creazione del Regno d’Italia (1861) i confini dalle falde occidentali del monte del ducato e della diocesi di Parma si insinuavano ad Cavalbianco (comune di Ligonchio) est dell’Enza, risalendo le valli del Tassobbio e del rio di scendeva sino all’alto corso del Sec- Leguigno sino a Beleo e Costa Medolana, località presso la chia e, verso nord, giungeva sino alla quale è ancora visibile un cippo di confine settecentesco stretta di Cinquecerri. A sud toccava tra lo Stato di Modena e quello di Parma. In questo le sorgenti del Riarbero, alle spalle settore, sino all’altezza di mulino Zannoni, il Tassobbio del Pradarena e del Cavorsella. costituiva il confine tra i due ducati. Questa anomala Un’altra grande porzione dell’antico situazione confinaria trova la sua spiegazione nell’antica gastaldato bismantino veniva dunque appartenenza del distretto orientale della montagna smembrata a favore della chiesa reg- reggiana al cosiddetto “gastaldato Bismantino”, antica giana; questa situazione portò inevi- circoscrizione amministrativa longobarda incorporata tabilmente, a partire dal regno di in età carolingia nel comitato di Parma. I successivi Ottone I, all’espansione del comita- mutamenti amministrativi, che videro dopo la metà del X to reggiano nelle terre bismantine secolo la soppressione del distretto di Bismantova ed il suo che furono in precedenza sottoposte accorpamento nel distretto di Reggio, non impedirono che al distretto civile di Parma. Da que- la bassa valle del Tassobbio (destra idrografica) rimanesse sto momento in poi un comitato nella sfera d’influenza di Parma sia in età comunale sia reggiano esteso sino al crinale tosco- in età signorile, quando venne infeudata in gran parte ai emiliano sancì la scomparsa dell’an- signori della famiglia parmense dei Da Correggio. tico distretto bismantino ed il con- trollo politico di Reggio sul suo territorio. La grande selva fiscale del entroterra montano. In val Tassob- mons Cervarius, coincidente come bio rimase compresa all’interno del abbiamo detto sopra con gran parte comitato di Parma la sola località di la porzione occidentale dell’alto Ap- Pianzo, almeno sino alla prima metà pennino Reggiano (odierni comuni dell’XI secolo (anno 1033). Oltre di Ramiseto e Vetto) venne donata al all’azione dei potenti vescovi reggia- vescovo di Reggio Pietro nell’anno ni la contrazione del comitato di 904, a parziale risarcimento delle Parma al di fuori della diocesi reg- depredazioni patite dalla chiesa reg- giana va inquadrato in rapporto giana all’indomani dell’incursione all’ascesa di una potente dinastia co- ungara dell’anno 899. Nell’anno mitale il cui capostipite, Atto Adal- 964 l’imperatore Ottone I donava berto da Canossa, un tempo vassallo un’altra grande selva fiscale, quella del vescovo di Reggio, venne favorito detta di Lama Fraularia, al vescovo dalla sua fedeltà al dinasta germanico reggiano Ermenaldo; nel documen- Ottone I durante il conflitto che lo to che menziona la donazione la sel- opponeva a Berengario II (formal- va appare delimitata dal corso del mente re d’Italia dall’anno 950 al Riarbero e del Secchia, dal torrente 961) per il dominio sulla penisola. Adalberto Atto proveniva da una fa- miglia della piccola nobiltà longo- barda originaria della Lucchesia; suo padre, detto nei documenti “Sigifre- dus de comitatu Lucensi” si trasferì in Emilia come vassallo di Ugo di Pro- venza (re d’Italia dal 924 al 947), la
96 cui politica tendeva a favorire i nobi- In Canossa Adalberto Atto diede ri- Ottone I li longobardi a discapito delle fami- fugio alla regina Adelaide, vedova del sconfigge glie della ormai troppo potente ed defunto re d’Italia Lotario II, brac- Berengario II, infedele aristocrazia franca. L’origi- cata da Berengario che voleva farne la Manuscriptum naria base patrimoniale di Sigifredo sposa del figlio per legittimare la sua Medioalense, e dei suoi eredi era costituita dalla posizione di aspirante re d’Italia. c. 1200 curtis di Viliniano, località che sorge- Berengario pose pertanto l’assedio va non lontano da Parma, e che si alla rocca di Canossa, difesa strenua- Atto articolava in una serie di possedi- mente da Adalberto Atto, che riuscì Adalberto, menti terrieri ubicati lungo la bassa e infine a prevalere ed a consegnare la moglie media vallata dell’Enza. Alla morte Adelaide ad Ottone. La vittoria di Idelgarda e i di Ugo di Provenza, avvenuta nel Ottone su Berengario aprì al primo figli Rodolfo, 948, il marchese di Ivrea Berengario la strada per essere incoronato im- Tedaldo e (poi Berengario II) ed Ottone di peratore del Sacro Romano Impero Gotifredo Sassonia, il futuro imperatore Otto- a Roma, nel febbraio dell’anno 962; che divente- ne I, si contesero in armi il regno in riconoscimento della sua alleanza rà vescovo d’Italia; durante questa fase di aspri Ottone conferì ad Atto Adalberto il di Brescia. conflitti Atto Adalberto prese le par- titolo di conte dei comitati di Reg- L’immagine ti di Ottone: nell’anno 951 egli prese gio, Modena e Mantova, facendone è tratta dal posssesso con le armi della rocca di uno dei suoi più potenti vassalli in codice detto Canossa, antico possesso della chiesa Italia. Investito della carica comitale “Vita Mathil- reggiana che, dopo la morte del ve- Atto Adalberto acquisì sempre mag- dis” che scovo Adelardo, rischiava di essere giore forza grazie ad una disinvolta contiene il occupato dalle truppe di Berengario. politica di “commistione” tra poteri poema di pubblici, frutto della sua dignità di Donizone su conte, e poteri privati, basati Matilde di quest’ultimi sugli ampi possessi pri- Canossa vati familiari. Il primo documento ufficiale in cui appare Adalberto Atto risale all’anno 958: si tratta di una vendita di beni a suo favore da parte di un suo omonimo cugino che risiedeva ad Isola di Tizzano, in Monte Monte Monte Pietra di Passo della Monte Alpe di Valestra Cimone Marola Prampa Bismantova Pradarena Ventasso Succiso Castello di Sarzano Migliara Roncroffio Legorecc Castelnovo ne’ monti Monte Castagneto Leguigno Castello Gombio di Leguigno Monte Venere Torrente Tassobbio Ariolo
97 territorio parmense. Tali beni erano colti, per un’estensione complessiva costituiti da sei poderi, composti da di 140 iugeri, pari a poco più di 163 campi coltivati, vitigni, selve ed in- ettari attuali. Curiosamente tali pos- sessi appaiono allineati lungo una diagonale che attraversa la valle del Tassobbio: essi comprendevano le località di Verlano e Selvapiana nel comune di Canossa, nonché di Sar- zano e “vallis Brumana” la cui oscura denominazione (nomen, omen) non deve atterrire lo storico, poiché va senza indugio identificata con la lo- calità detta oggi “valle Scura”, posta presso Cortogno di Casina, vicinis- sima peraltro a Sarzano. L’acquisto di questa serie di poderi da parte di colui che da lì a poco diventerà il massimo dignitario laico del distret- to reggiano non appare una scelta casuale: risulta evidente la volontà di creare un corridoio di possedimenti che dalla media valle dell’Enza, dove Atto teneva la possente rocca di Ca- nossa, potessero giungere, attraverso la valle del Tassobbio, a lambire il nodo di Bismantova, che doveva an- cora rappresentare un saliente stra- tegico per il controllo del medio Ap- pennino e le comunicazioni stradali con la Tuscia; tale avvicinamento a Bismantova si rendeva a maggior ra- gione necessario perchè all’epoca il castelnovese, con le curtes fiscali di Passo del Lagastrello Monte Monte cio Caio Fuso Monte Borzano Pianura Staffola Padana Fiume Trinità Monchio Enza delle Olle Selvapiana Torrente Montale Cerezzola Pieve di Pianzo
98 Felina e Malliaco, era passato in pos- la valle; le antiche ville curtensi, Ariolo (Casina) sesso ai membri della dinastia comi- come Verlano, Scalucchia, Ariolo, m. 401 s.l.m. tale degli Obertenghi, grazie alle Gombio, Migliara, Cortogno, Le- In evidenza loro parentele con la linea femmini- guigno, sorte negli ultimi due secoli sul prospetto le degli ormai estinti Supponidi. dell’ alto medioevo, si organizzano meridionale di Ancora nell’anno 1033 il castello di amministrativamente attorno ad un questo edificio Felina risulta in possesso di Adalber- sito incastellato, da cui sembrano di- i resti di un to Pallavicino, appartenente al ramo pendere: basti pensare al castello di imponente portale parmense degli Obertenghi. La po- Crovara che aggregava le comunità ad architrave litica di acquisizioni terriere di curtensi di Scalucchia, Legoreggio e monolitico “lunato”, Adalberto Atto lungo la valle del Tas- Casalecchio, al castello di Gombio, a pertinente ad un sobbio comprendeva anche l’erezio- cui dovevano far riferimento Gom- edificio residenziale ne di fortificazioni: il documento bio e Soraggio, a Sarzano, che doveva di evidente origine del 958 sottolinea come il podere aggregare gli abitati di Cortogno, medievale. Anche acquistato dal Nostro presso Sarza- Leguigno e Migliara, nonché all’e- in questo caso si no, costituito da due alture, avesse nigmatico castrum Severi, attestato tratta con tutta ospitato in passato fortificazioni mi- come già esistente nell’anno 1020 e probabilità di un litari ormai destrutturate. Si tratta, che forse va identificato con la loca- “solarium” o di una in assoluto, della più antica attesta- lità “il Castello” ancora oggi esisten- “casa solariata”, zione documentaria (fa eccezione la te ad ovest di Marola, sul versante forse pertinente ai citazione letteraria di Donizone per che degrada verso il rio di Leguigno possedimenti che la rocca di Canossa, ma è una descri- non lontano da Boastra, probabile in questa località, zione “post eventum” di quasi due se- riferimento per le comunità circon- sin dall’anno 1022, coli) di un castello esistente nella vicine. vantava la Chiesa montagna reggiana; il fatto che nel Comunque, al tramonto del X se- di Reggio. 958 il fortilizio fosse già stato defun- colo, anche se in parte destabiliz- zionalizzato sembra dimostrarne zato e con evidenti segni di crisi, il l’antichità, rendendo plausibile l’i- sistema curtense costituiva ancora potesi che esso sia stato eretto in la più diffusa forma di sfruttamen- coincidenza con la calata degli Un- to delle terre; i mansi posseduti da gari in val Padana negli ultimi anni del IX secolo. Ovviamente il fatto che sul poggio di Sarzano fosse esi- stito in precedenza un castello, auto- rizzava il nuovo possessore ad eriger- ne uno ex novo, senza dover aspettare una autorizzazione regia, vista anche la situazione di anarchia che dominava all’epoca la scena poli- tica italiana. Sarzano sembra quindi costituire il primo sito incastellato sorto a protezione della valle del Tas- sobbio; al termine di un periodo durato circa tre secoli (dal 950 circa al 1250 circa) le forme dell’insedia- mento antropico e del paesaggio ri- sultarono trasformate dalla capillare diffusione dei siti fortificati in tutta
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