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Published by info, 2016-07-08 12:55:37

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IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Parte 1 – DocumentiAuditorium Casa del Popolo, via Don Veneziani, 64 – Rivergaro Dal 16 luglio al 11 settembre 2016 www.valtrebbiastoriaearte.it 1

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOCon il patrocinio di Comune di Rivergaro Comune di Travo Comune di GossolengoCon il sostegno di: 2

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO PresentazioneOrganizzare una mostra documentaria è sempre un’operazionecoraggiosa e complessa. Se dipinti, oggetti d’arte, codici miniaticomunicano con immediatezza ai visitatori i valori estetici di cui sonoportatori, più difficile è, nel caso dei documenti e delle carte d’archivio,comprenderne il rilievo culturale. Tuttavia solo attraverso i documenti ele carte d’archivio riusciamo a ricostruire la trama della storia di luoghi,comunità e persone, a offrire un contesto a quelle stesse opere d’arteche ammiriamo, compiendo quindi un’operazione necessaria pergiungere ad una loro piena comprensione.I documenti proposti nel percorso espositivo, accompagnati da ricchespiegazioni, consentono di delineare la storia di Niviano e del suoterritorio: le vicende di una piccola comunità si dipanano sullo sfondodel più ampio quadro storico generale attraverso una trama di relazioni,di cui i documenti recano traccia e che l’apparato esplicativo delcatalogo coglie puntualmente.Le fonti qui esposte provengono da archivi parrocchiali, archivi spessopoco conosciuti e indagati, che ci restituiscono, come in questo caso,testimonianza di antiche istituzioni, che ci permettono di ricostruire lavita passata di una comunità anche nei suoi aspetti più minuti.Archivi che sono quindi un patrimonio di tutti e che devono esseretutelati quale necessaria premessa per poter indagare e ricostruire ilnostro passato dalle prospettive più diverse.Naturalmente una mostra non esaurisce le possibilità di conoscenza chearchivi e documenti ci offrono: anche questa esposizione intendeanzitutto suggerire nuovi percorsi, nuove piste di ricerca nellaconvinzione che approfondire la storia dei luoghi in cui abitiamo possadivenire un modo ‒ come affermano i curatori ‒ per fornire “ai cittadiniuno strumento di aggregazione, di creazione e di sviluppo della culturalocale”, dando loro l’opportunità “di sfruttarne appieno le risorseculturali, paesaggistiche e turistiche”. dott.ssa Valeria Leoni Università di Pavia, Dipartimento di Musicologia lettere e beni culturali 3

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IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO PremessaL’ispirazione per la stesura di questo catalogo è nata per caso; ilritrovamento di un’antica pergamena che si è salvata dall’oblio, dopoche un armadio nella canonica di Pigazzano è stato aperto per lasemplice curiosità di vedere che cosa potesse contenere, ha innescatouna serie di reazioni a catena: lo stupore iniziale per quanto era emersodalla notte dei tempi, si è tramutato nella curiosità di scoprire quello cheuna canonica possa contenere.Iniziamo a sfogliare un messale, poi un altro e un altro ancora ed infinenotiamo un vecchio libro: aprendolo abbiamo tra le mani un officiumdefunctorum.Cosa fare a questo punto?Esaminare le carte, leggerle e dimenticare, oppure trovare il modo dimetterle a disposizione di chiunque ne sia interessato?Nel gruppo prevale la seconda opzione: questa pubblicazione altro nonè che il frutto di tante casualità unite alla voglia di condividere conchiunque ne fosse incuriosito una piccola parte di storia locale,composta da diverse storie, talvolta lontane e altre più vicine, che inonni ci hanno raccontato da piccoli, tanto per farci stare buoni etranquilli … le storie di una civiltà contadina che forse non c’è più, mache ha tanto ancora da insegnarci. 5

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IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO L’originario prestigio del “calamo” Di Don Pier Luigi BoraccoGli strumenti di comunicazione e valorizzazione dei tesori culturali diuna comunità, religiosa o civile, furono fino circa ad un secolo fasostanzialmente tre:Il calamo, cioè la penna, e più precisamente, allora, la penna d’oca,tipico strumento degli archivi originari;Il pennello, con cui si sono dipinti quadri e intere pareti di ambientipubblici e privati;Lo scalpello, con cui si cavava la pietra o il marmo per la costruzione eabbellimento di cattedrali, palazzi e castelli.Questi strumenti non ebbero tutti la stessa fortuna.Oggi è infatti assolutamente maggioritario il numero di persone chefrequentano le più svariate espressioni dell’arte, ben raccolte e protettein musei e pinacoteche, oppure capolavori d’architettura - sacra eprofana - intenzionalmente costruiti ed esibiti sulla pubblica piazza.Per consentire e promuovere il gusto di queste espressioni d’arte ecultura, sorte appunto dallo scalpello e dal pennello, sono inoltreproliferate apposite e specifiche organizzazioni turistiche, certamenteencomiabili per i loro intenti e, in via generale, anche per i loro risultati.Nulla di tutto questo per gli antichi archivi, o anche per le più modernebiblioteche.Episodicamente si ricorderanno e festeggeranno gli anniversari delle piùprestigiose di esse, come è avvenuto per la celeberrima bibliotecateresiana di Mantova, che nel 2014 festeggiò i suoi 234 anni di storiarealizzando un lavoro di digitalizzazione dei propri testi che abbarcaoltre 400.000 immagini offerte al pubblico.Ma anche la favorevole circostanza costituita da questi memorabili“compleanni” non cambia la sorte, ancora piuttosto meschina, cheglobalmente relega e condanna il calamo degli archivi, e piùspecificatamente quello dell’antico scriptorium, a una sorta di “confino” 7

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOsui solitari “isolotti di terraferma” su cui furono originariamenteimpiantati.In effetti il visitatore-tipo di questi eremitaggi culturali è ancorasostanzialmente costituito dal singolo, e per di più normalmente giàavviato o qualificato come professionista dello studio e della ricerca. Lafigura dell’amatore o del simpatizzante, del curioso intelligente, che ladomenica rinuncia a una gita per frequentare un museo o unacattedrale, è totalmente assente dal panorama dei “clienti” di unarchivio, o di uno scriptorium.Ed è letale!Manca la necessaria corrente di simpatia, o almeno di iniziale edisponibile curiosità verso queste istituzioni, e manca perché ai varigradi di soprintendenza alle istituzioni culturali non si è avuto sufficientesagace strategia nell’amministrazione-valorizzazione di questi beniculturali.Il risultato è che finora, e comprensibilmente, il pubblico di questiarchivi è costituito quasi soltanto da solitari monaci della cultura.Anche il più favorevole e disponibile atteggiamento dei giovaniricercatori nei confronti di queste “cantine del sapere”, dove sannodebba esistere del buon vino, è riuscito finora a modificare le cose.E’ infatti raro il caso che in questi ambienti vi sia un addettospecificatamente incaricato di far “assaggiare” questo vino per un primoassaporamento del suo gusto, anche se oggi è divenuta cosa del tuttoovvia e normale per ogni cave che si rispetti, che non vendasemplicemente prodotti da supermercato.Manca una “strategia dell’invito”, della ricerca del pubblico, mentreormai ogni università la pratica nei confronti di diciottenni con appena ilprimo titolo di studio in mano.Prevale una posizione di custodia e difesa fisica del bene, per cui sispendono veri patrimoni per le tecniche, gli accorgimenti e gli strumentidella loro conservazione. Ma questa custodia rimane prevalentementepassiva: l’obiettivo primario è tutelare-salvare il codice, non favorirnel’accesso.In questa prospettiva un saggio bilanciamento tra la posizione di difesadel testo e sua reale apertura e disponibilità al pubblico rimaneimpossibile e impraticabile; il rischio che la difesa del tesoro culturalediventi, di fatto, sua reale sottrazione al pubblico, o disponibilità quasi 8

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOesclusiva verso poche accertate “vestali” del sapere, non è più solo unrischio da paventare, ma obiettiva realtà.E’ purtroppo vero che l’archivio dispone, come fatto abituale edendemico, di scarsi mezzi; ma la cosa diviene tanto più deprecabilequando incorpora testi e documenti veramente scritti ai tempi delcalamo e degli antichi scriptoria: la sua direzione si sentirà quasifatalmente portata a sacrificare piuttosto l’utenza che la protezione delbene culturale posseduto. Esso diventa quindi, di fatto, inaccessibile. E,col tempo, al suo interno, si finirà per perdere anche la fierezza e lacoscienza stessa del bene posseduto, proprio perché viene a mancare ilriscontro vivo fornito dalla testimonianza di un pubblico che mostri il suocompiacimento per un valore culturale che ha potuto gustare perchéobiettivamente offertogli.La situazione stessa in cui versano gli archivi diventa così con-causadell’attuale posizione di secondarietà in cui versa il calamo rispetto alpennello e allo scalpelloEppure più di un direttore d’antico archivio sarebbe pronto a giurare, atitolo di esempio, che negli archivi vaticani esistono documenti diportata culturale pari, almeno, a quelli rappresentati e custoditi nellabasilica di San Pietro.A ben vedere la fortuna stessa di Bobbio e del suo territorio è dovuta, inorigine, proprio al suo archivio, che ne ha fatto per secoli - cioè dal suosorgere nel VII secolo fino al nascere e instaurarsi istituzionale dellauniversitas studiorum (XII sec.), un faro culturale come pochi altri inEuropa.Ovviamente anche a Bobbio, e in tutto il piacentino, oltre al calamo siseppe ben esercitare pennello e scalpello, ma nei circuiti culturaliinternazionali il biglietto d’ingresso non fu pagato da questi, ma propriodall’archivio, ancor oggi degno, come molta parte degli archivi diocesanio statali, di una vera “riscoperta”, cioè di un salvataggio elettronico, chevisibilizzi ogni singolo documento, lo trascriva e traduca, così che diventidisponibile, via internet, al pubblico, cioè a tutta la comunità mondiale.I monaci, che, nello scriptorium, si rovinarono a volte la vista, la schienao l’intera salute, sapevan bene che il documento che andavano creandonon era per il mercato locale, forzatamente quasi analfabeta, ma perquello internazionale. 9

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOIl loro calamo voleva essere un’autentica “antenna rivolta a tutto ilmondo”, non alla più adiacente frazione geografico-culturale. I prodottidegli scriptoria correvano, di qua e di là delle Alpi, almeno quanto hancorso le gambe dello stesso S. Colombano, che veniva dall’Irlanda:rappresentavano la concreta risposta ad un ideale di communitasculturale europea.Col passar del tempo, col prevalere di una cultura sostanzialmente“ostensiva”, progressivamente più interessata e quasi “ossessionata” dalmostrare ed esibire, più che dal far riflettere per intendere, il calamoiniziò una sua progressiva minor fortuna e incidenza nella società.Il sorgere stesso della mostra di cui stiamo parlando, sorta nell’ambitodell’Associazione Centro di Lettura di Rivergaro, è maturatoprecisamente da questa premessa e consapevolezza culturale: l’urgenzadi un rilancio e di una riscossa del calamo come simbolo del rilancio edella rivalorizzazione delle fonti originarie e degli archivi e scriptoria cheli contengono.La fortuna di poter progressivamente accostare e sempre più gustare laricchezza dell’archivio parrocchiale di Niviano, che ingloba in realtà settearchivi locali, e la pergamena più antica (13081) delle Chiese del medioe basso Trebbia, ha generato nei singoli protagonisti e creatori diquesta mostra tale soddisfazione e compiacimento culturale da farlidecidere ad organizzare un evento che offrisse anche a terzi lapossibilità di condividere lo stupore che può sorgere dallafrequentazione intelligente di un archivio “di provincia”.La loro soddisfazione ha incrementato anche quella del sottoscritto e dialtri suoi colleghi di studio e ricerca che, dal 1995, e senza alcuna formadi sostegno pubblico o privato, ha fondato e presiede l’AssociazioneErmeneutica–Onlus (www.ermeneutica.eu) da anni propugnatrice erealizzatrice di questi obiettivi di rilancio del calamo, cioè del documentooriginario.Perché questo rilancio non appaia però sterilmente polemico neiconfronti dei favori, o almeno dello stato di buona salute, di cui godonooggi pennello e scalpello, abbiamo appaiato alla mostra e lettura dei1 Per la precisione, oltre all’archivio storico proprio della Parrocchia di Niviano,sono conglobati, in maniera però distinta, gli archivi delle Parrocchie diSuzzano, Larzano, Ottavello, Statto, Scrivellano e Pigazzano. E’ di quest’ultimaParrocchia la pergamena del 1308 10

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOdocumenti nati sul posto, una mostra di quadri e pitture anch’esse natesul posto.La scommessa è che la più facile attenzione rivolta a un quadro, checattura immediatamente l’attenzione visiva e fruitiva non sminuirà ilsenso di felice riscoperta dell’attenzione riflessiva e attiva. 11

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IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO La storia di Piacenza e della sua provincia…“…solo che havendo havuto notitia di fatti memorabili, se ben capitornoa gente meccaniche, e di piccol affare, mi accingo a lasciarne memoriaai Posteri…”Alessandro Manzoni introduce così “I promessi sposi”, parlando delritrovamento di un presunto manoscritto secentesco che narra levicende di gente comune, toccata inevitabilmente dalla Grande Storia,quella fatta da, “… le imprese de Principi e de Potentati, e qualificatiPersonaggi …”.Questo catalogo si pone come elemento di completamento eapprofondimento storico dell’itinerario storico – artistico realizzato inloco in collaborazione con le parrocchie di Rivergaro, Pieve Dugliara,Niviano, Ottavello, Statto, Pigazzano e Settima per la valorizzazione delpatrimonio documentale emerso dagli archivi comunali ed ecclesiastici.Lo studio degli archivi, in particolare delle piccole parrocchie dicampagna, porta spesso a ricostruire una circoscritta storia locale; lostudioso tuttavia non può perdere di vista la cornice storica più ampianella quale queste vicende si inseriscono: proprio i supporti utilizzati perla redazione dei documenti come i bolli notarili, i timbri delle marche dabollo, la scrittura e la lingua stessa in cui i documenti sono scritti loriportano continuamente all’interno della Grande Storia.Questo excursus storico aiuterà a contestualizzare meglio i documentioggetto di studio che abbiamo voluto rendere pubblici: la cornice storicadi riferimento è la storia di Piacenza e del suo territorio, nel lungoperiodo che intercorre tra l’inizio del XIV secolo fino alla proclamazionedel Regno d’Italia del 1861.Una successiva analisi delle fonti ci aiuterà a comprendere a ritroso chela Grande Storia in senso manzoniano è fondata sulla piccola storialocale, della quale sentiamo ancora oggi le influenze, anche se il mondodi oggi sembra così diverso e così lontano … 13

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Dai Comuni alle Signorie: la lotta tra Guelfi e GhibelliniLa storia di Piacenza è la storia di quelle “terre di mezzo” che sono stateal centro delle più grandi vicende storiche poiché contese da principi,imperatori, re e pontefici.Alla fine del XIII secolo Piacenza perde il suo status di Comuneindipendente e si trasforma in principato: questo processo riguarda inrealtà quasi tutta l’Italia settentrionale, dove i centri urbani tendono avoler espandere i territori di loro pertinenza, per assicurarsi, tra le tantecose, riserve alimentari sufficienti a calmierare i prezzi e mantenerebassi i salari.Nel XIII secolo la situazione politica dell’Italia è caratterizzata daitentativi della famiglia Visconti di Milano, a capo della Lega Lombarda,di creare uno stato talmente esteso come territorio e fortepoliticamente, da poter contrastare il potere del Sacro Romano Impero.Oberto Pallavicino nel 1254 tenta di imporre la propria signoria allacittà, ma è Alberto Scotti, alleato del Signore di Milano Matteo Visconti,che vi riesce nel 1290.Il potere dello Scotti però si fonda più che altro su rapporti che oggi sidefiniscono clientelari: possono permettere di mantenere il controllo suuna città, ma non su uno stato regionale; la fortuna della famiglia Scottiinfatti deriva da abilità commerciali e mercantili, che hanno consentitola conquista del potere con l’appoggio delle corporazioni locali.Vicende storiche successive pongono fine prima alla signoria deiVisconti a Milano, con la presa di potere della famiglia dei Della Torre,infine nel 1311 il ritorno dei Visconti a Milano porta nel 1313 all’ingressoa Piacenza di Matteo Visconti che il 13 settembre si fa eleggere Signoreperpetuo della città: d’ora innanzi la città sarà al centro di continuecontese tra le varie potenze; in questi anni termina il potere dellafamiglia Scotti sul territorio piacentino. Matteo Visconti mette in attouna politica volta a guadagnarsi il consenso della nobiltà, dei Comuni edelle Corporazioni: non modifica radicalmente gli statuti comunali e delCollegio dei Mercanti e si mostra conciliante con gli sconfitti.Al contrario, si aliena il favore del pontefice, proprio per il suo appoggioalla nobiltà ghibellina e l’utilizzo di patrimoni ecclesiastici per far fronte 14

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOalla lotta contro gli Angioini, tanto che si arriverà alla scomunica pereresia proclamata da Papa Giovanni XXII, che ha dichiarato illegittima laSignoria e bandisce addirittura una Crociata contro i Visconti.Nel 1322, Matteo muore a Milano e gli succede il figlio Galeazzo; aPiacenza, rimangono la moglie di Galeazzo ed il giovane figlio Azzone; il9 ottobre la città passa in mano ai guelfi. Il 27 novembre dello stessoanno, il legato pontificio entra in città e ne prende possesso in nome delPapa.Galeazzo morirà nel 1328 senza essere riuscito a riconquistare Piacenza.Alla fine del 1336, esattamente il 15 dicembre, Piacenza torna sotto ilgoverno visconteo, dopo che si era costituita per un periodo “StatoIndipendente” sotto la guida di Francesco Scotti, figlio di Alberto.Azzone Visconti infatti lo costringe a cedere all’assedio e a consegnarela città, dopo aver già conquistato Borgo San Donnino (Fidenza). Egliera stato proclamato nel 1330 inizialmente Vicario Imperiale e poiSignore Perpetuo di Milano, grazie ai buoni rapporti con la Chiesatramite lo zio Giovanni Visconti, nominato Vicario Apostolico da parte dipapa Niccolò V. Nulla può ogni tentativo del Papa stesso di ostacolare lariconquista di Piacenza da parte della famiglia Visconti. Troppa é ladistanza dalla residenza pontificia di Avignone e grande la debolezzadella Signoria.Piacenza diventa Signoria Viscontea e abbandona definitivamente leistituzioni comunali; in quel periodo il contado di Piacenza era estesolungo la Val Trebbia, Bobbio incluso, la Val Taro e le terre alla focedell’Adda ai confini con il Comune di Pavia.Sotto i Visconti si ha una rifeudalizzazione su tutto il territorio delDucato, già a partire dalla fine del XIV secolo: Filippo Maria attual’investitura feudale per quelle signorie che non sono facilmenteassoggettabili al proprio potere, un’investitura che, oltre ai benefici,impone di riconoscere i diritti sovrani del duca.I disordini scoppiano nuovamente alla morte di Filippo Maria Visconti il13 agosto 1447: l’assenza di potere permette a molte città di ribellarsial feroce dispotismo e alla forte pressione fiscale imposta dalla signoriaviscontea. A Piacenza si costituisce un governo provvisorio, mentre aMilano nasce la Repubblica Ambrosiana, al cui servizio si poneFrancesco Sforza. 15

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOFrancesco Sforza è un condottiero di milizie mercenarie ed aspira allasuccessione del ducato, avendo sposato la figlia naturale di FilippoMaria, Bianca Maria Visconti.Il 21 settembre 1447 lo Sforza attacca Piacenza con l’appoggio deifeudatari ghibellini (Arcelli, Landi, Anguissola, Dal Verme): il 16 ottobrela resistenza della città è battuta e Piacenza viene gravementesaccheggiata. Entra sotto il governo dei funzionari della RepubblicaAmbrosiana, che curano gli interessi milanesi, tassando Piacenza giàagonizzante dopo il saccheggio.Intanto Francesco Sforza prepara l’attacco finale alla RepubblicaAmbrosiana, cercando di guadagnare la sottomissione delle cittàsatellite del Ducato: il 27 ottobre Piacenza offre la signoria della cittàallo Sforza.Le richieste del popolo piacentino, che vede nella signoria l’avventodella pace sociale e la fine dello sfruttamento da parte di Milano, sonola conservazione di un certo potere politico e giudiziario da parte degliorgani comunali, il controllo totale del territorio del contado ed ilmantenimento dei privilegi della Chiesa locale; tuttavia la politica delloSforza continua la linea impostata da Filippo Maria Visconti, anche se iprivilegi e le immunità ecclesiastiche sono mantenute per non alienarsila comunità piacentina, tradizionalmente guelfa. Sono promessi sgravifiscali, solo in parte mantenuti e viene accentuato il processo dicentralizzazione, per cui sono favoriti gli interessi cittadini e signorili delcontado rispetto a quelli feudali.Il 26 febbraio 1450 Francesco Sforza entra a Milano dove è accolto daSignore ed insignito del titolo di Duca.Francesco Sforza arricchisce Milano di monumenti e si impegna amantenerne il benessere economico; è coinvolto in scontri per limitarele mire espansionistiche di Venezia; mantiene l’alleanza con Firenze,sostenendo la politica di pace di Cosimo de’ Medici. La politica diequilibrio culmina nel 1454 con la Pace di Lodi, che dà alla penisola unassetto politico-istituzionale tale da mantenere una condizione diequilibrio territoriale per circa quarant’anni (a parte locali ambizionisignorili) gettando le basi per lo sviluppo dell’Umanesimo e delRinascimento italiano.Piacenza, subalterna alla città dominante di Milano, va perdendo ladinamicità e vivacità dell’età comunale; sulla città grava una forte 16

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOpressione fiscale, il cui gettito provvede al mantenimento degli eserciti,alle spese per opere pubbliche, alla vita di corte e all’apparatoburocratico.Questo stato di cose porta inevitabilmente a ribellioni dovute almalcontento dilagante: nel 1462, sfruttando un momento di debolezzadello Stato dovuto alla malattia del Duca, i contadini di Agazzano eVeggiola di Gropparello, residenti nel feudo del conte OnofrioAnguissola, si ribellano chiedendo la soppressione delle tasse. Sotto laguida di Giacomo Pellizzari, detto il Pelloia, liberano i prigionieri aRivergaro, attaccano la casa di un capitano ducale e di un conte alservizio degli Sforza, ed arrivano in città, dove scoppia un tumultodurante il quale sono attaccati i magazzini del sale, bruciati i registridelle tasse e liberati i prigionieri. L’accordo raggiunto col governatoreper l’abolizione delle tasse sul macinato e sui viveri, e la riduzione dialtre non viene ratificato da Francesco Sforza, che invia un contingentearmato; la ribellione viene domata ed il conte Anguissola, accusato diaver aizzato i contadini, è imprigionato e subisce la confisca dei beni.Francesco Sforza muore nel 1466: il suo successore Galeazzo Maria,totalmente inadatto a detenere il potere ereditato dal padre, èassassinato nel 1476; l’erede è un bambino di sei anni, Gian GaleazzoMaria. Il Ducato perciò viene governato dalla vedova reggente Bona diSavoia e dal segretario di Stato, Cicco Simonetta, con molta difficoltàanche per i tentativi di usurpazione del potere da parte dei fratelli diGaleazzo Maria.Da questa lotta dinastica esce vincitore Ludovico Sforza, detto il Moro,che si allea con il re di Francia per proteggersi dall’eventualeopposizione degli aragonesi di Napoli, che potevano rivalersi sul ducato,avendo Gian Galeazzo sposato la nipote del re di Napoli Isabellad’Aragona.Nel 1494 Ludovico Sforza accoglie con tutti gli onori Carlo VIII durantela sua discesa in Italia: l’arrivo del sovrano francese è accolto conossequio sia dal signore di Milano, sia dai signori di Firenze e Napoli. Unanno dopo Carlo VIII venne cacciato dalla penisola dalla Lega Santacostituita da Venezia, Milano, Napoli, Sacro Romano Impero e papaAlessandro VI, che si ritira precipitosamente dopo la battaglia diFornovo.Per il momento Piacenza rimane legata alle sorti del Ducato di Milano. 17

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOIl successore di Carlo VIII, Luigi XII, opera una seconda discesa in Italianel 1499, conquistando l’intero Ducato di Milano e ottenendo la resa diPiacenza dietro minaccia di occupazione militare: la nobiltà piacentina sidivide nuovamente tra guelfi (Scotti e Da Fontana) favorevoli aifrancesi, e ghibellini (Dal Verme, Landi, Anguissola) dalla parte del Moroe dell’imperatore Massimiliano.I guelfi accettano il delegato francese al governo, Gian GiacomoTrivulzio e si pongono alla guida della comunità piacentina; i ghibellinilasciano la città e si rifugiano nei loro feudi.I Dal Verme perdono Bobbio e la Val Tidone; i loro possedimenti sonodati a capitani francesi; i membri delle famiglie sono addiritturainterdetti dal reintegro dei beni con una clausola voluta dal re francesenella Lega di Cambrai (1508). Gli Anguissola sono più prudenti ediplomatici, così come i Landi, ed entrambe le casate sono riconfermatenei loro possedimenti. Chi appoggia i francesi viene premiato, come iPallavicino che si vedono concedere Castel San Giovanni.La situazione di Piacenza sotto i francesi è drammatica sia per le servitùmilitari imposte, sia per le nuove tasse, sia per la giustizia ecclesiasticaspietata, che accende roghi in Piazza Duomo, sia per la carestia che inquegli anni colpisce il Settentrione.Nel 1503 Giulio II sale al soglio pontificio, e comincia ad operare unapolitica di espansione dello Stato della Chiesa: forma la Lega di Cambrainel 1508 contro Venezia, ma nel 1510 rovescia le alleanze nella LegaSanta contro i francesi, che devono lasciare Milano; così Piacenza eParma passano per la prima volta sotto il dominio della Chiesa.Giulio II apprezza molto la fedeltà e la dedizione mostrata da Piacenza:riduce le tasse, toglie un interdetto che aveva posto nel 1507; sembrache sia stato lui a commissionare la pala d’altare della chiesa di SanSisto a Raffaello. La “Madonna sistina” viene portata a Piacenza tra il1513 e il 1514, e rappresenta San Sisto con le sembianze di Giulio II. Ilpapa riesce ad ottenere Piacenza con argomentazioni storico-giuridiche,in quanto la città un tempo faceva parte dell’antico Esarcato,dipendente dallo Stato pontificio.Sotto il governo pontificio il ghibellino Marcantonio Dal Verme vieneincaricato dal legato apostolico di Lombardia di cacciare i francesi innome del papa: in seguito alla riuscita dell’impresa, i Dal Vermeriacquistano i loro possedimenti, tra i quali Bobbio, ma non Castel San 18

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOGiovanni. Anche gli Anguissola si adeguano al nuovo governo, tanto cheGiovanni Anguissola riesce ad acquistare il dazio del pane per Rivergaronel 1513 dalla Camera Apostolica.Nonostante Piacenza nel 1512 sia governata dal vescovo Gozzadini,governatore di Bologna, che riduce le tasse, sistema la viabilità,concede una fiera con franchigia e reintroduce il carnevale, la cittàrimane in una situazione di estrema instabilità: il duca MassimilianoSforza entra in Piacenza per prenderne possesso invitato dai Landi edagli Anguissola, mentre gli Scotti e i Malvicini Fontana lasciano la città.L’arrivo dello Sforza porta il saccheggio da parte delle truppe spagnolesue alleate. Dopo tre mesi però Piacenza torna in mano al nuovo papa,Leone X, così come Parma: il papa conferma i privilegi sottoscritti daGiulio II e nel 1515 concede alla città il privilegio di battere moneta. Mala tranquillità non sarebbe rimasta a lungo: Pier Maria Scotti, detto ilBuso, a seguito della negazione sull’appalto dei dazi, provoca una seriedi scontri in città, creando un conflitto che si estende in Val Trebbia eVal Nure; non riconoscendo la pacificazione voluta dalle varie particoinvolte nel conflitto, lo Scotti viene messo al bando da letterepontificie.Nuovamente la situazione italiana sta per cambiare: Francesco I,succeduto a Luigi XII sul trono di Francia, scende nuovamente in Italia:le truppe fiorentine, spagnole e pontificie (guidate da Giuliano de’Medici, fratello del papa e governatore delle città emiliane) si radunanoattorno a Piacenza, ma dopo la sconfitta dell’esercito al soldo diMassimiliano Sforza a Marignano, le truppe della lega si ritirano. Il papastipula una pace con Francesco I, cedendogli Piacenza e Parma: il reentra a Piacenza il 4 dicembre 1515, dopo che il cardinale legato diBologna Giulio de’ Medici (il futuro Clemente VII) ha dato la notizia allacittadinanza. Il governo francese opera una ridistribuzione dei feudi delterritorio, e nuovamente i Dal Verme sono estromessi, dopo cheFederico Dal Verme ha fallito la missione di recuperare Piacenza perconto dell’imperatore; la Rocca d’Olgisio, ultimo baluardo della famiglia,capitola nel 1517 per opera della Compagnia del Gran Diavolo,capitanata dal signore di Lautrec.Su Piacenza si stabilisce il governo di Carlo di Borbone, governatore diMilano: è un periodo duro, tra le spese dovute all’acquartieramentodelle truppe, le feroci esecuzioni, e ancora una volta la siccità. 19

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOIntanto Leone X ha stipulato un’alleanza nel maggio 1521 col nuovoimperatore Carlo V, con l’intenzione di allontanare i francesi eriprendersi Piacenza e Parma: l’offensiva dell’esercito pontificio-spagnolo e la minaccia di una scomunica, obbligano Francesco I adabbandonare Piacenza, che prima viene saccheggiata.La città torna così nuovamente sotto il dominio pontificio che, dopo lamorte di Leone X, passa sotto Adriano VI, e poi sotto il governo di papaClemente VII, salito al soglio di Pietro nel 1523; i francesi sonodefinitivamente allontanati dall’Italia dopo la battaglia di Pavia del 24febbraio 1525, dove Francesco I viene fatto prigioniero e costretto afirmare la pace con Carlo V dopo un anno di prigionia.La politica di Clemente VII per Piacenza è basata sull’idea di fortificarela città ed incrementare gli insediamenti urbani: le spese vengonosostenute in parte dal contado, in parte dai cittadini ed in parte dalpapa. Nel 1530 il cardinale Salviati emana un decreto che pone fine allelotte intestine: crea quattro classi nobiliari, due guelfe e due ghibelline,con tre ordini per ciascuna classe, legalizzando così l’orientamentopolitico e lo status delle quattro principali famiglie aristocratichepiacentine. Questa suddivisione rimarrà attiva fino alla dominazionenapoleonica. 20

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Il ducato di Parma e PiacenzaIl 12 ottobre 1534 Alessandro Farnese sale al soglio pontificio con ilnome di Paolo III: sotto di lui incomincerà il dominio Farnese neiterritori di Piacenza e Parma. Nel 1535 il pontefice vuole riprendere lafortificazione della città; arriverà per la prima volta a Piacenza nel 1538,in occasione dell’incontro con Carlo V e Francesco I, il governo pontificiodel cardinale Dal Monte non porta sostanziali modifiche al DecretoSalviati, a condizione che vengano eliminate le denominazioni “guelfi” e“ghibellini”, poiché ogni cittadino d’ora in poi appartiene senzadistinzione di classe alla Chiesa.Paolo III soggiorna di nuovo a Piacenza nel 1543, sempre perincontrare Carlo V stavolta a Busseto: il papa aveva ottenutodall’imperatore il marchesato di Novara per il figlio Pier Luigi, e ilmatrimonio del nipote Ottavio con la vedova Margherita d’Austria.In quegli anni il papa comincia a pensare di costituire un ducato aPiacenza e Parma da lasciare al figlio Pier Luigi: con Paolo III infatticomincerà l’ascesa della famiglia Farnese: è interesse del ponteficeportare potere e territori ai suoi congiunti. Nel 1543 Pier Luigi Farnesesoggiorna a Piacenza, con un contingente militare come segnodell’autorità papale; la città nel frattempo aveva conosciuto unimponente rinnovamento urbanistico, che la preparava a diventare sededucale.Pier Luigi tornerà nel 1545 e si insedierà nella Cittadella; il 19 agosto del1545 Paolo III nomina il figlio duca di Piacenza e Parma: l’imperatorenon ratificherà mai la scelta del papa di porre sul ducato Pier Luigi,infatti avrebbe preferito il conferimento della carica al genero Ottavio,del quale aveva molta stima.Inoltre una parte dei cardinali non era d’accordo con la deliberazione,nonostante l’opera di convincimento portata avanti dal pontefice, e nonpartecipò alla relativa seduta del Concistoro.Paolo III comunque riesce nel suo intento, portando l’attenzione sullaconvocazione del tanto desiderato Concilio generale della Chiesa,richiesto più volte dall’imperatore per far fronte al dilagare della Riformaprotestante, che si tiene a Trento a partire dal 1545 fino al 1563.Il 23 settembre 1545 Pier Luigi Farnese viene ufficialmente insignito deltitolo di Duca di Piacenza e Parma, o di Parma e Piacenza, a seconda di 21

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOcome si firmava nei vari documenti: con lui comincia il dominio Farnesea Piacenza, che durerà per quasi due secoli, e segnerà l’ascesa e lacaduta della famiglia laziale.Pier Luigi Farnese, che sarà ossessionato dalla costruzione del castello-fortezza, iniziata nel 1547, pone Piacenza come ultimo baluardo dellacristianità cattolica, confinante con le eresie protestanti; è vero anche,che a Piacenza c’era un vivace dibattito religioso e culturale, che faràcredere la città covo di eretici e luterani e porterà le repressioni dellaControriforma.Pier Luigi verrà assassinato il 10 settembre 1547 da GiovanniAnguissola, che aveva ordito una congiura con l’appoggio del cognatoAloisio Gonzaga e di Ferrante Gonzaga, governatore di Milano. Ferrante,nemico dei Farnese, aveva appoggiato la congiura in quanto avevasaputo dell’intenzione dell’imperatore di impadronirsi del ducato, dopoche era divenuto nuovamente ostile col papa: dopo la morte di PierLuigi, occupa Piacenza, che viene però restituita ad Ottavio Farnese,dichiarato legittimo duca da Paolo III in sede di Concistoro.Piacenza perde l’opportunità di diventare la capitale del ducato: le vieneinfatti preferita Parma, che è premiata per la fedeltà con maggioriinvestimenti, con la costruzione di grandi palazzi che ne delineano ilprofilo urbano, mentre gli edifici farnesiani a Piacenza giacciono sempreincompiuti.Alla guida del Ducato, dopo Ottavio Farnese, morto nel 1588,seguiranno:- Alessandro, il grande condottiero delle guerre nei Paesi Bassi e controla Francia (dove morirà durante una spedizione nel 1592), al servizio diFilippo II di Spagna;- Ranuccio, figlio di Alessandro, che celebrerà il padre commissionando iCavalli della Piazza Grande di Piacenza al Mochi e morirà a Parma nel1622. Rappresentante amministrativo di grande spicco del suo governosarà il piacentino Bartolomeo Riva. A lui si deve la costruzione dellaPilotta di Parma;- Odoardo, unico figlio sopravvissuto di Ranuccio, che sposeràMargherita de’ Medici con un fastoso matrimonio, durante il quale saràinaugurato il Teatro Farnese a Parma, con uno spettacolo allestito daEnrico Bentivoglio, con musiche di Claudio Monteverdi e testi di ClaudioAchillini. Sotto il suo governo si avrà la terribile peste del 1630-1631, 22

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOdescritta dal Manzoni ne “I promessi sposi”; il ducato sarà anchecoinvolto nella “guerra di Castro”, contro lo Stato pontificio, dovutaall’insolvenza dei Farnese verso i creditori dei Monti creditizi aperti aRoma. Odoardo morirà a soli 34 anni nel 1646;- Ranuccio II, che appoggerà i francesi, e perderà definitivamente ilfeudo di Castro per l’insolvenza dei crediti. Il potere del ducato a livellointernazionale viene sempre di più offuscato dall’avvento di Luigi XIV. Alui si deve la riapertura delle Fiere dei Cambi a Piacenza; il ducapreferisce Parma come capitale, dove sfoggia tutto lo sfarzo della suacorte, anche attraverso gli spettacoli teatrali. Muore nel 1695;- Francesco, secondogenito di Ranuccio II (il fratello era morto primadel Padre), cerca di risollevare le casse dello Stato, svuotate dalladispendiosa vita di corte: sposa la vedova del fratello, Dorotea Sofia diNeuburg, per non dover restituire la dote, adottando i due figli delfratello, Alessandro (che morirà giovane) ed Elisabetta. A lei sarannolegate le ultime sorti del ducato farnesiano: per opera del cardinalepiacentino Giulio Alberoni, Elisabetta diverrà regina di Spagna, sposandoFilippo V Borbone, nel 1714. Nel trattato di Londra del 1718, laQuadruplice Alleanza (Austria, Inghilterra, Francia e Olanda) stabiliràche, non essendoci successione diretta dei Medici e dei Farnese, aParma sarebbe succeduto un figlio di Elisabetta Farnese;- Antonio, l’ultimo duca Farnese succederà al fratello Francesco nel1727. Sempre impegnato in feste e giochi, sposerà in tarda etàEnrichetta d’Este, cercando di dare un erede al ducato. Morirà per unamalattia dovuta all’obesità e alla cattiva nutrizione nel 1731, lasciandoin eredità il ducato alla moglie, dichiarata incinta. Tuttavia nelsettembre dello stesso anno verrà dichiarata l’inesistenza dellagravidanza: il ducato di Parma e Piacenza passerà così sotto il dominiodi Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese e Filippo V.La dominazione Farnese è stata per Piacenza un periodo di occasionimancate: opposizione alla creazione di uno Stato assoluto; la suaposizione le reca un destino militare; la scelta dell’agricoltura comefonte di reddito primario soffoca i ceti che avrebbero potuto portarenuove tradizioni e possibilità; conseguentemente c’è la rinuncia ad unruolo autonomo dei mercanti nobilitati (l’acquisto di titoli nobiliari daparte di mercanti arricchiti è stata una tendenza comune tra XVI-XVIIIsecolo) che perdono identità, valori, attivismo, esperienza, cultura per 23

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOtornare alla terra, al fine di fissare le proprie ricchezze acquisite;l’industria si sviluppa poco, solo sotto Ranuccio, il principe“imprenditore”, che però incentiva soprattutto Parma: nel piacentinocompra le Ferriere in Val Nure dal conte Nicelli e le rivalorizza.Le truppe imperiali entrano in Piacenza e a Parma tre giorni prima delfunerale di Antonio Farnese, per presidiare la città in attesadell’insediamento di Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese eFilippo V di Spagna: Piacenza deve pagare le spese di acquartieramentodelle truppe, e a nulla servono i tentativi di rivalsa sul ducato da partedel pontefice.Il 9 settembre 1732 Carlo di Borbone entra a Parma ed il 2 ottobre aPiacenza: non vi rimarrà comunque a lungo; le grandi potenze europee,in breve tempo, saranno coinvolte nella guerra di successione polacca(1733-1735, chiusa con il trattato di Vienna nel 1738), e Carlo diBorbone partirà alla conquista del regno di Napoli e Sicilia nel 1734, checonquisterà, e Napoli diventerà la sua residenza. E' allora che decide difar convergere presso la reggia di Napoli tutte le opere artistiche, lecollezioni archeologiche e numismatiche, gli arredi delle residenze diPiacenza e Parma, lasciando in situ solo quei beni il cui valore èinferiore alle spese di trasporto. Stessa sorte subiscono gli Archivifarnesiani. Il palazzo ducale di Piacenza, rimasto spoglio e inabitabile,sarà convertito in caserma alla fine del secolo.Carlo di Borbone diventa re di Napoli e Sicilia, ma alla fine della guerradi successione polacca i ducati di Toscana e di Parma e Piacenza sonoceduti agli Asburgo.Nel 1743, con il trattato di Worms, Maria Teresa d’Austria e CarloEmanuele III di Savoia, re di Sardegna, si prendono il territorio diPiacenza: il Savoia avrà il territorio Bobbiese ed il territorio piacentinofino alla Val Nure, mentre all’imperatrice austriaca va tutto il resto, oltreal ducato di Milano.Nel 1744 il nuovo governo piemontese si insedia, nominando per lefunzioni esecutive quei nobili che non avevano appoggiato gli spagnoli eperseguitando ed espropriando i beni dei filo-spagnoli (Anguissola,Boselli, Dal Verme, Bracciforti, Volpari, Scotti). Il marchese AnnibaleAdeodato Scotti, temuto da Carlo Emanuele, andrà in Spagna alla cortedi Elisabetta Farnese e sarà la causa dell’allontanamento del Card.Alberoni dalla corte spagnola. 24

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOLa storia di Piacenza si complica nuovamente: infatti la Spagna,appoggiata dalla Francia, promuove una nuova campagna perriconquistare il ducato di Parma e Piacenza; nel 1748 Filippo,secondogenito di Elisabetta Farnese, riesce a riconquistare il ducato, acui viene aggiunto anche il ducato di Guastalla che era rimasto fino adallora in mano ai Gonzaga, a seguito del trattato di Aquisgrana chepone fine alla guerra di successione austriaca (scatenatasi in seguitoalla morte dell’imperatore Carlo VI nel 1740).Filippo arriva a Piacenza il 5 marzo del 1749, in seguito raggiunto dallamoglie Louise Elisabeth, figlia del re di Francia Luigi XV.Nel 1759 il primo ministro Guglielmo Du Tillot tenta di attuare unapolitica riformata per abbassare il debito pubblico (causato in parte daidebiti degli otto Monti di crediti parmensi e dai nove Monti piacentini).Per diminuire i privilegi ecclesiastici, cerca di ridurre la Manomorta, cheesonerava il clero dal pagamento delle tasse sui beni ricevuti, e tassa ibeni ecclesiastici; tenta di diminuire il potere dei Gesuiti, che vengonocacciati da Piacenza nel 1768 (la Compagnia di Gesù verrà poisoppressa nel 1773 da Clemente XIV); le cattedre dei Gesuiti sonooccupate dai padri Scolopi e da altri ecclesiastici regolari, secondo leindicazioni di padre Paolo Maria Paciaudi, illuminista, che nello stesso1768 promulga a Parma le Costituzioni per i nuovi Regi Studi, gettandole basi per il principio della scuola di Stato; De Tillot ridimensiona ilpotere di azione del tribunale dell’Inquisizione. Il ministro poi tieneseparata l’amministrazione del bilancio dello Stato da quella della cortee della cavallerizza, molto dispendiosa non solo per il tentativo dieguagliare lo sfarzo delle corti spagnole e di Versailles, ma anche per ledoti necessarie per i matrimoni dei figli di Filippo e Louise Elisabeth.La politica di Du Tillot è quella della riforma illuminata che in quelperiodo investe un po’ tutte le grandi potenze d’Europa sull’onda delmovimento illuminista francese.Sotto il governo di Filippo, nel 1760, sono avviati gli scavi archeologici aVeleia, nel comune di Lugagnano d’Arda, in seguito al ritrovamento, nel1747, in località Macinesso, della Tabula Alimentaria traianea, il piùgrande reperto in bronzo scritto dell’epoca romana, portata prima aPiacenza e poi a Parma, dov’è tuttora custodita.Qualche anno prima, nel 1754, era avvenuto anche un grave episodio dicessione di un tesoro artistico italiano: la Madonna Sistina, 25

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOcommissionata da papa Giulio II a Raffaello, fu venduta dai Benedettinidi San Sisto ad Augusto III, re di Polonia; è tuttora conservata aDresda.Filippo muore improvvisamente nel 1765; essendo suo figlio Ferdinandoancora minorenne, l’amministrazione dello Stato è gestita ancora da DuTillot.Nel 1769 Ferdinando sposa Maria Amalia, figlia dell’imperatrice MariaTeresa d’Austria. Due anni dopo il nuovo sovrano licenzia Du Tillot eattua una politica di restaurazione, volta anche a ristabilire edassecondare gli interessi della Chiesa: richiama i Gesuiti, ristabilisce iltribunale dell’Inquisizione, restituisce alla chiesa alcuni beni laicizzati;soggiorna a Colorno, e porta sempre più l’accentramento del potereverso Parma.Della politica del padre mantiene l’obbligo della carta bollata negli attipubblici, ma la sua politica si rivolge verso l’Austria, terra della suocerae dei potenti cognati.La Rivoluzione francese entra in quegli anni nella storia di Piacenza:Ferdinando accoglie i nobili che fuggono dalla Francia (Maria Amalia erasorella della regina Maria Antonietta) e attua una politica repressivaverso chi mostra simpatie per i francesi. Tuttavia non entra nella primacoalizione anti-francese, neanche dopo la decapitazione di Luigi XVI il21 gennaio 1793, ma stringe comunque un patto segreto con l’Austriaper la protezione militare del ducato. Nel frattempo le armate francesiguidate dal giovane generale Napoleone Bonaparte entrano nelterritorio del ducato: il 6 maggio 1796 Bonaparte occupa Castel SanGiovanni e minaccia di occupare Parma e catturare la famiglia ducale. Aquesto punto Ferdinando cede; il 7 maggio 1796 Napoleone entra aPiacenza ed il 9 maggio conclude un armistizio molto oneroso per lacittà. In seguito Napoleone instaurerà rapporti cordiali con Ferdinando,che ne approfitterà per far arrestare i giacobini piacentini, simpatizzanticon i rivoluzionari francesi.Tuttavia Ferdinando perde i territori dell’Oltrepò piacentino nel 1797, iquali, d’ora in poi, faranno parte della regione lombarda: Ferdinandocomunque resterà a capo del ducato, anche per i rapporti familiari conla Spagna, alleata della Francia.Nel 1799 la seconda coalizione anti-francese riuscirà a smantellare lerepubbliche create in Italia, e Piacenza tornerà in mano agli austriaci 26

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOdopo la battaglia del Trebbia del 17, 18 e 19 giugno, dove i francesisaranno rovinosamente sconfitti dall’esercito austro-russo. La battagliaproietterà direttamente nella guerra le popolazioni di campagna; ifrancesi successivamente torneranno in città condotti da Murat il 7giugno 1800: il trattato di Lunéville del 9 febbraio 1801 sancirà lacreazione del Regno dell’Etruria (ex Granducato di Toscana), che andràa Ludovico I di Borbone (figlio di Ferdinando, che aveva rifiutato lanomina); successivamente gli accordi franco-spagnoli cederanno ilducato di Parma e Piacenza alla Repubblica francese.Ferdinando non accetterà mai questo patto, stipulato alle sue spalle;nonostante ciò Napoleone lo lascerà nei suoi possedimenti, dovecontinuerà a comportarsi come se fosse duca regnante, fino alla morteil 9 ottobre 1802.Per Piacenza inizia la dominazione francese, prima sotto la Repubblicapoi sotto l’Impero di Napoleone.Il primo Consigliere di Stato francese è Federico Luigi Elia Moreau deSaint Méry, con la carica di Amministratore Generale dei ducati. Lasituazione che si presenta alla nuova dominazione francese è laseguente: l’economia si regge principalmente sull’agricoltura; leproprietà fondiarie sono per lo più in mano alla Chiesa; la popolazioneesce da un periodo di fame in seguito al calo delle produzioni agricole(che nel 1800 aveva portato a rivolte, represse con forza); l’artigianatoe l’industria sono un piccolo sostegno secondario; Piacenza è in manoall’aristocrazia del Consiglio Generale, creato nel Cinquecento.Napoleone, dopo aver preso il potere con un colpo di stato nel 1799, haprogetti sempre diversi per i ducati di Parma, Piacenza e Guastalla.Moreau de Saint Méry lascerà comunque molte delle istituzioniprecedenti: nel 1803 reintroduce le leggi sulle manimorte (già volute daDu Tillot), riconosce i diritti degli ebrei, abolisce la tortura dai tribunali,e nel 1804 promulga un nuovo regolamento giudiziario, che tuttavialascerà ancora intatti il foro ecclesiastico e le giurisdizioni feudali.Seguace del movimento illuminista ed enciclopedico, fonda accademie,una loggia massonica a Parma ed il 10 settembre 1804 inaugura ilnuovo teatro di Piacenza.Nel 1805 i ducati sono annessi all’Impero, e da Milano vengono emanatiquattro decreti, che avranno un peso rilevante anche a Piacenza: vienepubblicato il Codice civile napoleonico, in cui, tra le tante novità 27

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOlegislative, c’è l’introduzione del divorzio; con lo stesso decreto vengonoaboliti diritti feudali e di giurisdizione; un altro decreto riguarda lasoppressione di 44 conventi, i cui beni passeranno al Demanionazionale, e viene fissata una pensione per i religiosi; verranno poiemanate la legge sul regime ipotecario e sul sistema giudiziario, chesegneranno la nascita della giustizia intesa in senso moderno; infine iterritori piacentini sono aggregati alla 28° Divisione militare con sede aGenova, e le competenze dell’Amministratore Generale sono equiparatea quelle dei Prefetti francesi.Viene introdotto anche il servizio di leva con il decreto di Verona; sonolaicizzate e sottoposte a controllo statale la scuole e l’assistenza: lescuole primarie saranno demandate ai Comuni (che non avranno vitafacile), verrà introdotta la lingua francese, così nelle scuole come negliatti ufficiali; l’assistenza ospedaliera passerà dal controllo vescovileall’amministrazione laica, e la Congregazione che regge l’OspedaleGrande verrà sostituita dagli Ospizi Civili. I vecchi istituti di assistenzasono unificati nel Bureau de Bienfaisance, che darà inizio all’assistenzapubblica sotto controllo statale. Non bisogna comunque dimenticare cheil governo napoleonico era autoritario: infatti venne istituita una rigidacensura alla stampa e nel 1806 è previsto il carcere per i reati politici.Tuttavia la dominazione napoleonica ha anche altri risvolti positivi:l’istituzione del catasto nel 1807, lo stato civile non è più gestito dalleparrocchie ma dallo Stato, le imposte sono semplificate; nel 1810vengono soppresse tutte le corporazioni religiose, con l’incameramentonel demanio dei patrimoni dei conventi che saranno venduti all’asta.La definitiva sconfitta di Napoleone, influisce anche sulla storia dellacittà che è occupata dagli austriaci il 27 aprile 1814; dopo il Congressodi Vienna il ducato viene assegnato come vitalizio alla vedova diNapoleone, Maria Luisa d’Austria, conosciuta anche come Maria Luigiadi Parma, figlia dell’imperatore Francesco I.Maria Luigia prenderà possesso definitivo dei ducati di Parma, Piacenzae Guastalla il 20 aprile 1816, affiancata nel governo dal conte Neipperg.Maria Luigia restituirà agli enti ecclesiastici parte dai beni confiscatidurante il periodo napoleonico (anche se poi dovrà far fronteall’opposizione cittadina al ritorno dei Gesuiti, assolutamente mal visti),manterrà la struttura amministrativa creata dai francesi e, alla fine deglianni ’20 del 1800, creerà la scuola pubblica obbligatoria presso ogni 28

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOcomune. Nel 1836 a Piacenza ci sarà un’epidemia di colera, a causadella quale verranno aperti un lazzaretto in Sant’ Agostino ed uno aCalendasco, per isolare i malati e tentare di bloccare il contagio.Maria Luigia morirà a Parma il 17 dicembre 1847; le succederà CarloLudovico di Borbone. Tuttavia il governo di Carlo II è breve: infatti ilnuovo sovrano attua un regime autoritario, in un’Italia che è ormai inpieno clima risorgimentale, tanto che a Parma il 20 marzo 1848 ci saràuna ribellione popolare causata dalla cessione del ducato di Guastalla (ilgranaio dei ducati) per pagare i debiti, in cambio della Lunigiana, terraimproduttiva. Carlo II è costretto a nominare una reggenza di cinquecittadini per sedare il movimento liberale.Piacenza dal canto suo appoggia il movimento piemontese, cheincomincia a muoversi con l’intenzione unificare la penisola italiana sottoun’unica bandiera: il 26 marzo 1848 le truppe austriache sono ritiratedalla città e successivamente il Governo Provvisorio eletto dal Consessocivico porterà avanti il distacco da Parma. A Piacenza giungono nelfrattempo Giuseppe Garibaldi e Vincenzo Gioberti tra l’entusiasmogenerale; un plebiscito sancirà l’annessione al Piemonte, proclamata consolennità il 10 maggio 1848 in San Francesco. Una delegazione porta ilrisultato della votazione al re Carlo Alberto di Savoia, che nominerà lacittà “la Primogenita”.I ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, con un plebiscito, sarannoannessi formalmente al Regno di Sardegna con la legge n. 4671 del 17marzo 1861, legge che proclama ufficialmente la nascita del Regnod’Italia: e da qui parte la Nostra storia, che non è più la storia solo diPiacenza, di Parma, del ducato, ma è la storia di un nuovo Stato cheancora oggi ci rappresenta. 29

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Bibliografia Storia di Piacenza – Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza Piacenza nella storia. Dalle origini alla Seconda Guerra Mondiale; a cura di Stefano Pronti; edizioni TIP.LE.CO Medioevo; Redazioni Garzanti, collana Le Garzantine Il Medioevo. Profilo di un millennio; Alfio Cortonesi; Carocci editore L’età moderna. Dalla scoperta dell’America alla Restaurazione; Francesco Benigno, Massimo C. Giannini, Nicoletta Bazzano; Laterza editore. Treccani online 30

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO SEZIONE UNO I documenti: La pergamena ritrovata A.D. 1308: Guido d’Olzissis detta le sue ultime volontà … un’antica pergamena rivela …Il prezioso documento risalente al 1308 (rinvenuto negli archivi diPigazzano) in cui Guido d’Olzissis indica le sue ultime volontà ha unastoria abbastanza lunga che si conclude, attraverso varie testimonianzelasciateci da notai locali, intorno alla seconda metà dell’Ottocento.La pergamena, nella quale sono indicate le ultime volontà del presbiteroin materia di messe a suffragio per sé e per i suoi successori, oltre agliinteressanti passaggi strettamente legali, permette un viaggio neltempo di oltre cinquecento anni (XIV –XIX secolo) nel corso dei quali sisono succeduti cambiamenti storici notevoli come anticipato nel capitoloprecedente. 31

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO 32

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOAnno dominice incarnationis millesimotrecentesimooctavo, indictione sexta, dielune, vigesimosexto mensis augusti, in episcopatu/ Placentie in claustro plebisde Mameliano, coram presbitero Lanfrancho de Rocha, capellano ipsius plebis,Gerardo Girenzano Rigerio gramy/ gnoso de Mameliano, testibus rogatis. Cumcondam reverendus vir dominus Guido de Olzissis, olim canonicus placentinus,dixis/ set et ordinasset ac disposuisset sua ultima voluntate r[***]te quod in2testamento dicti condam domini Guidonis non contine/ atur quod quedamprebenda sacerdotalis de bonis suis fieret, insti[tuer]etur [et] ordinaretur inecclesiis Sancte Marie et Sancti Nicolay confessoris sytis/ in castro Pigazani,que ecclesie sunt unum corpus firmum, quod videretur et ubi videreturheredibus dicti condam domini Guidonis, pro redempti/ one et remedio animesue et heredum et parentum suorum, eo modo et forma specificatis et dictis:videlicet quod pro dicta prebenda/ sacerdotali facienda et ordinanda in dictisecclesiis offerreretur et assignaretur tantum de bonis suis quod bene valeat:trecentas/ libras placentinas vel circa, et quod presbiter3 ellectus seupresentatus ad dictam prebendam semper debeat eligi seu postulari et peti perheredes suos:/ videlicet per dominos Manfredum de Olzissio, fratrem dicticondam domini Guidonis, Fredericium, Egidium et Fredenzotum, nepotesipsius/ Manfredi, et heredes et nepotes ipsius domini Guidonis, seu per heredesipsorum et cuiuslibet eorum, seu si concordes esse non possent, quod Deusad/ vertat, per duas partes ipsorum, in condia citatis et requisitis aliis dictisheredibus, si consentire voluerint, et quod presbyter, qui electus fuerit et/confirmatus, debeat et teneatur in dictis ecclesiis, vel in una earum, cellebrarequalibet edomada tres missas dofonctorum et unam de sancta/ Maria, qualibetdie sabbati, pro anima et redemptione ipsius domini Guidonis et parentumsurorum, faciendo semper conmemoractionem ipse/ presbiter in missa sancteMarie et sancti Nicolay et sancti Vitalis quando voluerit et in qualibet ipsarummissarum semper fiat in canone conmemora/ ctione4 anime sue et heredumet parentum suorum, et quod presbiter qui eligetur per tempora non possithabere aliquod beneficium quod requireret/ curam animarum, et residenciamcontinuam in una ipsarum Ecclesiarum, in qua elegerit stare, continuamresidenciam facere debeat et teneatur, et quod presbiter qui eligetur perheredes suos debeat eligi seu postulari usque ad unum mensem et presentariad confirmactionem recipi/ enendam archipresbitero plebis de Mameliano, quinunc est et pro temporibus fuerit, quod ipsum presbiterum sibi presentatumteneatur et debeat confirma/ re, si ydoneus fuerit. Et si ipsi heredes non2 Segue dicto espunto nel testo3 presbiter si trova in fondo al testo prima del segno del tabellionato, qui èinserito il richiamo4 Così nel testo al posto del corretto conmemoractio 33

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOeligerint infra mensem, prout superius est expressum, tunc in ea vice tantumdebeat archipresbiter de/ Mameliano providere ipsi prebende de presbiterobono et ydoneo usque ad quindecim dies, et si infra quindecim dies dictusarchipresbiter/ non providerit, tunc in ea vice tantum provisio et instictuctioipsius prebende deveniat ad dominum episcopum Placentie, ita tamen et eomodo quod/ non fieret nec fieri deberet preiudicium dictis patronis ipsiusprebende in aliis electionibus in futurum faciendis, quod debeant eligere/ seupostulare, prout superius est expressum, quociens et quando electio fueritfacienda, et quod presbiter qui institutus fuerit non possit nec de/ beat dare inimphiteosim aliquas terras ipsius prebende sine conscilio et scienciapatronorum vel alicuius ei5 eorum, habendo presbiter investitu/ ram omniumterrarum que per eum fuerunt investite, et quod presbiter qui institutus fueritad ipsam prebendam teneatur et debeat in die obitus/ sui, qui est die XXIIImensis octubris, prandium dare tribus pauperibus et anniversarium facere proanima sua, celebrando officium/ defonctorum cum tribus aliis presbiteris. Voluitautem et precepit dictus condam dominus Guido quod presbiter qui institutusfuerit ad/ ipsam prebendam non possit nec debeat constringi perarchipresbiterum de Mameliano nec per eius capitulum nec per presbiterum dePigazano/ nec per aliquem alium ad solvendum aliquas talias exstima etexactiones que inponuntur clero placentino, sed ab illis sicut esse debeat/omnino immunis seu absolutus. Ideoque discreti viri dicti domini Manfredus deOlzisso, Fredericius, Egidius et Fredenzotus nepotes ipsius/ domini Manfredi etheredes, una cum ipso Manfredo, reverendi viri dicti condam domini Guidonisde Olzissio olim canonici Placentie,/ volentes et desiderantes toto possedesiderium et ultimam voluntatem ipsius condam domini Guidonis fratris etpatrui ipsorum in omnibus/ adimplere, ad honorem omnipotentis Dei, beateVirginis Marie, beati Nicolay et beatis6 Vitalis martiris, existentes in claustrisecclesie/ plebis de Mameliano, in manibus discreti viri domini Guidonis Raviciearchipresbiteri dicte plebis, nomine avite prebende superius/ nominate et proprebenda facienda et ordinanda pro anima condam domini7 Guidonis deOlzissio et parentum suorum in ecclesiis castri de Piga/zano, prout superius estexpressum, obtulerunt et ofersionem fecerunt quod non possit ulterius revocariper ingratutidinem nec alio/ modo de infrascriptis fictis terris et juribusuniversis, videlicet quia primo dedderunt fictum et jus ficti annui quatuordecimstaria/ frumenti cum benedictionibus et vigintisex solidorum Placentie quodreddit et reddere tenetur Obertellus, filius condam Bernardoni de silva dePigaza/ no de terris positis in territorio Pigazani, item fictum et jus ficti annui5 Stava per scrivere eius poi ha scritto correttamente eorum6 Così nel testo al posto del corretto beati7 Il d. di domini è aggiunto nell'interlinea superiore 34

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOquinque staria et unius mine frumenti8 quod reddunt et/ reddere tenenturPetrus Scarpa et Guillielmus eius frater de Rovoreto, item fictum annui septemsolidorum placentie quod reddit et reddere/ tenetur Obertus Pelatus deRovoreto, item fictum annui et jus ficti annui quindecim solidorum placentiequod reddit et reddere tenetur/ Gerardus Pellatus de suprasripti loco, itemfictum annuum et jus ficti annui vigintiseptem solidorum Placentie quodreddunt et reddere/ tenentur Obertus Bassus et fratres eius de Rovoreto, itemde quadragintauna perticis et dimidia terre culte9 et prative que iam/ suntcasamentata posita prope Castrum de Screvolano, quibus coheret a duabuspartibus via, ab alia Grossi de Pozarello inphiteutis/ Dionisii de Bonefacio etheredis condam Jacobi de Bonefacio, qui dicebantur Porea, ab alia Formamxìide Pigazano inphiteutis [***] ecclesie in parte et in parte iamscripti Grossiinphiteutis iamscriptorum istorum Dionisii et heredum condam iamscripti Jacobide Bonefacio in parte et [***]/ ecclesie sancti Johannis de Screvolano. Queomnia et singula dedderunt et assignaverunt nomine prebende facte etordinate [***] de Pigazano per iamscriptos heredes condam domini Guidoniset pro anima sua et parentum suorum ipsi domino Guidoni10, archipresbyterodicte ecclesie plebis de Mameliano, recipienti nomine et/ vice ipsius prebendeet pro ipsa prebenda modo et forma superius nominatis. Qui dominus Guidoarchipresbiter, suo nomine et/ capituli sui et successorum suorum, ofersionemet oblactionem factam per suprascriptos heredes aceptavit, approbavit atquecon[firmavit]/ et suam auctoritatem interposuit, promitens firma et ratatenere, per se et suos successores, et non contravenire omnia que/ in ipsaordinactione plenius continentur et plures cartas unius tenoris inde fierirogaverunt,/Segno del tabellionato Ego Petrus Bachetus notarius hanc cartam, ab Obertode Cagno notario breviatam, eius precepto ita scripsi./Segno del tabellionato Ego Obertus de Cagno notarius antedictus predictuminstrumentum inbreviature et iamscripto Petro Bacheto notario ad finiendumdedi et me subscripsi.8 Aggiunto nell'interlinea superiore9 Segue que cancellato con un tratto di penna10 Il richiamo fatto a croce è riportato alla fine del testo 35

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO“Nell’anno dell’incarnazione del Signore 1308, lunedì ventisei del mesedi agosto, nell’episcopato di Piacenza, nel chiostro della pieve diMomeliano, alla presenza del presbitero Lanfranco de Rocha, cappellanodella stessa pieve, del porcaio Gerardo Girenzano Rigerio di Momeliano,chiamati come testimoni, il reverendo Guido d’ Olgisio, da tempocanonico piacentino, ha detto, ordinato e disposto le sue ultime volontà[……]che nel testamento non sia congiunto ciò che sono i beneficiecclesiastici tra i suoi beni; sia istituito e sia ordinato nelle chiese diSanta Maria e di San Nicola confessore situate nella cittadella diPigazzano, chiese che sono un corpo unico, […] per gli eredi nominatida Guido per la redenzione e la cura della sua anima e di quelle dei suoiparenti, sia fatto in questo modo e secondo la sua volontà quispecificata e dettata: viene stabilito che per le sopra citate prebendesacerdotali si devono disporre e ordinare per le suddette chiese ciò chevale per i suoi beni : all’incirca trecento lire piacentine; il sacerdotescelto per l’utilizzo delle prebende deve sempre essere obbligato, pervolontà testamentaria a chiedere ai suoi eredi; viene stabilito che per isignori Manfredo d’Olgisio, fratello del suddetto Guido, Fredericio,Egidio, Fredenzoto nipoti ed eredi dello stesso, il presbitero debbatenere nelle citate chiese tre messe per i defunti e una per la SantaVergine, nel giorno di sabato per l’anima e la redenzione di Guido e deisuoi parenti, facendone sempre menzione, lo stesso presbitero, durantela messa in Santa Maria, in San Nicola e San Vitale; il presbitero sceltodovrà mantenere una residenza stabile. Il presbitero dovrà essere sceltodagli stessi eredi; qualora non lo fosse, l’arciprete di Momeliano dovràprovvedere alle stesse prebende; qualora ciò non avvenisse questedovranno essere consegnate all’episcopato di Piacenza. Il presbitero chegodrà del beneficio ecclesiastico non dovrà dare in enfiteusi nessunaterra dei suddetti benefici senza il consenso dei patroni o di qualcuno diloro, poiché il presbitero ha l’investitura su tutte le terre che sono stateconcesse alla sua figura; il presbitero è tenuto, nel giornodell’anniversario della morte del sopracitato Guido, il ventitré del mesedi ottobre11, ad offrire un pranzo a tre poveri e celebrare una messa dianniversario per la sua anima, celebrando l’officium defonctoruminsieme ad altri tre presbiteri. Inoltre volle e prescrisse che il presbiteroche sia stato istituito a godere di dette prebende non debba esserecostretto dall’arcipresbitero di Momeliano né dal capitolo di quello, nédal presbitero di Pigazzano, né da qualche altro ad assolvere qualche11 La data del 23 di ottobre, che dovrebbe corrispondere alla morte di Guidod’Olgisio, con molta probabilità è stata aggiunta in un secondo tempo dalnotaio Oberto de Cagno. 36

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOaltro obbligo che sia imposto dal clero piacentino, ma ne sia in ognimodo immune oppure esentato. Per questo motivo i suddetti signoriManfredo de Olzisso, Fredericio, Egidio e Fredenzoto nipoti del suddettoGuido, da tempo canonico di Piacenza volenti e desiderosi possano intutto esaudire il desiderio e l’ ultima volontà del loro congiunto perl’onore di Dio Onnipotente, della Beata Vergine Maria, del beato Nicolae del beato martire Vitale presenti nei chiostri della chiesa della pieveMomeliano, nelle mani del signore Guido Ravicie arcipresbitero dellasuddetta pieve, vengano celebrate messe per la sua anima e per quelledei suoi parenti, come già detto, questi stabilirono e fecero offerta chenon può essere revocata né per ingratitudine, né in alcun modo per idiritti degli affitti per le terre e tutti i diritti connessi; si stabilisce, poichéper primo diedero affitto e il diritto di affitto annuo di quattordici stariedi frumento e ventisei solidi di Piacenza che paga ed è tenuto a pagareObertello, figlio di Bernardone sul bosco di Pigazzano, sulle terre postenel territorio di Pigazzano; nello stesso modo l’affitto e il diritto di affittoannuo di cinque starie e di una mina di frumento che pagano e sonotenuti a pagare Pietro Scarpa e suo fratello Guglielmo di Roveleto;ugualmente l’affitto annuo di sette solidi piacentini che paga ed ètenuto a pagare Oberto Pelatus di Roveleto; allo stesso modo l’affittoannuo e il diritto di affitto annuo di quindici solidi piacentini che paga edè tenuto a pagare Gerardo Pellatus del luogo sopracitato; ugualmentel’affitto annuo e il diritto annuo di affitto di ventisei solidi di Piacenzache paga ed è tenuto a pagare Oberto Bassus e suo fratello di Roveleto;inoltre per le quarantacinque pertiche e le terre coltivate a frumento eper quelle prative che già sono abitate presso la cittadella di Scrivellanoai quali hanno in comune la via : in una ( abita) Grossi del Poggiarelloenfiteusi, Dionigi di Bonifacio e gli eredi stabiliti di Jacobi di Bonifacio,che erano soprannominati Porea, dall’altra Formamxii enfiteusi diPigazzano […..] in parte nella chiesa in parte Grossi enfiteuti dei giàdescritti di Dionigi e degli eredi del già sopracitato Jacobi di Bonifacio ein parte [….] alla chiesa di San Giovanni di Scrivellano. Alla suddettachiesa diedero e assegnarono per le prebende stabilite […..] diPigazzano dagli eredi del signore Guido e per la sua anima e per quelledei suoi parenti . Il qui presente Guido, arcipresbitero, nel suo nome, inquello del capitolo e di tutti i suoi successori, ha accettato l’offerta fattadai sopracitati eredi, ha approvato e controfirmato con l’impegno, daparte dei suoi eredi di non contravvenire in nulla di ciò che qui è statoscritto.Io, Petrus Bacheto notaio, così ho scritto questo documento sottoscrittoanche dal notaio Oberto da Cagno 37

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOIo Oberto de Cagno notaio, ho portato a termine e sottoscritto quantolasciatomi da finire dal notaio Petrus Bacheto. “ GlossarioIndictio : Latini appellatur numerus quindici annorum, annis Christiaddi solitusGramygnosus : porcus ( porcaio)Edomada : settimanacommemoratio : anniversarium, seu officium pro defuncto celebratumResidencia : domicilio utilizzato per indicare quello dei prelatiObitus : anniversarium ( obitus in die : anniversario di morte)Conscilio : per consensusAdimplere : permittereFictum : locationis pretiumDimidia : mensura frumentaria; vox in re frumentaria non antiqueBreviatam : sottoscrittaInstrumentum : documentumImbreviature : actis in brevis redigendisTabellionato : qui contractorum et testamentorum instrumentaconscribebat in lege Bibliografia Du Cange, Glossarium Mediae et infimae latinitatis, Akademiskhe Druck, U. Verlagsanstalt,Granz, Austria 38

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Paleografia diplomatica: La Gotica CancellerescaLa pergamena è redatta in un bell'esempio di gotica cancelleresca, lascrittura usata per redigere i documenti tra il XIII secolo fino a dopo ilXV secolo. La caratteristica di questa scrittura sono le aste \"a bandiera\",svolazzi di abbellimento, inclinati verso destra. Da questa scritturadocumentaria avrà origine la scrittura cancelleresca libraria, con la qualeverranno redatte le prime copie manoscritte della Commedia di DanteAlighieri. 39

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Giurisprudenza: L’Enfiteusi.L'enfiteusi (“locazione per piantagione e frutto”) è un diritto reale ormaiquasi completamente in disuso; fu usato soprattutto nell'800 perpermettere agli agricoltori di avere pieni poteri sui fondi checoltivavano, con la possibilità per l'enfiteuta di affrancare il fondodivenendone proprietario.Per cercare di bilanciare la posizione dell'enfiteuta e quella delproprietario (spogliato in gran parte dei suoi poteri) si stabilì un periodominino di durata del diritto (20 anni) a fronte del pagamento diun canone, il quale poteva consistere in una somma di denaro oppure inuna quantità fissa di prodotti naturali. L’enfiteuta non poteva maipretendere di non pagare o di vedersi ridotto il canone stesso a causadella mancata produzione anche se questa dovesse trovare origine ineventi naturali o artificiali eccezionali (siccità, inondazione, incendio,ecc.)L’enfiteuta inoltre, poiché titolare del diritto reale, aveva l’obbligodi migliorare il fondo e la stessa possibilità di affrancazione erasubordinata al trascorrere del ventennio.Retaggio del diritto romano, tale diritto trae le sue origini dalladistribuzione delle terre sottratte alle popolazioni italiche assoggettatedai romani tra i coloni militari - cui erano destinate le terre già coltivate- o lentamente occupato dai cittadini – a cui erano destinate le terreincolte - con il benestare della Repubblica.L'enfiteusi però ebbe la sua massima diffusione nel periodo feudale e fuuno strumento amministrativo spesso utilizzato dalla Chiesa romana trail VII-VIII secolo per assicurare stabilità politica in Italia, in questomodo infatti avveniva la regolarizzazione delle cessioni odelle concessioni dei fondi nei confronti dell'aristocrazia bizantina esuccessivamente longobarda. L'enfiteusi inoltre permetteva anche adabbazie e monasteri, spesso in difficoltà nel gestire i terreni, sia a causadelle dimensioni degli stessi, sia per la distanza che taluni appezzamentiavevano dalla sede, di mantenere coltivate le proprietà e di ricavarne uncanone.Rimasto per lungo tempo soggetto alla disciplina del diritto romano, ilrapporto enfiteutico trovò una regolamentazione completa con il Codice 40

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOCivile italiano del 1865 (ove era annoverato tra i contratti), e con ilsuccessivo Codice Civile del 1942, che introdusse una disciplinaconcepita al fine di incentivare la produttività dei terreni incolti oabbandonati dei quali il proprietario si disinteressava. 41

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Numismatica: brevi cenni sulla moneta nel territorio piacentino.La traduzione del contenuto della pergamena, oltre a fornireinformazioni interessanti sulla società del tempo, sulla suddivisione delterritorio della bassa Val Trebbia ed informazioni sugli affitti di terreniagricoli e sulle decime ad essi connesse, ha offerto lo spunto perapprofondire le conoscenze sulle monete che in quell’epoca così lontanaerano in circolazione; il nostro approfondimento si è limitato a fornireuna semplice carrellata storica per permettere al lettore di avere un’ideagenerale sull’argomento; per una trattazione più dettagliata rinviamoall’apparato bibliografico. Le monete in epoca longobardaI re longobardi prima e successivamente i sovrani carolingi, offrironoalla città di Piacenza la possibilità di avere una propria zecca e quindi ildiritto di battere moneta come attestano i pochi e rari documenti in unperiodo compreso tra il 758 e l’818 d.Ch. (1)A Piacenza sono documentati ben sei monetari negli anni compresi tra il758 e l’818, ma l’unica moneta che è rimasta come testimonianza deltempo è il tremisse dell’epoca del re longobardo Desiderio. Il tremisseresterà in vigore, come moneta corrente, anche in epoca carolingia inquanto, come documentato, Carlo Magno autorizzò per l’Italia nuoveconiazioni di tremissi sul modello longobardo.Di Desiderio si conosce un tremisse, una moneta d’oro del peso di 1,1-1,2 grammi e del diametro di 18-20 mm, recante da un lato la scritta(tra parentesi le lettere in nero) + D(ND) ESIDERIVS (RX) e dall’altro +FLA(PL)ACENTI(AV)G che stanno per D(ominus) N(oster) DESIDERIVSR(e) x e FLA(via) PLACENTIA AVG(usta). Da notare il fatto che questotipo di moneta venne battuta anche in diverse altre città dell’Italiasettentrionale (Ivrea, Vercelli, Pombia, Pavia, Milano, Castelseprio,Brescia, Vicenza, Treviso e Reggio Emila) e della Tuscia (Lucca e Pisa)ma solo a Piacenza fu apposto al nome della città l’appellativo“Augusta”. 42

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANODiritto: D (ND) ESIDERIVS (RX) Croce potenziata, con un globetto su ciascuna estremità Rovescio: FLA (PL)ACENTI(AV)G (lettera N capovolta) Stella a sei raggi, in cerchio accantonata da sei trattini o foglietteIl soldo invece è citato in molti atti dell'archivio della Cattedrale diPiacenza.In questo documento si legge: \"Anno 877 il 13 maggio CarloImperatore: permuta tra Oldenga figlia di Iliprando Pistosa, uxord'Andrea, vivente legge romana, di terre in Casal Rocanzone per soldid'argento sette a Giovanni prete di Varsi. Rogito Oldeprando.\" Le monete nel basso medioevoUn rogito dell'archivio Lateranense in Piacenza del notaio Giovanni Torredatato 4 maggio 1136 (2), riguardante una vendita d'acqua perirrigazione, fatta dai Consoli del Comune ad Alberto da Rizzolo per 40soldi di Piacenza attesta ulteriormente l’utilizzo di tale moneta. Negliantichi rogiti non era raro parlare di moneta senza accennare al luogo dibattitura: questa moneta poteva essere milanese o pavese (quelle checircolavano in quel tempo a Piacenza).In epoca successiva (Imperatore Corrado II, re di Germania incoronatonel 1138) Piacenza ebbe il privilegio di battere moneta (1140). 43

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOTestimonianza di questo privilegio è attestata nel Registro Parvo delComune di Piacenza al foglio n. 5, conservato nell'archivio della città.Il privilegio di Corrado II fu scritto tra il 1 luglio ed il 24 settembre; lamoneta di Piacenza ebbe la denominazione di \"Piacentina\" ed aveva laforma del denaro ed era la medesima per Parma e per Bologna.Questa denominazione viene confermata con una investitura ritrovatanell'archivio di Sant'Antonino di Piacenza del 18 marzo 1143.Nel 1141 il Comune di Piacenza stabilì che qualunque atto pubblico nonera valido se non veniva trattato con la nostra moneta.Nel Registro Magno dell'anno 1188 trovasi : \"Pretio quattuor milliadenariorum bonorum Placentine nostre monete\".La denominazione delle monete piacentine battute col nome di CorradoII dal 1140 al 1300 era di: denari, grossi, quartaroli, mezzani,imperiali e medaglie.Prima del 1218 a Piacenza non si coniarono che denari; dopo il 1218questa denominazione va pian piano scomparendo.Nella raccolta Pallastrelli si conservano due tipi di denaro piacentinobattuti all'aprirsi della nostra zecca fino al 1218.Una grida milanese del 18 aprile 1315 afferma che: l'Imperiale di Milanovecchi, e nuovi di Pavia, di Cremona, di Piacenza, d'Asti di buona lega,di giusto peso, come gli Ambrosini nuovi Piccoli di Milano valgono soldiuno.Con ciò si stabilisce che nel 1315 c'era una moneta piacentina che eraun soldo imperiale equivalente a 12 denari Imperiali.In molte scritture pubbliche e private si accenna a lire, soldi e denari diPiacenza; molto probabilmente questa era l'espressione che a Piacenzasi dava alla moneta forestiera, confrontandola con la paesana: ciò lodimostra un atto di vendita, a rogito Belasso di Baldo del 21 novembre1337 (archivio Canonici Lateranensi in archivio di Stato di Parma) nelquale si dice: \"in prezzo di lire 18 di Piacenza pagati in fiorini e denarigrossi d'argento e minuti\"; siccome fiorini di zecca piacentina non ce nesono stati si può dedurre che le lire 18 furono pagate in fiorini esteri alvalore che avevano in Piacenza, i quali quattro anni dopo troviamocorrenti per soldi 32 e mezzo.Per quanto concerne la condizione dei monetieri piacentini si puòdedurre che dovessero rappresentare una casta; il mestiere sitrasmetteva ereditariamente; i faber e gli aurifex dovevano formare una 44

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOdelle corporazioni di artigiani fra le più potenti e reputate proprio perl’importanza del loro lavoro.Infatti le due categorie professionali sono presenti in atti checoinvolgevano le più alte autorità del Ducato: il Conte Aroin, il Gastaldodi Piacenza Aidolfo, i Vescovi di Piacenza Giuliano e Podone e sonopresenti in atti posti in relazione con le Basiliche di S. Antonino e di S.Savino, le più importanti della città. Origini della moneta chiamata \"Lira\"La lira nasce come \"moneta di conto\" con la riforma monetaria, cheprevedeva il monometallismo argenteo, voluta da Carlo Magno Redei Franchi (742 - 814), fondatore ed imperatore del Sacro RomanoImpero, nei suoi domini.1 LIBBRA d'argento (allora 409 grammi) = 240 denari d'argento diottima legaDalla libbra intesa come unità monetaria deriva il nome LIRA.Il denaro non aveva né multipli né sottomultipli. Nell'uso quotidianonacque una soluzione spontanea: da una libbra (peso) si ottenevano240 denari, si iniziò a far equivalere 240 denari ad una \"LIRA\" (unità diconto). 240 denari = 20 soldi = 1 libbra (oppure LIRA) 1 soldo = 12 denariPer molto tempo la lira non fu coniata e rimase una mera unità diconto, mentre furono coniati solo i Denari, il cui peso da grammi 1,809,col passare del tempo, subì molte riduzioni fino a calare a un terzonell'Undicesimo secolo.Gli Ottoni (961 - 973 e 973 - 983) misero ordine nel sistemaconsacrando lo slittamento del denaro in termini di peso e di fino: una\"LIRA\" (=240 denari) passò da 409 grammi a 330 grammi di una legaargentea peggiore (da 390 g. di argento fino a 275g).La prima moneta coniata nella penisola italiana col nome LIRA fubattuta dal doge di Venezia Nicolò Tron nel 1472 e prese il nome di\"LIRA TRON\". 1 LIRA TRON = 20 soldi (6,5 g in argento lega 948/1000). 45

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOIl duca Galeazzo Maria Sforza fece coniare a Milano nel 1474 una lirad'argento (9,8 g a lega 962/1000).Monete analoghe furono coniate anche nella Repubblica di Genova, lacosiddetta lira genovese.In seguito monete con questo nome si diffusero in molte città italiane(tra cui Firenze, Mantova e Bologna), anche se di valore differente.Questi tipi furono chiamati testoni, grossi o grossoni.In Piemonte ed in Savoia Emanuele Filiberto nel 1562 fece coniare unalira (12,72 g a lega 895,83/1000).Nel 1793 venne adottato il sistema decimale francese, con lasuddivisione della lira in decimi e centesimi.L'introduzione della lira italiana va fatta risalire al periodo napoleonico.La lira venne introdotta durante la seconda campagna d'Italia con laricostituzione della Repubblica Cisalpina come Repubblica Italiana(gennaio 1802) trasformatasi nel Regno d'Italia (marzo 1805).Le prime emissioni delle zecche di Milano, Bologna e Venezia si ebberonel 1807, con monete da 40, 5 e 2 lire.L'anno successivo vennero coniate anche le monete da 20 e da 1 lira,quest'ultima con un peso di 5 grammi ed un titolo di 900/1000.La lira napoleonica era la versione locale del franco francese, cuicorrispondeva per forma, peso e valore.Dopo la fine del Regno napoleonico d'Italia nel 1814, la lira rimasepresente solo nel Ducato di Parma.Un decreto del 27 dicembre 1829 stabilì il valore legale delle monete eridusse la vecchia lira di Parma alla frazione di 1/5 della nuova, vale adire 20 centesimi.La lira diventa valuta italiana dall'unità nazionale nel 1861. Il 24 agosto1862 venne emanato il decreto che stabilì la messa fuori corso di tuttele altre monete circolanti nei vari stati preunitari entro la fine dell'anno.1 LIRA = 5 grammi di argento 900/1000 = 0,29025 grammi di oro fino,oppure 4,5 grammi di argento fino (scesi a 4,459 nel 1863), cioè allostesso valore della vecchia lira napoleonica.La LIRA ITALIANA è circolata dal 17 marzo 1861 al 28 febbraio 2002. 46

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Curiosità :Agli inizi del 1800 si ha notizia del “Buttalà”, antica mezza lirapiacentina equivalente a 12 centesimi. (3) Bibliografia: L. Schiapparelli, Le carte longobarde dell'Archivio Capitolare di Piacenza in Bullettino dell' Istituto Storico Italiano n. 30, Roma 1909 (estratto). Questo archivio era prima dei frati di San Benedetto dell'ordine di Vallombrosa, passò poi ai Canonici Lateranensi di Sant'Agostino. Ora (1914) si trova all'archivio di Stato di Parma. Piacenzantica.it Paolo Falconi, Le monete Piacentine, Enrico Chiolini, Piacenza, 1914 Panorama Musei Maggio 2012 Piacenza Zecca - Articolo di Giorgio Fusconi 47

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO La gerarchia socialeA conclusione di questa prima parte che ha portato nel vivo dei costumie della società, si inserisce una digressione sulle gerarchie sociali nate incontesto medievale che persistono nei secoli dei Comuni e delle Signoriee che ritroveremo ancora nel XVIII secolo.La società medievale aveva una connotazione gerarchica statica estrettamente funzionale dal punto di vista sociale, giustificata spessocon motivazioni divine.La tre classi sociali erano clero, nobiltà, popolo suddiviso a sua volta inoratores (ordini minori), bellatores e laboratores.Clero e nobiltà avevano un’incidenza demografica ridotta (circa 4%della popolazione totale, ma la loro funzione sociale faceva sì cheavessero un peso politico notevole nello Stato.L'ordine sociale infatti era ascritto alla volontà di Dio, con laconseguenza diretta che ciascuno nasceva e doveva restare nel ceto diorigine della sua famiglia.L’ascesa sociale era molto difficile salvo qualche rara eccezione poichéquesta avrebbe violato l'ordine divino: merito o ricchezza avevano pocainfluenza, in quanto il posto nella società era assegnato alla nascita.La nobiltà e il clero dominavano sui contadini e vivevano con i lorotributi.Esisteva poi un'ulteriore suddivisione all'interno delle classi che hapermesso a partire dall’epoca dei Comuni e delle Signorie a classi nonnobiliari di guadagnare potere: la posizione del singolo all’interno dellesingole classi dipendeva infatti dalla professione, dall'appartenenza aduna corporazione, dalla posizione all'interno della famiglia (es.capofamiglia), dal ruolo all'interno della comunità (Vescovo, giudice,membro del consiglio, cittadino, semplice abitante).Al vertice della piramide sociale si trovavano i principi e il sovrano (re oimperatore) e per il clero i vescovi e il papa.La gran parte della popolazione era composta dal popolo che godeva diben pochi diritti rispetto alle altre due classi. 48

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANO Il CleroIl clero costituiva la prima classe della società medioevale ed eracostituita da quello secolare e da quello regolare.La gerarchia ecclesiastica secolare si componeva, in senso stretto, solodi tre gradi: il Papa, i vescovi e i parroci.Il clero regolare era costituito dai religiosi che abitavano in conventi eappartenevano ai diversi ordini e congregazioni pur seguendo ingenerale principi comuni.Ogni casa religiosa, poi, era composta da sacerdoti e semplici fratellilaici. Nel clero si entrava prendendo gli ordini sacri: voti di povertà,castità e obbedienza ai superiori; anche una persona di umili originipoteva aspirare ai massimi gradi della scala gerarchica ecclesiastica.Il clero godeva di particolari privilegi dato che non pagava le tasse o lepagava in minima parte; aveva diritto a una giurisdizione particolare chelo rendeva immune dalla giustizia e dai tribunali dello Stato.I luoghi sacri del clero godevano inoltre dell’immunità.Le rendite economiche del clero derivavano in particolare dalla“manomorta ecclesiastica” che consisteva nel complesso deipossedimenti che la Chiesa aveva accumulato nel corso dei secoli, inseguito a donazioni testamentarie, soprattutto beni immobili e terre.Dal momento che questi beni non venivano quasi mai venduti, era comese rimanessero nella mano di un morto da cui il termine “manomorta”. 49

IMMAGINI E DOCUMENTI RACCONTANOAltra forma di sostentamento per il clero era la “decima” ossia unaquota-parte corrispondente ad un decimo del raccolto che i contadinidella zona dovevano versare per il mantenimento del parroco locale. La NobiltàLa nobiltà costituiva la seconda classe della società medioevale.La sua organizzazione era simile a quella del clero: al vertice stava il re,che deteneva formalmente il potere assoluto.Sotto di lui, in ordine decrescente, i diversi gradi gerarchici della nobiltà:duchi, marchesi, conti, visconti, baroni.Vi erano poi titoli che indicavano la posizione all’interno di una famigliareale, come principi, granduchi, arciduchi, infanti e così via.Al di sopra del re, come titolare della carica più elevata della Cristianità,stava l’imperatore del Sacro Romano Impero.L’appartenenza alla nobiltà era data dal titolo e dalla ricchezza, fondataquasi esclusivamente sul possesso della terra (feudo).Il fondamento economico e il prestigio sociale del nobile non eranodeterminati, però, solo dal possesso della terra, ma dal fatto che ilnobile vantava all’interno del suo feudo dei “diritti di signoria”; poteva 50


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