Altre testimonianze descriverebbero questa creatura come la materializzazione di una signora anziana. Malombra è l’unione dell’aggettivo “Malvagia” e della parola “Ombra”, quindi “ombra malvagia”. La Malombra sarebbe uno spirito in cerca di pace. Non tutti sarebbero in grado di percepire la sua presenza e spesso la si può dedurre solo da eventi
soprannaturali quali spostamenti di oggetti o rumori notturni. I pochi che sono stati in grado di vederla concordano su determinati aspetti; ad esempio convengono che questo spirito possa assumere sembianze animali ed apparire sinistro e minaccioso. Qualcuno sostiene che possa apparire come un fumo nerastro la cui forma ricorderebbe
immediatamente quella di una vecchia strega; proprio l'idea del fumo nero potrebbe ricondurre al concetto di ombra dall'aspetto terrificante, intenta a terrorizzare i malcapitati di turno. Il pensiero razionale tenderebbe sia a ricercare la causa del malessere notturno nella cena abbondante del giorno prima, sia ad
identificare l’ombra malvagia dall’aspetto terrificante nella genitrice del partner. Il mito sembrerebbe, quindi, avere un unico scopo: rileggere in chiave mistica la presenza costante e la cucina ipercalorica delle suocere materane. Alcuni anziani raccontano che era abitudine lasciare una scopa fuori dall’uscio di casa. Per qualche motivo lo spirito
si sarebbe fermato a contare le setole della stessa e, perdendo la cognizione del tempo, era poi costretto a desistere per l’arrivo dell’alba. Oggi questo metodo è in disuso: sapere che vostra suocera trascorre la notte sullo zerbino di casa è persino più inquietante che lasciarla entrare.
LA FESTA DELLA BRUNA La festa di Santa Maria della Bruna è intrisa di leggende. La più poetica narra di una ragazza sconosciuta che, apparsa ad un contadino al rientro verso la città di Matera, chiese all’uomo un
passaggio sul suo carro. Questi, dopo averla accompagnata nei pressi della chiesetta di Piccianello, la vide trasformarsi in statua: la Vergine salutò quindi l’uomo attonito sussurrandogli queste parole: “E’ così, su un carro addobbato, che voglio entrare ogni anno nella mia città”.
LE MASCIÀRE Davanti ad un problema di salute, anche un semplice mal di testa o una banale febbre, nel mondo contadino non era facile trovare la cura poiché non si disponeva ancora della medicina sviluppata che abbiamo noi oggi. Le medicine che si trovavano a Matera e provincia in quegli
anni erano semplici intrugli di erbe e spezie, e i medici, pur essendo colti, non avevano mezzi per curare tutto quello che può essere curato ora… E poi non lavoravano di certo gratuitamente ed erano in pochi coloro che potevano permettersi questo lusso. Spesso si ricorreva direttamente ad alcune persone, per lo più donne, che con semplici filastrocche
legate alla religione cristiana, seguite da movimenti con le mani, riuscivano a curare i mal di testa, la febbre e molti altri malanni. Questa pratica veniva chiamata Magia Bianca, poiché usata per fare del bene, e le donne che la praticavano venivano chiamate Maghe o “Masciare”.
La tradizione vuole che queste filastrocche/preghiere vengano trasmesse di generazione in generazione e che solo sul “letto di morte” possano essere svelate, altrimenti questi “poteri” non funzioneranno. Secondo alcune versioni della tradizione, le Masciàre erano donne che non credevano in Dio, non avevano doni prodigiosi, ma la loro
conoscenza era davvero estesa. La gente si affidava a loro quando era malata perché sapevano usare le erbe mediche. Il termine deriva da Megera, una delle tre personificazioni femminili della vendetta, e dal termine greco “megaira” che significa “invidiare”. Erano conosciute per la loro capacità di lanciare il malocchio, trasformarsi in
gatti neri con un unguento e far ammalare i bambini. Secondo alcune leggende le Masciàre erano segretamente streghe e una volta che tutti dormivano in casa, salivano sul tetto nude e guardavano la luna, mentre si cospargevano di olio masciaro e recitavano la formula: “Sop’a spine e ssop’a saremìnde
M’àgg’acchìa a Millevìinde.” (Su spine e su (fra) sarmenti, mi troverò (sarò tra poco) a Malevento (dalla strega). Si lanciavano nel vuoto per trasformarsi in gatte e raggiungere Lucifero sotto un albero di noce. Le più buone ed inoffensive si prodigano a guarire dal mal di testa, dal mal di gola e da
altri malanni più o meno seri. Dalle nostre parti c’è ancora chi si presta ad accontentare una anziana zia che vuole mettere a frutto le sue doti di guaritrice… e poi prende la giusta dose di ibuprofene.
EXTRA MASCIARE 1) NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO Evita di recarti nei luoghi dove è possibile trovarle. Se dovesse succedere, potresti spaventarti da morire. L’unica via di salvezza sarebbe svolgere un rito che consiste nel farsi il segno
della croce per tre volte e dire: “Driana meste ca va pe la vì, degghìa ngondrà Gesù, Gesèppe e Marì” (Maestra Diana che vai per la via, devo incontrare Gesù, Giuseppe e Maria.) 2) IN CITTÀ TUTTI SAPEVANO CHE…
Una volta un marito si svegliò durante la notte e, non trovando la moglie accanto a sé, sospettò che fosse una masciàra. In assenza della donna rovistò per la casa e, nascosta in un posto inconsueto, rinvenne una bottiglietta con un unguento dallo strano odore. Svuotò la bottiglietta e sostituì il contenuto con dell’olio di oliva. La notte dopo, la donna ignara della sostituzione si
unse pronunciando la formula e si lanciò nel vuoto; ma la trasformazione non avvenne e rimase stecchita al suolo per il violento urto. 3) IL MALOCCHIO, virus e batteri gli fanno un baffo Le Masciare non guarivano solo dai sintomi delle malattie, ma anche da una
delle principali cause delle malattie: il Malocchio. Molti erano i riti che consentivano di appurare che un malanno fosse causato dal Malocchio ed una volta accertata la causa bisognava intervenire. Ecco un esempio di filastrocca/preghiera contro il Malocchio.
Potreste usarla per farvi belli con qualche amico terrapiattista!
L’Affòscin
IL MATRIMONI A MATERA INTRODUZIONE Ogni gioco, ogni racconto, ogni proverbio insegnava alle bambine che il matrimonio avrebbe segnato il passaggio verso una condizione che
finalmente realizzava il loro ruolo sociale. Oggi non esiste più nessuno che abbia un’idea così limitata del ruolo sociale della donna (!!!???), pertanto vi proponiamo un’esperienza che vi trasporterà nella retrivia atmosfera degli inizi del Novecento. A metà tra il cosplaying e il matrimonio da favola.
IL MATRIMONIO ALLA MATERANA Quando il “Sì, lo voglio” diventa: “S’, ù vègghj”
IL CORTEGGIAMENTO “IL CEPPO E IL TIMBRO” Immagina di essere a Matera intorno alla metà del ‘900. Fatto? Bene. Per conquistare la donna amata molti sono i corteggiamenti ai quali può ricorrere l’innamorato. Potrebbe portare un ceppo di legno davanti all’ingresso della tua casa per farti capire le sue intenzioni, a questo punto tu potrai accettare,
portando dentro il ceppo, o rifiutare, facendolo rotolare via. In alternativa lo spasimante potrebbe offrirti un timbro del pane, che essendo ricco di significati simbolici quali fertilità o virilità, sarebbe una chiara proposta di creare una famiglia insieme.
“IL CUCÚ” Se il tuo caro vuole farti un dono speciale, per dimostrarti l’intensità del suo amore, potrebbe regalarti un Cucù. Ricorda: più ciò che prova è grande, più sarà grande il Cucù. Cucù è un suono onomatopeico che ricorda il suono che l’oggetto emette. Il Cucù è un fischietto in terracotta a forma di gallo,
realizzato a mano e decorato con molteplici fantasie dai colori vivaci. La sua esistenza risale alla preistoria. Ha assunto molti ruoli e significati nel tempo, ma a te interessa sapere che è simbolo di devozione da parte dell’uomo nei confronti della donna amata. Inoltre gallo è simbolo di virilità e fertilità. Al Cucù potrai trovare allegato un messaggio che il tuo amato desidera recapitarti.
Probabilmente c’è chi potrebbe regalarvene qualcuno perché è un augurio di prosperità, inoltre si considera simbolo apotropaico di superstizione e che quindi allontana gli spiriti maligni dalle case.
IL FIDANZAMENT Se sei una ragazza nubile che non ambisce a rimanere zitella ti consigliamo un modo per farti notare. Cerca di approfittare dell’unica occasione che ti concedono i tuoi genitori per assentarti da casa: partecipare alle funzioni religiose. Sfrutta queste
occasioni per agghindarti e farti bella affinché i giovani ti possano ammirare, bada però di rimanere semplice e naturale. Quando sarà giunta per te l’età di sposarti, e ti sembrerà di aver trovato l’anima gemella, dovrai ricorrere ai « sanzèl», che attraverso continui incontri e proposte con i tuoi genitori, concorderanno il tuo futuro matrimonio.
Ricorda, però, che il ragazzo dovrà avere determinati requisiti: essere lavoratore, avere ottime qualità morali e possedere alcuni tomoli di terreno e capi di bestiame. Una volta combinato il matrimonio grazie a «u sanzèl», il tuo fidanzato, dopo aver indossato l’abito della festa «ù c’stm», si recherà a casa tua, accompagnato dai suoi genitori. Quando gli
ospiti arriveranno, invitateli a prendere posto su una delle due file di sedie disposte frontalmente: da una parte il tuo fidanzato con i propri genitori; dall’altra, tu con i tuoi. Tuo padre sarà il primo a prendere la parola, rompendo il ghiaccio in questa atmosfera da “Mezzogiorno di fuoco”. Annuncerà ai presenti la dote che intende darti, oltre al corredo. Subito dopo, la
stessa cosa verrà fatta dal padre del tuo ragazzo. Ricorda: è vietato lo scambio di carezze e di baci, anche perché sarai vigilata da tua madre. Tre giorni prima del matrimonio, sarà esposto il corredo in casa tua, dovrai indossare un elegante vestito fatto cucire dalla sarta. Di pomeriggio a casa tua si terrà il ricevimento. Riceverai in regalo dalle donne invitate oggetti per l’arredamento
della tua nuova casa. I parenti più stretti e le comari provvederanno, invece, ai mobili.
“LA DOTE” Se vuoi seguire la tradizione materana, dopo il fidanzamento dovrai lasciare che la tua famiglia stipuli un “capitolo matrimoniale” con il tuo amato. Con questa tradizione, risalente al diritto longobardo, assicurerai per te e il tuo futuro marito diversi
beni che aiuteranno entrambi a vivere in autonomia dai vostri genitori e a non cadere in bancarotta per aver comprato per sbaglio dei mobili troppo costosi.Un esempio di corredo matrimoniale potrebbe essere:
“IL VESTITO” Siamo vicini al giorno del matrimonio, e la preparazione della festa sarà lunga e laboriosa. Sin dall’adolescenza ti sei impegnata per preparare il corredo. Nel tuo tempo libero, nel vicinato, hai tagliato, cucito e ricamato biancheria
intima, coperte, lenzuola di lino e tovaglie. Dovrai lasciare per ultima la cosa più importante: la confezione dell’abito da sposa. Dovrai preparare due vestiti: quello bianco per la cerimonia, che sarà pagato, insieme alle scarpe, al velo ed ai fiori, dal tuo sposo, e quello nero, da indossare in
pubblico dopo la prima notte di nozze, che ti sarà fornito dai tuoi genitori. Il tuo sposo dovrà indossare un abito nero con la cravatta bianca. Il sabato si celebrerà il matrimonio civile, la domenica il rito religioso, ma la festa sarà cominciata già da una settimana. Il sabato, durante il rito civile, vestirai a festa con un giubbino di velluto nero, la gonna di panno e un fazzoletto di seta.
EXTRA Con l’abito bianco non dimenticare di indossare: • Qualche cosa di blu: Il blu è il colore associato alla purezza e alla sincerità. • Qualcosa di vecchio. Indossa qualche cosa di vecchio che simboleggia il tuo legame con il passato e
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