Important Announcement
PubHTML5 Scheduled Server Maintenance on (GMT) Sunday, June 26th, 2:00 am - 8:00 am.
PubHTML5 site will be inoperative during the times indicated!

Home Explore SardegnaImmaginareN9

SardegnaImmaginareN9

Published by Sardegna Immaginare, 2019-02-19 05:45:59

Description: SardegnaImmaginareN9

Search

Read the Text Version

ITINERARI 52 SARDEGNAIMMAGINARE

IMLLUPONAANESRTAEEGVDEGICICOHIO 53 TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE RIVELANO L’UTILIZZO DEL SOTTOSUOLO GIÀ IN EPOCA ROMANA testo di Luca Granella • foto di Enzo Cossu SARDEGNAIMMAGINARE

UUna finestra. Una vista privilegiata sul mon- Guspini. L’affascinante storia di Montevec- do, in questo caso su un’epoca. È la finestra chio, nel cui terreno abbondano minerali dell’antica laveria che diviene un passaggio come blenda e galena, ha radici profonde temporale e riporta agli occhi le immagini di risalenti ai tempi dell’età prenuragica e pro- fine Ottocento, quando la miniera di Monte- segue nelle epoca nuragica, medioevale e so- vecchio era un’azienda attiva, interessata da prattutto romana alla quale sono ricondotti un crescente sviluppo. Sole, polvere, pietra e i ritrovamenti di attrezzature rudimentali roccia. Un paesaggio lunare, aspro, imper- per la lavorazione del sottosuolo. A partire vio, da girone dantesco, oggi divenuto quasi dal 1750 l’imprenditore svedese Carl Gustav spettrale per la desolazione che attanaglia Mandel, da poco sbarcato sull’isola, inaugu- e impregna l’atmosfera attuale. Il silenzio e rò una nuova fonderia adibita alla trasforma- l’aria che si respirano, camminando in quei zione delle materie estratte. Il nuovo secolo, luoghi, stridono se accostati alla vita di un precisamente l’anno 1842, segna l’inizio di tempo, regolata dai ritmi dettati dal duro la- un’epoca fiorente per la miniera di Mon- voro nel sottosuolo, tipici di questo angolo di tevecchio con l’avvento di una delle figure Sardegna, abbarbicato in bilico su dirupi e chiave, il prete sassarese Giovanni Antonio scogliere a picco sul mare. Pischedda. Figlio di mercanti attivi nei set- Queste caratteristiche, veri e propri tratti tori delle pelli e del sughero, il prelato, molto somatici, sono l’anima del Sulcis-Iglesiente più avvezzo all’imprenditoria che al mondo sede del complesso minerario di Montevec- ecclesiastico, una volta venuto a conoscen- chio, nel sud-est della Sardegna a 370 metri za dei giacimenti si prodigò per ottenere un sul livello del mare, tra i comuni di Arbus e permesso decennale per la ricerca e lo scavo. 54 SARDEGNAIMMAGINARE

SARDEGNAIMMAGINARE 55

Una tale impresa richiedeva ingenti capitali, tutta la sua famiglia: gli eredi cessarono quasi ottenuti solo in seguito a un viaggio a Marsi- la produzione sino all’inizio del XX secolo glia per attirare nuovi soci nel progetto. Due quando, nel 1929, la crisi economica batté anni più tardi, nel 1844, sempre in territorio alle porte, conseguenza diretta della gran- francese, Pischedda conobbe il giovane sar- de depressione. Per Montevecchio cominciò do Giovanni Antonio Sanna, in precedenza una nuova era. Iniziò una serie di cessioni e emigrato oltralpe per affari. Da subito definì fusioni all’interno dell’azienda, la prima con l’attività di estrazione dei minerali «uno degli la Monteponi diede vita alla Monteponi- affari migliori del secolo». Il sodalizio tra i Società Anonima Mineraria. Quattro anni due produsse importanti risultati, culminati più tardi il polo venne venduto alla Monte- il 28 Aprile del 1848 con la firma, da parte catini che, seguendo la via di nuovi investi- del re Carlo Alberto, di un accordo ufficiale menti, seppe risollevare le sorti dell’azienda, definito “perpetuo” di sfruttamento dei gia- nonostante l’inizio del Secondo Conflitto cimenti. Il polo di Montevecchio, nell’arco Mondiale. Il nome mutò ancora e nacque di un ventennio, fu investito da una crescita così la Montevecchio Sipz (Società italiana esponenziale: 1.200 operai all’interno della piombo e zinco). La guerra non tardò però miniera più vasta del Regno d’Italia. L’im- a presentare il conto causando una lunga provvisa morte di Antonio Sanna coinvolse interruzione della produzione di minera- li. Il centenario della nascita della miniera, celebrato nel 1948, infonde nuova linfa alle estrazioni, mantenendo costanti valori pro- duttivi. Intanto all’orizzonte si prospettava l’ennesima cessione societaria con il cambio al vertice, pronta aspettava la Montedison. Correva l’anno 1965. I vent’anni seguenti 1971-1991 hanno sancito di fatto il destino della Montevecchio passata ulteriormente di mano con al timone alcune società: So- gersa (controllata dalla Regione Sardegna) cioè l’Ente Minerario Sardo, l’Egam poi li- quidato, con la Sogersa entrata sotto l’egi- da dell’Eni, passando attraverso la Samim. L’intero filone minerario intanto ha iniziato ad andare in esaurimento non garantendo margini di profitto tali da sostenere le spese di estrazione. L’incubo peggiore per l’intera forza lavoro si profilava all’orizzonte: la chiu- sura definitiva del sito minerario, mantenuto attivo attraverso alcune sovvenzioni stata- li, purtroppo non sufficienti a tenere in vita la miniera di Montevecchio. La situazione precipitò definitivamente nel 1991 con una serie di proteste, sfociate con l’occupazione del Pozzo Amsicora da parte dei dipenden- ti. L’alba del 17 Maggio, trascorsi ventisette giorni nella speranza di una svolta positiva, i lavoratori dovettero arrendersi per sempre. Il destino della miniera era segnato. La fine di un’epoca per Montevecchio che oggi acco- glie migliaia di turisti da tutta Europa e non solo, curiosi di scoprire i segreti della vita ai 56 SARDEGNAIMMAGINARE

tempi in cui il polo minerario era fiorente. Questo sito, dopo essere stato coinvolto in meticolose operazioni di recupero e restau- ro di ampio respiro, è entrato nell’orbita del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, inserito nella rete Geo-Parks dell’Unesco che lo ha selezionato per la sua architettura considerata archeologia indu- striale. I quattro percorsi di visita proposti consentono di ammirare tutte le costruzioni del centro abitato, partendo dai primi com- plessi destinati alla dirigenza, risalenti al 1856, fino ad arrivare alla ferrovia Monte- vecchio-Sciria-S.Gavino-Monreale, inaugu- rata nel 1873 per movimentare i materiali estratti. Un anno più tardi, per offrire ade- guata assistenza medica alla popolazione, è nato l’ospedale portato a standard operativi elevatissimi che ne hanno fatto la struttura sanitaria più all’avanguardia della regione. La moderna palazzina dirigenziale, edificata nel 1886, dotata di uffici e dell’alloggio per il direttore generale della miniera conserva tutt’oggi il fascino dello stile di fine Ottocen- to. All’interno di questo plesso in onore di Santa Barbara, protettrice dei minatori, gli architetti progettarono una cappella eletta luogo di culto dell’intera miniera. Con la chiusura del polo minerario si è eclis- sata anche un’epoca del comparto industria- le sardo, fatta di uomini eroici che con il loro sudore hanno garantito alla nazione le estra- zioni dei preziosi minerali poi utilizzati in numerosi ambiti. QUANDO MONTEVECCHIO DIVENNE UN AEROPORTO MILITARE Il mondo aeronautico storicamente ha sempre avuto un legame forte con la Sardegna e il complesso minerario di Montevecchio entra di diritto nelle “cronache alate” dell’isola offrendo un aneddoto poco conosciuto. Agli albori del Secondo Conflitto Mondiale, quando in Sardegna si rese necessario edificare alcuni scali militari, iniziò anche la co- struzione della pista chiamata Sa Zeppara, terminata nel 1942, dopo due anni di lavoro, dalle imprese costruttrici Usai e Podda. Nel nuovo aeroporto vennero basati i caccia Macchi 205 M.C. 205V Veltro, progettati da Mario Castoldi e costruiti dall’Aeronautica Macchi, aerei che hanno fatto la storia dell’aviazione militare italiana. Per garantire la manutenzione degli aeromobili, vennero impiegati gli operai della miniera, al momento fermi a causa del conflitto. Il personale selezionato ricevette una formazione di altissimo livello che, in seguito, applicò nelle sue mansioni, dopo la ripresa delle attività estrattrice nelle miniere. L’aeronautica fornì il supporto logistico e tecnico trasferendo sul cam- po di volo di Sa Zeppara le attrezzature manutentive provenienti dall’aeroporto militare di Monserrato, distrutto dai bombardamenti che coinvolsero anche la città di Cagliari. Lo scalo di Sa Zeppara, dove prestavano servizio quaranta operai della miniera di Montevecchio, divenne il principale centro di manutenzione dell’isola per tutta la durata della guerra, come riportano le testimonianze, presenti negli storici registri della Macchi. SARDEGNAIMMAGINARE 57

PAESAGGI LSEESATGNAITOTIEDVOAI DNOI RO 58 SARDEGNAIMMAGINARE

SARDEGNAIMMAGINARE 59

Nella pagina precedente la Spiaggia delle Vacche A fianco Cala Brandinchi CALA BRANDINCHI, LU IMPOSTU E CAPO CODACAVALLO TRA LE MERAVIGLIE DELLA COSTA EST Qtesto di Elisabetta Poeta foto di Marcello Chiodino Gli oltre trenta chilometri della costa di San Teodoro sintetizzano a pieno il paesaggio della Gallura e quello del litorale nuorese, in un susseguirsi di discese a mare incastonate tra dune e ginepri secolari. Le spiagge di quest’area della Sardegna nord-orientale fanno parte della riserva na- turale dell’Area marina protetta di Tavolara- Punta Coda Cavallo che mira alla valorizza- zione dell’ambiente e alla qualità del mare e dei servizi. Quelle vicine al paese, ma anche le altre che s’incontrano lungo la strada di- retta a Olbia o a Budoni, hanno tutte una peculiarità. Il viaggio alla loro scoperta resta un percorso indimenticabile, ricco di tappe imperdibili. La Cinta, forse la spiaggia più conosciuta del- la zona e una tra le più estese della Sardegna, è una distesa di sabbia bianca finissima, in- terrotta a tratti dalla macchia mediterranea e bagnata da un’acqua azzurra e limpida. Frequentata dai turisti e dagli abitanti del posto, è facilmente raggiungibile anche a piedi: si trova infatti a una manciata di chi- lometri dal centro. Meta ambita dai ragazzi, attratti dai locali, è anche un ritrovo per gli amanti del kite surfing, praticabile grazie al vento impetuoso che lambisce questo tratto di costa. Lungo la via parallela alla spiaggia 60 SARDEGNAIMMAGINARE

SARDEGNAIMMAGINARE 61

62 SARDEGNAIMMAGINARE

A destra in alto Cala D’Ambra A fianco Spiaggia La Cinta Sotto a destra Lu Impostu Sotto Porto Taverna si può visitare anche la laguna di San Teodo- ro, attraverso sentieri ideali per il birdwatching. Si tratta di un ecosistema caratterizzato da specie animali protette, come i fenicotteri rosa. I visitatori possono usufruire di un’a- rea attrezzata e di un punto informazioni, mentre lungo la battigia si possono compiere rilassanti passeggiate a cavallo. Organizzate dal maneggio a pochi passi dalla spiaggia, costituiscono l’alternativa all’afa del giorno. Piccola perla circondata dagli scogli e dagli alberi tipici del paesaggio gallurese è invece Cala D’Ambra, anch’essa vicina al paese. Se si preferisce un pò di relax, è questa la de- stinazione perfetta, poiché poco affollata e immersa nel verde. Qui, dove il bianco della sabbia domina la scena, i colori colpiscono maggiormente. Avvicinandosi alla spiaggia di Lu Impostu, lo stupore per la bellezza del suo mare e delle sue tinte lascia spazio alla meraviglia che si SARDEGNAIMMAGINARE 63

64 SARDEGNAIMMAGINARE

A fianco Capo Coda Cavallo prova scorgendo sullo sfondo l’isola di Tavo- lara, che sembra emergere dall’acqua sem- pre più vicina e maestosa. Ci si ritrova a osservare una lunga striscia di sabbia, circondata dall’acqua: da una par- te il mare, dall’altra lo stagno. Non a caso è soprannominata dagli abitanti del posto la spiaggia dei due mari. Racchiusa tra oleandri e mimose, l’area è inebriata dal loro profumo anche quando spira un solo filo di vento. Ca- ratteristico è il guado che bisogna attraversa- re per arrivare alla spiaggia. Lo si ritrova non appena si scendono i gradini che dalla strada conducono al mare: gran bel diveritento per i bambini che giocano sulla sua riva, aiutati dal bassissimo fondale. Lungo la stessa ala di costa compare Puntal- dia. Dopo un dedalo di abitazioni e residence di grande rilievo turistico, campi da tennis e da golf e una piazzetta con negozi, si arriva alla spiaggia, lunga e stretta, unica per i silen- zi e la tranquillità che offre. Tra tutte, la regina è di sicuro la spendida Cala Brandinchi, soprannominata la Piccola Thaiti per il suo aspetto esotico. Il lungo li- torale ha un basso fondale e sabbia finissima talmente chiara da sembrare trasparente. I colori turchese e azzurro si alternano in un mare sempre calmo, circondato da un’ampia e rigogliosa pineta. Piccola e “disegnata” tra i costoni che si af- facciano sull’isola di Tavolara e sulle piscine naturali di Molara, la spiaggia di Capo Coda Cavallo, infine, è un angolo intimo domina- to dalla celebre terrazza Punta Est. Da qui si gode di una vista unica, che è d’obbligo im- mortalare in una fotografia. SARDEGNAIMMAGINARE 65

CALA LA NOTTE, SCATTA LA MOVIDAtesto di Simona Desole I caleidoscopici giochi di luce del sole che di giorno si riflette sulla sabbia e sul mare, la notte lasciano spazio ai fari abbaglianti dei tanti e celebri locali notturni di un territorio che, nel tempo, è diventato tappa fissa per chi da una va- canza ricerca il fascino della natura e la frenesia della movida notturna. Perché se nella costa sarda nord-occidentale la bussola del divertimento punta decisa su Alghero, arrivati nella parte quasi perfettamente speculare dell’isola, a nord est, c’è una sola direzione: San Teodoro. Qui in estate i cinquemila abitanti fissi lievitano fino a decuplicarsi grazie al continuo viavai di turisti provenienti da tutta Italia e dal mondo. Tante famiglie, specialmente tra maggio e giugno, ma soprattutto tanti ragazzi che, con la fine delle scuole e delle sessioni di esami estive all’università, si concedono una Ipausa di relax, pronti a godere di tutto ciò che questa perla della bassa Gallura ha da offrire loro. Le lunghe giornate trascorse in una delle tante spiagge non servono solo ad abbronzarsi, ma anche a programmare le tappe di una serata che avrà termine solo all’alba successiva. Si parte dall’aperitivo, da sorseggiare in uno dei locali del centro oppure nei beach bar, con ancora costume e salsedine sulla pelle, per ammirare al meglio lo spettacolo del sole al tramonto. Il pre- serata prosegue con una passeggiata nel centro storico cittadino dove, tra strette viuzze e palazzine, si può curiosare nelle bancarelle del mercatino serale che accoglie commercianti, artigiani e artisti di strada. Poi, quando l’orologio supera la mezzanotte, in macchina, con le navette, anche a piedi, si raggiungono le discoteche. È qui che San Teodoro svela completamente la propria vocazione più spensierata e festaiola. Dj set, cocktail, balli scatenati uniscono, nel tempo di una notte, migliaia di ragazzi. Le luci si spengono solo quando il sole è tornato alto sopra le loro teste. Si va allora a fare colazione, prima di concedere al sonno qualche ora. Ma solo lo stretto necessario per essere pronti a un’altra, frenetica, giornata. LO SHOPPING DA VISITARE IL MERCATINO COCLEARIA IL MUSEO DEL MARE Da circa un ventennio, da giugno a settembre, le oltre cento banca- La vacanza a San Teodoro può essere anche l’occasione per vi- relle di questo mercato serale animano il centro di San Teodoro fino sitare il Museo del Mare che ospita numerosi reperti archeologici a tarda notte, attirando i turisti con prodotti artigianali, souvenir, capi rinvenuti nei fondali del mare della zona e appartenenti a diverse di abbigliamento e tanto altro. Il termine Coclearia deriva dal latino epoche, dal periodo punico fino all’età moderna. Il museo, fondato cochlea, nome con il quale gli antichi Romani indicavano un luogo nel 1989, grazie all’iniziativa dell’Istituto delle Civiltà del Mare, si a quindici miglia da Olbia, probabilmente la stessa San Teodoro. trova in località Niuloni e si può visitare il lunedì, il mercoledì e il Significaconchiglia e oggi rappresenta simbolo del mercatino. Gli venerdì dalle 9.00 alle 13.00 e il martedì e il giovedì dalle 15.00 amanti dello shopping possono anche fare visita ai tanti negozi che alle 19.00. L’ingresso per la sezione archeologica è gratuito, per la restano aperti fino a tardi. sezione naturalistica e malacologica ha un costo di 2 euro. DOVE MANGIARE Il menù tipico sardo di terra, propone ogni giorno pasta fresca e prodotti rigorosamente locali. Locale carat- AGRITURISMO LI MORI terstico immerso nel verde, con personale di sala vestito con l’abito tradizionale sardo. Aperto solo la sera. San Teodoro, Borgata Li Mori - tel. 348 860 7678 - www.agriturismolimori.it 66 SARDEGNAIMMAGINARE

COUNTRY RESORT & SPA Un abbraccio tra natura e granito Il resort è immerso nella vegetazione mediterranea e quasi si compenetra con le naturali sculture granitiche che irradiano suggestione e misticismo. Dista circa 14 km dal mare e una ventina dalla Costa Smeralda. Nella stessa zona si trovano alcuni monumenti archeologici tra i più importanti del Nord Sardegna. Arzachena (OT), Località Pilastru km 5 - Tel +39 0789 82936 www.tenutapilastru.it

ARDIA DI SAN COSTANTINO Atesto di Maria Fiori foto di Giovanni Porcu «Affido la mia vita al santo». Le pandelas, i capicorsa, hanno quasi tutti un’unica risposta alla domanda: «Non hai paura?». La veloce corsa su un terreno impervio è solo la ma- nifestazione più evidente di una festa la cui emozione è percepita tutto l’anno. I cavalli imparano il percorso e i suoni della tradizio- ne, i fantini più giovani si fanno audaci, i più grandi esibiscono la saggezza e la calma dell’e- sperienza, mentre il pubblico, nel suo silenzio, segue il cadenzare degli zoccoli e il passo lento del primo giro intorno alla chiesa… E poi giù, quasi in un soffio, verso sa Muredda, tra ali di polvere e fantasia di corpi e animali in un tutt’uno. I fucilieri esplodono i loro ultimi spari ad annunciare la salita finale della pandela maggiore che, col suo vessillo, pare sottolineare il messaggio unico della ricorrenza religiosa: «Seguimi e abbi fede». Ci sarà tutto il popolo. Con il rito dei giri della speranza. Con le mille dimostrazioni d’affetto che adornano la strari- pante chiesetta. 68



I CANDELIERI Ltesto di Maria Fiori foto di Giovanni Porcu La processione dei ceri votivi, a Sassari, in oc- casione dello scioglimento del voto all’Assunta, con i suoi oltre cinquecento anni, è divenuta, col tempo, la Festa dei Candelieri. Festa di popolo e della sua identità. Il cammino, dalla benedicente chiesa del Rosario fino al sagrato affollato della Chiesa di Santa Maria di Bet- lem, rappresenta oggi un insieme di braccia, canti, balli e musica al cui centro vi è, di volta in volta, un silenzioso cero. Come a ricordare la sua funzione che la maestria dei portatori ha reso danzante, tra l’ondeggiare delle bandie- rine, dei nastri e il frusciare dei colorati bora- bora (ghirlande di carta). La compostezza dei gremianti richiama alla solennità ma il grido, Fallu baddà, della folla festante rapisce i più audaci: un coro si leva a coprire i suoni dei tamburini ed il ritmo antico della tradizione. È la Faradda (dal sassarese, discesa). È il cuore dei sassaresi. Il festeggiare della vita si ricom- pone a tarda notte fra le musiche alla Vergine. I Candelieri a corona, smesse le danze, paiono ergersi quali quieti difensori di una devozione che non ha fine. 70



SAGRA DEL REDENTORE Dtesto di Maria Fiori foto di Giovanni Porcu Di primissimo mattino la chiesetta della Solitu- dine di Nuoro sembra ancora sonnecchiare e offrire spazio, nei “cuscini” di granito, a quanti sono lì in attesa della processione. Deboli luci si confondono con l’alba giovane, tra i grani del rosario più volte recitato e il passaggio a nuove mani della croce nelle soste alle stazioni, pausa di riflessione e di ristoro per la pesante salita. La determinazione, compagna della devozione, è viva in ogni presente: ferma è la volontà di completare un percorso non certo facile quasi a volere, con questo, imporsi la sofferenza necessaria al raggiungimento del perdono, dell’intima pace, tra un ansimare in ascesa e una preghiera in coro con un solo fil di voce. È la figura lontana del Redentore, con la sua mano protesa, a donare l’aiuto necessa- rio per giungere sotto il suo possente sguardo. Il dito del piede, lucidato dal continuo pellegri- nare dei fedeli, invita a voler mirare il mondo intero, quale dono da custodire, con gioia e con la medesima quiete di un mattino donato alla riflessione. 72



FESTE E TRADIZIONI 74 SARDEGNAIMMAGINARE

NEL CUORE DEI NUORESI, LA DEVOZIONE PER IL REDENTORE IL PELLEGRINAGGIO DI UNA CITTÀ VERSO MONTE ORTOBENE testo di Eleonora D’Angelo Efoto processione Giovanni Porcu • foto sfilata Gabriele Doppiucon una processione preceduta da imperdi- Era il 29 agosto del 1901, quando la quiete bili eventi. del monte Ortobene a Nuoro, venne inter- A partire dalle due domeniche antecedenti il rotta dall’arrivo di migliaia di persone. Quel 29 agosto, Nuoro ospita la sfilata del Carne- giorno, al cospetto del popolo sardo e delle vale di Sardegna, in cui si incontra uno degli autorità civili ed ecclesiastiche, una statua del affascinanti volti dell’isola: quello pagano le- peso di diciotto quintali raffigurante, il Cri- sto Redentore, sarebbe stata collocata a 925 gato al mondo agropastorale. Il corteo delle metri sul livello del mare per vegliare sulla maschere di Mamoiada, di Orotelli e di tante Sardegna. altre località incede al suono dei campanacci, «Erano lì, sulla cresta, in attesa. Erano vecchi sulla melodia di corni e fisarmoniche, rievo- patriarchi dalla barba bianca e prolissa, vissu- cando antiche pratiche propiziatorie. Il ritmo ti nei piani desolati, nei greppi delle ferrigne incalzante pervade la città: sembra scandire ombre giganti, spose e madri arrivate lassù in le stagioni e ripetere il ciclo della natura. pellegrinaggio lungo e faticoso» immortalava Il fine settimana successivo si prosegue con la così, un cronista dell’epoca, i volti dei fede- sfilata di abiti tradizionali sardi, a cui prendo- li accorsi ad ammirare l’opera d’arte. Dopo no parte oltre settanta gruppi folk. Uomini e oltre un secolo, mutato il contesto storico, donne avanzano fieri, a centinaia, indossan- l’omaggio al Redentore si ripete ogni anno do le vesti tipiche di ogni pur piccolo paese, SARDEGNAIMMAGINARE 75

76 SARDEGNAIMMAGINARE

espressione del valore identitario della festa. Nei loro occhi vive l’incanto di arti antiche, si specchiano i tessuti lavorati, i corpetti ricama- ti, le tinte variegate di fiori che germogliano, forme geometriche e paesaggi. La sera stessa è la volta del Festival Interna- zionale del Folklore, kermesse che oltrepassa i confini dell’isola, offrendo al pubblico canti e balli di diversa origine, dalla Sardegna al Sud America passando per le danze indigene del- la Martinica. Il 29 agosto, infine, oggi come ieri, un fiu- me di persone risale il monte fino alla statua bronzea, realizzata dallo scultore Vincenzo Jerace. La scultura, che si libra nel cielo con incredibile grazia e leggerezza, rivolge una mano all’umanità, con lo sguardo disteso e gli occhi di pace. SARDEGNAIMMAGINARE 77

78 SARDEGNAIMMAGINARE

Si partecipa alle sante messe, celebrate ai pie- di della statua e nel parco del monte Ortobe- ne e ci si trattiene fino a tarda ora, quando le funzioni religiose lasciano spazio a banchetti, musiche e balli sotto le stelle di un cielo estivo. Il significato della festa del Redentore non è stato scalfito dal tempo. È un momento di condivisione, in cui la Sardegna mostra al mondo la sua unicità. Una terra da cui spesso si parte ma in cui altrettanto spesso si torna rispondendo al richiamo di cultura e tradi- zioni. Come scrisse Salvatore Nuvoli, mae- stro compositore per il coro nuorese Sos Ca- narjos: «L’emigrante è partito con la promessa di fare ritorno, e nel cuore porta il desiderio di venire al monte ad adorarti... o divino Re- dentore». COSA VISITARE A NUORO L’Atene sarda ospita il maggior Museo Etnografico della Sardegna. Situato sul colle Onofrio, custodisce ottocento reperti tra cui abiti, gioielli e maschere tradizionali (Via A. Mereu 56. Tel. 0784 257035-242900). L’istituzione pubblica permanente del Museo MAN rappresenta un unicum in Sardegna. Punto di riferimento per l’arte moderna e contemporanea, nazionale e internazionale, realizza progetti espositivi dedicati ai linguaggi visivi e alla storia dell’arte dal XIX al XXI secolo. Attività primaria del MAN sono le mostre temporanee, per cui il museo si propone come luogo di ricerca dei fenomeni più innovativi della produzione artistica (Via S. Satta 27. Tel. 0784 252110). Le stanze di palazzo Asproni sono sede del Museo Archeologico Nazionale, che, in un percorso di due, sezioni espone materiali risalenti a epoche diverse: del Neolitico al Medioevo passando per l’età nuragica (Via Manno 1. Tel. 0784 31688). Immancabile è la visita al Museo deleddiano, casa natale del premio Nobel Grazia Deledda (Via Grazia Deledda 42. Tel. 0784 242900), e al Museo Ciusa, dedicato al grande artista della scuola moderna sarda (Piazza Santa Maria della Neve 8. Tel. 0784 216990). NATURA & TREKKING AL MONTE ORTOBENE L’idea perfetta per una gita fuori porta o per un pic-nic è attraversare il Sentiero 101 che, dalla chiesa della Solitudine, porta alla statua del Redentore. Il suggestivo itinerario, tra bosco e scorci mozzafiato, ripercorre le orme dei pellegrini che, nel 1901, risalirono il monte, lungo l’antica strada campestre. Lasciata la chiesa alle spalle, dopo circa 500 metri, si raggiunge la prima tappa di Su Murrone. Si prosegue fra massi granitici dalle forme curiose e si incontra la seconda tappa Sa Conca ‘e sos prades e, successivamente, la località Sa ‘e sos Frores, immersa in una profumata pineta. Dopo 550 metri si giunge alla Funtana ‘e Milianu, nella cui area pare sorgesse il primo nucleo della città. Superato un tratto di ulteriori 750 metri, nella località Solotti, si ammira una sughera ultracentenaria. Alla fine del percorso si erge la statua del Redentore si erege alla fine di un percorso da cui si gode un panorama meraviglioso su Nuoro e sui monti circostanti. Per ulteriori informazioni è possibile contattare l’Ufficio Informazioni Turistiche di Nuoro, in Piazza Italia, 19 (Tel. 0784 30083). DORMIRE E MANGIARE A NUORO L’ospitalità a Nuoro offre soluzioni per tutte le esigenze. Per immergersi nelle tradizioni c’è La Corte di Grazia, grazioso b&b a due passi dal centro, propone un soggiornoimmerso nella tradizione (Via Giovanni Maria Angioy 48. Tel. 329 667 0116). Ottima anche l’ospitalità rurale proposta agriturismi Costiolu (km 90 S.S.389 Nuoro-Bitti. Tel. 333 563 0740) ed Ermosulas (SP 22 strada Oliena. Tel. 336 818 097). Da segnare in agenda è l’indirizzo dell’Experience Hotel Su Gologone, oasi di relax circondata da uliveti e vigneti alle pendici del Supramonte, impreziosita da botteghe d’arte, camere deluxe e suite in stile tradizionale (Località Su Gologone, Oliena. Tel. 0784 287212). Il giusto mix fra tradizione e innovazione è il Monti Blu: laboratorio creativo, ristorante- pizzeria dallo stile rustico e ricercato, con cucina a vista, cantinetta, esposizione di mobili vintage e boutique interna di abiti Marras. (Via Sebastiano Satta 8. Tel. 0784 231443). SARDEGNAIMMAGINARE 79

VIAGGIO NEL GUSTO MAURO LADU, IInnovare la cucina con nuove tecniche e tec- DA MAMOIADA nologie, rivisitare i piatti attraverso lo studio A CAGLIARI delle presentazioni, insomma, guardare al NELLA CUCINA futuro ma tenendo bene a mente il ricordo “DEL MERCATO” della tradizione. Da questo presupposto pren- de vita la cucina di Mauro Ladu, classe 1984, testo di Piera Eleonora Porqueddu giovane chef sardo che ha già fatto parlare di foto di Gabriele Doppiu sé. Originario di Mamoiada, paese della Barba- gia di Ollolai, nel cuore della Sardegna, Ladu ha amato e frequentato la cucina fin da picco- lo; quella della mamma e della nonna, prima, la cucina dell’istituo alberghiero di Tortolì, poi, fino ai fornelli di rinomati ristoranti isola- ni. Appena maggiorenne ha l’opportunità di lavorare con lo chef Antonio Erriu ed è grazie a quella esperienza che capisce quale sia il ge- 80 SARDEGNAIMMAGINARE

nere culinario a cui intende ambire. Si tratta snaturare la ricetta originale». Nel suo cur- di una cucina che prende le mosse proprio da riculum anche un’esperienza internazionale quella di Erriu che definisce “sarda rivisita- che, nel 2013, lo porta in veste di sous chef, a ta”, basata sulla ricerca e sull’utilizzo di mate- Mosca, città dove Andreini si reca per aprire rie prime isolane magistralmente rielaborate. un ristorante all’interno del 5 stelle lusso Na- L’anno della svolta è il 2009 quando Ladu, tional, l’hotel più antico della città. Un’espe- dopo uno stage con Cristiano Andreini, viene rienza dura e impegnativa ma decisamente assunto nel suo ristorante che, nel novembre costruttiva che, sottolinea Ladu: «Mi ha dello stesso anno, ottiene la rinomata stella letteralmente trasformato nel modo di lavo- Michelin. Il giovane cuoco si innamora let- rare, e nel modo di pensare alla cucina che teralmente del genio e della cucina di quello avrei voluto creare». che definisce uno dei più creativi chef, se non Il 2014 segna il rientro in Italia e l’anno suc- il più creativo, nel panorama della ristorazio- cessivo Ladu è a Milano per frequentare al- ne sarda contemporanea. «Andreini è senza cuni corsi di specializzazione all’Accademia dubbio il mio maestro, da lui ho imparato a del Gusto dello chef Gualtiero Marchesi, re- elaborare la materia prima accostandola a centemente scomparso. Ha la fortuna di co- diversi ingredienti particolari ma senza mai noscere colui che viene ritenuto, a ragion ve- SARDEGNAIMMAGINARE 81

CUCINA.EAT lo stesso ripieno del dolce tradizionale, ricot- Caglairi, Piazza Galileo Galilei n 1 ta, zafferano e zeste di agrumi, ma rivisitata Tel. +39 070 0991098 nella forma e nella presentazione moderne e www.shopcucina.it ben progettate. Una cucina creativa, dunque, ma che non duta, il padre della “nuova cucina italiana”, lascia nulla all’improvvisazione. Ogni ingre- un vero rivoluzionario che ha contribuito a diente, ogni piatto, ogni presentazione hanno rendere la cultura culinaria nostrana una del- origine da un’idea ben precisa, da un proget- le più conosciute e importanti nel mondo. to, che fa la differenza tra rivisitare un piatto Alla domanda quale sia lo chef a cui si ispi- e snaturarlo senza criterio. ra: «Oggi propongo la mia cucina – risponde Dal 2016 Ladu mette in pratica questa sua orgoglioso – perché ormai ho trovato la mia cultura gastronomica nel locale cagliaritano identità in quella che amo definire “nuova cu- Cucina.eat; un locale-laboratorio a metà tra cina sarda”, ispirata a sapori antichi dell’in- ristorante, enoteca e bar, con cucina a vista fanzia che si stanno perdendo e che invece è e trenta posti a sedere disposti intorno al ban- necessario recuperare, tenendo fede agli in- cone dall’originale forma a ferro di cavallo. gredienti della tradizione, perché il cibo rap- Divide la postazione con il suo collaboratore presenta anche la cultura di un popolo». Francesco Vitale e si dedica a una cucina che Ecco allora che, dal ricordo di infanzia delle definisce “del mercato”. È proprio dal merca- pardulas (dolci sardi della tradizione pasquale to di San Benedetto, infatti, che provengono ndr), nasce la sevada che Ladu propone con gli ingredienti scelti da Ladu ogni giorno per proporre un menu che cambia quotidiana- mente e che segue la stagionalità e la disponi- bilità dei prodotti locali. Per ora il giovane chef è soddisfatto del lavo- ro nel locale cagliaritano ma confessa che nel pentolone delle idee ribollono alcuni progetti per il futuro. Vorrebbe continuare a restare in Sardegna e a dedicarsi a una cucina ter- ritoriale, che racconti l’isola dal punto di vi- sta gastronomico ma anche storico. Se pensa a un locale suo, gli piacerebbe una formula che vada oltre quella del ristorante canonico ma non intende svelare i particolari della sua idea; senza dubbio un locale piccolo ma di qualità. «Al di là delle eccezioni rappresentate dal la- voro di molti validi colleghi, in Sardegna l’im- provvisazione la fa spesso da padrona quando si parla di cibo e cucina. Purtroppo a volte si bada più alla quantità perdendo di vista un aspetto importante: oggi più che mai, è fon- damentale invece puntare sulla qualità delle materie prime e sull’originalità e la persona- lizzazione dei grandi classici della tradizione sarda. Occorrono – conclude Ladu – più at- tenzione e cura per settori come quello dell’e- nogastronomia e del turismo che potrebbero costituire un vero e proprio volano per l’in- certa economia isolana». 82 SARDEGNAIMMAGINARE

RICORDO DI UNA SEVADA 83 DI RICOTTA E ZAFFERANO INGREDIENTI 500 gr di semola, 3 uova, 3 cucchiai di strutto, acqua q.b. e un pizzico sale. CREMA INGLESE  500 gr di latte, zafferano in stimmi q.b., una scorza di limone, 125 gr di zucchero e 6 uova. MOUSSE DI RICOTTA  Ricotta, limone, arancia, zucchero, latte, miele di corbezzolo, zucchero a velo, menta e ribes rossi freschi.  PROCEDIMENTO Preparare un impasto, omogeneo ed elastico, con la semola, le uova, lo strutto, un pizzico di sale e un po’ d’acqua. Fare riposare per una ventina di minuti in frigorifero. Per ottenere la crema inglese allo zafferano, scaldare il latte con zafferano in stimmi e una scorza d’arancia. Una volta caldo filtrare. A parte, montare le uova con lo zucchero, unirle al latte e portare a 80 gradi. Fare raffreddare.  Creare una mousse con ricotta, zucchero, scorze d’arancia e limone, un cucchiaio di latte e sciroppo di pompia candita. Stendere la pasta sottile, creare alcuni dischi con un coppapasta e friggerli in abbondante olio. A parte tagliare a julienne la pompia che servirà per guarnire la sevada. Prendere il piatto e “sporcarlo” con la crema allo zafferano. Disporre al centro un disco di pasta e adagiarvi sopra la mousse di ricotta, la pompia a julienne e alcune gocce di crema di zaffe- rano. Coprire con un secondo disco di pasta e cospargere con miele di corbezzolo e zucchero a velo. Guarnire il piatto con ribes freschi e alcune foglioline di menta. SARDEGNAIMMAGINARE

ECCELLENZE SARDE ACCADEMIA PProfumo di desideri che si trasformano in OGD’OLOECARORCIAE , gocce di realtà. Il profumo è quello delicato e DI BONTÀ avvolgente degli oliveti sardi e le gocce sono quelle dense e saporite dell’oro verde della famiglia Fois, il pregiato olio dell’Accademia Olearia di Alghero. Quattro generazioni fa, quando le coltivazioni non erano mono- settoriali, e la produzione agricola seguiva la danza della natura e vi si adeguava, i Fois compivano la scelta di dedicarsi esclusiva- mente alla produzione di olio. L’Accademia Olearia nasce ufficialmente nell’anno Duemila ed è figlia del desiderio di creare un nuovo segmento di produzione nel mondo oleario, che fornisse un prodotto ricercato, unico ed eccellente. 84 SARDEGNAIMMAGINARE

SARDEGNAIMMAGINARE 85

Divisione dei compiti e collaborazione sono gli elementi fondamentali dell’attività di un’azienda in costante crescita ed espansio- ne. Il signor Giuseppe Fois, il capostipite, si de- dica alla fase agricola, su coltivazioni che si estendono per circa 230 ettari: «L’olio è una conseguenza – racconta – la vera protagoni- sta è la pianta e di essa mi prendo cura assi- curandomi che viva serena e in armonia con la natura». Alessandro, il figlio maggiore, si occupa della trasformazione e della produzione. In azien- da sgorgano in media 1100 quintali d’olio all’anno, dalla varietà autoctona di olive de- nominata Cultivar, principalmente bosana. Le tecnologie utilizzate dalla famiglia Fois sono all’avanguardia e sperimentali. Pre- servano l’unicità e la purezza del prodotto nonché la sicurezza alimentare: lavorazione a freddo e stoccaggio in contenitori di acciaio inox in atmosfera a temperatura controllata. 86 SARDEGNAIMMAGINARE

Antonello, Giuseppe e Alessandro Fois SIAMO AD ALGHERO Antonello, il più piccolo, si dedica al marke- ting, alla promozione e alla comunicazione. Ci trovi in località Ungias - Galantè Nell’emozione che traspare dalle sue parole, Tel. +39 079 980394 si colgono l’amore e la dedizione, elementi E-mail: [email protected] fondamentali del successo di un prodotto fi- www.accademiaolearia.com glio del desiderio di donare al consumatore bontà, salute e genuinità. I numerosi premi, dall’Ercole Olivario (2017) all’Olive Oil Award (2018) confermano ai con- sumatori l’impegno e la costanza di un’a- zienda che produce ormai il 60% del DOP sardo. La nuova sfida dell’Accademia Olearia è la produzione di vino. Con 11 ettari di vigne- to hanno iniziato a produrre un Vermentino DOC, il Chlamys, che ha già ottenuto parec- chi riconoscimenti. Di sicuro anche questo prodotto donerà lustro alla Sardegna come già succede per i loro oli, dal Gran Riserva Giuseppe Fois al Fruttato DOP, sapori della nostra terra che portano bontà ed emozione ovunque nel mondo. SARDEGNAIMMAGINARE 87

ARCHEOLOGIA LA SUGGESTIONE DEI COLORI DELLE DOMUS DI PUTIFIGARI LA NECROPOLI DI MONTE SISERI RESTITUISCE UNO STRAORDINARIO ESEMPIO DI ARTE IPOGEICA Itesto di Benedetta Madeddu e Eleonora Madeddu foto di Enzo Cossu Il verde che la circonda non fa immaginare il rosso intenso che travol- ge chiunque si avventuri alla scoperta della domu de S’Incantu nel terri- torio di Putifigari. È un’impresa per pochi varcare la piccola soglia di queste antiche tombe, un tempo abitate ˗ si tramanda ˗ da presenze magiche. Antiche leggende raccontano storie di creature fantastiche che ani- mano il paesaggio rurale e le costruzioni millenarie della cultura pre- nuragica. Sono «le janas, piccole fate che durante la giornata stanno nelle loro case di roccia a tessere stoffe d’oro in telai d’oro», così ri- tratte da Grazia Deledda tra le pagine del romanzo Canne al vento. Alcune tradizioni riferiscono di fate, altre, di streghe; forse sono en- trambe le cose, dipende da chi ne parla; si narra che dentro le loro case tutto fosse di piccola taglia, come le porte scolpite nelle pareti della domu de S’Incantu. La tradizione popolare sarda le descrive come donne minute, che per le loro dimensioni potevano abitare le domus scavate nella roccia come nel caso di Putifigari. Il piccolo borgo alle pendici del monte Siseri, a quindici chilometri da Alghero, custodisce un complesso for- mato da quattro domus de janas scavate in affioramenti di roccia tufa- cea. Chiamate domus perché riproducevano la struttura delle case dei vivi, simboleggiavano piccoli rifugi per i defunti, dal latino domus e dal sardo domo o domu, formavano vere e proprie città dei morti. Nella necropoli di Monte Siseri si distingue, come straordinario esempio di arte ipogeica neolitica, la domu de S’Incantu, detta anche 88 SARDEGNAIMMAGINARE

Interno della Domus con soffitto a doppio spiovente dipinto con i colori della terra sarda SARDEGNAIMMAGINARE 89

90 SARDEGNAIMMAGINARE

In alto a sinistra Interno della Domus con le false porte che indicavano l’accesso all’aldilà e le corna del toro scolpite con grande maestria A fianco Esterno della Domus de Janas In basso a sinistra Ingresso alla Domus immerso nel verde alle pendici del Monte Siseri In basso al centro Uno degli esempi meglio conservati di focolare caratteristico delle Domus de Janas dell’architettura dipinta. Il colore rosso che irrompe dalle pareti fa im- maginare gli uomini di questa antica civiltà dare vita a un’opera qua- si unica con i prodotti della terra sarda. All’interno, quando la vista si abitua alla luce soffusa, si riescono a distinguere i diversi ambienti che ricordano la struttura delle capanne prenuragiche: il focolare scolpito sul pavimento e il soffitto dipinto come fosse di legno. Le false porte, a misura di janas, ricavate sulle pareti, indicavano ai defunti la via per il regno dei morti. La terra ha custodito per seimilia anni questo sor- prendente luogo sacro, testimone delle credenze nella vita ultraterre- na. In Sardegna sono più di tremila le domus de janas, tuttavia quelle che testimoniano l’uso della decorazione pittorica nell’arte ipogeica neolitica sono solo poco più di duecento; tra queste vi è la struttura di S’Incantu con la sua sorprendente colorazione a predominanza rossa. Questa architettura funeraria ospitava i defunti dell’antico popolo dei sardi, deposti in posizione fetale accanto agli oggetti della vita quoti- diana che li avrebbero accompagnati nel viaggio nell’oltretomba. Fa- ceva parte di questo rituale di passaggio anche la pratica di dipingere i corpi con l’ocra rossa, pigmento ricavato dalla terra, che richiamava il colore del sangue. L’incanto in questo luogo risuona nel vento che riecheggia i versi di antiche leggende, nei colori millenari che il tempo ha gelosamente custodito e nella sacralità degli antichi rituali funerari. SARDEGNAIMMAGINARE 91

METE E PAESAGGI DLEE“LSLACUGLRTOURTETA” BDAI SRBAANRTAA VIAGGIO INDIMENTICABILE NELLE VISCERE DELLA TERRA testo di Giovanna Frongia ILfoto di Alberto Monteverde (Parco Geominerario Storico Ambientale Sardegna) Il luogo è la Miniera di San Giovanni, nel territorio di Iglesias. L’anno è il 1952. Il mi- natore Luigi Mura, durante la realizzazione di un fornello, si fa largo in un vuoto nella roccia calcarea dove gli sembra di scorgere una maestosa cattedrale sotterranea. O al- meno è così che ai primi scopritori doveva apparire la grotta che oggi conosciamo con il nome di Santa Barbara, una delle più an- tiche al mondo, la cui prima formazione ri- salirebbe a circa 540 milioni di anni or sono. Una grande cavità naturale, dalle dimensioni di un campo da calcio, rischiarata soltanto dalla fioca fiammella della lampada ad aceti- lene e che attualmente è possibile ammirare, invece, illuminata da fari potentissimi. Questa è la versione ufficiale narrata dall’ar- cheologo Mattia Sanna Montanelli che, con sapienza e dovizia di particolari, accompa- gna i visitatori, provenienti da ogni parte del mondo, in un emozionante viaggio nelle vi- scere della terra. Ma la miniera di San Gio- vanni, in disuso dal 1998, anno in cui ven- 92 SARDEGNAIMMAGINARE

A fianco Stalagmiti di calcite all’ingresso della sala Sotto Visitatori sulla pas- serella che conduce al laghetto alla base della grotta Santa Barbara nero spente le pompe di eduzione di Monteponi, oltre alla grotta di Santa Barbara nasconde al suo interno un altro segreto, quasi una controstoria del suo rinvenimento. Nella versione dei fatti, raccontata da alcuni minatori che all’epoca lavoravano nella miniera, il signor Luigi Mura non potrebbe essere il vero scopritore. Non essendo un perforatore, infatti, ma un armatore, che ha come compito la mes- sa in sicurezza della miniera, non avrebbe potuto scoprirla durante un’attività di perforazione. Più verosimile è che sia stato lui a riferire al capo servizio della fantastica scoperta, prendendosi quindi, chissà se a ragione o a torto, il merito di questo ritrovamento. Qualunque sia la vera storia, questa meraviglia della natura rimasta protetta dalle viscere della terra, è ora visitabile con accessi rego- lamentati, dopo un lungo periodo di chiusura. Muniti di elmetti e di giacche per proteggersi dalle basse temperature del sottosuolo e trasportati a bordo di un trenino elettrico, ci si immerge nella vita dei minatori che ogni giorno percorrevano la Galleria Lheraud che si trova a quota 159 metri sopra il livello del mare. Durante il tragitto nel sottosuolo, si possono vedere gli strumenti utilizzati quotidiana- mente dai minatori, tra cui polvere da sparo, micce a combustione lenta, detonatori e tramogge, oltre che il residuo di minerale ancora presente sulle pareti della miniera. Il viaggio in treno finisce all’in- gresso del Pozzo Carolina che discende fino a 250 metri sotto il li- vello del mare ma che ora è possibile risalire con un ascensore che SARDEGNAIMMAGINARE 93

A fianco Colonna di calcite alta circa 25 mt che si stima formata in circa 2 milioni di anni Sotto La “culla”, così denominata a partire dalla forma della struttura e per le caratteristiche colate di calcite che ne segnano il profilo lateralmente, adagiate quasi come una trapunta su un lettino per bambini conduce alle scale per accedere alla Grotta di Santa Barbara. Qui si trova una statua della santa protettrice dei minatori, incastonata all’interno di un geode di ametista, quasi per ricordare ai visitatori di preservare quel con- templativo silenzio, suscitato dalla bellezza della natura. La grotta è costituita da un grande salone, alto oltre venticinque metri, costellato di colonne di stalattiti e splendide stalagmiti e fornisce un vero e proprio archivio di eventi geologici del territorio. Una meraviglia del- la natura, un geode di forma ellittica senza sbocchi o comunicazione con l’esterno, at- tualmente accessibile soltanto dall’interno della miniera. Trovandosi nel cuore della montagna, è rimasta inviolata per milioni di anni, garanzia di una tutela totale che ne ha preservato il valore e la bellezza e che con- sente di leggere circa 450 milioni di anni come in una sequenza. Oltre alle formazioni tipiche di grotta car- sica, come stalattiti e stalagmiti alte fino a venti metri, le sue pareti sono ricoperte da cristalli tabulari di barite bruno scuro. La loro formazione risale a circa sei milioni di anni or sono ed è dovuta alla risalita di acque idrotermali cariche di sali di bario che, rag- giunta la saturazione, hanno generato questi cristalli di barite. A guardarli da lontano ap- paiono come un manto di velluto che ricopre le pareti ma si tratta di un velluto lucido, cri- stallino e incorruttibile. Un fenomeno unico nel suo genere, poiché è raro che si verifichi- no le condizioni di saturazione tali per cui una grotta venga completamente ricoperta da questi cristalli. Allora vale davvero la pena attraversare la miniera di San Giovanni e arrivare fin nel cuore della montagna, per ammirare, non senza stupore, tanta maestosa bellezza e per contemplare in silenzio il sublime della natu- ra, col pensiero che la Sardegna non smette- rà mai di regalarci nuovi tesori, anche quelli più nascosti. 94 SARDEGNAIMMAGINARE

Cosmetici naturali realizzati nel Parco Nazionale dell’Asinara. Dalle piante della Sardegna, ricerca scientifica e prodotti di qualità. Scopri la nostra linea di cosmetici su: www.farmasinarashop.it

NOTIZIE DELL’ARIA DGELLI LO’ATETRAONPTO’ARNTONI DI ALGHERO 96 SARDEGNAIMMAGINARE

LO SCALO DI FERTILIA PROTAGONISTA NELLA STORIA DELL’AVIAZIONE ITALIANAtesto di Gabriele Sardu L’ovoide è ancora ben visibile nelle immagi- ni aeree. La forma originaria dell’aeroporto di Alghero si riconosce anche se quasi tutto è cambiato da quel 28 marzo 1938, quando venne inaugurato con una grande cerimo- nia. Ottant’anni di vita, di storie e avventure. LIn realtà di aerei in quella zona se n’erano già visti tanti nella vicina baia di Porto Conte dove ammaravano gli idrovolanti. Voli pio- neristici per collegare la Riviera del Corallo e, più in generale, la Sardegna settentrionale con la penisola. In piena epoca fascista, il Governo decise di dotare il nord ovest della Sardegna di una strategica base aerea di difesa. Sono questi gli anni eroici dell’aviazione, quando gli ae- roplani non utilizzavano una vera e propria pista di volo così com’è concepita e proget- tata oggi. I piloti, con pochi strumenti e tan- ta voglia di conquistare il cielo, orientavano controvento la prua del loro velivolo per de- collare in sicurezza. Negli uffici della palazzina comando sono custodite gelosamente le foto d’epoca dello scalo militare di Fertilia, dedicato alla meda- glia d’oro al valore Mario Aramu, aviatore cagliaritano che guidò la base algherese. Im- magini in cui si apprezzano le strutture aero- portuali in fase di completamento, gli hangar semidistrutti dal bombardamento alleato del 1943, gli accampamenti e la ricostruzione. Ma anche i momenti di relax di Antoine de Il T6 S2B 56 in volo su Capo Caccia

In alto Foto aerea Saint-Exùpery che, proprio ad Alghero, pre- dell’ovoide che caratteriz- stò servizio, prima di volare per la Corsica. È nel dopoguerra che Fertilia inizia a espan- zava gli scali del tempo dere il proprio aeroporto e ad affacciarsi nell’era moderna del trasporto: si asfalta la In alto a destra pista e compare il primo nucleo dello scalo Ingresso dell’aeroporto civile attuale. Si realizza un piccolo piazzale aeromobili sul lato opposto rispetto a quello militare, 1938 militare. Arrivi e partenze, smistamento ba- In basso a sinistra gagli e imbarchi avvengono nell’hangar dove oggi si trova il nucleo elicotteri dei Vigili del Il T6 Sl 38 fuoco. Si dovrà attendere fino al 1971 per la utilizzato nella scuola di prima aerostazione passeggeri, progettata dal grande architetto Antonio Simon Mossa. volo, sullo sfondo E, mentre la Riviera del Corallo richiama ve- Monte Doglia livoli carichi di turisti, soprattutto dall’Inghil- terra, nello scalo militare continua l’attività di supporto a caccia e bombardieri italiani e alleati. Nel 1965, in piena Guerra fredda, nel mare di Stintino incrociano le portaerei Forrestal, America e Shangri. Le derrate alimen- tari e i materiali destinati a bordo arrivavano all’aeroporto di Alghero. 98 SARDEGNAIMMAGINARE

SARDEGNAIMMAGINARE 99

I cieli di Fertilia ospitano, per anni, voli d’ad- destramento. Prima coi militari, dal 1952 fino al 1974, anno in cui la gloriosa scuola di volo, nonostante le rassicurazioni del ministro alla Difesa di allora, Giulio Andreotti, (giunto in Sardegna proprio per occuparsi della faccen- da), è chiusa e tutte le attività collegate sono trasferite a Latina. Successivamente con l’A- litalia che, per quasi un ventennio, forma i suoi piloti proprio ad Alghero a bordo degli SF 260, dei P166, dei Pa-42 Cheyenne III, sino alla definitiva chiusura nel 2007. Mentre cresce in maniera costante il traffico passeggeri per i primi dieci anni degli anni Duemila, lo scalo militare vive fasi alterne. Oggi lo scenario si è ribaltato. L’aeroporto civile, dopo l’abbandono di Ryanair, è tor- nato indietro di almeno dieci anni, perdendo decine di voli e migliaia di viaggiatori, men- tre l’attività dei militari è ripresa a pieno re- gime. Tra voli di Stato e collegamenti operati Sopra Antoine de Saint-Exupery ad Alghero durante la sua permanenza in Sardegna per completare l’adde- stramento sul Lockheed P 38 Lighting In alto al centro Corteo schierato per la visita del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Silvio napoli, 1961 100 SARDEGNAIMMAGINARE


Like this book? You can publish your book online for free in a few minutes!
Create your own flipbook