A cura di Joy BettiViaggi dialogici tra Italia e RomaniaLa cultura dinamica: un nuovo approcio alla condivisione dei saperiPrefazione di Patrizio RoversiPostfazione di Antonio Genovese
Tutti i diritti riservati.2011 © Turisti Non a Casowww.turistinonacaso.orgÈ vietata ogni riproduzione di questo volume anche parziale, non autorizzata.Progetto grafico: Leonardo FarinaFotografia di copertina: Luigi Storto
INDICEPrefazione7 Lo strano caso dei Turisti Non a Caso - di Patrizio RoversiPARTE PRIMA contributi di recerca e approfondimenti13 Progetto e metodologia di ricerca e risultati del questionario dialogico - di Joy Betti33 Pregiudizi e stereotipi sui romeni - di Gabriela Pentelescu43 Turismo e ricerca antropologica - di Chiara Cipollari53 La storia di Claudia - di Cristina Bezzi89 Le difficoltà di tramissione culturale tra Romania e Italia - di Mihai Mireca ButcovanPARTE SECONDA il viaggio109 Laggiù dove i viaggi riposano - di Federico Zannoni113 Diari emozionali e fotografie. Il viaggio nell’estate 2009 e 2010Postfazione153 Il viaggio, fra stereotipi, pregiudizi e scoperte di solidarietà - di Antonio Genovese162 Note biografiche agli autori
Prefazione Prefazione Lo strano caso dei Turisti Non a Caso di Patrizio Roversi (turista per caso)Quando ho saputo che c’era un gruppo di giovani studenti e ricercatori universitari chesi definivano «turisti non a caso» non l’ho presa bene: lì per lì ho pensato ad una citazionemalevola e critica del lavoro che – da circa 20 anni – stavamo facendo io e Syusy conil nostro marchio Turistipercaso. Già la nostra era una citazione (dall’omonimo filmdi Kasdan, a sua volta tratto dal romanzo della Tyler) e consisteva nel viaggiare econfezionare diari di viaggio filmati (che poi sarebbero diventati una serie TV) e scritti(che poi sarebbero diventati libri, guide, un sito e una rivista). Ma stavolta la citazionedella citazione (in negativo) mi sembrava polemica, quasi moralistica.Invece mi sbagliavo: quando finalmente ci siamo incontrati tutto si è chiarito. Anzi, inun certo senso dietro allo slogan «turisti non a caso» si cela probabilmente l’intenzionedi approfondire ulteriormente e consapevolmente la «filosofia» dei turistipercaso. Inrealtà ciò che per noi cinquantenni deve per forza celarsi dietro ad un velo di ironia enella nebbia dell’allusione, nelle intenzioni di questi ventenni diventa esplicito, in loroc’è l’intenzione di «fare dichiaratamente sul serio».Noi abbiamo voluto usare il vezzo e l’artificio di citare il Caso, per alleggerire il pesoideologico delle cose che facevamo (io-Patrizio sempre impegnato a trovare un sensoeconomico e politico alle cose che vedevamo in giro per il mondo, Syusy viceversasempre tesa a sottolineare le contraddizioni archeologico-misteriose che una storiografiascolastica spesso non ci spiega).Poi magari noi abbiamo sentito la necessità di sottolineare – come dice sempre Syusy –che il Caso è il primo e il più importante degli Dei, ma alla fine per noi il pericolo piùgrave era quello di essere presi troppo sul serio.Questi nuovi e giovani turisti-non-a-caso invece dimostrano di non avere questeremore: vogliono subito esplicitare le loro intenzioni. 7
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaE però le intenzioni – per noi e per loro – rimangono le stesse. E si possono sintetizzarecon una frase: cercare relazioni.Per tutti noi (e anche per molti di coloro che viaggiano e hanno viaggiato) il turismofinisce per diventare appunto occasione di relazioni. Relazioni umane, relazioniculturali, relazioni estetiche, relazioni sentimentali. E per i turisti-non-a-caso ilviaggio è occasione di studio sociologico: scelgono le mete per i loro contenuti culturalipiù profondi. Per noi invece, che abbiamo cominciato a viaggiare nei primi anni ’90,c’era bisogno di ammantare i nostri itinerari di citazioni letterarie, di fantasie a lungocoltivate: noi abbiamo anche voluto «cavarci delle voglie», andare a vedere i posti deinostri sogni (dalla Polinesia all’India, dal Polo Nord alle Piramidi, sulle tracce diGauguin e London, di Stevenson e Chatwin). Ma noi abbiamo dovuto imparare comesi prende un aereo, abbiamo voluto descrivere la diarrea del turista, siamo passati peril vissuto e la descrizione di un minimalismo turistico che corrispondeva ai sentimenticollettivi, in un momento in cui il turismo di massa stava nascendo. I nostri amicituristi-non-a-caso invece arrivano dopo, dopo il turismo di massa. Per loro, ventenni,che magari hanno studiato all’estero e conoscono le lingue, viaggiare non è più un gestoche ha valore in sé. Quindi non si tratta più del viaggio di esplorazione oppure delviaggio turistico-culturale tipo il nostro. Loro non hanno bisogno di mete esotiche, néparticolarmente belle o sognate e mitiche: per loro il viaggio è direttamente strumentodi conoscenza. Il viaggio come pratica concreta e quotidiana. È lo stesso per internet:noi cinquantenni internet abbiamo dovuto scoprirlo, magari l’abbiamo «inventato»,ora lo frequentiamo (il nostro sito turistipercaso.it fa un milione di utenti unici al mesee sul nostro sito velistipercaso.it stiamo impiantando una delle prime web-tv) ma ilweb non sarà mai la nostra dimensione naturale: per i ventenni invece i nuovi mediasono diventati un prolungamento della loro percezione. E per il viaggio è accaduto lostesso: per i miei giovani amici turisti-non-a-caso fare turismo non significa per forzapassare per la bellezza di un paesaggio o per la stranezza di una pietanza sconosciutao per l’analisi di un mistero archeologico. Per loro il viaggio è semplicemente studio,conoscenza, strumento. E questo libro lo dimostra. 8
Parte PrimaContributi di ricerca e approfondimenti a cura di Joy Betti
Progetto e metodologia di ricerca Progetto e metodologia di ricerca e risultati del questionario dialogico di Joy Betti«Una cultura è una struttura di significato che viaggia su reti di comunicazione nonlocalizzate in singoli territori»U. HannerzL’obiettivo dell’associazione di promozione culturale Turisti Non a Caso è diffonderela cultura dinamica.Ogni progetto dei Turisti Non a Caso si articola in tre viaggi.Il primo è detto di impatto, perché vi si raccolgono impressioni, sensazioni edinterazioni umane che aiutano a disegnare la mappa da seguire nel viaggio successivo.Il secondo viaggio è detto di ricerca. Tornati dal primo viaggio, i ragazzi rielaborano leesperienze vissute compilando un questionario che viene sottoposto ad un campionedi italiani – 200 individui – circa la loro percezione del paese oggetto di studio.La terza e ultima fase del progetto prevede il cosiddetto viaggio di reciprocità: unoscambio interculturale che serve ad acquisire una reciproca visione delle due comunitàin esame.Il viaggio di reciprocità effettuato in Romania si è articolato in due tappe.Nella prima abbiamo ospitato in Italia una decina di ragazzi romeni che hannocompiuto il viaggio di impatto sul modello di quelli già fatti da noi nel loro paese. Iragazzi, oltre ad incontrare sociologi, economisti, storici e politici, sono stati dotatidi telecamere e diari – chiamati diari emozionali – con cui hanno registrato leloro impressioni e percezioni. Questa tappa si è conclusa con un convegno in cui ipartecipanti allo scambio, sia rumeni che italiani, hanno discusso delle dinamiche diinterazione tra i rispettivi popoli assieme a persone incontrate e intervistate durante itre viaggi, ai membri di alcune associazioni e ad alcuni docenti universitari.Nella seconda tappa i ragazzi romeni ci hanno accompagnato in Romania per mostrarciciò che per loro è la cultura romena. Nello stesso periodo sono stati distribuiti iquestionari sulla cultura italiana rivolti alla popolazione romena.Il progetto si è concluso con le pubblicazioni video e cartacee tra cui v’è anche quellache proprio ora state leggendo. 13
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaLa «cultura dinamica»La cultura dinamica nasce dalla condivisione dei saperi accademici, collettivi edindividuali sottolineando l’importanza delle percezioni soggettive e riconoscendo illoro contributo come elemento innovativo.Lo scopo di diffondere la cultura dinamica è creare maggiore benessere socialerafforzando le relazioni tra le comunità.Gli strumenti di ricerca utilizzati sono: il viaggio, il questionario dialogico, le intervistedirette ed i diari emozionali.Lo sviluppo della cultura dinamica nei contesti in cui viviamo è indispensabile,particolarmente in questa fase storica in cui le istituzioni controllano tutte le sferedell’essere cittadino con la chiara volontà di occupare anche quella dell’attivismosociale, come testimoniano i molteplici festival della cultura, veri e propri palcosceniciper tecnici specializzati e grandi nomi.La cultura sembra sia solo l’espressione del sapere degli esperti e di coloro i quali,attraverso proclami ed assolutismi, hanno attivato i processi di generalizzazione e dicontrollo sociale operati in buona misura dai mass-media: una cultura statica, fredda,che non contempla la condivisione dei saperi e il valore della reciprocità tra la visionedell’individuo comune e quella dei frequentatori dei salotti culturali, dei centrifinanziari, accademici e politici.Questi ultimi hanno elargito le cosiddette politiche giovanili, un prodotto del pensierostatico in cui le problematiche vengono trattate come se i problemi fossero solamentedei giovani, quando è evidente che la prole di questa società è tenuta in cattività senzaalcuna prospettiva di futuro, in attesa che le vecchie generazioni esauriscano il propriociclo di vita. Ma l’individuo, con le sue caratteristiche ontologiche, non è anch’essoportatore di sapere?Lo sviluppo di saperi partecipati e condivisi, ossia di una cultura costituita dalladialogicità e dalle interazioni, sono elementi chiave per una società del benessere;benessere che viene realizzato da una corretta informazione e comunicazione in cui sivalorizzino le qualità dell’uomo.Caratteristica della cultura in movimento è il confronto delle visioni culturali, percettivee sentimentali. Solo valorizzando il confronto è possibile conoscere e riconoscerel’altro, il diverso, e creare le basi per un dialogo costruttivo e dinamico. L’incontrocon il diverso, o meglio con l’uguale ontologico, crea ricchezze, conflitti che de-strutturano o ristrutturano il nostro modo di essere, di percepirci e percepire l’altro.L’«altro» inteso non solo come il non conosciuto, ma conosciuto per le sue qualitàontologiche, ossia l’uguale ontologico, può suscitare paura.Il nostro «cono psicologico» è molto più ristretto quando si incontra il diverso e lapaura viene amplificata rispetto all’invariabile conosciuto. 14
Progetto e metodologia di ricercaÈ la variabile del diverso, del non conosciuto, che ci rende timorosi facendoci arroccarenell’invariabile. La paura è un elemento istintuale che ci permette di sopravvivere,di evitare rischi inutili, può renderci brillanti e aperti al futuro o può imbrigliarcial conosciuto. Questo sentimento è una componente ontologica molto «delicata»perchè, se mal «stimolata», può innescare comportamenti irrazionali e violenti.La paura deve essere valorizzata come componente ontologica dell’essere umano,in opposizione alla cultura del «duro-razionale-compiacente-bello». Deve essereascoltata, valorizzata positivamente e veicolata verso l’apertura al mondo. La paura èun ottimo strumento per dividere, per rendere impossibile la negoziazione fra partisociali, per giustificare l’utilizzo della forza coercitiva da parte di istituzioni politicheed economiche appartenenti alla cultura statica.È evidente come la comunicazione su uno dei tanti «casi» creati dal potere per potersiauto-leggittimare e per rendersi indispensabile agli occhi dei propri cittadini, quale«l’emergenza Rom», sia un tipico esempio di strumentalizzazione della paura e nondella sua «valorizzazione».La cultura statica permette di creare un quadro di riferimento che, se posto inrelazione con la cultura dinamica, è un elemento di ricchezza.La cultura dinamicavalorizza la paura, la sfida in maniera «intelligente», ossia con consapevolezza delle suepotenzialità e dei suoi pericoli.La gestione di questo sentimento permette lo sviluppo di una coscienza critica, quellapredisposta al confronto, a sperimentarsi e a sperimentare.Il viaggio come strumento di ricercaIl viaggio può essere uno strumento di ricerca atto a creare una dimensione, un luogodi discussione. Paradossalmente, il viaggio può essere un luogo statico di riflessione.Non è il movimento verso una meta che caratterizza il concetto di movimento delviaggio, ma è la predisposizione mentale, percettiva e sensoriale che lo rende dinamico.È la curiosità che stimola la dinamicità del muoverci. Il movimento è l’atto finalizzatoallo scopo, ma lo scopo non è noto perché troppe sono le variabili per stabilire unobiettivo. Viaggiare ti focalizza sul processo e non sulla meta.Le variabili, il non conosciuto, ti disorientano per poi trovare un nuovo orientamento.Essere straniero ti impone inesorabilmente di adattarti a liberarti con molta difficoltàdelle tue abitudini, del tuo quotidiano, dei tuoi saperi, del tuo linguaggio; ti imponeuna dimensione di ascolto sensibile, ti impone di ascoltarti e scoprire i tuoi limiti e isilenzi. Esplorare richiede coraggio, il coraggio di affrontare le avversità e il variabile,ma soprattutto il coraggio di affrontarti. 15
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaViaggiare ti impone l’introspezione, ti chiede di superarti, di sfidarti, ti costringe astare in un luogo statico di riflessione e, se si affronta l’avversità più grande di questaesperienza, ossia se stessi, al ritorno il bagaglio sarà più leggero e il proprio esseremonolitico assumerà poliedricità.Il viaggio è un mediatore, apportatore del parametro di incertezza, parametroindispensabile per affrontare il «diverso» – quindi per un ascolto più empatico– elemento di transizione da una visione monolitica a una poliedrica, ossia dall’ioall’altro, dall’individuo al gruppo.Il questionarioIl questionario non è utilizzato come strumento scientifico di analisi quantitativa oqualitativa, ma come strumento di interazione, di orientamento, per comprenderele percezioni, le opinioni e i ragionamenti di coloro che vogliono partecipare allaformazione di saperi collettivi. Lo scopo è utilizzare questo mezzo per dialogare,creando uno stato di continuità tra indagine e comunità.Il questionario non è utilizzato come strumento di studio generalizzato di individui,bensì come discussione con una comunità, con un quartiere, per coglierne lespecificità e la singolarità, riferendosi a spazi e tempi precisi.Lo scopo è quello di tentare di creare un cambiamento aumentando il benessereculturale di una comunità, di un quartiere o dei singoli individui.Il questionario è strutturato in tre aree, che comprendono la sezione di cultura generale,quella dell’approfondimento di tematiche di interesse e la sezione della soggettività.Durante il nostro progetto, circa 200 questionari sono stati distribuiti tramitebanchetti e per via email.Esito dei questionariCosa ne pensa l’italiano medio quando si parla della Romania e dei rumeni?A questo quesito l’associazione Turisti Non a Caso ha cercato di risponderesottoponendo a 200 italiani dai 10 agli 80 anni un questionario sulla cultura romena.Le immagini ricorrenti, soprattutto nella fascia tra i 19 e i 33 anni, sono quelle deicampi rom, della prostituzione e delle attività correlate alla delinquenza, oltre che delmito del conte Dracula. 16
Progetto e metodologia di ricercaQueste visioni stereotipate rimangono pressoché immutate anche tra gli intervistatidelle fasce d’età successive, che sembrano però avere un’idea più articolata dellasituazione socio-economica romena.La percezione generale, comunque, é quella di un paese estremamente povero conun’economia quasi esclusivamente agricola e con forti problemi di criminalità.La visione della donna è associata alla figura della prostituta e della badante; quasinessuna la concepisce come professionista, manager o come figura che gode di unacerta indipendenza economica.I personaggi celebri più citati legati alla Romania sono il dittatore comunista NicolaeCeausescu, la showgirl Ramona Badescu e il calciatore Adrian Mutu.È da evidenziare come l’associazione «Romania-microcriminalità» tenda ad indebolirsitra coloro che hanno avuto contatti diretti con i cittadini romeni, ovvero il 35% delcampione.Inoltre è da rilevare che circa l’80% del campione è interessato a fare un viaggio inRomania per turismo e per una maggiore conoscenza del paese.È chiaro che con un campione di 200 questionari non ci sono pretese di rigorestatistico, ma nonostante ciò crediamo che la ricerca rispecchi abbastanza la percezionemedia che in Italia si ha della Romania, ossia confusa e stereotipata; il questionarioin questo caso è stato utilizzato più come strumento di dialogo che come sondaggiovero e proprio. Partendo dall’analisi dei questionari dialogici sono state scelte quattrotematiche che verranno affrontate nei seguenti paragrafi: lo stereotipo che ricollegai romeni ai rom e alla delinquenza, la percezione della donna rumena, l’economiarumena ed il popolo Rom.Lo stereotipo: Rom-DelinquenzaAbbiamo riscontrato, dall’analisi dei questionari dialogici, che: L’immagine ricorrente, soprattutto nella fascia tra i 19 e i 33 anni, è quella dei campi rom. Questa visione stereotipata rimane pressoché immutate anche tra gli intervistati delle fasce d’età successive. La percezione generale, comunque, è quella di un paese con forti problemi di criminalità.Inoltre tra gli intervistati si è notata confusione tra il termine «romeno» e «rumeno».Ma esiste una differenza tra questi due termini?La confusione tra popolo romeno e rumeno nasce da un errore di terminologia, nonc’è nessuna differenza, solo un cambio di aggettivo. 17
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaIl problema casomai è un altro, l’identificazione del romeno con le popolazioni Rom,che qui in Romania sono chiamate Tzigani.Gli Tzigani sono identificati come un’etnia non di stirpe romena di influsso indo-europeo. Nel 1300-1400 ci fu un movimento di nomadi dal Pakistan verso l’Europaorientale; respinti dall’impero Ottomano riuscirono poi a stabilirsi in Romania.Si valutano oggi circa tre milioni di Tzigani in Romania. Girando per il paese siriconoscono facilmente le loro comunità, che qui non sono nomadi, ma hanno casecon tetti di ferro battuto, veri e propri villaggi Rom con sindaci Rom, che per unaserie di motivi non sono ancora riusciti ad integrarsi in questo Paese.Sulla reciproca visione che gli italiani hanno dei romeni e dei rom ce ne ha parlatoCiprian Necula, giornalista rom di cittadinanza romena che vive e lavora a Bucarest: Tnc: Innanzitutto vorremmo sapere qualcosa a proposito del suo ruolo di attivista e non solo di giornalista per i diritti dei rom. C.N.: Oltre ad essere giornalista, analista e attivista sociale, ho dato il mio contributo per alcune delle campagne contro i pregiudizi ed i problemi sociali legati alla xenofobia. Ho collaborato alla produzione di un programma televisivo per una rete pubblica di Bucarest, protestato contro le norme di sicurezza che prevedevano la registrazione delle impronte digitali dei cittadini rumeni residenti in Italia. Sono stato anche con una decina di giornalisti, sempre in Italia, travestito da rom, per cogliere le reazioni degli italiani al fenomeno gipsies e per comprendere qual è il livello di razzismo che normalmente si colloca all’interno di alcune frasi stereotipate: naturalmente abbiamo scoperto che ci sono un bel po’ di inesattezze. Primo soggetto della mia indagine è stato il sistema d’informazione mediatico italiano che anche agli occhi di un osservatore straniero appare chiaramente controllato da Berlusconi. È impressionante come il potere veicolato attraverso i media abbia obnubilato la mente degli italiani che continuano a sostenere, vedi la sua rielezione, il governo attuale. É impressionante e ricorda tristemente l’America di George W. Bush. Ovviamente non tutti i media trattano allo stesso modo il caso dei rom e dei rumeni; non è nelle mie intenzioni generalizzare ma voglio allo stesso tempo chiarire i miei stereotipi sull’Italia. Gli italiani votano Berlusconi e solo il 18% di loro legge i giornali. Tutto ciò, a mio avviso, è vergognoso! Soggiornando in Italia e parlando con la gente dei rom – o zingari, come a volte vengono chiamati da voi – mi sono accorto di quanto la gente sappia poco, pochissimo oserei dire. Li descrivono semplicemente come accattoni e ladri senza alcuna eccezione. In Italia ci sono rom chiamati sinti, i famosi giostrai, che vi risiedono da generazioni. Ci sono rom giunti dalla Jugoslavia che vivono in Italia da circa tredici anni la cui presenza è considerata ora piuttosto normale e ci sono adesso nuove ondate di rom che arrivano dalla Romania, dalla Bulgaria e dalla Moldavia; tutti questi gruppi eterogenei vengono semplicemente definiti «zingari» e considerati da voi italiani, senza troppi complimenti, dei criminali. 18
Progetto e metodologia di ricercaNon è già abbastanza per voi questa generalizzazione sulla Romania? Potrei elencare un saccodi stereotipi sull’Italia. Cos’è l’Italia per un rumeno? Mafia, calcio e pizza precisando chequest’ultima ha raggiunto fama mondiale non certo grazie a voi ma grazie agli Americani.Tnc: Il grande problema è quello di generalizzare sulle persone...C.N.: Direi di etichettarci come gruppi di persone.Tnc: Quando sei stato in Italia hai notato delle differenze nelle reazioni della gente?C.N.: Innanzitutto eravamo vestiti in modo stereotipato, con dei grossi anelli. In Romania ciavrebbero guardati con sospetto, qualche tassista sicuramente ci avrebbe negato il passaggio.In Italia è stato diverso; eravamo a Napoli... conoscete il posto no?.. sporco, immondizia,camorra... un posto singolare! La gente ha reagito molto positivamente, per la serie «Toh!Guarda questi spagnoli flamenchi». Quando poi abbiamo chiarito loro le nostre origini,qualcuno ha detto: «Ma come siete zingari e siete educati? Ma va, non è possibile. Voi sieteeducati, gli zingari invece non lo sono».In questo caso lo stereotipo era diverso, basato più sul livello culturale che sociale. In Romaniasono riconosciuti per il modo di vestire, la musica che ascoltano, l’architettura delle loro casementre in Italia i gipsies sono etichettati come tali per quello che fanno, fornendo così unageneralizzazione su di un’intera popolazione; ho notato anche che in Italia qualcuno confondei marocchini con i gipsies secondo il solo criterio «scuro-mendicante». Abbiamo analizzatonon solo le reazioni della gente comune ma anche quelle delle autorità e posso dire di avervisto un corpo di polizia peggiore di quello rumeno, per quanto qui in Romania le autoritàsiano poco considerate e il sistema poco efficace, ma migliore dal punto di vista organizzativo.Tnc: Quindi che cosa ne pensi della cultura italiana?C.N.: «Quale cultura? Sarebbe bello se davvero aveste una cultura.» ...rispose così un tale a cuichiesero cosa ne pensava della cultura occidentale.Non si può parlare di una cultura tout-court. In Italia avete molte influenze, molte nuoveculture che si stanno sviluppando, più che in Romania. Siete, come dire?... più colorati.C’è un vasto gruppo di persone che ha portato in Italia nuove prospettive... qui ad esempionon si vedono molti africani, di sicuro ce ne sono di più in Italia. La Romania ha appenainiziato a credere che possa esistere una Romania «nera» da quando, ad esempio, in alcuniprogrammi televisivi sono comparsi i primi rumeni di colore.Per quanto riguarda la cultura... di sicuro ci sono italiani famosi nel mondo per ciò che fannonel campo della musica, dell’arte e della letteratura ma ho anche conosciuto italiani che purvivendo a Roma non hanno mai visitato il Colosseo. Com’è possibile? 19
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaIo sono stato in Italia soprattutto per questo: per visitare i posti che meritano e completarela mia cultura europea. Voi avete un sacco di potenziale, molti turisti... ma ho paura che gliitaliani abbiano perso di vista il meglio dell’Italia. Le loro origini per esempio.Tutto questo influisce sulla storia. Avete avuto Mussolini e adesso ne avete scelto un altroche opera nello stesso modo. Questo è un segnale e mi chiedo se gli italiani abbiano questaconsapevolezza. Fanno mai riferimento alla loro storia ed alla loro cultura?Di sicuro tutto dipende da cosa si intende per cultura e per me la cultura non è altro che unmodo di vivere.Tnc: Cosa pensano i rumeni dei loro connazionali che vivono in Italia?C.N.: In Romania tutti pensano che nessuno sia migliore di loro e questo tipo di nazionalismosenza sfumature razziste è uno dei frutti della nostra storia.Pensano che l’Italia sia bella ma non più della Romania.Il vero conflitto culturale nasce quando i rumeni considerano gli italiani fortunati perchèapprezzano quello che hanno. In Spagna ad esempio c’è stato un programma di competizionecanora dove si sceglieva il cantante migliore. Il vincitore, un rumeno, è diventato l’orgoglionazionale ma se questa competizione si fosse svolta in Romania e avesse vinto lo stessopersonaggio certamente costui non avrebbe ricevuto lo stesso consenso. E questo perché?Perché non apprezziamo le persone del posto qui, non crediamo alla gente di qui, crediamoesclusivamente a quello che gli altri dicono di noi: se in Italia mi apprezzano in Romania saròuna star; se in Italia mi incolpano di qualcosa, qui lo faranno con più convinzione.Ancora più singolare è la considerazione che i rumeni residenti all’estero hanno dei loroconnazionali, definendoli pigri e sporchi.Tornando al nazionalismo rumeno quindi, non parliamo di un nazionalismo cieco, nonparliamo dell’orgoglio di essere rumeni; parliamo dell’avvilente e demotivante constatazionedi non essere mai stati padroni di noi stessi.Tnc: Perché pensi che i rumeni credano che chiunque sia migliore di loro?C.N.: Analizzando la nostra storia non è difficile immaginarne il motivo. La Romania è statasotto l’impero turco, poi sotto quello Austro-ungarico. Ha subìto il dominio degli slavi, deitedeschi e dei comunisti ed ora della Unione Europea.La Romania non ha mai governato la Romania, siamo sempre stati più deboli degli altri.Potrei concludere affermando che esistono due tipi di mentalità politica: quella dei padroni equella degli schiavi. Bene, noi possediamo quella degli schiavi.Tnc: Le cause sono legate a questioni economiche? 20
Progetto e metodologia di ricerca C.N.: Non credo… ovviamente la Romania non è esclusivamente così, ci sono anche rumeni fieri del fatto di essere rumeni. Benché questo sia un approccio di destra, non è un nazionalismo di estrema destra, non è nemmeno nazionalismo di tipo francese, o quello della lega nord. Il nostro nazionalismo è una specie di mix tra nazionalismo di destra, di sinistra e nazionalismo ereditato forse anche dal comunismo.Interessante a questo proposito, ciò che Gabriela Pentelescu fa notare (vedi p. 35)analizzando il dossier pubblicato dalla Caritas Migrantes nel 2010, che dimostra comenon esista una relazione tra l’aumento della popolazione straniera – e in particolarerumena – in Italia e i tassi di criminalità registrati.Secondo quanto ci dice Ciprian Necula, anche i rumeni hanno i loro eroi: Eimnesku,per esempio, comunista ed antisemita del XIX secolo. Sui libri si leggono di lui solonotizie positive e adesso è un eroe nazionale; non molta gente sa che era un violentonazionalista.Hanno anche avuto persone distintesi per buone cause come il dottor Paulesku,scopritore dell’insulina. Costui salvò moltissime persone ma non gli fu attribuitonessun riconoscimento, anzi, ad essere premiati per la stessa invenzione furono duecanadesi e Paulesku, rivendicando la sua scoperta, non fu creduto.L’economia romenaL’esito del questionario dialogico è stato che: La percezione generale, comunque, è quella di un Paese estremamente povero con un’economia quasi esclusivamente agricolaAltri dati interessanti sono emersi dalla nostra intervista all’ambasciatore italiano aBucarest, Mario Cospito. Con lui abbiamo affrontato il tema dell’integrazione dellaRomania nell’Unione Europea e dell’economia di questo paese.Ecco quanto ci ha detto: Nel giro di pochi anni, la comunità romena in Italia è passata da poche migliaia a circa 1.200.000 unità: si tratta del più grande fenomeno migratorio di cui si ha notizia negli anni recenti, un paese che vede trasferire in blocco circa il 5% della sua popolazione in Italia. 21
Viaggi dialogici tra Italia e Romania Giornalmente sono 3.000 i camion e gli autobus che attraversano le due frontiere. Ai 1.200.000 di rumeni che vivono in Italia fanno da contraltare circa 200.000 italiani che giornalmente sono in Romania per affari , turismo e cultura. Quando si parla di Romania, inoltre, si guarda alle grandi potenzialità economiche che questo paese ha offerto all’economia e alle imprese italiane. Oggi la produzione italiana in Romania si sta assestando su livelli molto elevati: meccanica, componentistica, elettronica senza dimenticare la presenza delle grandi imprese. La più grande impresa italiana presente è l’Enel, che gestisce la distribuzione di elettricità in metà del paese. Poi la Pirelli. Il calo del consenso che i rumeni hanno nei confronti dell’integrazione della Romania nell’Unione Europea è dato dal fatto che il cittadino rumeno non ha riscontrato nessun beneficio sulla propria vita da quando è nell’Unione Europea. Mentre noi in Italia, dopo 50 anni di appartenenza alla U.E. abbiamo goduto di tali benefici, i rumeni non hanno potuto usufruirne.In un piccolo villaggio nei pressi di Arad abbiamo invece incontrato Christian, ungiovane svizzero che ha deciso di immigrare in Romania.Abbiamo raccolto le sue impressione e soprattutto le motivazioni che lo hanno spintoa trasferirsi in Romania tra cui la difficoltà dei giovani dei paesi sviluppati di potersicostruire un futuro: Tnc: La prima impressione che hai avuto della Romania? Christian: La prima idea che ho avuto della Romania è stata quella di un paese molto povero, è questa l’immagine che ne ha la Svizzera; se poi vieni qui, naturalmente ne vedi un sacco di gente povera, ma nonostante questo penso che la Romania abbia un grande potenziale. Quello che ho visto è stato un potenziale per quanto riguarda appunto l’agricoltura. In svizzera volevo lavorare come agricoltore ma non è stato possibile perché la mia famiglia non possedeva nessun terreno, e in svizzera se la tua famiglia non possiede un terreno diventa molto difficile lavorare nell’agricoltura. Tnc: Perchè hai scelto di trasferirti in Romania? Christian: La vita qui è molto più semplice; in Svizzera, come anche in Germania, in Italia e in tutta l’Europa occidentale, raggiungiamo dei livelli che ci allontanano dalla realtà... i risultati poi si vedono, pensa alla crisi economico-finanziaria di tutto l’Occidente. Quello che abbiamo in Europa occidentale non è costruito su qualcosa di reale, esiste una sorta di virtualizzazione del mondo e tutto è iniziato col denaro… Nel sistema occidentale l’economia deve crescere ogni giorno di più, altrimenti non sta funzionando, bisogna stampare soldi su soldi su soldi… 22
Progetto e metodologia di ricerca Adesso il problema è questo: negli anni ‘70 avevamo un modello basato sull’oro, c’erano l’oro e il denaro, sapevi che la quantità di denaro che avevi in banca corrispondeva alla stessa quantità di oro deposto allo stesso modo in banca, adesso si stampa il denaro ma non c’è più l’oro, questo è stato l’inizio del crollo che stiamo avvertendo ora e della virtualizzazione di cui parlavamo prima, senza questa virtualizzazione sarebbe stato impossibile per le persone diventare così ricche, mentre altra gente che non ha avuto nessun contatto con questo sistema ha continuato a lavorare la terra e a viverne al di fuori subendone comunque il disagio.L’industrializzazione forzata del passato è stata per anni un settore trainantedell`economia rumena, in particolare l’industria pesante, della raffinazione e delpetrolchimico, che scontano le conseguenze di gravi ritardi tecnologici.L’agricoltura è penalizzata da condizioni climatiche spesso avverse e la sua incidenzasulla formazione del PIL della nazione è in calo.Il settore dei servizi e quello delle costruzioni presentano buone possibilità di sviluppoaccrescendo la loro quota di formazione del Pil.È poi rilevante constatare che la Romania rappresenta uno dei più importanti partnercommerciali dell’Italia nell’Europa dell’est. Dal 2007 il saldo in bilancia risulta positivoper l’Italia ma in diminuzione costante. L’andamento delle esportazioni italiane è inforte flessione, passando dai 6.219.599.061 euro del 2008 ai 4.033.242.413 euro del2009. Nel biennio 2008-2009 le importazioni, invece, sono state pari rispettivamentea 4.379.415.975 euro e 3.695.579.112.Attualmente il primo partner commerciale della Romania è la Germania.I principali prodotti che la Romania importa dall’Italia sono stati: tessuti – esclusitessuti a maglia e all’uncinetto e rivestimenti tessili per pavimenti – cuoio e pelleconciati e preparati, pellicce tinte e preparate, calzature, prodotti della preparazione efilatura di fibre tessili e altri articoli in materie plastiche. I principali prodotti che laRomania esporta verso l’Italia sono invece: abbigliamento esterno, calzature, tabaccoe autoveicoli. Da dove nasce la relazione storico-economica tra rumeni ed italiani?La prima fase ha inizio diverso tempo prima della grande guerra e si differenziadalle altre per il suo flusso migratorio a senso unico. Interi gruppi di operai italianiprovenienti dalle principali regioni del nord Italia si trasferivano in Romania percontribuire all’ammodernamento dello stato romeno in quegli anni.Numerosi edifici pubblici in Romania costruiti prima della grande guerra hannogoduto del contributo della forza lavoro degli operai italiani.Tra le opere più importantiricordiamo: la vecchia sede della Camera dei Deputati, il Palazzo Comunale di Buzau,il Teatro Nazionale di Iasi, così come ponti, linee ferroviarie, strade e tunnel. 23
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaLa loro consistente e costante presenza sul territorio romeno ha contribuito alperfezionamento delle tecnologie autoctone e ha lasciato tracce individuabili ancoraoggi.La seconda fase di scambio riguarda l’emigrazione dei romeni in Italia dopo larivoluzione dell’89 e contemporaneamente quella di alcune importanti realtàeconomiche ed industriali italiane in Romania.Con la caduta del regime, sono state chiuse le fabbriche in cui gli operai romenilavoravano e molti di coloro che non sono sopravvissuti al passaggio da una economiapianificata e centralizzata a una economia di mercato, si sono trasformati con iltempo in pendolari transnazionali pur di conservare quello status economico e socialerelativamente privilegiato. Dopo la caduta di Ceausescu si è aperto ufficialmente ilperiodo della delocalizzazione di alcune piccole e medie imprese italiane in Romaniaattratte dalla manodopera a basso prezzo.In realtà L’Italia è sempre stata uno dei principali investitori in Romania. Sotto ilregime di Ceausescu la presenza italiana era soprattutto caratterizzata da grossi gruppiindustriali che operavano nel settore della realizzazione di grandi impianti, tra questialcune società dell’Eni, ed in particolare il Gruppo Ansaldo che cominciò la sua attivitàcontribuendo alla costruzione della centrale nucleare di Cernavoda 9, e Italstrade, cheha costruito l’Aeroporto di Bucarest Hanri Coanda.La terza fase è quella che si registra negli anni 2000 e che riguarda principalmenteaspetti di natura economica ed imprenditoriale. Già nel 2000 si poteva dire che ilcontributo degli immigrati romeni al sistema produttivo italiano andava assumendosempre più un carattere strutturale. Così molti romeni, per lo più giovani neo-laureati,operai, ma anche studenti, sono arrivati in Italia numerosi, a causa anche della difficilecongiuntura economica del paese e perché attratti dalla possibilità di un lavoro e diun guadagno nettamente superiore. Alla fine del 2003 la Romania risultava, secondoil Ministero dell’Interno, il paese maggiormente rappresentato tra gli stranieri titolaridi permesso di soggiorno – quasi 240.000 romeni.La quarta ed ultima fase coincide inevitabilmente con l’ingresso della Romanianell’U.E. che, se da una parte ha fatto registrare una forte crescita di romeni diretti inItalia, dall’altra ha messo in luce un moderno ed interessante flusso di alcuni particolarigruppi dall’Italia in Romania. Per esempio, uno dei più importanti stabilimentidell’azienda Geox è situato a Timișoara. 24
Progetto e metodologia di ricercaPercezione della donna romenaEcco quanto è emerso dal solito questionario dialogico: Le donne romene sono associate quasi esclusivamente alle figure della badante o della prostituta: quasi nessuno le concepisce come professioniste, manager o come donne indipendenti. Tra i personaggi celebri legati alla Romania, i più citati sono il defunto dittatore comunista Nicolae Ceausescu, la showgirl Ramona Badescu e Adrian Mutu, attaccante in forza al Cesena.Abbiamo intervistato, a tal proposito, Mariana Petersel, presidente dell’associazioneGeneratie Tanara, che si occupa di vittime della tratta con sede a Timișoara: Tnc: Secondo la tua esperienza, qual è la correlazione tra immigrazione rumena in Italia e prostituzione? M.P.: Credo che si stia assistendo alla terza guerra mondiale, quella dell’immigrazione in cui degli «uomini» strappano alle famiglie ragazzine di 13-14 anni con il solo intento di sfruttarle, ragazzine che potrebbero essere le loro figlie. Noi lavoriamo con il servizio sociale internazionale, così possiamo cooperare con i diversi paesi che ci inviano richieste di indagini sulle ragazze trovate in strada a prostituirsi. Il traffico di esseri umani comunque non riguarda più solo la prostituzione: c’è lo sfruttamento dei minori a scopo sessuale ed il lavoro nero. La realtà è che i trafficanti non potrebbero operare se non avessero nell’amministrazione statale qualcuno che li faciliti. Sembra quasi che non ci sia la volontà politica di bloccare questo fenomeno perché è un affare molto redditizio, che produce addirittura più soldi del traffico di droga. Pensate solo a questo: se una ragazza fa 500-600 euro a notte, con dieci ragazze uno sfruttatore può diventare un uomo molto ricco. Tnc: È vero che ci sono ragazze che scelgono di prostituirsi liberamente? M.P.: Le ragazze non nascono prostitute. Ma quando non vanno a scuola, quando non hanno una qualifica professionale, quando in famiglia non sono rispettate, l’unica possibilità di fare soldi è il sesso. Loro non capiscono che questa è prostituzione; capiscono solo che attraverso il sesso, se non succede niente di grave, possono guadagnare soldi. Alcune ragazze si sacrificano per mantenere i fratelli più piccoli che non hanno niente da mangiare. Ho avuto molti casi di ragazze che mi dicono «io non voglio niente, voglio solo aiutare le sorelle più piccole perché possano andare a scuola». So solo che quando hanno la possibilità di scegliere non scelgono certo la prostituzione. 25
Viaggi dialogici tra Italia e Romania Tnc: discutiamo sulla libertà di prostituirsi... M.P.: Per i diritti dell’uomo io devo difendere coloro che vogliono prostituirsi. Il mio obbligo è chiarire loro che in Italia la legge punisce questo tipo di attività. Ma in realtà il problema non è l’atto di prostituirsi in sé, ma se la ragazza è sfruttata oppure no e se i soldi che guadagna sono suoi oppure sono soldi destinati agli sfruttatori. Poi dobbiamo parlare del mercato che è formato dalla richiesta e dall’offerta e quando c’è richiesta l’offerta si trova. Tnc: ...e l’istituzione matrimonio? M.P.: Dobbiamo riflettere anche sui motivi del fenomeno della prostituzione facendo la radiografia dell’istituzione matrimonio. Il matrimonio è probabilmente l’istituzione che è più contro il diritto dell’uomo. Tnc: In che senso? M.P.: Nel senso che gli uomini in casa non si confrontano ma vogliono che il partner faccia quello che loro vogliono che faccia. Non lasciano il partner libero di decidere sulla propria vita. Inoltre i bisogni sono diversi; gli uomini hanno fantasie diverse, ci sono vari problemi che ignoriamo volutamente. La chiesa dice che è così che deve essere e noi accettiamo acriticamente. Così il venerdì l’aeroporto si affolla di italiani che vanno a prostitute. Poi domenica mattina gli italiani ritornano a casa mentre le mogli aspettano in chiesa a pregare. Siamo ipocriti.Secondo l’ambasciatore Mario Cospito si tratta di un fenomeno differente dal turismosessuale infatti: In questo paese gli italiani non sono venuti, e non vengono, per turismo sessuale se per turismo sessuale intendiamo ciò che accade in Thailandia, in Cambogia, in Brasile. Diversa è la questione se parliamo degli italiani che vengono e si stabiliscono, lavorano in Romania e trovano delle compagne. Questo è un altro discorso: essendo qui la popolazione femminile nella media molto bella e venendo qui gli imprenditori italiani, in molte aree del paese, dal lunedì al venerdì per tornare a casa nel fine settimana, è molto frequente il caso che si avvicinino alle donne rumene, ma non per uno sfruttamento sessuale, ci convivono. Qui ci sono migliaia di coppie «di fatto» tra uomini italiani e donne rumene, nel senso che convivono assieme per anni o anche per sempre anche senza un matrimonio. Ma non nel senso negativo del termine «sfruttamento sessuale». Certo, per chi ha determinati valori religiosi anche questo è negativo perché tu lasci una famiglia, una moglie in Italia, però questa è una questione di diversi punti di vista. 26
Progetto e metodologia di ricercaLe vittime di tratta per scopi sessuali giunte sul territorio italiano tra il 2000 e il 2007sono stimate in circa 80.000. Oltre 54.000 hanno raggiunto in qualche modo i servizisociali, legali e sanitari presenti sul territorio.Secondo alcune stime del 31 dicembre 2007, sono presenti sul territorio circa 25-30.000 prostitute per alcuni rilevamenti, 20-40.000 per altri. Metà di queste è ancorasulla strada, l’altra metà ormai ha scelto come luoghi di incontro la casa, il pub, ilgiardino, il night, e come strumenti di appuntamento il telefono e internet.Sessantuno sono i paesi di origine delle persone vittime di tratta, nel 99,9% donne,che hanno beneficiato dei permessi di soggiorno per protezione sociale. La stragrandemaggioranza delle donne, però, pari all’ 80%, proviene da cinque nazioni: Nigeria23,3%, Romania 18,7%, Moldavia 15,1%, Albania 12,2% e Ucraina 10,2%.Guardando i dati delle procure, vediamo che le vittime riconosciute, oltre che italiane,sono donne provenienti da 25 Paesi del mondo, con una priorità statistica tra il 2004e il 2007 di donne provenienti dalla Romania, dall’Albania, dalla Nigeria.Dal 2005 è apparsa sulla scena delle vittime di tratta – sia donne che minori – al terzoposto, la Cina. Nel 2006 e 2007 è forte la presenza di vittime dalla Macedonia e dallaSerbia-Montenegro. Guardando i 402 rimpatriati tra il 2001 ed il 2007 vediamo chele vittime riguardavano 39 Paesi: 241 sono state rimpatriate in 38 Paesi e 252 nellasola Romania.Nonostante tutto questo, la donna in Romania è in una situazione più avanzata anchedi un paese come l’Italia, il tasso di occupazione femminile è tra i più elevati in Europae anche nel nucleo famigliare la donna riveste un ruolo fondamentale. Tale ruolo delladonna in Romania ha aiutato tantissimo durante il periodo del comunismo e delladittatura di Ceausescu, ma rimane importante anche in questi anni.La donna, nell’ambito della società rumena, ha un ruolo più stabile rispetto a quellomaschile e non è un caso che la maggior parte delle persone che emigrano dalla Romaniasono donne, sono persone in età lavorativa, hanno un mestiere e una certa esperienzae vanno in Italia o in Spagna, che sono i due grandi serbatoi dell’emigrazione, per farele infermiere o le badanti.Perché in Italia le badanti sono sopratutto romene? Perché gli italiani hanno fattoesperienza con altri paesi ma alla fine hanno trovato nelle romene le persone su cuiavere più fiducia, e già questo la dica lunga se noi italiani, popolo attento a questecose, ritroviamo nelle romene persone a cui lasciare i nostri cari e anziani: significa chela donna in questo paese esercita un ruolo importante ed affidabile.Nel 1980 il numero di donne impegnate nella vita economica del paese era tre voltemaggiore rispetto agli anni ‘60 e superava del 12% il tasso medio dei paesi «capitalisti». 27
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaAttualmente le donne rappresentano il 46,2% della forza lavoro: il 32,8% sonocasalinghe, il 14% lavoratrici, il 3,7% disoccupate, il restante 1,2% è rappresentatoda lavoratrici autonome. [tab. A e B]Nella vita politica le donne rappresentano l’11.3% al parlamento e il 5.8% al senato.La media negli altri paesi europei è del 24% e il 31% nell’Unione Europea.Tra le donne celebri di origine romena, vale la pena citarne alcune.Herta Müller (Niţchidorf, 17/08/1953), vincitrice del Premio Nobel per la letteraturanel 2009, è nota per aver scritto alcuni libri sulle condizioni di vita in Romaniadurante la dittatura di Nicolae Ceausescu.Sofia Ionescu Ogrezeanu (25/04/1920 – 21/03/2008), è stata la prima donnaneurochirurgo. Ha lavorato 47 anni presso l’Ospedale neurologico di Bucarest.Nel 1944 fa il primo intervento neurochirurgico. Nel 1970 scopre di essere l’unicadonna specializzata in neurochirurgia in quanto una delle moglie dello sceicco diAbu Dhabi necessita di un intervento neurochirurgico effettuabile solo da una donnamedico. Finisce la sua carriera nel 1990 a causa di problemi alla vista.Le caratteristiche del brand Romania da valorizzareNella cultura dinamica è fondamentale il confronto tra le parti. Capire quali sono glielementi che accomunano diverse comunità e le problematicità che sorgono duranteil dialogo sono passi necessari per affrontare la complessità. Lo scopo della culturadinamica, nonché quello della associazione Turisti Non a Caso, è di stimolare a porsidomande a cui ogni singolo individuo trova possibili risposte e non quello di elargiresoluzioni, valori o ideologie.Durante un focus group dei rappresentanti della comunità romena in Italia, svoltosialla Fondazione Università IULM sotto la conduzione di Lorenzo Bernorio, sonoemerse diverse considerazioni: - I partecipanti respingono con forza e orgoglio l’immagine di arretratezza che emerge dai sondaggi; esistono differenze culturali che però sono da valorizzare come diversità che arricchiscono e non come arretratezza. - Viene valorizzata la laboriosità dei romeni portando come esempio la loro opera all’interno dei cantieri edili. Connessa alla laboriosità viene riferita l’umiltà come capacità di non scoraggiarsi, ma di rimboccarsi le maniche sopportando anche situazione difficili e fortemente penalizzanti. 28
Progetto e metodologia di ricerca Sul piano professionale viene poi rappresentata anche la capacita dei romeni di “sapersela cavare in ogni situazione” che può positivamente esprimersi come attitudine al problem solving, ma anche negativamente come mancanza di professionalità. A controprova vengono portati gli esempi di grandi programmatori informatici, le buone doti relazionali dei romeni, la capacità di apprendere facilmente altre lingue, la forte tenacità e la grande capacità di adattarsi. Quando messo in delle buone condizioni lavorative, il romeno dà il meglio di sé, risolve i problemi. - Viene poi espressa la fedeltà delle donne romene che lavorano presso le famiglie italiane, alle quali si consegna ciò che si ha di più prezioso: gli anziani e i bambini. Altro elemento che rappresenta la dedizione dei romeni è il positivo inserimento di lavoratori e lavoratrici romeni all’interno delle strutture socio-assistenziali. - Viene sottolineata anche la dimensione religiosa dei romeni, aspetto che solo raramente viene tematizzato e valorizzato: “i romeni sono persone con un atteggiamento religioso molto forte”. Le chiese inoltre sono un punto di riferimento per le comunità: luogo di incontro, di riappropriazione delle proprie radici culturali, simboliche e relazionali “però nei media non si è mai parlato di loro”. - Un altro valore molto forte identificato è la famiglia. A controprova sono citati i numerosi matrimoni misti che evidenziano come ci sia consonanza di valori tra italiani e romeni sul tema della famiglia: “molti italiani sposano le donne romene perché si dedicano agli altri con amore, è un valore da mediatizzare”.In ultimo è da rilevare, come sottolinea l’ambasciatore Mario Cospito: La comune origine latina, sulla quale i romeni ci tengono molto di più degli italiani. Basti pensare allo stesso nome del paese, la cui radice deriva da Roma; ogni città rumena ha e custodisce gelosamente una statua della lupa capitolina. Bucarest è una città che non sembra ma che in realtà è molto viva, la musica, il teatro, l’opera, l’arte in generale qui sono molto seguiti. A settembre si svolgerà uno dei più importanti festival musicali europei: il festival Enescu. Enescu è il più grande musicista di questo paese. Quindi sul fronte culturale anche ci potrebbero essere molti più contatti tra Italia e Romania. Quindi questo è un quadro della Romania. Come ultima annotazione, ovviamente, il punto di svolta di questo paese è stato nel 2007 quando è entrato nell’Unione Europea. L’ingresso nell’Unione Europea da parte della Romania ha dato a questo paese e a questo popolo una spinta fondamentale. C’è molto ancora da fare sopratutto nel settore dell’amministrazione, delle infrastrutture, eccetera, ma la Romania e i rumeni contano moltissimo sull’Europa. 29
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaCome possiamo descrivere con poche parole la Romania?Per Mariana Pentelescu: la Romania è bella e piena di risorse, ma senza una legislazione in grado di sviluppare il paese. Le risorse economiche sono nelle mani di una minoranza che si arricchisce mentre la maggioranza, a cui sono destinate le briciole, non riesce a fare sentire la sua voce e difendere in propri diritti.Secondo Mario Cospito: gli italiani devono riconoscere che l’amore che questo paese prova per l’Italia non è ricambiato, ma se questo è un difetto, è un difetto nostro. In Romania ovunque si parli di italianità si è corrisposti da un’enorme affetto. Poi la semplicità della gente, questo è un paese contadino, e in quanto tale ha mantenuto dei valori umani buoni. La terza cosa è la grande cultura, nonostante gli anni del comunismo, è un paese che nella media della popolazione segue arte, musica, teatro. La cultura è un elemento importante, qui in Romania. La bellezza del territorio, il delta del Danubio per esempio, che ancora oggi potete ritrovare esattamente come poteva essere tremila anni fa, intatto. L’ultima cosa è la religiosità, perfino il comunismo e Ceausescu non sono riusciti ad annichilire la religione, che qui è ortodossa. Qui un qualsiasi giovane che passa davanti ad una chiesa si fa tre volte il segno della croce. Vi immaginate la stessa cosa in Italia? La cosa negativa, se proprio ne devo trovare una, è la politica, che dovrebbe fare l’interesse della gente, perché questo è un paese che ne ha estremamente bisogno e che se riuscisse a trovare una classe dirigente in grado di valorizzarne le potenzialità potrebbe davvero fare un grande salto di qualità.Per noi è un posto da visitare un’opportunità per comprendere come la realtà siaestremamente differente da come ci viene raccontata dai mass-media, dai libri e dal«sentito dire». Per scoprire la dolcezza e la conflittualità di un paese che vuole crescere.Di un popolo che a tentoni cerca di trovare la sua espressione. 30
Progetto e metodologia di ricercaTabelle 80
70
60
Industria
leggera
50
Sanità
40
Educazione
30
Commercio
20
10
0
Tab A: Percentuale di forza lavoro femminile nei principali settori nel 1980.80
Sanità
e
assistenza
sociale
70
Educazione
60
Finanze
50
Turismo
40
30
Commercio
20
Telecomunicazioni
10
Agricoltura
0
Tab B: Percentuale di forza lavoro femminile nei principali settori ai nostri giorni 31
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaÈ notevole come l’associazione Romania-microcriminalità tenda a indebolirsi tra quantihanno avuto contatti diretti con cittadini di origine romena, ovvero il 35% del campione.Inoltre è interessante che circa l’80% del campione è interessato a fare un viaggio inRomania «per turismo e per una maggiore conoscenza del paese». 32
Pregiudizi e stereotipi sui romeni Pregiudizi e stereotipi sui romeni di Gabriela PentelescuPiaccia o meno, con più di un milione e duecentomila presenze, i romeni formano inItalia la comunità più grande d’immigrati. Inevitabilmente, questa cifra fa sì che essisiano presenti più degli altri stranieri nelle cronache, sui giornali o in tv. Basta fare unasemplice ricerca: scrivere la parola romeno su Google news e il risultato è una sfilza dinotizie con protagonisti romeni.Ecco qualche esempio: «Omicidio durante compleanno arrestato sospetto omicida (LaRepubblica – 29 settembre 2010) la vittima, un romeno di 32 anni, aveva chiestoad un connazionale di non infastidire una ragazzina di 15 anni e per questo è statoammazzato a coltellate»; «Roma: accoltella connazionale per una donna, arrestato romeno(Libero-News.it – 28 settembre 2010) Adnkronos: la polizia ferroviaria ha arrestatoun romeno per aver accoltellato un connazionale sul marciapiede di un binario dellastazione di Roma»; «Piazza Venezia, controlli antiborseggio: 8 arresti (La Repubblica– 29 settembre) i carabinieri del Nucleo Radiomobile di Roma hanno fermato unaltro romeno, pregiudicato, di 35 anni, dopo aver rubato il portafogli ad una suaconnazionale»; «Festa di compleanno tra romeni: muore un 32enne (NotiziarioItaliano.it – 27 settembre 2010) Aprilia: finisce in tragedia il festeggiamento di un compleannotra romeni. Durante la festa scoppia una rissa ed un uomo muore accoltellato»;«Massacrarono barista alla Magliana: preso il quinto romeno (Il Messaggero – 26settembre 2010) Roma: i carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno arrestatoil quinto componente della banda di romeni»; Romeno annega in mare in Calabria(ANSA.it – 26 settembre 2010) il romeno era in acqua con due connazionali, nelmomento in cui si e’ trovato in difficoltà a causa delle condizioni proibitive del mare»;«Arrestato latitante romeno a Ventimiglia (ANSA.it – 25 settembre 2010) un latitanteromeno, Ciprian Pohondicaru, 30 anni, con precedenti per omicidio colpito da unmandato d’arresto».All’inizio del 2011 la situazione era quasi identica. 33
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaLa cittadinanza rimane sempre nel titolo della notizia: «Denunciato cittadino romenoper rapina e ricettazione (ArezzoWeb.it – 7 gennaio 2011) i Carabinieri della Stazionedi Monte San Savino, a conclusione delle indagini, hanno denunciato all’AG unromeno per rapina e ricettazione»; «Tenta di investire il negoziante per rubare un BabboNatale (La Repubblica – 05 gennaio2011) per questo un quarantanovenne romenoè stato denunciato per rapina dai carabinieri, a Monte San Savino»; «Prostituzione:arrestato romeno ricercato (AltaRimini – 05 gennaio 2011) un romeno di 36 anni,Gheorghe Enciu, è stato arrestato a Madrid perché ritenuto coinvolto in un girodi prostituzione smantellato a Riccione»; «Rimini Stalking: perseguitava ex, arrestatoromeno nel vicentino (ANSA.it – 03 gennaio 2011) un romeno, Viorel Vasiliu di 44anni, residente a Lonigo (Vicenza), è stato arrestato dai carabinieri perche’ avrebbemolestato ripetutamente e in modo insistito la ex compagna»; «Lite per eredità, romenoaccoltella padre e fratello (ANSA.it – 01 gennaio 2011) Tragedia sfiorata la notte scorsaa Cheremule, dove un romeno di 26 anni ha ferito a coltellate il padre e il fratello».Sembra che «il romeno» sia dappertutto e non c’è da meravigliarsi che molti italianisiano tentati di generalizzare, di pensare che i membri di questa comunità siano ipeggiori in assoluto. «Abbi pazienza, potresti dirmi perché i romeni sono cosi violenti?Ho visto in televisione che cosa hanno fatto ieri i rom», mi chiedeva qualche tempofa una persona che non può essere nemmeno lontanamente sospettata di razzismo.E questo semplicemente perché era uscita un’altra notizia negativa che vedeva comeprotagonisti dei miei connazionali. I colpevoli dell’episodio di violenza riportato daimedia venivano definiti, senza il necessario rigore e con significative differenze travarie testate, rumeni – romeni – rom.Dalla fine del 2007, col triste episodio Reggiani, nei pregiudizi i romeni hannosostituito gli albanesi, a loro volta bistrattati. Il 30 ottobre 2007 il caso di GiovannaReggiani – aggredita, violentata ed uccisa a Roma da Romulus Mailat nei pressi dellastazione di Tor Di Quinto – sconvolse l’opinione pubblica e sollevò polemiche sullasicurezza in città. L’omicida, reo confesso, era rom romeno, abitante nelle baraccheadiacenti il luogo del delitto. Da allora ogni episodio di violenza sessuale è statoaccompagnato da accese polemiche, soprattutto politiche.Inoltre, questo momento è lo spartiacque della percezione del popolo romeno per lastampa italiana: da allora si è iniziato a caricare di stereotipi e preconcetti dispregiativi,spesso infondati. Sono iniziati a comparire sui giornali, ma anche nei programmitelevisivi, dei titoli e dei commenti che andavano ad aumentare la diffidenza degliitaliani verso gli immigrati romeni.Forse di mezzo c’è anche la poca conoscenza dei romeni e di quello che la maggiorparte di loro fanno in Italia. 34
Pregiudizi e stereotipi sui romeniPrima di tutto è una questione semantica: rumeno e romeno sono sinonimi, anchese io sto optando per la variante romeno, visto che il paese si chiama Romania. Daqui l’intoppo con il termine rom. I romeni e i rom sono due popoli diversi e gliaddetti ai lavori, i sociologi, gli operatori e i mediatori culturali lo sanno, ma spessonell’immaginario collettivo le due realtà sono diventate coincidenti. Invece, non tuttii romeni sono rom, e non tutti i rom sono romeni. Per essere più precisi, i rom sonoin Romania una minoranza etnica, radicata tra l’altro anche in Ungheria, Serbia,Bosnia, Montenegro e, perché no, anche in Italia, Spagna e Francia. Perciò, sonoanche cittadini di questi stati. Per secoli, questo popolo è stato variamente chiamatocon le parole tzigano, zingaro, gitano, finché nel 1993, per utilizzare una parolainternazionalmente valida, il Consiglio d’Europa ha deciso, in accordo con altreorganizzazioni internazionali, di usare il termine corrispondente all’italiano rom. Inparticolare, l’ONU adopera roma o gypsies – per l’inglese – e roma o tziganes – peril francese – mentre il Consiglio d’Europa usa roma/gypsies oppure roms/tsiganes 1.Tornando al discorso iniziale e rimanendo nell’ambito dell’equivoco lessicale, si puòaffermare che da questa data in poi sono sorte alcune incomprensioni. Per quello cheriguarda i rom, in Italia nel linguaggio giornalistico ed in quello comune essi vengonoa volte erroneamente definiti romeni o slavi.In realtà, non esiste alcuna connessione tra il termine rom e il nome dello stato dellaRomania; gli slavi, poi, costituiscono addirittura differenti gruppi etnici e linguistici.In questo contesto il quotidiano nazionale Jurnalul national, nel marzo del 2009, haavuto un’iniziativa che ha creato non poche polemiche. Concretamente, per evitare laconfusione tra i termini romeno e rom, per settimane, nelle sue pagine, questa testataha proposto degli argomenti pro e contro in una campagna col titolo «Tigan» in loc de«rom», cioè «tzingaro» invece che «rom». Nel dicembre 2010, l’Accademia Romena hainviato al Governo romeno uno studio si sottolinea che «il termine “tzingaro” (țigan)rappresenta il nome coretto di questa popolazione transnazionale».Chiarito l’aspetto, anche se superficialmente, arrivo al nocciolo della questione:la violenza attribuita ai romeni e ai rom indistintamente. So che i fatti di cronacapotrebbero contraddirmi, tuttavia posso affermare con convinzione che la maggiorparte, sia dei romeni che dei rom, e senza porre distinzione tra il rom romeno omontenegrino o serbo che sia, sono persone riconosciute come «brava gente».Del resto, anche nell’ultimo Dossier Caritas Migrantes (ottobre 2010), a propositodi luoghi comuni sfatati, si conferma che non esiste alcun nessun nesso tra aumentodegli stranieri e aumento delle denunce: tra il 2007 e il 2009 calano del 13,5% ledenunce nei confronti degli immigrati – sia regolari che non – mentre nello stessoperiodo i soli stranieri residenti crescono del 25%. 35
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaConfermato anche il dato che il tasso di criminalità dei regolari è sostanzialmenteappaiato a quello degli italiani. Particolare il caso di Roma, dove in tre anni lapopolazione straniera regolare è cresciuta del 62%, le denunce contro regolari eirregolari del 6,8%. Addirittura, è eclatante il caso romeno: +142% di presenze, -13%di denunce.Oggi, si avverte una relativa tregua tra un fatto di cronaca e l’altro con protagonistiromeni, che distruggono mediaticamente quel che di buono la «brava gente»cerca a fatica di costruire. Nessuno può negare il peso delle mezze verità e di unainformazione superficiale e maliziosa che, forse involontariamente, alimenta ilpregiudizio e la paura. Senz’altro si tratta di una tregua mediatica che sta interessandola stampa italiana. Forse, ci troviamo in questa calma apparente anche per la volontàdi alcuni politici italiani di mostrare ai propri elettori gli esiti positivi delle ultimeleggi sull’immigrazione. C’è da dire che non si devono fare delle generalizzazioni perquello che riguarda i media: ogni giornale risponde al colore politico di appartenenzae dunque mi riferisco solo a un certo tipo di stampa che spesso usa le notizie dicronaca nera per creare lo stereotipo del romeno-delinquente, influenzando così ilsentire comune. Se fino adesso ho usato degli esempi frugando nella stampa italiana,vorrei soffermami brevemente anche sugli errori generosamente apparsi sui mediaromeni, dove in molti casi sono state riprese le stesse informazioni pubblicate in Italia,soprattutto nel caso Reggiani-Mailat. Uno studio romeno su come è stato raccontatoquesto episodio di cronaca ha messo in evidenza alcune mancanze dei giornali diBucarest: per esempio, avrebbero spesso sottolineato che Mailat fosse rom, nonromeno, prova della già nota reticenza dei romeni verso i rom.Nemmeno sulla stampa di Bucarest mancano i luoghi comuni e la superficialitànel riportare i temi che riguardano i romeni che vivono all’estero, con particolariattenzioni ai romeni che risiedono in Italia. Tornando alla fine del 2007, dopo ilcaso Reggiani, mentre in Italia i titoli dei telegiornali e della stampa sono oscillatitra concetti e parole di paura: massacro, stupro, rapina, choc, orrore, invasione –parole accompagnate quasi sempre della qualifica della nazionalità dell’assassino:romeno o rumeno – in Romania abbondavano termini come: estremismo, razzismo,sfruttamento, vittime, cacciati, espulsi, diritti negati.Nell’immaginario collettivo italiano la sinonimia tra romeno e delinquente era perfetta.In Romania, i connazionali che vivevano in Italia sono diventati all’improvviso deimartiri moderni. Addirittura, il gruppo media Intact – con le televisioni Antena1, Antena 2, Antena 3 e il giornale Jurnalul National – ha lanciato una campagnaintitolata SOS per i romeni d’Italia, in cui i cittadini erano invitati ad inviare degliSMS di solidarietà per i loro «fratelli», vittime del razzismo. 36
Pregiudizi e stereotipi sui romeniCi è voluto un bel po’ di tempo e tanti contatti diplomatici tra i due paesi, fin quandoi toni si sono smorzati. Ma, ad ottobre 2010, rischiavamo di avere un altro conflitto,stavolta al contrario visto che la vittima era Maricica Hahaianu, una cittadina romenauccisa da un giovane italiano per futili motivi nella metropolitana di Roma.Tre anni prima era stata una romena ad uccidere in circostanze simili una ragazzaitaliana. Nel «caso Maricica» il video dell’aggressione nella metrò, le immagini deiprincipali telegiornali italiani e i principali titoli dei quotidiani sono stati ripresi dagliorgani di stampa romeni.Molti connazionali hanno ricordato come i romeni in casi analoghi sono stati messialla gogna mediatica in Italia e ora, nel caso di Maricica, si cercano le attenuanti perl’aggressore Alessio Burtone. Devo dire che ha molto colpito il video della reazionedel gruppo di amici di Burtone. Ma gli insulti rivolti alla polizia hanno colpito anchemoltissimi italiani.A Bucarest, giornali, tv e internet quotidianamente riportano la vicenda con doviziadi particolari. E i media rimarcano polemicamente l’episodio degli applausi disostegno ad Alessio Burtone quando è stato portato via dai carabinieri. Il sito Ziare.com riprende la reazione di stupore dei romeni. L’episodio è definito «scioccante». Circa 200 persone si sono radunate davanti alla casa dalla quale è uscito Burtone. Alcune persone hanno battuto le mani. Il giovane avrebbe lasciato l’abitazione sorridente, una compiaciuta reazione forse in risposta al gruppetto di sostenitori. (www.ziare.com, 19 ottobre 2010)Video News diffonde in Romania un filmato il cui titolo è semplice e significativo:Applaudito il criminale. Il video mostra chiaramente le persone che applaudonoBurtone. L’inquadratura si sofferma poi sullo striscione che inneggia alla libertà delragazzo. Nel video compare anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, cheinquadra l’episodio all’interno dei fenomeni di violenza delle città italiane e si rifiutadi dare una lettura di tipo etnico razziale. Applaudito perché ha ucciso. L’aggressore dellaromena ammazzata a Roma sostenuto da decine di italiani è il titolo scelto dal canale allnews Antena 3. E il Jurnalul National, il 19 ottobre 2010, sul suo sito sottolinea neltitolo gli applausi e inserisce il video: Gli amici e la famiglia di Alessio Burtone hannopreso le sue difese. Sul sito Hotnews.ro nella pagina dedicata alla diaspora 2 si raccontala vicenda e si sottolinea che: dopo ogni delitto attribuito a cittadini romeni venivano copiosamente trasmesse, via ogni mezzo disponibile ai media, le foto dei presunti aggressori, mentre questo non è successo nel caso dell’uccisione di Maricica Hahaianu. 37
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaSulla pagina dedicata ai romeni che vivono in Italia del giornale Adevarul è descrittoil momento del trasferimento in carcere di Burtone: I carabinieri sono stati accolti dagli amici dell’aggressore che gridavano: Alessio libero! Davanti alla casa dell’aggressore si sono radunate decine di curiosi.Fra i commenti, alcuni notano: «Come sempre, chi uccide uno straniero se la cava».E altri si sfogano: «Mi sembra che tutti gli italiani ci discriminano soltanto perché glizingari ammazzano e noi siamo come loro. Ma è molto sbagliato».Nel discorso sulla comunità romena interviene spesso l’idea del pregiudizio,dell’etichetta messa con una pericolosa facilità. C’è da dire che se gli italiani hanno deipregiudizi riguardo i romeni, altrettanto succede con i romeni che spesso usano delleetichette per definire i rom, i loro stessi connazionali che risiedono in Italia oppure gliitaliani. Più delle volte, la fonte dei luoghi comuni rimane la stampa.Subito dopo la caduta del regime di Ceausescu, centinaia di migliaia di romeni hannoinvaso l’Occidente alla ricerca della libertà, di una nuova vita. Non per caso hannoscelto i paesi con la stesse radice storica neolatina: Italia, Spagna e Francia.In Spagna, all’inizio degli anni ’90, i primi lavori trovati sono stati nell’agricoltura,precisamente alla raccolta delle fragole. Da lì, anche il nomignolo offensivo che lastampa ha dato ai lavoratori romeni all’estero: capsunari, cioè raccoglitori di fragole.Negli anni non è cambiato niente. Nel 2010 i titoli dei giornali continuano a riportarelo stesso termine: «Capsunari razbunati! – Capsunari vendicati! Un datore di lavoro èstato condannato in Francia perché sfruttava i suoi operai romeni» (Stiridecluj.ro – 22settembre 2010); «Capsunarii romeni non vanno più di moda» (Evenimentul zilei –17 agosto 2009); «Una tassa in Romania per le rimesse dei “capsunari”» (Money.ro –19 giugno 2010); «I nostri connazionali non vogliono più essere chiamati “capsunari”»(Adevarul – 18 maggio 2009); «La crisi dei posti di lavoro: Capsunari torneranno a casa»(Citynews – 04 ottobre 2010).I risultati del sondaggio fatto tra i giovani romeni dall’associazione Turisti non a Casohanno rilevato proprio questa tendenza nel vedere i connazionali che vivono in Italiasoltanto come forza lavoro: «grandi lavoratori»; «lavorano tanto»; «tantissimi romenilavorano in Italia»; «la fatica dei lavoratori romeni in Italia».Non mancano nemmeno le etichette messe agli italiani che li «ospitano»: «gli italianisono delle persone aperte, allegre»; «non conosco nessun italiano, però ho dei parentiche lavorano in Italia e secondo loro gli italiani sono calmi e nazionalisti»; «nonconosco nessun italiano, ma mi è stato detto che sono generosissimi e puoi integrartifacilmente tra di loro»; «l’amicizia, gli italiani sono socievoli»; «gli italiani sono OK»; 38
Pregiudizi e stereotipi sui romeni«gli italiani sono accoglienti, accomodanti»; «gli italiani mi sembrano molto apertie chiacchieroni, eleganti – se vestono con gusto – e sono molto simili ai romeni perquello che riguarda la mentalità e la cultura»; «ho degli amici e dei parenti italiani»;«sì, conosco degli italiani. Uno di loro è il marito di mia cugina, è una persona moltobrava»; «gli italiani sono rumorosi ed amichevoli»; «super, ho tanti amici italiani»; «gliitaliani sono scettici quando si tratta degli immigrati»; «ottima opinione»; «gli italiani:latini, sangue bollente»; «gli italiani non mi sembrano delle persone cattive, però hol’impressione che adesso ci odiano»; «in Italia ci sono delle persone oneste, ma anchemeno oneste. Insomma, sono delle persone come dappertutto».Sono pochi, ma abbastanza severi, i giudizi negativi: «gli italiani sono razzisti esciupafemmine»; «gli italiani sono tirchi»; «non conosco nessun italiano, ma gliitaliani mi sembrano libidinosi».Paradossalmente, anche se in Romania si parla tantissimo degli italiani, lo stessosondaggio mostra delle scarse conoscenze per quello che riguarda le personalitàculturali e politiche italiane.Irrimediabilmente, quasi tutti nominano Silvio Berlusconi come politico, mentre perquello che riguarda gli attori e gli scrittori c’è spazio per delle confusioni, spessodivertenti. Il premier è seguito indistintamente da: Umberto Eco, Andrea Bocelli, AlPacino, Monica Bellucci, Walter Zenga, Trombetta, Petrarca, Anna Falchi, MarcelloMastroianni, Dante, Mussolini, Roberto Benigni, Giovanni Papini, Christian de Sica,Rocco Siffredi, Pamela Prati, Robert de Niro, Federico Fellini, Leonardo di Caprio,Franco Nero, Michelangelo, Boccaccio, Ramona Badescu, Sophia Loren, TotoCutugno, Eros Ramazzotti.Sono interessanti, e a tratti sorprendenti, anche le risposte alla domanda «qual’èl’immagine che associate all’Italia e agli italiani»: pesce, Venezia, l’amore, l’antichità,pizza, ospitalità, gli uomini italiani che si innamorano delle donne romene, le gondole,Torre Eiffel, spaghetti, Sicilia, Inter Milano, Colosseo, xenofobia, Toscana, niente,gorgonzola, maccheroni, salame, Torre di Pisa, calcio, Roma, l’Italia è una penisola aforma di stivale, Firenze, pasta.Malgrado tutte le polemiche e gli attacchi più disparati, in questi ultimi tre annil’Italia è rimasta meta preferita per il migrante romeno.Stando alle cifre del rapporto della Caritas I romeni in Italia tra rifiuto e accoglienza, il«bel paese» è scelto perché viene considerato molto simile per cultura, storia e linguaal paese di provenienza, infatti il 60% dei residenti romeni si ritengono soddisfattidi vivere in Italia e non hanno intenzione di tornare in patria, cioè 6 romeni su 10vogliono rimanere in Italia. Inoltre, sono più di 50mila i romeni nati in Italia dal2000 a oggi e 105mila sono i figli dei romeni iscritti nelle scuole italiane. 39
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaSecondo gli analisti è presumibile la normalizzazione della loro presenza in Italia conuna crescita senza sbalzi, così come è avvenuto per gli albanesi, poiché, come sostienelo stesso rapporto, «la riserva di manodopera della Romania non è senza fine e ilfabbisogno nazionale soffre sempre più di queste partenze».Quella romena è una collettività le cui caratteristiche demografiche rientrano nellamedia, con una buona incidenza di minori (18%) e una più elevata quota di donne(53,1%), che trovano ampi spazi nel settore dell’assistenza alle famiglie, agli anzianie ai malati.Si tratta di una collettività solidale e la rete dei conoscenti e degli amici ha operato dasupporto nella fase del primo insediamento. Non hanno trascurato l’associazionismo,a differenza di quanto è avvenuto per altre collettività dell’Est Europa. Il numero delleassociazioni è in continuo aumento: soltanto sul sito dell’ambasciata romena a Romave ne sono iscritte settanta.Delicato è, invece, il problema dei minori non accompagnati – stimati in oltre2.500 già nel 2006 – per la cui tutela è stato istituito uno speciale comitato presso ilMinistero dell’Interno: l’Ocr, ovvero Organismo Centrale di Raccordo.I romeni hanno fatto del lavoro il perno della loro integrazione, ma lamentano diessere spesso sfruttati e il fatto di essere comunitari – cosa di cui vanno orgogliosi –non sempre li protegge, anzi, talvolta li ha esposti al licenziamento.Anche se non considerano ottimale la loro situazione, i romeni hanno una filosofia divita che li porta a dichiararsi soddisfatti. «Si parla molto di immigrazione circolare»,affermano i curatori del volume I romeni in Italia tra rifiuto ed accoglienza, «ma in realtàla tendenza all’insediamento si sta rivelando sempre più stabile, come attestano anchele nascite e i ricongiungimenti familiari». Parlano bene l’italiano, che in prevalenzanon hanno imparato nei corsi di lingua, ma per conto loro. Dell’Italia apprezzano leopportunità di lavoro, il livello di vita e il sistema sanitario, mentre rimpiangono lascuola romena che ritengono migliore. La frequenza universitaria non viene utilizzatacome traino dell’immigrazione in Italia, ma arrivano per lo più a studi ultimati eanche loro conoscono la difficoltà di far riconoscere i titoli conseguiti. I contatti conla Romania sono ricorrenti, facilitati anche dalla vicinanza. E riescono facilmente aconciliare le abitudini romene con quelle italiane.Gli eventi degli ultimi anni insegnano che esistono dei periodi «a rischio», come inprossimità delle campagne elettorali, quando l’immigrazione è l’asso nella manica,comodo da giocare per racimolare i voti. Tutta l’attenzione verso questa comunità èla prova che oggi i romeni sono una realtà nel contesto italiano, a prescindere dallapolitica oppure dai fatti di cronaca riportati dalla stampa. 40
Pregiudizi e stereotipi sui romeniNote1. Dalla ricerca Ţiganii sau avatarurile unei etnii bimilenare di Mircea Istrate.2. Pagina internet: http://www.hotnews.ro/diaspora 41
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaPer quanto riguarda il turismo, questo è un paese che ha forti capacità, possibilità eopportunità turistiche: il delta del Danubio è probabilmente uno degli ecosistemi piùimportanti e più intatti che abbiamo in Europa, abbiamo le montagne dei Carpazi, laTransilvania, i monasteri dipinti della Bucovina o della Moldona, quindi una potenzialitàimportante che però al momento, il governo e il paese non ha ancora sfruttato appieno. 42
Turismo e ricerca antropologica Turismo e ricerca antropologica Spazi di incontro e prospettive di ricerca di Chiara CipollariIl turismo è oggi una delle principali industrie del pianeta e le cifre, secondo leaspettative dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, sono destinate ad aumentarenei prossimi anni. A livello globale il turismo assume rilevanti implicazioni sociali inquanto rappresenta il più grande movimento di persone nel mondo: le cifre superanoquelle di migrazioni, pellegrinaggi e viaggi di lavoro. In molte località, in particolaredurante i periodi di alta stagione, i turisti oltrepassano i residenti, fino a raggiungere,nelle Barbados per esempio, quattro volte il numero dei locali (Gmelch, 2004: p. 5).Il fascino del turismo risiede probabilmente nel mito del Viaggio dell’Uomo cheincontra se stesso passando per l’Altro, natura o altra umanità che sia (Simonicca,2007). Numerose storie sociali del viaggio dimostrano come la curiosità insitanell’uomo di relazionarsi con altri suoi simili lo abbia da sempre spinto a sfidare lapaura dello spaesamento vuoi per necessità o per scelta consapevole (Leed, 1991).Spesso per i turisti l’esperienza legata al viaggio assume un valore conoscitivo piuttostorilevante. Non a caso il mercato turistico offre sempre più spesso esperienze miratefinalizzate non più soltanto allo svago ma anche alla conoscenza di abitudini «altre»negli angoli più esotici del pianeta, mettendo in mostra scenari culturali oltre chenaturali. Si potrebbe dunque pensare al turismo come ad una forma di incontro cheinnesta dinamiche relazionali tra chi è in vacanza e chi accoglie il turista, ossia tra hostse guests come ci ha suggerito l’antropologa americana Smith (1978).Tuttavia la possibilità che attraverso il turismo si agevolino il contatto e l’accettazionedell’alterità è stata smentita dalle ricerche che hanno dimostrato come la fugacitàdell’incontro sia il primo grande ostacolo per una vera conoscenza. Oltre a questo«l’espropriazione di beni e di significati» da parte delle società che generano turisti adiscapito di quelle ricettive (Callari Galli, 2001: p. 16) è stata ampiamente dimostrata.Seppure sia sempre auspicabile che un movimento di persone, come quello dovutoal turismo, abbia ripercussioni sulle coscienze per lo meno di chi partecipa di quelmovimento, dovremmo accettare l’idea che il turismo come forma di incontro 43
Viaggi dialogici tra Italia e Romaniarimane superficiale e molto probabilmente saranno incontri più voluti da chi faturismo piuttosto che da chi lavora affinché ciò sia possibile. Diciamo pure che glihosts l’incontro non lo cercano espressamente, è piuttosto parte del fare turismo chetalvolta si trasforma in una possibilità redditizia, ma il più delle volte gli equilibridell’incontro si poggiano sul tempo libero per gli uni e tempo lavorativo per gli altri.La ricerca antropologica delinea il turismo come fatto sociale totale. La nozione difatto sociale totale, presa in prestito da Mauss (1965), ha il pregio di mettere in primopiano la ricerca empirica seppure rischia di generare forme essenzializzate di vita associata [...] resta pur sempre una bussola importante (il vedere il tutto in una parte) per circoscrivere e comprendere un contesto empirico, l’unica unità di analisi possibile del turismo, anche se i suoi confini sono complessi da definire (Simonicca, 2007: p. 9).Interpretato come un «fatto sociale totale» – ovvero in grado di condizionaredall’esterno il comportamento degli individui – il turismo è considerato al tempostesso un fenomeno e un bene, che è possibile cogliere meglio nelle sue articolazioniconcrete piuttosto che nella sua completezza. Il turismo è una pratica che sempre piùsi rivolge apparentemente a tutti sia per i costi che per i tempi, sempre meno rigidi edefiniti ma accessibili ed elastici, per rispondere a necessità ed esigenze continuamentediverse. Il turismo è visto ora come un diritto, un lavoro, un guadagno, un hobby,un piacere, una forma di sfruttamento, un obbligo, una finzione, una possibilità, unpremio, un obiettivo, un optional, uno status-symbol. Ogni afflusso di persone in una determinata località ha ripercussioni sia sullapopolazione residente che sull’ambiente, inoltre la costruzione di attrazioni eservizi turistici incide sui processi di costruzione di identità culturali e nazionali.Le implicazioni degli sviluppi del turismo sollevano una serie di questioni sociali,politiche ed etiche che richiedono un’attenzione multiculturale e una prospettivacritica che l’antropologia è in grado di apportare all’interno delle numerose ricerchesul turismo di varia provenienza disciplinare.L’antropologia ha iniziato ad occuparsi di turismo dagli anni Settanta in poi conun interesse sempre maggiore e una notevole prolificazione di ricerche sul campo.Le ricerche sul turismo si sono concentrate su due temi in particolare: le sue origini– le motivazioni per cui si viaggia e cosa determina la scelta delle destinazioni – e isuoi effetti – su paesaggi, società, economie, ecc... Più in generale le ricerche degliultimi trent’anni hanno contribuito allo sviluppo di alcuni dibattiti tuttora apertinella disciplina 1, tra cui i cambiamenti delle economie locali, le trasformazionidell’ambiente per far fronte a nuove esigenze economiche – fra cui il turismo –, gli 44
Turismo e ricerca antropologicaimpatti sociali e culturali legati al «passaggio» di gruppi di estranei spesso concentratiin determinati periodi, la costruzione di stereotipi nella rappresentazione dell’«altro».Molto è stato scritto circa l’impatto del turismo sull’«autenticità» culturale e il fattoche i locali che ricevono turisti «mettono in scena» e «fabbricano» culture specificheper rispondere alla domanda turistica. Termini come «autenticità» e «tradizione»sono spesso utilizzati in riferimento ad aspetti della cultura mercificati per i turisti.Come sostiene MacCannell (2005), si può parlare di autenticità quando gli individuihanno un certo grado di controllo sulle proprie vite 2 e giocano un ruolo attivo neldeterminare i cambiamenti che avvengono nelle società in cui vivono. MacCannellsi chiede, provocatoriamente, se sia più autentica quella città che decide di costruirecampi da golf per turisti al posto di edifici storici o piuttosto la città che preserva ilproprio paesaggio urbano perché obbligata da politiche di conservazione. Tradizionee cultura sono costantemente reinterpretate per rispondere alle esigenze dellegenerazioni che le vivono. In molte zone del mondo il turismo fa indubbiamenteparte di questo processo di reinterpretazione e manipolazione. Negli anni Ottantae Novanta le scienze sociali hanno preso in esame le località turistiche analizzandol’impatto generato dal turismo sulle popolazioni locali. In seguito questo approccioè stato criticato perché foriero di valutazioni, ora positive ora negative sul fenomeno,che impedivano di considerarlo nella sua complessità.Il lavoro sulla valutazione del fenomeno, né quello sulla delineazione dei campisemantici di turismo e turista, non ha portato la ricerca molto lontano. È interessanteosservare che spesso, nel linguaggio comune, non si hanno problemi ad utilizzarecerte categorie – ad esempio il temine «turisti» – ma nel corso di alcune analisi –non solo scientifiche, ma anche giornalistiche, politiche, ecc. – tutto viene messoin discussione, criticato, si aprono parentesi e nascono dubbi senza ottenere semprerisposte chiarificatrici. Nella distinzione di Boorstin (1961), che analizza il passaggiodal viaggiatore al turista, prendendo come esempio di quest’ultimo la societàamericana degli anni Cinquanta e Sessanta, sembra che si possano trovare più certezzeche non nell’analisi delle pratiche turistiche odierne, riscontrabili magari all’internodella società in cui viviamo. Da un lato questo è un buon risultato se si pensa allaprospettiva della complessità e della pluralità che l’antropologia utilizza nelle sueanalisi, dall’altro lato, tuttavia, l’antropologia sembrerebbe non essere in grado ditrovare le categorie per analizzarla.La letteratura antropologica e sociologica sono state molto impegnate nella definizionedell’oggetto ma le classificazioni elaborate non sono esenti da paradossi e incongruenzein quanto non possono necessariamente riferirsi alla pluralità dei modelli, dei soggettie delle loro pratiche. 45
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaMentre le classificazioni hanno il vantaggio di mostrare alcuni tratti della variabilitàinterna al fenomeno turistico, esse rischiano di operare in modo riduzionistico edopacizzante rispetto ad una lettura che necessariamente deve dare conto della suaestrema complessità.Molte letture antropologiche sono state permeate da paradigmi che si riferisconoprincipalmente ai benefici economici apportati alle comunità locali dal turismo, alturismo in quanto distruttore di culture fragili, di saperi e di pratiche tradizionali, alturismo come strumento di modernizzazione per le società rurali, all’analisi dei campisemantici legati alle definizioni, ai termini, alle tassonomie dei soggetti coinvolti nelfenomeno e delle loro pratiche3.Tuttavia, è veramente possibile nei mondi glocali 4 separare performance da realtà,stagione turistica da stagione non turistica, turista da non turista? Sappiamo già chela distinzione di Smith tra host e guest – ospite e ospitato, locale e turista – tantocara agli antropologi del turismo è stata anch’essa messa in discussione. Si tratta dicategorie costruite socialmente che seppure appaiono distinte e distinguibili sono inrealtà piuttosto mutevoli; ci sono casi in cui la distinzione può risultare ambiguamentre in altri esempi la separazione è più marcata (Chambers, 2000; Waldren,1996). Considerare la comunità ospitante come un’entità omogenea può portareagli errori di interpretazione a cui si riferiscono Selwin (1996) e Boissevain (1996),quando analizzano le forme di mercificazione e le strategie di resistenza messe inatto da chi, a vari livelli, tenta di proteggersi dall’ingerenza del turismo, oppure allerigide distinzioni degli «stadi di retroscena» che, secondo MacCannel, l’inconsapevoleturista dovrebbe superare per raggiungere l’autenticità. Seppure quella di MacCannelsi possa ancora ritenere «l’unica teoria veramente generale» (Simonicca, 2004: p. 36),oggi parliamo di infiniti backstages che assumono forme e significati diversi secondole esperienze. Le distinzioni hosts - guests, noi - loro, diventano sempre più sfumatein quanto le pratiche di tali soggetti si sovrappongono e mutano secondo infinitevariabili. Gli hosts, ad esempio, possono anch’essi essere turisti, dato che con unreddito maggiore, spesso frutto dell’attività turistica, possono permettersi di andarein vacanza.Piuttosto che continuare con la ricerca delle migliori definizioni ed aggiornare leantiche querelle sul nome con nuove argomentazioni, se si interrogano e si ascoltanole etnografie, se si parte dai casi, dalle osservazioni, si avranno le risposte più utili chel’antropologia può, sa e deve dare al dibattito.La ricerca empirica fa luce sui contesti sociali, politici ed economici in cui si analizzail turismo e permette, così, di superare le difficoltà nel trovare definizioni e ambitisemantici che rispondano ai significati mutabili delle azioni e delle pratiche. 46
Turismo e ricerca antropologicaLe etnografie ci dicono cosa il turismo significa per chi lo fa, per chi se ne occupa, perchi ci lavora, significati, questi, che non si escludono a vicenda ma che si intersecanocontribuendo ad aumentare la complessità di quella ragnatela che costituisce lo sfondodi ogni realtà sociale.Superate le posizioni dicotomiche che prendevano in considerazione ora gli aspettipositivi ora quelli distruttivi del turismo, oggi la posizione dell’antropologia è piùequilibrata e aperta alle molteplici sfaccettature delle situazioni e della complessità deifenomeni turistici.Da uno sguardo romantico e utopico che porta ad interpretare i fenomeni osservati inalcune società come effetti dannosi prodotti da una modernità, incarnata dai turisti, chenuoce e sfrutta (Lanfant e Graburn, 1992), l’antropologia è passata ad occuparsi deglisguardi5 che su quelle società si posano, le plasmano e ne ridisegnano i confini, sguardiche pesano sulle politiche e che emergono nelle retoriche e nelle narrazioni. Simoniccasostiene che l’occhio del turista è colpito e attratto da una serie di aspetti della realtà che contrastano con il suo “senso comune” e lo portano a recarsi lontano o per lo meno a conoscere la diversità. È quindi lo sguardo che costruisce l’appetibilità di un resort (2007: p. 12).Oggi le ricerche antropologiche mettono quindi in luce i profondi cambiamenti cheavvengono all’interno delle comunità quando pratiche quotidiane divengono oggettodell’attenzione turistica e sono, per questo, cercate, reclamizzate e fotografate. Insostanza gli antropologi osservano come lo «sguardo del turista» plasma e costruisce lelocalità turistiche. Anche l’economia politica della proprietà culturale assume grandeinteresse per gli antropologi che si occupano delle località e delle loro articolazioniall’interno di strutture globali più ampie. Una simile analisi diventa sempre piùimportante in un mondo in cui il turismo e le varie industrie culturali a cui siassocia giocano ruoli significativi in molti contesti economici regionali, nazionali esovranazionali.Sappiamo che tramite specifiche pratiche e politiche un oggetto diviene attraente, uno spazio diviene “luogo”, un panorama diviene “paesaggio” (landscape). Il carattere di attraibilità e fruibilità di un oggetto dipende dallo scarto cognitivo fra immagine nuova e immagine domestica, che mobilita l’attenzione e acuisce la percezione. È il “soggetto” a “produrre” il landscape. [...] Il sito è quindi un prodotto, e la sua costruzione è complessa” (Simonicca, 2007: pp. 12-13). 47
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaDue nuove prospettive di ricerca ci vengono suggerite da due ricercatori, AntonioM. Nogués-Pedregal e Tom Selwin, impegnati da anni in ricerche in contesti turisticieuropei. Nogués-Pedregal (2008) considera il turismo come un contesto e indica dueprospettive di ricerca. La prospettiva dialogica permette, da un lato, di comprendereolisticamente la complessità sociale e culturale delle dinamiche dei gruppi umani,trovando risposte locali sulla sostenibilità o meno di determinate misure orientateallo sviluppo e, dall’altro, di superare gli sterili dibattiti sulla sostenibilità del turismo,lavorando alla comprensione di quelle pratiche che danno significato alle etichette e alprocesso stesso di categorizzazione. Inoltre Nogués-Pedregal suggerisce di esaminare laproduzione di significato e di senso in contesti turistici, o in cui il turismo è il risultatodesiderato, privilegiando la pragmatica rispetto alla semantica. La ricerca dovrebbeevidenziare come nozioni centrali quali «sostenibilità», «sviluppo» e «patrimonioculturale» acquistino significato attraverso pratiche sociali in specifici contesti.Selwin (2007) sostiene che il turismo è collegato ad una industria ricca di idee,valori e strutture simboliche il cui scopo è quello di incantare 6 e attrarre dandovita a immaginari, interpretazioni e memorie. Tali processi di incantamento sonosempre localizzati all’interno di contesti politici ed economici e, di conseguenza, ladefinizione più completa di ciò che riguarda l’antropologia del turismo è «l’economiapolitica dell’incantamento» 7. Al contrario di altre nozioni quali sguardo, autenticità,consumo e fuga a cui, secondo Selwin (2007: p. 50) «è stato dato più peso analitico diquanto siano in grado di sostenere», il termine incantamento ha un valore più estesoe più modesto allo stesso tempo. Senza pretendere di spiegare il turismo e le attivitàcollegate ai turisti, la nozione di incantamento permette piuttosto di inquadrare ladiscussione in modo da lasciare aperte le possibilità per molteplici varietà di strategieinterpretative.Oggi gli antropologi si interessano ai processi e agli incontri che intercorrono trale persone e sanno che, a livello globale, ogni mezzo di comunicazione – internet,televisione, cellulari, ecc. – ha raggiunto qualsiasi località, come anche il turismo che,diffondendosi globalmente, diventa uno dei veicoli di trasmissione culturale, forseuno dei più ambigui e discussi (Cipollari, 2008). Mentre è ancora possibile osservarecontadini del Maramureş – solo per citare uno dei molti esempi possibili – raccogliereil foraggio per gli animali con attrezzi di legno, vestire abiti tradizionali artigianalie conservare alimenti in apposite buche sotto la terra battuta del pavimento dellacucina, sappiamo anche che la vita, per quelle stesse persone, è tutt’altro che staticae isolata da influssi esterni ma è legata a scelte politiche comunitarie e ad economieglobali. Alcuni di quei contadini vivono, in certi periodi, in metropoli europee, altrisono impegnati in progetti di sviluppo rurale, altri ancora ricevono fondi per costruirealloggi turistici da parenti che sono emigrati (Cipollari, 2005a). 48
Turismo e ricerca antropologicaUn’ulteriore ragione per cui il turismo ha assunto notevole importanza negli studiantropologici riguarda gli aspetti per cui il fenomeno collega le politiche e le pratichedi consumatori (turisti) e di produttori (locali) che si trovano a stretto contatto. Ituristi fanno esperienza di economie locali a vari livelli e, a loro volta, i mercati localisono influenzati dalle scelte dell’economia turistica. Gli uni determinano gli altri inun continuo processo di domanda ed offerta che si gioca in arene locali collegate areti globali.Anche nella mia esperienza di ricerca l’osservazione delle pratiche mi ha dimostratocome il turismo sia uno dei fattori di rimodellamento continuo dell’esistente.Il paese 8 in cui ho fatto ricerca tra il 1994 e il 2007 ha visto aumentare da otto asessanta le famiglie che ospitano turisti, all’interno di una popolazione di circa 3000abitanti. Per questi hosts il turismo rappresenta una attività parallela alle altre attivitàeconomiche e da un adattamento iniziale della propria casa per renderla fruibile aituristi, le famiglie locali sono passate ad investire nella costruzione di dépendancee seconde case per l’accoglienza. L’interazione ravvicinata ospiti-ospitati produceuna continua osservazione gli uni degli altri che ha come effetto un cambiamentocostante nelle pratiche di accoglienza e di ospitalità. Se un’agenzia di viaggi proponeun pacchetto vacanze che include, ad esempio, il «tipico cenone di Capodanno»,il turista farà esperienza di una serata che contiene in sé frammenti di esperienzeche l’host ha rielaborato per rispondere al meglio alle esigenze e alle aspettative delturista. Anche la presunta9 esclusione dei turisti dalle attività locali, in quanto esterni,è continuamente messa in discussione dagli attori stessi dell’incontro che penetranoe costruiscono difese in un continuo gioco di ruoli in cui ognuno conosce bene ilvalore dei propri spazi ma è disposto, o è costretto, a negoziare l’inclusione dell’altroo l’incursione negli spazi altrui in maniera più o meno esplicita. Ciò che si mettein gioco negli incontri locali, ciò che le etnografie del turismo esplorano, non sonosoltanto le identità di chi si incontra, ma anche le modalità di consumo e migrazioneche collegano le attività locali ai processi globali (Abram e Waldren, 1997: p. 10).Pur facendo ancora riferimento a posizioni significative e trovando ancora efficacialcune definizioni e tratti distintivi che qualificano località e soggetti le etnografiedimostrano la complessità di cui deve tenere conto l’analisi del turismo e dannoconto di situazioni in cui i confini risultano sempre più sfumati e le categorie fluide,permeabili, porose.In sintesi, l’antropologia del turismo è una preziosa chiave di lettura del fenomenoturistico poiché, da un lato, individua nei luoghi, nelle destinazioni, nei siti turistici ilfulcro della sue osservazioni e, dall’altro, permette, attraverso le etnografie, di svelareironie, paradossi, contraddizioni e gli infiniti elementi che costituiscono la praticaturistica. 49
Viaggi dialogici tra Italia e RomaniaNote1. Per una panoramica di ampio respiro sugli approcci teorici con cui il tema del turismo è stato affrontato siveda Simonicca 1994, 1997 e 2007.2. In questo senso si può dire che l’esperienza turistica è autentica per chi l’ha compiuta (Aime, 2005).3. In questa sede è possibile fare riferimento soltanto ai lavori principali, problemi di spazio non ci permettonodi sviluppare ulteriormente considerazioni che meriterebbero ulteriori approfondimenti.4. Neologismo coniato da Robertson (1992).5. «Si deve a J. Urry (1995) la dizione “sguardo turistico” (touristic gaze). Il termine è importante per varimotivi. Innanzi tutto, perché indica una dimensione relazionale fra soggetto percepiente e oggetto percepito,legando i due lati, dei turisti e del sito; poi, perché individua la natura “addomesticata” del luogo. Il luogo(qualunque luogo) diviene significativo solo a partire dall’insieme delle caratteristiche che lo differenziano daaltri. Un luogo, in sé, non è già dato a priori (astrazione fatta dal luogo come land, anche se persino nei casipiù estremi uno spazio “naturale” è sempre in qualche modo un prodotto della prassi umana), e tale datitàdipende dai legami visivi che oppongono figura e sfondo.» (Simonicca, 2007:12).6. Selwin si riferisce alla nozione di «enchantment» di Gellner (1979) e ai lavori più recenti di Bennett (2001).7. The Political economy of enchantment è la tesi centrale e il titolo del testo di Selwin (2007).8. Si tratta di Botiza, un paese nello judet Maramureş (Romania), per approfondire il tema dello sviluppoturistico in questa zona si veda Cipollari (2005a, 2005b, 2007, 2011).9. Cfr. Boissevain (1996).BibliografiaAbram S., Waldren J., Macleod D.V.L. (a cura di), 1997,Tourists and Tourism. Identifying with People andPlaces, Oxford e New York, Berg.Aime M., 2005, L’incontro mancato. Turisti, nativi, immagini, Torino, Bollati Boringhieri.Id. (a cura di), 2007, «Antropologia del turismo», in La Ricerca Folklorica, 56.Bennett J., 2001, The Enchantment of Modern Life: Attachments, crossings and ethics, Princeton, PrincetonUniversity Press.Boissevain J. (a cura di), 1996, Coping with Tourists: European Reactions to Mass Tourism, Oxford, BerghahnBooks.Boorstin D.J., 1961, «From Traveller to Tourist: The Lost Art of Travel», pp. 77-117, in D.J. Boorstin (a cura di),The Image - A Guide to Pseudoevents in America, New York, Atheneum.Callari Galli M., Riccio B. (a cura di), 2001, «Sguardi antropologici sul turismo», Afriche e Orienti, III, n. 3-4.Chambers E., 2000, Native Tours, The Anthropology of Travel and Tourism, Illinois, Waweland Press, ProspectHeights. 50
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