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[LIDIA LEON] [TE VEO ME VEO BOOK] [IT] [27 ENE] WEB

Published by Lidia León, 2022-07-01 18:45:50

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MOSTRA E OPERE D’ARTE DI LIDIA LEÓN







MOSTRA E OPERE D’ARTE DI LIDIA LEÓN TESTI DI ROBERTA SEMERARO

Curatrice e Testo Curatoriale LIBRO EN BOOK IN LIBRO IN ROBERTA SEMERARO ESPAÑOL ENGLISH ITALIANO Co- Curatrice IRIS PEYNADO Disegno e Produzione LOURDES SALEME Y ASOCIADOS Disegno Logo della Mostra JUSTINE AGOSTINELLI Traduzioni PADDY BIANCA IEROMAZZO MARA GERETY ROSSELLA VASTA Correzione di Stile FÉLIX FERNÁNDEZ Fotografie MAURIZIO ROSSI Copertina, 4-5, 7, 13-14, 22-23, 31-33, 38-39, 52-54, 60-62, 66, 68, 147, 157, 159-161 ANDREA MEROLA 8, 14, 20, 24-26, 144, 152, 156 MICHELE CROSERA 10-11, 18-19, 44, 63-65 LUIS NOVA Controguardia, 34-37, 41, 43, 47-49, 56-57, 59, 70, 72-75, 77, 78-79, 86-100, 103, 123, 129-131, 133, 135-138, 140-141, 143, 148, 151 MARIANO HERNÁNDEZ 50-51, 55, 58, 67, 69, 80-81, 112-113, 118-119 DAVID NIN 104-105, 109, 111 FRANKIE BÁEZ 122 GUADALUPE CASASNOVA 121 LIDIA LEÓN 29, 40, 76, 83-84, 109-110, 115, 126, 133 Ritocco Fotografico JESÚS RODRÍGUEZ Stampa ELCOGRAF Copyright Fundación Lileón www.lileon.net Stampato nel 2019 ISBN: 978-9945-9142-5-2 TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotto, alterato o riutilizzato in forma qualsiasi, autorizzazione scritta del detentore del copyright, come l’autore intellettuale del libro.

CONTENUTO Presentazione 6 Ambasciatore Andrea Canepari Introduzione 8 Iris Peynado Lidia León, dal Silenzio alla Espressione Creativa 12 Marianne de Tolentino CAPITOLO I Te Veo, Me Veo La Mostra 20 Te Veo, Me Veo La Mostra 22 Te Veo, Me Veo L’opera 34 Wabi Sabi 50 CAPITOLO II Le Opere d’arte di Lidia León 84 Drawings 86 Árbol Corazón 96 Latitudes y Longitudes 104 ADN Arte de Nacer 112 Jaula Brillante 122 RiCACA 134 CAPITOLO III Chi è LiLeón? 144 Dichiarazione dell’artista 146 Processo Lavorativo 148 Chi è LiLeón? 150 Mostre 154





Italia e Repubblica Dominicana condividono una storia profonda basata sulla cultura. Il primo Vescovo residente della Repubblica Dominicana, Alessandro Geraldi- ni, era un importante umanista, intellettuale italiano, amico di Colombo e pri- mo costruttore della Cattedrale di Santo Domingo che giunse a Santo Domingo il 17 settembre del 1519, 500 anni orsono. Come lui tanti altri italiani hanno “costruito” in- sieme ai dominicani una nuova cultura e hanno creato rapporti culturali vivi tra i nos- tri Paesi. Architetti dominicani hanno studiato in Italia e hanno portato qui –e trasfor- mato– la nostra idea di bellezza e di costruire. Non solo arte, ma anche lo sviluppo dell’agricoltura e la stessa Marina Dominicana sono nati da contatti con gli italiani. È un dialogo fecondo che si rinnova come dimostra l’importante presenza dell’artista Lidia León a Venezia in concomitanza con la Biennale d’Arte 2019. È un’artista di rilie- vo e con un grande contenuto ideale ed etico nelle sue opere, per questo vedere le P R E S E N TA Z I O N E sue creazioni a Venezia è un’ispirazione per creare nuovi ponti vivi tra i nostri due Paesi. La mostra di Lidia León a Venezia coincide con un momento importante per l’Italia e la Re- pubblica Dominicana, che è quello delle celebrazioni dei 120 anni di relazioni diplomatiche. L’arte contemporanea, che è divenuta uno dei linguaggi più internazionali, ha la grande forza di superare barriere culturali e confini geografici, riportando l’analisi del mondo in cui viviamo su un comune territorio di riflessione. La 58° Esposizione Internazionale di Arte di Venezia, con la partecipazione nazionale di 89 Paesi tra i quali la Repubblica Dominicana, dimostra come l’arte continui ad essere una grande ricchezza per il genere umano, offren- do sempre spunti critici diversi per la crescita dei popoli e delle loro nazioni. 6

Il confronto o meglio il dialogo tra gli artisti contemporanei diventa così un efficace strumento diplomatico per continuare a tessere rapporti tra culture, dando impulso a politiche che promuovono la comprensione tra i popoli e la pace. Potrebbe sembrare che la vocazione delle Ambasciate sia solo quella di appoggiare gli artisti del proprio Paese, ma in questo caso si è deciso di promuovere la mostra di un’artista dominicana in Italia: oltre a rinsaldare i rapporti tra i due Paesi in occasione dell’anniversario delle loro relazioni diplomatiche, si vuole dare inizio ad un nuovo corso nel quale l’arte e la cultura diventano veicoli di dialogo e rafforzano i legami anche simbolici, tra Italia e Repubblica Dominicana. Andrea Canepari Ambasciatore d’Italia nella Repubblica Dominicana 7

INTRODUZIONE 8

Da quando sono entrata a far parte dell’Associazione culturale RO.SA.M., ed an- cora di più dopo che ho assunto il ruolo di vicepresidente, sono stata fortemen- te convinta che prima o poi avrei potuto sviluppare un progetto culturale per la promozione dell’arte del mio paese, la Repubblica Dominicana. Quando ho incontra- to l’arte di Lidia ho visto rappresentato il senso di libertà che appartiene agli abitanti de- lla nostra isola, per la loro capacità di volare fuori dagli schemi e di fare scelte che non sussurrano, ma che invece sono urli di forza e convinzione come quelli del mio popolo. Lidia è calma nello spirito, composta nella sua mente e nella sua mano mentre, allo stesso tempo, queste sue caratteristiche esplodono con audacia liberandola insieme alla sua arte. In quanto attrice, co-curare una mostra d’arte ha rappresentato per me un’esperienza uni- ca, come prendermi cura di me stessa. Una magnifica occasione per confrontare la mia visione dell’arte nel senso più ampio del termine, e capire quanto di me stessa volessi restituire perché l’arte continuasse a brillare. Ho realizzato che la cornice ideale, la più bella e prestigiosa per le opere di Lidia, non pote- va essere che la Biennale d’Arte di Venezia 2019, per cui l’ho sottoposto agli associati ed in particolare alla curatrice Roberta Semeraro. La mostra Te Veo, Me Veo è fedele alla sua artista. Trapela il suo coraggio, la sua gioia di vive- re, la sua fiducia nel prossimo e il suo implacabile desiderio di condividere la sua opera d’arte. Sono molto felice che questa iniziativa sia diventata parte delle celebrazioni dell’anniver- sario delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica Dominicana e l’Italia, dove le mie figlie sono nate e dove vivo da parecchi anni. Iris Peynado, Co-Curatrice Vicepresidente dell’Associazione Culturale RO.SA.M 9



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Il lavoro di Lidia León Te Veo, Me Veo è spettacolare. Più lo contempli, più vorresti ri- manere lì, davanti a quella mostra che consideriamo la migliore della sua autrice, seb- bene poi la nostra memoria visiva ne faccia tesoro... In un itinerario artistico, costruttivo e impegnato, Lidia León ha sempre manifestato preoc- cupazioni e riflessioni, si è messa in discussione, si è espressa con passione e ponderazio- ne allo stesso tempo. Un culmine di questi umori, che motivano progetti spesso ambiziosi, ha creato, a Venezia, una rassegna indimenticabile. Condividiamo l’opinione della sua curatrice, Roberta Semeraro: “La sua arte è la testimo- nianza di come sensibilità, intelligenza e creatività siano tra gli elementi fondanti di molti do- minicani, e non sorprende infatti che questo Paese sia in grande sviluppo anche dal punto di vista culturale. Sono felicemente sorpresa di aver trovato negli artisti dominicani, e special- mente in Lidia, quel senso di responsabilità sociale che fa rivivere l’idea stessa di comunità, L I D I A LEÓN, DAL SIL E NZIO ALL’ESPRES S IO NE CREAT IVA a differenza delle tendenze individualiste più diffuse in Europa nell’arte contemporanea”. Non è nostra abitudine iniziare un testo con un’ampia citazione, tuttavia le dichiarazioni di Roberta Semeraro ci sembrano molto significative, in quanto curatrice, associata con Iris Peynado nel compito primario di collocare Lidia León nel contesto dominicano, un discer- nimento gradito e positivo. Le sue parole rendono giustizia alla nostra arte. Lidia León, più che una catarsi Come spesso accade in importanti mostre, una chiave autobiografica apre le porte al lavo- ro di Lidia León, cominciando dalla sua formazione, dalla sua pratica professionale, dal suo temperamento. Chi ha il piacere di conoscere le diverse sfaccettature della sua personali- tà, le osserva nella pluralità estetica di Te Veo, Me Veo. La carriera di architettura ha avuto un grande valore per lei. “Penso che la mia formazione come architetto mi aiuti a lavorare molto con i simboli, con le forme, con i colori”, ha detto Lidia León, riguardo alla sua collaborazione in un’impareggiabile mostra di testimonianze della sua famiglia al Centro León, un importante centro d’arte e cultura della Repubblica Dominicana. 12

A proposito, lei ha svolto, per anni, un ruolo di primo piano nella fondazione e nello svilup- po di questa istituzione, “evidenziando i legami tra crescita personale, crescita familiare e crescita professionale”. Lo stesso misticismo e la stessa filosofia della famiglia León, che unisce storia, condotta e tradizione, la troviamo nella sua dedizione esclusiva alle arti plastiche all’inizio di questo decennio, poiché sebbene, nelle sue funzioni esecutive e di consulenza, Lidia León non si era mai allontanata dall’architettura e non ha lasciato la sua ampia vocazione creativa che comprende la musica e la poesia. Più che una catarsi, è stata una specie di stato di grazia che l’ha fatta introdurre nelle arti plastiche, come si accede a una religione. La sua partecipazione alla Bienal Nacional de Artes Visuales del 2013 e 2015 ha portato una nuova dimensione all’arte dominicana, non solo per le sfide spaziali, ma per la ricerca e l’integrazione del pubblico. Lidia León ha lavorato incessantemente con un entusiasmo silenzioso, che è poi esploso in presentazioni uniche nell’ambiente locale, dagli elementi tecnologici, all’audacia formale dando priorità alla comunicazione individuale e collettiva, ottenendo reazioni attive e gio- iose... Nessuno era sorpreso quando le sue opere hanno ottenuto il premio del pubblico. Lidia León, artista contemporanea dominicana Pertanto, l’arte di Lidia non è mai realizzata, si sta sempre realizzando. Se ci concentriamo sull’arte dominicana contemporanea, la formulazione di Lidia rifiuta le differenze tra le categorie e l’installazione diventa testimonianza di queste miscele ge- neriche: display spaziale, pittura, grafica, foto, video, molteplici interventi. Le troviamo nell’opera di Lidia León. Allo stesso modo, Lidia León dissocia il suo contenuto da qualsiasi tema conservatore. In poche parole, oltrepassa i confini e le accademie stabilite, proclama la completa libertà cre- ativa, si arrende alla piena effervescenza dimensionale, spaziale e testuale, e quando non ha deciso di continuare a fotografare, dipinge e disegna, categorie che anche lei domina. Lontano dall’essere un’iconoclasta, una recidiva nella maggior parte delle sue produzioni artistiche, è una sperimentatrice per vocazione e convinzione, mira ad allargare i confini dell’arte, addirittura ignora i suoi propri limiti e “si autoscopre”. Lidia aspira a che il suo linguaggio si adegui alle opzioni del suo tempo, alle sue domande, ai suoi cambiamenti. L’approccio ai valori individuali, umanistici e sociali si trova nei materiali, 13

nelle dimensioni, nello spazio, nel gesto, nella proposta, sebbene possa sembrare un’utopia. Il suo impegno introduce un dinamismo continuo, cambiando e ricreando modelli. Sono pez- zi sperimentali per scelta propria. Evoluzione costante Lidia León si era concentrata intellettualmente sulla proposta filosofica ed esistenziale giapponese Wabi Sabi, che le ha comunicato calma e ispirazione. Se ci pensiamo, per la sua saggezza, la sua storia plurisecolare e il suo valore universale, non c’era un’invocazione più adatta a vantaggio della natura caraibica, feconda con una biodiversità davvero meravi- gliosa ma in allerta e in permanente pericolo di deterioramento, già iniziato. Poco importa che il termine Wabi Sabi sia intraducibile –anche per gli stessi giapponesi– tanto meglio per la nostra curiosità, valutazione permanente dell’estetica giapponese e del significato intrinseco del concetto. È una professione di fede, un modo particolare di vedere il mondo e di distinguere la bellezza in base alle fasi successive che trasmettono il passaggio del tempo e una non perfezione (in)prevista. Vero prolegomeno –in due parole!– Wabi Sabi ha risposto alle preoccupazioni di Lidia, al suo apprezzamento della vita, che siano benvenute o meno le inevitabili trasformazioni. L’artista porta furtivamente questa costante evoluzione alla creazione visiva e, la sua ricer- ca, catturerà l’essenziale in base al momento: l’oggetto che contempliamo e godiamo oggi definito, non esiste mai come definitivo nel futuro e nelle sue apparenze. Tuttavia, questa filosofia orientale non impedisce a Lidia León di collocare le sue produzioni visive nei Caraibi, un mondo iconografico, esistenziale e sociale, che l’artista invita a guardare e ad approfondire, se vogliamo... Lei crede nella lettura libera e partecipe dell’opera d’arte. In effetti, Lidia León attribuisce al metissaggio etnico-geografico delle Antille e alla diversi- tà delle origini, le domande che i dominicani si pongono sulla loro identità: “A volte sento che, in parte, il dominicano stesso si sente insicuro della sua identità, si mette in discus- sione, e non gli sembra sicura e solida, c’è che dobbiamo sentirci come un popolo dalle molteplici diversità, ma questa è la ricchezza dei Caraibi”. Ricchezza culturale, che lei non esita ad ampliare. Lidia León vuole che il suo lavoro contribuisca a cambiare il destino dell’arte dominicana e a porre fine all’isolamento dei Caraibi che Antonio Zaya, gestore culturale europeo, ha 14

lamentato così tanto: “Sono esclusi dall’arte, non dall’arte contemporanea, dall’arte in ge- nerale, come se non ci fosse arte qui. Gli viene negato pane e sale”. Affinità e museografia Lidia León ha allestito la sua installazione Te Veo, Me Veo nella chiesa di Santa Maria del- la Presentazione detta comunemente “delle Zitelle”, sull’isola della Giudecca. In nessun modo, il lavoro di Lidia León avrebbe compromesso un luogo sacro, né lo avrebbe profana- to. Al contrario: l’allestimento attentamente pianificato ne sfrutta le caratteristiche interne, formali, dimensionali, stilistiche e storiche. I valori che l’opera trasmette sono collegati alla trascendenza religiosa. Il dialogo tra l’architettura –a sua volta potente e leggera– di Andrea Palladio e la presenza dell’arte è innegabile. Ecco una corrispondenza spontanea tra ambiente ecclesiale e opere contemporanee, senza che queste siano uno strano innesto... Abbiamo sentito diverse per- sone affascinate che vorrebbero che Te Veo, Me Veo rimanesse nel suo recinto veneziano. Dialogo e eco sublime, la carica spirituale risuona nel silenzio, il flusso meditativo vibra, la percezione si acuisce. Non ci sarebbe, crediamo, una migliore relazione estetica. Opere di oggi, senza concessioni dal passato, interagiscono sorprendentemente con il tempo secolare. Questa integrazione nello spazio circostante, la percepisce lo spettatore, invitato a muoversi discrezionalmente da una parte all’altra e a tornare, indipendentemente da un secondo sguardo... Con intelligenza pratica, studio di proporzioni e misure e ordinamento rigoroso, Lidia León ha formulato metodicamente una composizione geometrica sensibile. Il design risultante favorisce il deciframento dei segni grafici, ontologici, quotidiani, ancora magici che ogni opera della mostra presenta e/o suggerisce. Come ogni autentico artista contemporaneo, lei richiede la partecipazione intellettuale e sensibile dello spettatore, che diventa così un creatore associato. Le cinque opere mostra- no che nient’altro è necessario per creare una grande e memorabile mostra, allestita con professionalità e con una disposizione spaziale precisa e adeguata. Le opere Lidia León richiede allo spettatore una partecipazione attiva e plurale: movimento, con- cezione, sensibilità, curiosità. Per un pieno apprezzamento, Te Veo, Me Veo deve essere 15

percepita direttamente nella sua realtà, qui tridimensionale e sensoriale, così come la migliore riproduzione non sostituisce la contemplazione del dipinto originale. L’opera centrale che dà il nome alla mostra Te Veo, Me Veo è un sorprendente volume ovoidale che colpisce improvvisamente, per la sua collocazione, le sue dimensioni e il suo rivestimento metallico, luminoso e riflettente. Certamente, come dice l’artista, “la struttu- ra a forma di uovo evoca l’origine della vita”. Di fronte a questa forma perfetta, simbolo del rinnovamento della continuità della specie e al suo perenne potere di fascino, desideriamo ardentemente scoprire quali misteri e segreti racchiude al suo interno. Lo spettatore non è solo di fronte a un’opera, a una superficie, ma, a discrezione, quanto decide di partecipare fisicamente e sperimentare diversi tipi di emozioni quando attraversa il sipario, penetra in un altro mondo... da dove è difficile estrarsi. Ci sarebbe piaciuto pro- lungare il momento del gioco, dal basso verso l’alto, dall’alto verso il basso... È allora che Lidia dà libero corso, sia alla sua fantasia, che alle sue preoccupazioni al- truistiche. Da creatrice diventa giocosa, allegra, persino furbetta. Promuove dall’altalena –simbolo del ritorno all’infanzia– il riflesso in abisso e il gioco degli specchi, le trasparenze cristalline e la rivelazione dell’altro... che all’improvviso ci appare e ci somiglia. Infine, un meraviglioso illusionismo reale, ingegnosamente progettato e realizzato, fonde una sor- prendente estetica, conoscenza scientifica e contributi tecnologici. Te Veo, Me Veo seduce e non smette di perturbare... il che aumenta la seduzione. Lidia León non lavora mai in modo univoco e studia soluzioni consoni all’attualità. Allo stes- so modo, sfrutta diversi materiali e procedimenti: metalli, legno, stoffa, carta, impronte, ossidazione, pittura e oggetti, soggetti tutti alle trasformazioni che lei controlla e dirige. Se sono fisicamente separati, l’insieme si trasforma in una trama, un tessuto, una proposta che si capta attraverso elementi di un mosaico, fissi e sospesi, tangibili e anche ritmici. Non sarebbe escluso che siano portatori di enigmi e messaggi: di per sé, Sindone, ispirato al Sacro Manto, ne propone la connotazione. La struttura sospesa, Horizonte e Unión, che consideriamo un duo magistrale, non potreb- be esprimere meglio quella (trans)mutazione del Wabi Sabi, con l’ossidazione salina delle piastre, con le sue macule iridescenti irregolari e insolite. Le sue impronte stampate sul tavolo di legno le hanno trasmesso un eccitante lirismo astratto e informale. La serie Wabi Sabi completa aumenta il significato e/o il simbolismo, mentre la sua 16

esecuzione raggiunge un’indiscutibile nitidezza, che può essere la nitidezza dal dete- rioramento, inquinamento, invecchiamento. Ora i riferimenti, metafore, miti, hanno una risonanza particolare nella nostra sensibilità, un’interdipendenza tra trasformazio- ne e comunicazione. Coda Paolo Baratta afferma: “Dobbiamo promuovere la rivoluzione permanente, trasmessa da opere e artisti, evitando sempre modelli che trasformano l’artista in un soggetto unidimen- sionale, un agente diretto della storia e dell’evoluzione politica”. Te Veo, Me Veo di Lidia León coincide con l’intima convinzione affermata dal presidente della 58a Biennale di Venezia. Marianne de Tolentino Critica d’Arte, Direttrice della Galería Nacional de Bellas Artes NOTA DELL’AUTRICE: Le citazioni fanno parte di un’intervista che abbiamo fatto nel 2003 a Lidia León nella città di Santiago de los Caballeros, in occasione dell’apertura del Centro León, un’istituzione culturale dipendente dalla Fundación Eduardo León Jimenes, di cui è stata direttrice. “L’arte stimola la mia comunicazione sensoriale, risveglia la memoria sbiadendo i confini del tempo e dello spazio, evocando connessioni infinite nel presente. Attualmente sto lavorando con le foglie del tabacco; le accarezzo e lascio che il loro aroma e il miele risveglino le storie di mio nonno nel campo. Guardando la decomposizione naturale ed i processi di trasformazione della materia, scopro la transitorietà, la sostanza effimera di cui siamo fatti, mi connetto con le mie origini, la terra”. Lidia León [LiLeón] 17

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TE VEO ME VEO LA MOSTRA CAPITOLO I

TE VEO, ME VEO LA MOSTRA

Te Veo, Me Veo (Ti Guardo, Mi Guardo) 2018 Installazione Interattiva Lamiere in alluminio, metallo, legno, acrilico e tessuto 2.62 x 4.00 x 2.60 metri “Il mio lavoro ribadisce la consapevolezza di sentirmi un riflesso di una realtà collettiva più ampia rispetto alla personale realtà individuale, rivela che tutti siamo interconnessi come gocce dello stesso oceano e mi incoraggia a scoprire cosa c’è al di là di un semplice sguardo. Scoprire la correlazione tra scienza, natura e spiritualità, rivelando il legame tra l’intangibile e il visibile”. Lidia León [LiLeón] Lidia León attraverso la sua pratica artistica riflette su temi di natura sociale ed esistenziale, come l’intolleranza e le carenze culturali. Con il suo talento e la sua creatività, mira ad incoraggiare in particolare le giovani generazioni a un pensiero critico e all’integrazione. Per le importanti valenze culturali e sociali del suo lavoro, l’associazione culturale RO.SA.M. che ha sede a Venezia ed è attiva nei progetti di sostenibilità, ha accolto nel 2018 l’invito dell’attrice dominicana Iris Peynado ad organizzare la prima mostra in Eu- ropa di LiLeón. A gennaio di quest’anno con Peynado, ci siamo recate a trovare l’artista nel suo studio/ atelier di Santo Domingo per scegliere le opere da esporre a Venezia. Le opere di Léon, non solo riflettono la bellezza della sua terra e la vitalità della sua gente, ma anche i profondi valori di questa splendida civiltà composta da genti venute nel tempo, da tutte le parti del mondo. L’arte di LiLeón è la testimonianza di come sensibilità, intelligenza 23

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< Due viste dell’inaugurazione della mostra d’arte, dove compaiono Eddy, Hulda, Silvia e Julia Guzmán, MaurizioRossi, Mónika Despradel, José Antonio Rodríguez, Ambasciatore presso l’UNESCO di Parigi e Lidia León e creatività siano tra gli elementi fondanti di un grandissimo numero di dominicani, e non sorprende infatti che questo Paese sia in grande sviluppo anche dal punto di vista culturale. Quello invece che mi ha felicemente sorpresa, è stato aver ritrovato negli artisti dominicani e innanzitutto in Léon, quel senso di responsabilità sociale che fa rivi- vere l’idea stessa di comunità, contro le più diffuse tendenze individualistiche dell’arte contemporanea in Europa. Sembra infatti che gli artisti dominicani sentano un dovere imprescindibile verso la società. Non a caso le opere di Léon sono sempre interattive con il visitatore, lo invitano alla riflessione spesso avvicinandolo sotto forma di gioco. Ma non solo, in questo breve viaggio segnato dai luoghi del vissuto dell’artista quali: Santo Domingo, Santiago e Sosúa, attraversando antichissime montagne e più giovani pianure, in una natura totalmente avvolgente nei suoi magnifici colori, ho ritrovato nella semplicità delle persone e delle cose, i segni di quella intramontabile bellezza che è più vera e più democratica perché più vicina a tutti, di cui parla Lidia e che invita il pubblico a riscoprire e a riapprezzare. Ed è questa visione spontanea dell’arte ma non affatto ingenua, tutt’al- tro acuta e coraggiosamente dignitosa, che la mostra di LiLeón ha portato nella Serenis- sima, costruendo infine un ponte culturale tra i nostri due Paesi. La mostra ospitata dall’Ente pubblico Istituzioni di Ricovero e di Educazione (I.R.E.), nella splendida chiesa palladiana di Santa Maria della Presentazione, è stata organizzata in occasione della Biennale Arte 2019 di Venezia. Il tema della mostra Te Veo, Me Veo dedicato appunto alla reciprocità, ben si addice alla mission di questo Ente pubblico, storicamente attivo nella città di Venezia per fornire assi- stenza agli anziani, ai minori e persone in difficoltà. La fortuna ha voluto che l’I.R.E., formatosi da antiche istituzioni, dalle quali ha ereditato nel corso dei secoli, un inestimabile patrimonio monumentale oltre ad importantissime colle- zioni, abbia intrapreso di recente attraverso la Fondazione Venezia Servizi alla persona, con il progetto “Gioielli Nascosti di Venezia”, un’azione di promozione e valorizzazione dei suoi cinque complessi monumentali di cui fa parte la chiesa delle Zitelle, accogliendo mostre di arte contemporanea. Ed è per queste ragioni che la mostra di LiLeón ha trovato ospitalità nella suddetta chiesa, entrando a fare parte delle iniziative che hanno coinvolto quest’anno le magnifiche locations dei Gioielli Nascosti di Venezia. Va sottolineato inoltre che la mostra dell’artista dominicana, ha superato il vaglio da parte del Patriarcato di Venezia che controlla con la dovuta attenzione, 27

le attività che si svolgono nelle chiese consacrate e della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna attenta a preservare i luoghi d’interesse storico artistico della città. La chiesa di Santa Maria della Presentazione che gode di una posizione privilegiata poiché guarda piazza San Marco, è ubicata nell’isola della Giudecca giusto di fronte a Punta della Dogana, l’antico complesso restaurato da Tadao Ando, l’architetto giapponese che Lidia León ha volutamente citato per spiegare la filosofia Wabi Sabi, alla quale sono ispirate quattro delle opere esposte qui a Venezia. Lidia León molto sensibile alle tematiche che riguardano le donne, ha ricordato nell’ope- ra Tejiendo Recuerdos, i lavori artigianali ai quali erano dedite le zitelle, ossia le giovani donne povere ma molto belle ospitate nell’ospizio fondato a metà del 1500, di cui faceva parte la chiesa. La pianta centrale della chiesa è stata ripresa persino nell’allestimento circolare delle opere del ciclo Wabi Sabi, sistemate tra gli altari minori e quello principale attorno all’opera Te Veo, Me Veo, che da il nome alla mostra e posizionata sotto la grande cupola disegnata dell’emerito architetto italiano Andrea Palladio. Le strutture autoportanti che sostengono le quattro opere sono state progettate con l’intento a loro volta, di richiamare nei telai in ferro le grate degli altari della chiesa, attraverso le quali le giovani ospiti del pio luogo (le zitelle) assistevano alle sacre funzioni. Infine i colori delle opere di León, si amalgamano così bene con le tonalità calde del pavimento in pietra della chiesa, dei suoi preziosi dipinti nonché delle bellissime pale d’altare e degli arredi sacri, da restituire un ambiente dav- vero unico e speciale caratterizzato dal dialogo costante tra l’antico e il contemporaneo. La scelta di un’illuminazione artificiale soffusa delle opere è stata fatta non solo per ri- spettare la spiritualità del luogo, ma anche per privilegiare la condizione di luce di questo spazio, che ha come sua caratteristica quella di essere molto luminoso. La luce del giorno che penetra all’interno della chiesa dalla cupola e dall’ingresso principale che si apre sulle acque del canale della Giudecca, rimbalza sull’opera specchiante Te Veo, Me Veo al centro della chiesa, la quale accendendosi illumina le opere attorno. Le opere di León passandosi così la luce tra loro (esattamente come fanno gli apostoli nel dipinto dell’ultima cena del Tintoretto conservato nella basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia), sembrano vivere in perfetta sintonia con l’ambiente che le ospita e soprattutto con Venezia, che per sua natura gode di una luce davvero speciale. 28

> Julio Valdez, Daisy Caamaño, Lidia León, Mario Arvelo, Ambasciatore, Rappresentante Permanente della Repubblica Dominicana presso l’agenzia delle Nazioni Unite a Roma e Miguel Ramírez. 29

La mostra visitata da migliaia di visitatori si è inserita molto bene anche nel contesto di vita quotidiana veneziano, dato che subito dopo la chiusura estiva delle scuole, è divenuta uno dei luoghi preferiti dai bambini dell’isola attratti dall’altalena nascosta nell’opera Te Veo, Me Veo. Tra l’altro l’aspetto ludico dell’arte è stato richiamato anche da Ralph Rugoff, direttore di questa 58ma Biennale Arte del 2019 dal titolo significativo: “May You Live in Interesting Times”. E non solo le parole stesse che compongono Te Veo, Me Veo hanno una certa assonanza con l’idioma parlato dai veneziani! Il fotografo Maurizio Rossi dell’isola di Burano ha dedicato un omaggio a LiLeón, immorta- lando nei suoi indimenticabili scatti, la presenza dell’artista dominicana e delle sue opere a Venezia. Così com’è stato per il regista italiano Marco Agostinelli residente a Venezia, pre- mio alla carriera nell’ambito del Festival international du film sur l’art di Montreal del 2000, che ha realizzato due brevi documentari sulla mostra, proiettati al pubblico negli eventi organizzati dall’Ambasciata Italiana a Santo Domingo, in occasione delle celebrazioni dei 120 anni di relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Repubblica Dominicana. Infine tutte le opere di Lileón sono avvolte da un’aura di sacralità tanto da potersi con- siderare “Epifanie”, punti di non-ritorno quando il pubblico non vede più le cose con gli occhi di prima. “Molte delle mie proposte promuovono l’inclusione sociale attraverso il gioco, rilasciando tensioni, stimolando l’immaginazione. Invitare il pubblico ad interagire con i miei lavori, alimenta quel bisogno sociale degli esseri umani, promuove uno spazio di rispetto per le nostre differenze, contrastando così le discriminazioni di ogni tipo”. Lidia León [LiLeón] 30

Le fotografie mostrano momenti dell’inaugurazione della mostra Te Veo, Me Veo (Ti Guardo, Mi Guardo) di Lidia León, nella chiesa Santa Maria della Presentazione. Venezia, Italia 9 Maggio 2019. 31





T E VE O, ME VE O L’OPERA 34

La forma ovale dell’opera Te Veo, Me Veo che dà il nome alla mostra, arriva diret- 35 tamente dalla cosmogonia in quanto richiama l’uovo cosmico1 che nelle chiese cristiane-ortodosse veniva appeso nel catino absidale.2 L’uovo cosmico, uno dei simboli più ricorrenti nell’arte antica e moderna, rappresenta la nascita e la ri-nascita. Non a caso è divenuto emblema della Santa Pasqua e Resurrezione. Ma oltre al suo valore sim- bolico, l’uovo cosmico nella pittura rinascimentale, fu utilizzato dagli artisti per misurare lo spazio suddividendolo in due parti simmetriche e perfettamente in equilibrio tra loro. Infat- ti solitamente era posizionato al centro del dipinto, spennellato di candidi bianchi affinché riflettesse a sua volta la luce, rimandandola nelle zone più scure della tela. Pertanto l’uovo nella sua caratteristica forma ad ellisse, diveniva l’immagine rappresentativa dell’universo e del suo ciclico divenire. Se vediamo poi l’arte come un linguaggio inconscio, che porta alla gratificazione dell’autore nel manufatto artistico, con la conseguente sublimazione dei 1 Dizionario dei Simboli, Jean Chevalier Alain Gheerbrant, Rizzoli 1987 2 https://it.wikipedia.org/wiki/Pala_di_Brera

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FOTO DELLE DUE PAGINE PRECEDENTI Installazione dell’opera Te Veo, Me Veo (Ti Guardo, Mi Guardo) [Seconda Edizione] la quale sarà presentata al Centro León nel 2020. Santiago, Repubblica Dominicana. Vista frontale dell’opera Te Veo, Me Veo (Ti Guardo, Mi Guardo) Chiesa di Santa Maria della Presentazione Venezia, Italia 38



Te Veo, Me Veo contenuti nella forma e nella struttura dell’opera, Te Veo, Me Veo è collegabile anche alla (Ti Guardo, Mi Guardo) nascita e ri-nascita della personalità di Lidia Léon, che ritrova la propria integrità di donna e (Dettagli) artista nell’atto creativo. 2018 A tal proposito è interessante notare che questa opera esposta per la prima volta in Eu- Installazione interattiva ropa nella chiesa di Santa Maria della Presentazione a Venezia, è anche il primo prototipo Lamiere in alluminio, realizzato dall’artista dominicana di un’idea nata in un preciso momento della sua vita, che ferro, legno, acrilico e corrisponde alla riappropriazione dell’ “Io” attraverso la pratica artistica. tessuto LiLeón con la duchampiana abilità di ri-visitare le cose, trasforma l’uovo cosmico da sim- bolo di nascita e ri-nascita, in un veicolo spaziale per esplorare il pianeta della conoscenza 40 di se stessi e degli altri. Questa sorta di dirigibile dalla tipica struttura aerodinamica con lamiere in alluminio spec- chianti, ospita al suo interno un abitacolo, dove i visitatori prendono posto sulle estremità opposte di una semplice altalena basculante e seminascosta da una quinta di tessuto nero, che la divide a metà dividendo anche lo spazio interno da quello esterno dell’abitacolo. Al centro di questa quinta si apre una finestra ovale realizzata in fibre sintetiche. Come in un abile marchingegno, l’oscillazione su e giù dell’asse di legno, va ad azionare il dispositi- vo che accende/spegne la luce nella parte interna e buia dell’abitacolo, rendendo la finestra trasparente (luce accesa) e subito dopo specchiante (luce spenta). Pertanto i visitatori che prendono posto su entrambi i lati dell’altalena, si ritrovano traspor- tati dal gioco, a vedere attraverso la finestra, ora il volto dell’altro (Te Veo) e un attimo dopo il proprio volto (Me Veo). E’ evidente come sia nella struttura dell’opera che nel meccanismo stesso dell’altalena, ci sia un’allusione all’atto sessuale del concepimento. Non a caso nelle sacre scritture3 per indicare il rapporto sessuale tra uomo e donna, viene adoperato proprio il verbo “conosce- re”. Come la placenta custodisce la forma embrionale della vita, così la corazza di alluminio dell’opera Te Veo, Me Veo nasconde nel suo interno, il mistero attraverso il quale la vita ha origine, che è appunto la fecondazione intesa come compenetrazione e unione del soggetto con l’oggetto della conoscenza. L’attenzione per la genetica da parte dell’artista, si era giù precedentemente affermata nel 2013, con l’installazione Arte De Nacer | ADN per la quale ricevette il premio del pubblico nell’ambito della 27ma Bienal Nacional de Artes Visuales a Santo Domingo. I geni contengono le informazioni necessarie per lo sviluppo degli individui, 3 Bibbia, Genesi 4,1,17, 25; 19, 8 – Vangelo, Luca 1,34 e Matteo 1,25

pertanto secondo la visione proposta da León con entrambe queste due opere, affinchè l’individuo ritrovi la sua dignità di essere umano, è necessario che intraprenda i processi cognitivi che lo portano a raggiungere quella consapevolezza di se stesso e dei suoi simili. L’opera incentrata sul concetto della reciprocità degli opposti, intende sperimentare il pro- cesso della conoscenza partendo dalle Regola d’oro (o regola della reciprocità)4. Da un punto di vista antropologico, la reciprocità mette in correlazione due principi fondamentali dell’etica che sono: la libertà e l’uguaglianza. Molti filosofi, saggi e padri spirituali si sono concentrati nel tentativo di dare una spiegazio- ne a questa regola ragionevolmente semplice, ma ahimé di difficile applicazione (lo dimo- stra il fatto che nonostante il trascorrere del tempo e del fiume di parole sull’argomento, le discriminazioni razziali continuano a perpetuarsi tutti i giorni!). Immanuel Kant (al quale si rifà esattamente Léon commentando la sua opera), nel trattato della Ragione Pratica 4 http://www.aecna.org/Amicizia_Ebraico_Cristiana_di_Napoli/Regola_doro.html 41

con lo scopo di dare imperativi categorici e oggettivi all’agire dell’uomo, afferma: “Agisci in modo da trattare l’umanità sia nella tua persona che in quella di ogni altro sempre come fine e mai come semplice mezzo”. L’analisi deontologica di questa affermazione, mette in evidenza la stretta corrispondenza di ogni singola azione con la realtà nella quale avviene, avendone in quest’ultima i suoi effetti e le sue conseguenze. Pertanto se guardiamo agli altri ritrovando in loro, un riflesso di noi (come ci invita a fare l’artista), non ci sarà mai alcu- na strumentalizzazione nei rapporti umani ma soltanto reciprocità tra gli individui, ai quali sarà garantito di vivere in un regime di giustizia e uguaglianza. Il fatto che l’artista dominicana abbia sentito l’esigenza di dare spazio e forma nel suo mondo creativo, a concetti che sono alla base dei diritti umani, è la dimostrazione dell’al- to profilo del suo lavoro. Léon che si è formata negli studi giovanili di fotografia e di arti applicate e successivamente di architettura, conseguendo la laurea dalla università della Repubblica Dominicana Universidad Nacional Pedro Henríquez Ureña (UNPHU), cresciuta ed educata in una famiglia cattolica, dedita da più generazioni alla valorizzazione dell’arte e della cultura nel suo Paese, quando si è trovata ad affrontare un tema così importante, ha chiamato all’appello tutti i suoi sensi. • Senso dello spazio: connaturato in lei e sviluppato grazie all’esperienza dei suoi studi in architettura. Tutta l’arte di Léon si aggira in una dimensione tridimensionale, ed è per que- sto che l’artista è più propensa ad utilizzare materiali riflettenti o trasparenti che inglobano lo spazio circostante, senza mai negarlo. Quello che la contraddistingue nel rapporto con lo spazio, è un tipo di approccio più incline al pensiero dei costruttivisti negli anni Venti del secolo scorso5, che concepivano l’arte come costruzione nello spazio e per i quali la 5 http://www.treccani.it/enciclopedia/costruttivismo/ “In Te Veo, Me Veo, il divertente movimento giocoso dell’altalena rivela il gioco di potere tra gli esseri umani. Ricordando la nostra infanzia, osserviamo con ingenuità gli incontri costanti e gli incontri mancati della vita”. Lidia León [LiLeón] 42

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forma delle opere coincideva spesso con la loro struttura e funzione. LiLeón ha disegnato, progettato Te Veo, Me Veo affinché avesse una determinata funzione, di conseguenza poi è nata la forma ovale e la sua struttura. • Senso della luce: che le proviene dalla fotografia e soprattutto dalla camera oscura, alla quale s’ispira ricreando in Te Veo, Me Veo l’ abitacolo interno, dove con lo spegnersi e accendersi della luce, i visitatori possono vedersi reciprocamente. Persino la scelta della materia specchiante per l’involucro dell’opera, riguarda in primo luogo la luce. Quale co- lore poteva essere più pertinente a rappresentare la conoscenza se non quello della luce stessa? La conoscenza è un fatto di illuminazione, un traguardo che si raggiunge passando dalla penombra dell’ignoranza nella quale ci siamo abituati a vivere, alla luce della saggezza così come insegnava Platone nel Mito della Caverna. In fondo questo mito ha anticipato la fotografia, e “fotografia” è l’unione di due parole greche phos (luce) e graphè (grafia) e vuol dire scrittura di luce. • Senso dell’umorismo: che la porta a ri-considerare il comune gioco dell’altalena che fa parte dell’immaginario collettivo, un’allegoria dell’unione degli elementi complemen- tari maschile e femminile, trasformando l’altalena stessa nel meccanismo funzionale e sostanziale della sua opera. L’aspetto ludico dell’opera Te Veo, Me Veo per la sua ironia, ricorda le “operazioni culturali” di alcuni esponenti del neo-dadaismo italiano come Pie- ro Manzoni, che nel 1959 consacrò l’arte dell’uovo sodo, firmando un certo numero di esemplari di uova sode con il suo pollice d’artista e offrendole in pasto al pubblico.6 Pino Pascali affermava che il gioco sia per i bambini che per gli adulti, è un modo per cono- scere: “I giochi dei bambini sono veramente fatti per permettere loro di sperimentare e scoprire le cose, per conoscere e nello stesso tempo superarle. Ma che cosa si intende per bambino? Qualunque sia la loro età, gli uomini possono restare “bambini” fino alla fine della loro vita.”7 In Te Veo, Me Veo, l’etica e l’estetica si coniugano perfettamente, dando forma ad un’opera fortemente suggestiva ed esperienziale, con la quale i visitatori possono interagire, con- frontandosi innanzitutto con la personalità dell’artista. La collocazione di Te Veo, Me Veo nella chiesa di Santa Maria della Presentazione a Venezia, trova le sue motivazioni nelle sacre scritture evangeliche degli apostoli Matteo e Luca quando Gesù dice:“Tutto quanto 6 http://performart.altervista.org/piero-manzoni 7 http://www.scribd.com/doc/53248397/Catalogo-Pino-Pascali-Mediterraneo-Metropolitano 45

volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”.8 Ma non solo; è contestualiz- zata nelle attuali politiche di tolleranza ed integrazione promosse dalla Chiesa e dalle fazioni più progressiste della società contemporanea. Non bisogna dimenticare poi che questa chiesa in particolare, era il luogo di culto del complesso delle Zitelle, l’antico collegio che accoglieva le ragazze povere sottraendole alle meschinità della vita. E’ doveroso ricordare anche che la Serenissima, chiamata appunto la porta d’oriente del mondo occidentale, van- ta una lunghissima tradizione di accoglienza dei popoli , per via soprattutto del commercio marittimo. La Repubblica di Venezia nata nel IX secolo, è stata uno dei primi esempi nella storia, di Stato improntato su un’organizzazione moderna e democratica.9 L’elemento specchiante di cui Te Veo, Me Veo è composta, riconduce al grande palcosceni- co di questa città, dove gli uomini e le cose convivono in armonia con l’ambiente, ritrovan- do l’equilibrio nei loro molteplici e diversi riflessi nello specchio dell’acqua. 8 http://www.chiesalogos.com/public/serie/matt-7.12-la-regola-d-oro-10.3.13.pdf 9 https://www.persee.fr/doc/efr_0223-5099_1996_act_220_1_4989 “Nel mio caso, l’arte concettuale nasce dal silenzio interiore di lunghi periodi di meditazione. Te Veo, Me Veo, è ispirato dall’aforisma greco “conosci te stesso - il modo in cui vedi gli altri dice più su di te che su di loro. La mia formazione come architetto rende possibile la creazione di queste esperienze intangibili”. Lidia León [LiLeón] 46


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