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AD Architectural Digest

Published by admin, 2022-08-18 07:36:48

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ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA ad: Il nome completo è Eames Institute of Infinite Curiosity: perché? ld: Per tutta la vita, Ray e Charles sono stati curiosi risolutori di problemi. Cercavano di comprendere il noccio- lo di una questione e trovavano le vie più disparate per comunicare le loro soluzioni, con grafiche, filmati, mobi- li, architettura o anche giocattoli. Da cui oggi possiamo imparare tanto. Per loro la curiosità era sempre al centro dell’attenzione. ad: Quale visione persegue con il program- ma dell’Istituto? ld: La collezione deve essere un’ispirazio- ne per le persone che vogliono creare un futuro migliore con l’aiuto del de- sign. Sul nostro sito web, nelle storie del KAZAM! Magazine, intervistiamo designer e artisti che oggi applicano metodi simili a quelli dei miei nonni. Per me si va ben oltre Ray e Charles: vogliamo sostenere i risolutori di pro- blemi del futuro. ad: Secondo lei, cosa penserebbero i suoi nonni della sua iniziativa? ld: Credo che ne sarebbero affascinati. La nostra collezione è resa molto partico- lare dalle tante lettere personali, dagli appunti, dai passi, dai piccoli giocat- toli che loro hanno collezionato. An- che chi crede di conoscere bene il la- voro degli Eames, in questo contesto trova una prospettiva del tutto nuova. I miei nonni hanno vissuto la loro vita pieni di entusiasmo e di gioia e io sono molto grata a mia madre per aver con- servato tutto questo. ad: A chi è rivolta la collezione? ld: Vogliamo rendere il tema accessibile a tutti. Perché abbiamo bisogno dell’in- gegno di tutti per trovare soluzioni di successo ai problemi del nostro tem- po. Non si inizia mai troppo presto a entusiasmarsi per il design. ○ a destra, dall’alto I pezzi in esposizione, Foto Nicholas Calcott dal gioco di numeri ai provini, all’altoparlante, attestano chiaramente che l’approccio interdisciplinare degli Eames può produrre risultati ancora oggi attuali. Il team di Llisa Demetrios vuole infrangere i confini non solo nel design, ma anche nel processo di pensiero. 98

AD × FRÉDÉRIC MALLE Il profumo Questa volta Frédéric Malle ha scelto di torna- di Maurice re alle origini e di creare un’essenza “segreta”. E si è rivolto a uno dei suoi maestri alchimisti prediletti, Maurice Roucel: leggenda della pro- fumeria artistica, amico fidato e creatore di al- cune delle sue essenze più iconiche come Mu- sc Ravageur. Per anni Malle è stato incuriosito dal profumo che Roucel aveva creato in labora- torio per se stesso, una miscela unica e senza compromessi, proprio come lui: audace, bril- lante e pieno di fascino. Uncut Gem nasce quin- di come inno a un uomo diverso, più consapevo- le della propria unicità: “Un profumo che gioca con i codici obsoleti della mascolinità mentre at- tinge dalla loro forza ancestrale per creare qual- cosa di grandioso e irresistibile”. Presentato in anteprima a Parigi, Uncut Gem è un’essenza al- chemica che ha incuriosito il patron della casa profumiera Editions de Parfums Frédéric Mal- le. Uncut Gem è un autentico studio sui contra- sti: robusto e sensibile, classico e moderno. Al- lo stesso tempo diretto ed enigmatico con una sensualità che cede il posto a una persistente de- licatezza. “A prima vista sembra grezzo”, rivela Malle, “ma è incredibilmente raffinato, ricco di humour e amore. Racchiude qualcosa di irre- sistibile. Non ero l’unico a pensare che Roucel avesse un buon profumo, ma sono l’unico con cui avrebbe lavorato per trasformare il suo pro- fumo da semplice esquisse a qualcosa di più raf- finato. E sono onorato perché è così autobiogra- fico e personale”, continua, “con note naturali, fresche e muschiate che rendono la fragranza non solo ammaliante ma anche chic. Le note di testa speziate conducono al cuore: un accordo di cuoio, vetiver e generose quantità di ambra che vibrano a contatto con la pelle”. Il nuovo profumo Uncut Gem editato da Editions de Parfums Frédéric Malle e, in piccolo, il fondatore Frédéric Malle e Maurice Roucel. Frédéric Malle lancia Uncut Gem, nuova essenza ricca di contrasti per una mascolinità audace e magnetica, libera da ogni etichetta

Atenae sofa, Oasi cabinets, Valley coffee table - design Maurizio Manzoni cantori.it

ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI In Cornovaglia Frieda Gormley e Javvy M. Royle, fondatori del brand House of Hackney, hanno trovato la propria dimora delle fiabe. E adesso aprono le porte agli ospiti di tutto il mondo testo Fiona Bornhöft sopra Frieda Gormley e Javvy M. Royle hanno acquistato nel 2018 la tenuta. pagina seguente, dall’alto Plantasia è il nome della carta da parati di House of Hackney nella cucina. Anche le Castle Chairs modulari nel living (sulla sinistra) sono un progetto della coppia. 101

ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA Con le coincidenze funziona così. Per de- «Ci affascinava pensare a come finizione possono presentarsi in modo del la natura sarebbe penetrata tutto inaspettato, eppure a volte soprag- all’interno dell’edificio» giungono una dopo l’altra, in maniera tan- to fluida e repentina, da sembrare frutto del Frieda Gormley destino. Come in questo caso. Di ritorno da una vacanza estiva in Cornovaglia, Frieda 102 Gormley e Javvy M. Royle fanno una pun- tatina ai giardini del castello di Trematon. La scoperta affascina molto la coppia, che continua a parlarne per giorni, finché non arriva la telefonata di un amico che ha sen- tito dire che la proprietà è in vendita. Gormley e Royle ne approfittano sen- za indugi (e senza sapere come sia messo l’interno del complesso). «La natura è da sempre una delle nostre principali fonti di ispirazione», racconta Royle. «È stato co- me se Trematon ci chiamasse». Nei secoli il castello ha avuto molti proprietari, per lo più nobili, e ha subìto altrettante modifiche. La fortezza in sé fu costruita da Sir Robert, conte di Mortain, nel 1068, in memoria di Guglielmo il Con- quistatore, e nel 1270 fu venduta al duca di Cornovaglia. Tuttavia, la tenuta è stata un porto sicuro non soltanto per la nobiltà: nel XVI secolo, Elisabetta I dispose di na- scondere nel castello di Trematon i tesori saccheggiati da Sir Francis Drake fin quan- do non sarebbe stato possibile trasferirli al sicuro nella Torre di Londra. Dopo secoli di degrado, la tenuta fu acquistata dall’uf- ficiale di Marina Benjamin Tucker, il quale nel 1808 fece costruire una pensione geor- giana nella corte interna, riportando così le rovine a nuovo splendore. Tuttavia, il complesso deve il suo aspetto attuale a Gormley e Royle che, dopo averlo acquistato quattro anni fa, lo hanno sottoposto a un radicale restauro. «Ci affascinava pensare a come la natu- ra sarebbe penetrata all’interno dell’edifi- cio», dice Gormley. Motivi floreali, stam- pe jungle e mobili ornati, su tutto traspare chiaramente la passione della coppia per l’opulenza. A volte romantica e fiorita, al- tre animalier e folle, oggi l’intera tenuta è un tributo a House of Hackney, il loro

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ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA sopra A bordo piscina, le palme incorniciano la vista sul paesaggio circostante. Il giardino è opera degli architetti paesaggisti Isabel e Julian Bannerman. in basso In una delle camere da letto, Flora Fantasia di House of Hackney è su tutte le pareti, su diversi cuscini, sulle coperte e persino sul paralume. luxury brand di interior decoration. Le ot- da letto in lino proviene dall’Inghilter- Comunque, a conquistare il cuore della to camere da letto sono ciascuna dedica- ra, come pure le moquette o gli imponen- ta a una diversa collezione: le rose si ar- ti letti a baldacchino. La cucina comple- coppia è stato lo strepitoso giardino, cre- rampicano sulle pareti con Rainbow Rose; tamente rinnovata da deVOL adesso ri- le magiche stampe floreali di Flora Fanta- splende di bianco. Piastrelle lucide di Zel- ato dai coniugi Isabel e Julian Banner- sia fanno a gara con il paradisiaco parco, e lige e paesaggi verde muschio dipinti a Wild Card, nell’iconico motivo leopardato mano vestono le pareti. man, architetti paesaggisti che avevano di House of Hackney, equivale a una gita nella savana. La tenuta è una sorta di art preso in affitto il castello di Trematon. È showroom per i progetti dei nuovi abitan- ti (quasi tutti i prodotti sono in vendita) e difficile credere che, quando fu venduta, la anche un manifesto dell’artigianato arti- stico britannico. La raffinata biancheria proprietà godeva di tale tripudio floreale «Qui ci si deve da soli dieci anni. Famosi per i loro giar- soltanto sdraiare, con i piedi nell’erba, dini rigogliosi e ricchi di fiori, i Banner- e ascoltare gli uccelli» man hanno piantato roseti da sogno, dan- Javvy M. Royle do però anche spazio alle erbe spontanee. Nel mezzo di quest’odorosa magnificen- za si trova la piscina che, con i suoi arabe- schi floreali e le arcate sinuose, per un mo- mento trasporta gli ospiti in Oriente. Co- me si dice: “La mia casa è il mio castello”. Foto ©Unique Homestays In questo caso si tratta di un vero e proprio Hackney Castle. ○ La costruzione di Trematon Castle, in Cornovaglia, risale al 1068. Oggi si apre agli ospiti e può accogliere fino a 18 persone. 104





ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA Un omaggio alla grazia, tra audacia e garbo. a sinistra L’architetto francese accanto Philippe Starck ci racconta la sedia Miss Dior, che con la sua all’unità robotizzata di lucidatura di Miss Dior. silhouette appena tratteggiata fa del classico un’avanguardia La sedia, realizzata in alluminio naturale, è disponibile in diverse tonalità satinate o FEMME FATALE lucide, tra cui nero cromato, rosa ramato e oro. testo Patrizia Piccinini Ritratto Till Janz Classe e savoir faire, passione e tensio- ne poetica, fantasia e ricerca, Philippe Starck, da maestro del design si è trasfor- mato in couturier, con la sua verve nar- rativa, durante la Milano Design Week. Per il nostro rendez-vous la scena era preparata con cura all’interno del meraviglioso Palazzo Citterio a due pas- si dall’Accademia delle Belle Arti, dove l’architetto francese, abile regista, ha or- chestrato, con tanto di colonna sonora, un balletto di luci per presentare quello che è stato il frutto della sua collabora- zione con la maison di moda. Mesdames et messieurs, ecco a voi Miss Dior. La Medallion Chair, la sedia con ovale preferita di Christian Dior, ripen- sata da Starck, è snella e slanciata co- me si conviene a una gran dama. Abbi- gliata con outfit diversi, satinati o luci- di, disponibili in cromo nero, rame ro- sa o oro, seduce al primo sguardo, ma bisogna conoscerla per capire che die- tro all’impeccabile look si cela una for- te concretezza. Perché è progettata con il cuore. Lo si percepisce ascoltando il racconto del suo creatore: «Per tutta la vita sono stato ossessionato dal detta- glio. Cerco l’anima, l’essenza, la ragion d’essere di ogni progetto». Inutile insi- stere a chiedergli il perché di tutte que- ste sedute, «ognuna di esse ha una sto- ria da raccontare molto diversa», dice. L’ultima creatura è un nuovo capitolo, forse il più complesso da scrivere perché con troppe varianti in ballo: l’esclusività del brand, la storicità della seduta in sti- le Luigi XVI, l’eredità culturale di mon- sieur Dior, l’archetipo “sedia” (una del- le cose più difficili da progettare a detta di Mies van der Rohe). Come si può cre- are una nuova icona con tutti questi pre- supposti? «Quando pensiamo a una 107

ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA Colpo di teatro a Palazzo Citterio, Starck ha creato un concerto di musica e luci per le sue sedie. in basso, da sinistra Uno schizzo di Miss Dior e la vasca con l’alluminio fuso. seduta pensiamo a un simbolo della cul- « C O N L A N AT U R A L E Z Z A E L A S I N C E R I TÀ Foto Adrien Dirand (1). Till Janz tura occidentale. Se poi è quella scelta SPESSO SI COMPIONO RIVOLUZIONI da Christian Dior… Per questo nel ridise- gnarla ho tolto tutto ciò che c’era in più S E N Z A AV E R N E AV U TA L’ I N T E N Z I O N E » per giungere all’essenziale e cogliere l’e- leganza del minimalismo. Alla fine del p h i l i p p e s ta r c k processo sono arrivato allo scheletro, al- la colonna vertebrale. E quando tocchi 108 la sostanza come in questo caso, regali alla tua creatura un elisir di lunga vita». Perché Miss Dior ha nel suo Dna la longevità, una caratteristica ben studia- ta dal suo progettista e una realizzazio- ne che sceglie un materiale indistrut- tibile come l’alluminio. «Magari verrà trovata fra anni e le persone penseran- no: che chic!», aggiunge Starck. E forse rimarranno stupite dalla versione con un solo bracciolo (esiste anche con due e senza) liberamente ispirata a una fo- to di Marlene Dietrich languidamente adagiata su un lato. Ma quale stupore? In fondo per due prime donne così un po’ di trasgressione è d’obbligo. ○

AD × LA PRAIRIE La Prairie alla conquista di armonia e giovinezza In basso, il Collettivo Donne Il perfetto connubio tra forma e funzio- codici del Bauhaus. Una visione simile ha Bahuas di La Prairie. A destra, ne è il faro che guida i creativi dagli albori, guidato La Prairie a catturare la fugace ar- La confezione di Skin Caviar un equilibrio estetico dinamico e difficile monia della gioventù, una ricerca scienti- Harmony L’Extrait rappresenta da ricercare: La Prairie ci è riuscita grazie fica culminata nella scoperta riguardan- una “dualità dinamica di forma al progetto “il Collettivo Donne Bauhaus”, te i legamenti cutanei – i pilastri verticali e funzione”. che ha portato cinque giovani talenti lau- della pelle. I legamenti cutanei sono corre- reate nelle maggiori scuole di arte e desi- lati agli elementi essenziali che compon- gn del mondo, a realizzare altrettanti pro- gono l’armonia del viso e sono ancora po- getti artistici ispirati all’eredità femminile co considerati nella skincare. Nel 2022 La del Bauhaus, da anni punto di riferimen- Prairie mette in atto un cambiamento radi- to del brand elvetico (le 5 opere digitali del cale, spostando l’attenzione dagli elementi Collettivo sono visibili sul sito de La Prai- orizzontali della cute alla sua dimensione rie). La sua influenza è evidente nella ricer- verticale. Infuso con Caviar Infinite, Skin ca di La Prairie, consacrata a innovazioni Caviar Harmony L’Extrait rappresenta un che diano risultati e siano allo stesso tem- nuovo approccio al lifting e al rassodamen- po sublimi anche dal punto di vista este- to. Formulate con tecnologia micro-fluidi- tico e del packaging. Ogni prodotto sfrut- ca, le perle di Skin Caviar Harmony L’Ex- ta sia la singolare presenza di un oggetto trait si fondono nel gel che le contiene al d’arte che l’accurata lavorazione artigiana- momento dell’applicazione. La texture si le – un’interpretazione contemporanea dei trasforma in un leggero estratto che in- fonde alla pelle un’immediata sensazione foto: Titia Hahn di tensione e una finitura liscia e satinata. Col tempo, i contorni appaiono rimodella- Con Skin Caviar Harmony Extrait ti, il volume recuperato e l’aspetto delle ru- nasce un nuovo concept di skin ghe ridotto: l’armonia della giovinezza è ri- care mentre un audace progetto conquistata. al femminile insegue la bellezza nel solco del Bauhaus



ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA La nuova sede di Mutina, un’ex fabbrica riconvertita da Patricia Urquiola in un museo multidisciplinare. Che lega progetti industriali e artistici, nel verde QUESTA NON È UN’AZIENDA testo Valentina Raggi 111

ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA «Ci sono voluti dieci anni per trovare questo spazio», esordisce ridendo Mas- simo Orsini, alla guida di Mutina. Per- ché se dieci forse non sono, il salto di sca- la che l’azienda fa con i nuovi headquar- ters – che inaugurano questo mese in oc- casione della fiera Cersaie a Bologna – è il miglior riverbero della sua carriera dal 2005. Siamo a Fiorano Modenese, a po- chi passi dal complesso di Mangiarot- ti che è stato sede di Mutina fino a ieri. «Impossibile trovare un’architettura così bella, dunque abbiamo puntato sulla di- mensione. Nel tempo sono nate altre di- visioni oltre alle piastrelle: gli oggetti in ceramica Editions, le mostre e i premi di Mutina for Art, i mattoni lavorati in 3D... Questa ex fabbrica di circa 18 mila metri quadrati permette di raccontarci appie- no», prosegue Orsini. Patricia Urquiola ha riprogettato lo spazio. «Lei per forza, siamo nati con lei e, come ha fatto con Casa Mutina a Mi- lano, interpreta il nostro pensiero», di- ce. “This is not an art prize” è il premio di Mutina per i talenti nell’arte, “questa non è un’azienda” potrebbe definirsi il concept anche di questo progetto. È Ur- quiola a raccontarcelo: «Una grande ser- ra accoglie il visitatore nel cuore dell’edi- ficio, che è immerso in un’area verde pro- gettata dal paesaggista Flavio Polla (in tutto 3.800 piante di 240 varietà diverse, ndr). Mutina per vocazione abbraccia lo spirito di ricerca lasciando grande liber- tà alle suggestioni dei designer e non può trascendere dalle contaminazioni detta- te dall’arte contemporanea e dall’osser- vazione del presente. Lo spazio interno in alto Lampadario Le Sfere di Sarfatti (Astep), tavolo PK 54 e sedie PK 9 di Kjærholm (Fritz Hansen). Sulla colonna Eier- kopf voll di Thomas Schütte; a parete Basic Research di Isa Genzken. a destra Si chiama Patricia Room la sala meeting. a sinistra I mattoni Hives di Gr- cic, Mutina. pagina precedente Nella hall, dietro una parete si- te-specific di Nathalie du Pa- squier, le opere Ink on paper di Ceal Floyer e, sotto, Untitled #119 di Cindy Sherman. 112

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ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA « Q U E S TA E X FA B B R I CA DI CIRCA DICIOTTOMILA M E T R I Q UA D R AT I P E R M E T T E D I R AC C O N TA R C I A P P I E N O » massimo orsini è dunque fluido e museale. La parte espo- sipario oltre cui si presentano le quinte sce- dall’alto Nello spazio Mut dedicato all’arte, a Foto Gerhardt Kellermann sitiva si apre con un’area dedicata agli al- niche fatte dagli archivi, un laboratorio di pavimento Noi e, a parete, Autoritratto su Men- lestimenti temporanei. Poi una tenda pre- materiali e suggestioni», prosegue Urquio- ta (con Camicia Bianca) di Francesco Gennari. para a immergersi nel racconto dell’azien- la. Non manca l’esposizione della collezio- Nell’area showroom, tenda di Kvadrat e tappeto da e delle sue collaborazioni», spiega lei. ne d’arte, allestita con Sarah Cosulich (cu- We all come from Venus di Urquiola (cc-tapis). ratrice di Mut) e identificata con un mu- a sinistra Davanti a una parete di Nathalie du Per Cersaie, Mutina presenta qui la ro di Nathalie du Pasquier, che firma an- Pasquier, divano e tavolino Gogan e poltrone nuova collezione con Tokujin Yoshioka. che due torri all’esterno. «E, in facciata, Ruff di Urquiola (Moroso), tappeto di Warli. «A quest’area si affianca la parte di inte- c’è una scritta neon site-specific lunga 20 rior, progettata come una successione di metri dell’artista Shimabuku. Recita: “Sa- set di un teatro di posa, in cui i prodotti vi- rebbe meglio evitare qualsiasi contatto con vono in storie di interni. L’ampio spazio in- forme extra terrestri”; in francese non so dustriale, con le sue navate e la sua luce na- perché, ma è la parte che preferisco», chio- turale dall’alto, termina il suo asse prospet- sa Orsini. Non chiamatela azienda. ○ tico con una grande parete tessile, quasi un 114

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ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA A Culuccia, posto speciale della Gallura aperto verso il futuro, biodiversità, storia e cultura si intrecciano in un progetto innovativo I TESORI DI UN’ISOLA testo Alessandra Laudati Ritratto Lorenzo Rivella. Foto Marco Boglione sopra Stella e Marco Boglione davanti a un mu- Si dice che per vivere in Sardegna sia ne- terra e mare così prezioso che gli abitanti retto a secco dello stazzo. Sullo sfondo, l’isola cessario apprezzare il colore del caldo, del- dei paesi limitrofi da sempre ne pretesero di Spargi. in alto Anche se una sottile striscia di la polvere e dei percorsi sterrati. e ottennero la protezione. Oasi permanen- terra la unisce alla terraferma è nota ormai co- te di protezione faunistica e di cattura, zo- me Isola di Culuccia. Ci si deve avventurare lungo una stra- na speciale sancita dalla rete europea del- da bianca che costeggia un interminabile le aree di notevole interesse. Con la tutela golfo di sabbia per scoprire Culuccia, un del Piano Paesaggistico Regionale il rispet- tesoro di meraviglie: varietà di verde del- to ambientale diventa totale. la macchia mediterranea, profumo salma- stro del mare e di fronte le isole dell’arcipe- L’unico abitante era Angelo Sanna, da lago della Maddalena. tutti conosciuto come zio Agnuleddu, ulti- mo della famiglia Sanna e da decenni pro- Si chiamava Isola delle Vacche al tem- prietario di Culuccia. Con lui e col suo fu- po del contrabbando di bestiame con la cile faceva i conti chi si avventurava lun- Corsica, in realtà una penisola sulla co- go i sentieri intrecciati di cisto e lentischio sta nordest della Sardegna, uno spazio tra 117

ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA «E riesco a capire perché la Sardegna è stata la terra dove un qualunque patrizio poteva venire e farsi un regno e chiamarsi re» M a r c o B o g l i o n e sopra, dall’alto Una delle spiagge di Culuccia: che portavano ai due stazzi; la sua appro- con le vacche inselvatichite a guardare cu- Foto Massimiliano Girone. Lorenzo Rivella la preziosa poseidonia si deposita naturalmen- vazione concedeva a volte una chiacchie- riose i pochi bagnanti arrivati via mare. te sull’arenile. Tra i vari animali che popolano la rata in cucina, davanti a pane e pecorino. macchia di Culuccia anche Burrasca, un affet- Quando non riuscì più a occuparsi del ter- Fu proprio questo patrimonio natura- tuoso asinello. reno, la natura trionfò su viti e coltivi, ma listico a catturare l’attenzione di Marco Bo- zio Agnuleddu fu così determinato da ri- glione, un illuminato imprenditore che og- fiutare qualunque vendita che comportas- gi intende interpretarne la natura e il ve- se tentativi di speculazione. Al tempo risul- ro genius loci. Il suo progetto: creare l’A- tarono anche proposte di Stéphanie di Mo- zienda Agricola Culuccia per ricostruire la naco e di Aga Khan. singolarità economica caratteristica degli stazzi galluresi. Culuccia, lasciata in eredità a un en- te no profit, conobbe altri proprietari, ma Fino a pochi anni fa, infatti, le fami- continuò a vivere nell’abbandono, conser- glie galluresi vivevano dei prodotti della vando il suo enorme patrimonio naturali- terra intorno allo stazzo, la vigna, gli or- stico, tra il profumo di mirto e di lavanda, ti, gli animali, una vita autonoma, autar- chica. Gli stagni come allora lambiscono 118

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ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA a destra La facciata di uno dei due stazzi. Per entrambi è stato fatto un attento restauro filologico che ne ha mantenuto le caratteristi- che tipologiche. La cornice della porta è in pie- tre di granito. l’isola creando un’ulteriore ricchezza. «Non ho mai speculato su niente in vita mia, Foto Sebastiano Pellion di Persano. Lorenzo Rivella Nel nuovo assetto di Culuccia sono stati la valorizzazione si baserà sull’unicità creati allevamenti di ostriche all’interno di quello che ho acquisito» della vecchia peschiera, le api sono tor- nate a dare un miele profumato dai fiori Marco Boglione del mirto, della lavanda e del corbezzolo. Le vigne hanno ripreso vita e producono a sinistra Le arnie cu- ottimo vermentino. rate da Stella Boglio- Tesori, gelosamente preservati, che pos- ne producono miele sono essere condivisi con visitatori at- da fiori della macchia tenti e consapevoli. Le visite guidate or- mediterranea: corbez- ganizzate dall’Osservatorio Naturalisti- zolo, lavanda e mirto. co di Culuccia sono un invito a scopri- re e conoscere i segreti della flora e della 120 fauna dell’isola. Creare condivisione nei suoi proget- ti imprenditoriali è una peculiarità di Marco Boglione, già fondatore del grup- po Basic Net che ha i marchi Robe di Kappa, K-Way, Superga, Jesus Jeans e Sebago, e che è ora protagonista, insie- me alla moglie Stella, di un’impresa che sembra sfidare i tradizionali investimen- ti a breve termine: «Non ho mai specula- to su niente in vita mia, la valorizzazio- ne si baserà sull’unicità di quello che ho acquisito, recupereremo funzionalmente l’esistente con scrupolosa attenzione alle tecniche di costruzione, ai materiali e al- le lavorazioni dell’epoca. Produrremo vi- no, mirto, gin, miele e ostriche in modo non intensivo, completamente naturale e sostenibile. Cercheremo col tempo di selezionare la razza delle vacche autocto- ne di Culuccia. Tra qualche anno saremo completamente indipendenti dai carbu- ranti fossili, sarà un lavoro lungo, fatico- so, costoso, ma molto affascinante». ○

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ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA L’arte accompagna Santiago Calatrava da tutta la vita, come parte delle sue architetture ma anche come valore in sé. Oggi le sue sculture sono in mostra a Monaco. È il momento di parlare di cosa resterà UN PONTE SUL TEMPO testo Andreas Kühnlein Ritratto Markus Burke 123

ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA Alla Gliptoteca di Monaco la mostra Beyond Hellas: «Occorrono tenacia e umiltà Santiago Calatrava in the Glyptothek svela l’attività di per lavorare per decenni scultore del grande architetto. Che si racconta ad AD. a qualcosa che forse non ad: Signor Calatrava, 30 anni fa lei entrò alla Gliptote- si porterà nemmeno a termine» ca come visitatore. Oggi la sua serie di sculture The Aegineten è tra gli originali antichi. Cosa si prova? Santiago Calatrava sc: Sono grato per l’occasione ma, a essere sincero, Se si riduce il vocabolario dell’architettura alla sua avevo anche un po’ di paura: già Matisse eviden- ziò quanto un’opera deve essere potente per reg- funzione, si perde una parte essenziale. gere la presenza di un capolavoro autentico. Con molta umiltà devo dire che la combinazione fun- ad: E qui parla l’ingegnere! ziona. Non una copia del classico, ma un omaggio, che attesta che la fonte è viva ancora oggi. L’arte è sc: Non faccio alcuna distinzione tra architetto e in- immortale, anche se qua e là c’è qualcosa di rotto; il che, anche 2500 anni dopo, non cambia nulla in gegnere, è solo una convenzione. Un ponte nel pa- termini di rilevanza. esaggio o una cattedrale possono avere lo stesso ad: Cosa che vale anche per l’architettura: una volta dis- se che il suo compito è lasciare belle rovine. effetto entrambi. Ci arricchiscono la vita, diven- sc: Esatto. Esiste un messaggio che resta. Anche oltre tano parte del nostro ambiente. Ogni manufatto l’aspetto emozionale. ha il potenziale di generare un’esperienza addirit- ad: Secondo alcuni l’architettura non va mai confusa con l’arte. Lei è sempre stato di parere diverso … tura spirituale. E certamente non attraverso la sua sc: Per me questa è pura ideologia. La rigida separazio- semplice funzione, ma attraverso la presenza nel ne di arte e architettura è una conseguenza delle tra- sformazioni sociali intercorse nel XX secolo e del suo ambiente. funzionalismo incondizionato instauratosi dopo la Seconda guerra mondiale, quando erano in tanti ad ad: Semplicemente perché è visibile? aver bisogno di nuovi spazi abitativi, e in fretta. Da qui nacque la dottrina secondo cui “la forma segue sc: Sì, si tratta di una forma visibile che sopravvive a noi la funzione”. Certo, l’appartamento più semplice è preferibile al vivere all’addiaccio. Ma l’architettura è stessi e che ha qualcosa da raccontare su di noi; que- molto altro. Non soddisfa soltanto i bisogni prima- ri, deve anche avere qualcosa da dire, finanche dopo sto è il lascito dell’architettura: occupa spazio ed è 2500 anni. E naturalmente c’è un’affinità tra l’ope- ra scultorea e l’architettura. Alexander Calder, Hen- qui. E, nella maggior parte dei casi, resta anche. Ciò ry Moore, Jean Dubuffet, hanno tutti fatto scultu- re sempre più grandi, fino a entrarci dentro letteral- che è bello, resta bello; ciò che è brutto, resta brut- mente. È un mettersi in relazione di opera e osserva- tore. E l’architettura è esattamente questo! to. Possiamo soltanto, tanto per citare Frank Lloyd ad: Un completamento dell’arte, quindi? Wright, piantare vigne per nascondere i nostri erro- sc: C’è l’impulso a superare la semplice espressio- ri. L’armonia nel tono generale dell’universo, que- ne plastica. Non a caso si può parlare di architet- tura negli stessi termini: proporzione, ritmo, tra- sta è l’essenza per me. Quello che mi affascina del- sparenza, armonia – del resto funziona così anche con la musica. Nei loro punti più estremi, le arti le sculture antiche è il loro senso del sublime. Vedia- si toccano. Ritengo che sia immensamente impor- tante scoprire la parte artistica nell’architettura. mo questi volti e ne percepiamo la bellezza. E il loro pagina precedente Per 30 anni l’architetto, ingegnere compito è esattamente questo: stupirci ancora oggi. e artista spagnolo ha lavorato a The Aegineten quale risposta contemporanea alle sculture in gesso ad: Come i suoi ponti. Cosa potrebbe essere più simboli- del tempio di Afaia a Egina, Grecia. Fino al 23 ottobre le sue opere saranno alla Gliptoteca di Monaco. co di un ponte... sc: Nel XX secolo è cambiata anche l’arte della costru- zione dei ponti. Prenda le balaustre artistiche dei ponti di Parigi. Dopo la guerra fu necessario rico- struire presto e in modo efficiente tanti ponti, ac- cantonando per la prima volta gli aspetti estetici. Più economico era, meglio era. E questo diede vi- ta a una scuola ad hoc. Che è giunta fino a noi: na- scono innumerevoli strutture in cui semplicemen- te ci si dimentica che potrebbero arricchire un luo- go anche con la bellezza. ad: E l’uomo? sc: Un architetto deve innanzitutto amare le perso- ne. La filantropia è la chiave per comprendere l’ar- chitettura: il suo scopo non è la semplice bellez- za astratta, ma una bellezza che sia utile all’uomo. Che vada oltre la vita del singolo, nel suo messag- gio e anche, talvolta, nella genesi. Bisogna creare qualcosa per i posteri, che resti. Il che reca in sé una grande responsabilità. ○ 124

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ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA Gli scudi delle sue Foto Santiago Calatrava (2). Renate Kühling/© Collezioni statali di antichità classiche e Gliptoteca. Illustrazione: Santiago Calatrava. The Aegineten (a destra) riprendono la forma tonda delle sue Cicladi in marmo. In Steel Leaves (in basso a destra) l’architetto gioca con un fragile equilibrio. Sempre al centro del suo interesse: il corpo umano (in basso uno schizzo). 126

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ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA Un sogno fatto in Sicilia Gli antichi romani,gli arabi,gli spagnoli,i gesuiti,le dimore patrizie e i giardini mediterranei:da tutte queste suggestioni nasce la villa di Jacques Garcia a Noto testo Fanny Guénon des Mesnards foto Bruno Ehrs sopra Una grande piscina a gradoni, sorvegliata da una Venere Anadiomene e delimitata da palme. 129

ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA sopra In omaggio al passato romano, Sicilia. La terra promessa di una generazione di Jacques Garcia ha progettato la villa con romantici, da Alexandre Dumas, che descrisse un patio che ricorda le antiche case patrizie. l’Etna come un luogo divino – «non avevo mai sotto La biblioteca della Casa degli Ulivi, visto Dio così vicino» –, a Guy de Maupassant, dominata da uno specchio di Serge Roche. per cui queste terre erano uno «strano e divino museo di architettura» all’aperto. Jacques Gar- 130 cia ha da tempo la stessa passione per la Sicilia, e ha costruito la sua Villa Elena sui resti di un monastero gesuita vicino a Noto. «Ho passato dieci anni della mia vita a ricomporre la terra», ci dice al telefono, riferendosi al terremoto che colpì la zona nel 1693. «Questo libro (Jacques Garcia - Villa Ele- na - Un rêve sicilien di Alain Stella, in uscita da Flammarion, il 19 ottobre 2022, ndr) è un’o- de alla Sicilia che amo attraverso Villa Elena, ma è soprattutto la storia delle radici dell’iso- la: l’antica Roma, l’arte musulmana, cristiana e spagnola», dice. Ispirandosi alle decorazio- ni barocche dei palazzi Pallavicini Rospiglio- si, Doria Pamphilj e Colonna a Roma, che tan- to ama, ha ricreato da zero la fantasia di una residenza di duemila anni. «Ho acquistato pa- vimenti in pietra siciliani, i mobili sono del XVII o XVIII secolo e provengono dall’isola».



ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA L’interno è sontuoso, quasi principesco, con sopra Nel salone della Casa degli Ulivi sedie e lampade di Jean-Michel Frank. tesori di marmo antico, arazzi e sedute italia- qui accanto La cover del libro Jacques Garcia - Villa Elena - A Sicilian Dream di Alain Stella, ne, oltre a souvenir e oggetti collezionati da in uscita da Flammarion, il 19 ottobre 2022. in basso, da sinistra Un particolare del cornicione Garcia negli anni. Come, sulla parete rivesti- e degli affreschi del salone. L’ex monastero gesuita, con vista su Noto, restaurato ta in broccato verde chiaro, una Maria Madda- da Jacques Garcia, è un’oasi di pace su una collina punteggiata di alberi mediterranei. lena di Ingres; o intorno al letto a baldacchi- no, sedie in mogano firmate François-Hon- oré-Georges Jacob-Desmalter, appartenute a Murat. Ma è nella cappella che si trovano i veri tesori, dalla bassa pannellatura siciliana acquistata a Londra al tabernacolo in bronzo dorato scovato da un rigattiere a Noto. Il re- gno di Garcia sembra essere sempre esistito. Antiche sculture, vasche e specchi d’acqua, colline punteggiate di olivi e pini marittimi, un giardino di agrumi. «Il colpo di fulmine è nato qui. Ho subito pensato a come reinventar- lo. Ho una passione per gli esterni, quindi ho creato terrazze e prospettive per ripensare que- sto straordinario giardino fino alla Casa degli Ulivi», continua. Questo vecchio casale abbandonato, tre- cento metri a nord di Villa Elena, l’architet- to l’ha trasformato nel sogno dei collezionisti, dove le sedie di Jean-Michel Frank si affianca- no a due grandi gessi dello scultore Jean-Marie Baumel, con una cinquantina di ulivi in vista. «Il più giovane avrà 2.000 anni», dice riden- do. A sud-est di Villa Elena, un piccolo padi- glione ispirato all’Hameau de la Reine di Ver- sailles è sepolto da una fitta vegetazione sotto un frutteto terrazzato. «Non è solo una villa, è l’incontro tra i monasteri e il mare, è un mo- numento soprannaturale», conclude. Una co- sa è certa: stimola l’immaginazione. ○ Foto Ambroise Tezenas (1) 132

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135 Foto courtesy Gucci (3). Gohar World (6) ARCHITECTURAL DIGEST Sofisticato quanto ironico, glamour e dissacrante, arcaico e avanguardista, il brand TAVOLA SURREALISTA di tableware Gohar World ridisegna il galateo contemporaneo. E collabora con Gucci GALLERIA testo Valentina Raggi

ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA «Per me e Nadia è importante legare lusso e humor. Si possono avere beni di alta gamma, ma che conservano l’ironia» Laila Gohar i rispettivi talenti e, lo scorso maggio, hanno presentato Gohar World. «Desideriamo creare oggetti per la tavo­ la che mescolino il lusso e lo humor. E incorporare un twist stravagante in ciò che disegniamo», spiega Lai­ la. «Nostra nonna confezionava vestiti quindi conosce bene il settore tessile in Egitto. Lei e mia sorella let­ teralmente prendono l’automobile e vanno in giro nei quartieri dove c’è l’artigianato e bussano alle porte del­ la gente cercando di trovare le mani giuste. Purtroppo, come nella maggior parte del mondo, il craft sta scom­ parendo. Il know­how non viene più trasmesso di ge­ nerazione in generazione. Per noi è fondamentale tro­ vare queste persone e creare un ambiente in cui possano continuare a produrre queste belle cose e a mantener­ si. Lo stesso vale per gli altri atelier con cui lavoriamo. Abbiamo diversi partner in Italia, Spagna e Vietnam. E stiamo pensando a un prossimo progetto di upcycling con i tessuti avanzati», prosegue. Lo stile surrealista delle due sorelle non è passato inosservato e, a giugno, Gohar World ha lanciato una capsule collection per Gucci Vault, la piattaforma spe­ rimentale online dove trovare ottimo vintage e limited edition realizzate con creativi diversi, ideata nel 2021 sopra Uno scatto della campagna di lancio della da Alessandro Michele per celebrare il centenario del­ prima collezione Gohar World. pagina precedente Alcuni pezzi di Gohar World e, su sfondo giallo, la maison e il suo futuro. «La collezione è nata da una della capsule collection realizzata per Gucci Vault. conversazione tra noi e il team di Gucci Vault, ci hanno C’è la pochette in satin con la tasca porta baguette e c’è la candela a forma di caciotta, ci sono i cappellini rica­ contattate ancora prima che ufficializzassimo il lancio mati con perline da porre sui bicchieri e le cuffiette per le verdure, e c’è anche un generoso candelabro porta­ di Gohar World, non so come lo sapessero, potere del uova. Ovviamente, i materiali sono tra i più raffinati e la produzione è del migliore artigianato. Parliamo del passaparola!», racconta Laila. nuovo brand di tableware Gohar World. In un mondo dove la patina di perfezione sem­ Sorelle di origini egiziane oggi di stanza a New York, Laila, food artist, e Nadia, scultrice e pittrice, entrambe bra il mantra collettivo, Gohar World rende glamour avvezze al fashion system, nel 2020 hanno deciso di unire il tradizionale centrino, spariglia le “cose” in tavola con una felice celebrazione della socialità più arcaica, quel­ la che avviene attorno a un buffet. «Allestire una tavo­ la dovrebbe essere come vestire se stessi, in libertà e nel modo che più ci si addice. E ci sono così tanti modi di esprimere se stessi a questo mondo». ○ Foto Roe Ethridge 136





ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA Le questioni di genere, la crisi climatica, la permacultura. a sinistra Alcune opere di Emma Talbot per The Uno scenario extra pittorico di valori e visioni che l’artista Age/L’Età, mostra realizzata grazie al Max Mara Art Prize for Women. Fino al 4 settembre alla Whi- britannica Emma Talbot ci svela in Italia e in UK techapel di Londra; dal 23 ottobre al 19 febbra- io 2023 in Collezione Maramotti a Reggio Emilia. FUTURI POSSIBILI testo Ilaria Ferraris Foto Carlo Vannini Classe 1969, è la vincitrice dell’otta- va edizione del Max Mara Art Prize for Women, che premia artiste emergen- ti nate nel Regno Unito. Emma Talbot, dopo una residency di sei mesi in Ita- lia – slittata al 2021 a causa della pande- mia – è ora protagonista di una mostra in due sedi, alla Whitechapel Gallery di Londra e alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia. È qui che presenta The Age/L’Età, un’installazione immersiva composta da due grandi pannelli dipin- ti di seta riciclata, lunghi 11 metri, oltre a un’opera tridimensionale, a una serie di disegni e a un’animazione. Talbot, da sempre vicina alle istan- ze del femminismo e della salvaguar- dia ambientale e particolarmente lega- ta all’arte tessile, ha progettato un in- sieme «incentrato sulle fatiche di Er- cole, immaginate come esperimenti di pensiero riprodotti e compiuti da una donna anziana», spiega. La protago- nista, dai capelli grigi, attraversa indo- mita un mondo post-apocalittico, deva- stato dalla crisi climatica. La sua è una storia epica, ideata «per riflettere su te- mi quali potere, controllo, sostenibili- tà e futuri possibili». Il soggiorno italia- no è stato determinante anche dal pun- to di vista tecnico: a Reggio Emilia Tal- bot ha avuto accesso al patrimonio sto- rico e creativo dell’archivio Maramot- ti e a Modateca Deanna – straordinario centro di ricerca sulla produzione tes- sile – e ha imparato a usare particola- ri macchine da maglieria. «È stato en- tusiasmante, sono stata in grado di re- alizzare lavori che credevo impossibi- li», spiega. Una superficie di maglia ri- veste come un’armatura l’opera tridi- mensionale che ritrae la protagonista 139

ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA di The Age. L’anziana eroina si muove in un paesaggio mutevole e inospitale come quello vulcanico della Sicilia, do- Foto Tiwi. Ritratto Bruno Cattani - Fotosuperstudio ve Emma ha trascorso la seconda parte della residenza. Ma alle pendici dell’E- tna è anche entrata in contatto con le tecniche agricole della permacultura, basata su un approccio sostenibile. Selezionata da Cecilia Alemani, Talbot partecipa anche alla Biennale a destra L’artista men- tre dipinge su seta du- d’Arte di Venezia (fino al 27/11/2022), rante la residenza di sei mesi in Italia. in alto con opere su supporto tessile prodotte È sull’Etna, per ricon- nettersi con il territo- in Italia, in collaborazione con Imax e rio e con la natura. con il sostegno di Max Mara. ○ 140

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ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA Foto Marco Zorzanello Poesia concreta AlineAsmar d’Amman svela il secondo atto della collezione La Mémoire des pierres, in scarti di marmo,realizzata con il Laboratorio Morseletto di Vicenza testo Marina Hemonet 143

ARCHITECTURAL DIGEST GALLERIA a sinistra, dall’alto Un dettaglio di Stone Cloud in onice Ritratto Marco Zorzanello. Foto Jean-Pierre Vaillancourt grigio e rosa su pietra di Vicenza. La progettista Aline Asmar d’Amman. pagina precedente I tavoli Stone Cloud. La collezione comprende anche la console Levitation con gambe in marmo palladiano e pietra di Vicenza su cui si incastrano pezzi in Arabescato Fantastico. Nata a Beirut, Aline Asmar d’Amman vive e lavora a Pa- rigi dove, nel 2011, ha trasferito la sua agenzia Culture in Architecture. Il suo nome è noto per la direzione ar- tistica della ristrutturazione degli interni dell’Hôtel de Crillon e la riprogettazione del ristorante Jules Verne della Torre Eiffel; quest’anno, firma il set up del Padi- glione libanese alla Biennale di Venezia. Ora la designer svela il secondo atto della sua collezione La Mémoire des pierres, lanciata due anni fa. Estensione della linea Architectures sviluppata con Karl Lagerfeld per la Car- penters Workshop Gallery nel 2018, questa serie nasce dal «desiderio di nobilitare gli scarti di pietra dimenti- cati, di custodirli, di trasformarli trovando per loro un uso al tempo stesso poetico e funzionale, un posto nel- la vita quotidiana», spiega la progettista. «Nel corso dei progetti realizzati con la mia agenzia, che spesso coin- volgono materiali rari e lussuosi, ho cominciato a por- mi delle domande su ciò che rimane, la famosa questio- ne kunderiana della traccia delle cose, del loro impatto e della loro impronta. La Mémoire des pierres nasce da queste riflessioni e da una ricerca che motiva costante- mente il mio lavoro: quelle della poetica del concreto. Esercitiamo una professione che si arricchisce della ri- cerca della bellezza in tutte le sue forme, ma che si con- fronta con le pratiche materiali, costruttive e di consu- mo, e con la realtà di un mondo che cambia ad altissi- ma velocità», continua. Ispirata da La scrittura delle pietre (1970), il libro del saggista e accademico francese Roger Caillois, Asmar d’Amman per questa collezione si è rivolta a Deborah Morseletto del Laboratorio Morseletto, marmisti da non- no a figlia, a Vicenza, incontrata nel cantiere del Crillon. Dalla sua infanzia a Beirut, Asmar d’Amman conserva «il fascino per la bellezza delle rovine, il mistero di ciò che rimane dopo che tutto è diventato polvere». La Mém- oire des pierres esplora una nuova semantica delle sensa- zioni e delle sensualità del marmo e della pietra. La col- lezione proseguirà, sempre in collaborazione con il La- boratorio Morseletto: «Il desiderio di permanenza nasce da un sentimento probabilmente legato alla mia infan- zia, quando ho imparato ad avere un amore profondo per la bellezza spezzata, le rovine e le cicatrici che portano con sé messaggi più alti del loro aspetto originario». ○ La Mémoire des pierres è presentata con The Invisible Collection presso Féau Boiseries (su appuntamento) durante la Paris Design Week (dall’8 al 17/9). 144



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