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Cives ovantes plaudite Contardo honorem dicite, qui vos amico numine ornat, tuetur, sospitat ... P.R. Nota per il lettore Questo libro è dedicato a San Contardo d’Este, Patrono diBroni, il luogo dell’Oltrepo Pavese dove il Santo pellegrino èmorto colpito da improvvisa malattia mentre era in un viag-gio sostitutivo alla volta di Gerusalemme con due amici si di-rigeva a Santiago di Compostella. Lo scopo dei curatori del testo era di ravvivarne la memorianon solo in Broni - dove era scontato avrebbe avuto un me-ritato successo - ma anche nelle città di Ferrara ed Este, doveil personaggio era nato e cresciuto, di Modena dove era statoonorato come compatrono. Potrà stupire la mole del libro, da cert’uni considerata unavera Enciclopedia, ma era doveroso sia per i bronesi, che aglistessi autori avere sottomano tutto cio che riguardava SanContardo in un semplice volume; cercando di dare una fisio-nomia precisa a questo personaggio così amato e venerato inBroni dal tempo della sua morte, avvenuta in circostanze ec-cezionali per non dire miracolose. L’aspettativa degli autori si è concretizzata con la più altafortuna, Broni ha accolto l’iniziativa con vera gioia, nelle cittàdi Ferrara, Modena ed Este ha fatto di più, ha dato vita a nuovistudi e ricerche ravvivando ulteriori interessi per questo Santopresso questi luoghi dimenticato e quasi sconosciuto. 2
Chi è un Santo? Un uomo in cerca di luce e che, trovatala, la trasmette,generosamente, ai fratelli. Ha detto bene un grande pensatore del XVII secolo: \"nel cosmo la luceè un'eccezione, le tenebre sono la legge\". L'uomo, nel concetto evangelico, è un mendico che domanda luce. Contardo il nobile del XIII secolo dell'illustre Casato degli Estensi diFerrara, ha cercato la luce e, trovatala, l'ha donata e ancora la sta donandoa tanti fratelli, soprattutto Bronesi. L'immagine e la vicenda di questo grande Santo, celeste Patrono diBroni è davvero interessante anche se, sotto certi aspetti, risulta complessa, ma la sua figura e la sua Storia sono così indissolubilmente legate allaStoria religiosa e civile della nostra Città, che non si può parlare di Bronisenza citare San Contardo. L'impegnativo e faticoso lavoro di ricerca, sostenuto dai nostri bravistudiosi, Mino Baldi e Carlo Orsi, è stato coronato da lusinghiero risultato: le notizie storiche contenute nell' \"opera\" hanno fugato dubbi, portatochiarezza e concorreranno certamente a illuminare menti e cuori. Facciamo voti che il volume sia apprezzato da tutti quelli che lo leggeranno. Mons. Mario Fasciolì Arciprete di San Pietro in Broni 3
Prefazione La lettura di questo ricco volume offre una nutritissima serie di spuntiinnanzitutto sul piano della ricostruzione di vicende religiose, ma anche perla vasta area della storia cosidetta \"civile\", sondata dagli angoli prospetticidelle coesioni sociali, dell'immaginario collettivo, dei mutamenti nella sen-sibilità. Si tratta di un' imponente raccolta di materiali, selezionati con curae presentati con nutriti riferimenti: da fonti cronachistiche a lunghi brani diopere devozionali, da riproduzioni di affreschi a pale d'altare, a immaginidi sculture e incisioni, da poesie a squarci omiletici, da articoli di periodicia scambi epistolari. Il tutto dischiude orizzonti ariosi allo sguardo di chi siaffacci sul passato per osservarvi tappe significative dell'avventura umana. Spicca una Vita beati Contardi Ferariensis, databile al 1367, qui pubblicatanell'originale latino, con la premessa di precise note dovute a Maria Anto-nietta Casagrande, e nella traduzione, efficace ed elegante, di Fabio Gasti. Vi risaltano suggestivi valori tipologici, quali la \"pietà\" del medioevo ches ' avviava al lungo tramonto; le risonanze di un ambiente pervaso dal sensodel miracolo; il fascino, antico e nuovo, del pellegrinaggio nei suoi riflessipaesaggistici, economici, religiosi. S. Contardo, insieme a S. Bovo e ai santipellegrini di Mortara, trova in quest'ambito la sua inconfondibile colloca-zione, una cifra storiografica cioè che riassume le pur varie, e controverse,dissimmetrie nelle molteplici immagini che di lui la tradizione, locale e non,ha via via foggiato. Immediatamente, proprio entro tali coordinate, affiorail rilievo, geografico e culturale nel senso pleniore del termine, di una via dicomunicazione che solcava l'Oltrepò pavese. Ricostruibile in sede di analisipure attraverso altre testimonianze, tra cui campeggia la Vita Sancti Bobonis,essa , come ha ben mostrato il prof. Aldo Settia, rivela non solo stretti rappor-ti con una precedente strada romana, ma anche con un itinerario più antico,su cui transitarono traffici a raggio europeo. Ma il panorama, da questa veduta iniziale si allarga in prima battuta al va-sto territorio del \"vissuto religioso\", nell'arco di un periodo che giunge fino ainostri giorni. Da quest'angolazione le figure sono molteplici, e tutte istruttiveper cogliere le stratificazioni dei modi di aderire al cristianesimo nel formaregià una rapida carrellata, proprio quasi un secolo dopo la composizione del-la Vita beati Contardi, un predicatore francese quando constatava come nonidentiche fossero tra i fedeli, le forme del credere. In una prosa antica e pur brillante che è giocoforza tradurre, ma che var-rebbe la pena accostare nella sua arcaica risonanza, egli asseriva con schiet-tezza: \"... Gli uni si fidano semplicemente delle parole dei santi e della santaChiesa. Altri comprendono, mediante la ragione, ciò che la fede insegna. Al-tri credono in forza del sentimento e della devozione. Essi non si fondano suragioni, ma possiedono un sentimento attraverso l'esperienza. Altri credonone per ragione ne per sentimento, ma per uniformarsi ad abitudini diffuse...\"(citato in H. Martin, Le métier de prédicateur en Franre septentrionale a la fin duMoyen Age (1350 - 1520), Paris 1988). (segue) 4
Di tal genere, se non tali appunto, sono state nel corso di più di sei secolianche se rifrazioni devozionali nei confronti di S. Contardo. Sicuramente esi-stono, e resistono, problemi di attendibilità critica intorno a particolari snodibiografici, tradizionalmente recepiti, come le radici estensi del personaggio.In simile ambito andrebbe approfondita l'analisi del testo di Lodovico An-tonio Muratori, opportunamente riprodotto a p. 119, con relativo corredocritico. Si vorrebbe sapere perché il grande erudito, pur consapevole dell'e-sistenza del codice bronese della Vita, non l'abbia menzionato nelle sue An-tichità estensi, la risposta potrebbe provenire dallo spoglio di testi editi edinediti muratoriani. Pure non è superfluo avanzare l'ipotesi, certo generica,che però fa leva su un'atteggiamento di fondo dell'autore dei Rerum Italicarum Scriptores. Questi inclinava verso una religiosità assai sobria nel campodella preghiera e della venerazione rivolte ai santi, mostrandosi scarsamentepropenso a valorizzarne il culto, a meno si trattasse di figure universalmenteconosciute e inserite stabilmente nella liturgia della Chiesa. Molto eloquente risulta in proposito il capitolo XX, Della divozione ai Santi,nell' opera Della regolata devozione dei cristiani, pubblicata nel 1747 (si veda larecente, pregevole edizione a cura di Pietro Stella, Milano 1990). Simile for-ma di pietà, secondo il Muratori, \"occupa gran paese nella repubblica cristia-na\", e tuttavia \"ha bisogno il popolo di non breve istruzione per profittarne\";in ogni caso gli sembrava almen lecito di desiderare la moderazione nell'o-nore dei santi\". Da rilevare come in un manoscritto preparatorio all'edittoprinceps dell'opera, si aggiungeva, all'ultima frase, la subordinata affinchésempre apparisca il gran divario che passa fra Dio e i suoi servi\". In questoprincipio è identificabile il nucleo della tendenza del sacerdote modeneseverso una fede più essenziale, si direbbe geometricamente configurata, instretto accordo con principi razionalmente dedotti: alla gerarchia dei dogmiavrebbe dovuto corrispondere un'ordinata prassi etica, liturgica, pietistica.In questo senso l'opera sulla Regolata devozione rispecchia una funzionalitàlogica e utilitaria a sfondo lockiano e newtoniano. Altri movimenti spirituali lambivano con maggior fiducia e freschezza lesponde del comune sentire dei cristiani. Ad esempio, nello stesso Settecento,Alfonso de' Liguori valorizzava l'affettività insita nelle spontanee preghiere,cantici, processioni dedicati a Gesù Cristo, alla Vergine, ai Santi riveriti inparticolari paesi e città, e iscritti entro un ancestrale universo di credenze,per fiduciosi abbandoni. Del resto, le stesse opinioni del Muratori che nelcaso specifico attenuavano l'interesse verso un lontano personaggio opera-tore di miracoli, non precludevano l'attenzione a pratiche iscritte nella strut-tura della parrocchia, cui egli annetteva grande importanza. Un riverbero diqueste si trova nel presente volume, scorrendovi l'esemplare testo di pietàbarocca Il trionfo della grazia. Oratorio per musica di Giacomo Bottigella, arcipretedi Broni (pp. 305 - 17): \"Mio Dio, del vostro amore / languir mi sento, e difiammelle ardenti / con soavi deliquii il sen m'avvampa...\": echi a noi lonta-ni, certo, ma già preludio dell'interessante stagione romantica. Altre temperie storiche possono accostarsi nella pregevole raccolta delBaldi. (segue) 5
Ad esempio, e citando disordinatamente, vi s'incontrano le crociate (pp.325 - 6), che marcarono a lungo la spiritualità, e l'economia, europee, le con-fraternite (p. 339, 347), con la loro forza di \"socialità\" come direbbe MauriceAgulhon; l'importanza del lino nelle offerte alla chiesa e frutto di pesantifatiche (si veda uno stralcio del documento pubblicato a p. 319); l'idea, chepercorre molti secoli, di un ideale comportamento del Principe cristiano (p.108); le coreografie nelle loro implicazioni comunitarie. Chiesa e società in-tessevano i fili di un medesimo tessuto. Ciò traspare, con nitidezza, dalleforme di preghiera dedicate al Santo in occasione di malattie (si veda adesempio p. 124) e di problematiche condizioni atmosferiche che rischiavanodi compromettere i raccolti e quindi la sussistenza di larghe fasce di popo-lazione. Simili moduli venivano a saldarsi ad una religiosità campestre cherielaborava motivi da tanti secoli intonati, come inflessioni rituali esprimentila solidarietà dell'uomo con la natura, o preghiere e gesti con cui si invocaval' aiuto divino per le piogge o il sereno, per le seminagioni o il bestiame. Tutto ciò scandiva un'esistenza dura da sopportare, e fragile a causa dei con-dizionamenti di fattori fisici spesso non domabili e di un sistema economicosquilibrato. Cerimonie annuali, devozioni per circostanze straordinarie, nel-la fattispecie invocazioni a S. Contardo, si legavano alla terra, seguendo levicende e l'eterno ritorno veicolati da quel tempo delle campagne che nonpareva conoscere ne giovinezza ne invecchiamento irrevocabile, ma solo unripetersi di nascite e di morti, e il susseguirsi di paure e speranze. Il senti-mento religioso ben denotava tale profonda solidarietà, istintivamente av-vertita e sedimentata in un'atavica mentalità. Queste, e molte altre riflessioni suggeriscono gli apporti preziosi del vo-lume curato dal Baldi: esso parla anche, e distesamente, con il linguaggiodelle immagini, postillate da note storiche stese con essenziale accuratezza.Si aprirebbero gli spazi per esami iconologici, per raffronti, per giudizi este-tici che altri potrà tentare. Qui non si può tuttavia omettere la segnalazionedi due importanti quadri, databili al XVI secolo, recentemente scoperti, cheraffigurano Contardo e Beatrice d'Este (pp. 69 - 94): una conferma dell'in-terrelazione con la Casa ferrarese, da discutersi quanto alle origini, ma checomunque appare tenace, ne scevra di spessore tradizionale. Come si noterà agevolmente, l'opera, oltre ad addurre contributi validi,sollecita discussioni, anche sulla base di ricerche ancora in corso: segno del-la sua riuscita e della sua fruibilità per ulteriori analisi. In ogni caso, ancheastraendo da un profilo strettamente religioso, essa conduce sui sentieri del-la ricerca storica, e aiuta a ripercorrere le convinzioni, i timori, le speranzedi tante generazioni, a immergersi in un mondo forse perduto, ma che puòriservare parole di inconsueta forza evocativa, nello spaesamento dell'odier-na civiltà. Annibale Zambarbieri docente presso l'Università degli Studi di Pavia. 6
B roni è uno dei centri principali dell'Oltrepò Pavese, sulla Via Emilia,tra Voghera e Piacenza. Il documento più antico che la fa conoscere risaleal IX secolo, ma per i ritrovamenti archeologici emersi, nel centro storico,la sua origine è da considerarsi di epoca romana (secondo secolo a.C.). La chiesa Parrocchiale di Broni, Basilica titolata a S. Pietro, per la suaPieve si ritiene risalga ai primi secoli d. C.. Quando nel 1250 vi furonosepolte le spoglie di S. Contardo, era stata ricostruita da almeno centoanni, si crede a tre navate, con l'entrata rivolta a Sud. Nel 1650 venneampliata, anche per maggior decoro del Santo, con le offerte devocione diS. Contardo. Le nobili famiglie degli Scaramuzza, Arrigoni, Pisani, Plessae tante altre ancora, che vivevano a quel tempo nel piccolo Borgo - in op-pido Brona - per venerazione contribuirono all'iniziativa, lasciando sullepareti affrescate della Cappella dedicata a S. Contardo ed a quelle dellaB.V.M. del Rosario la loro arma a testimonianza. Seguirono altre decora-zioni, completate nel 1926 sotto la guida del Prof. Mauro Pelliccioli, chesuggellò un lavoro di diversi secoli, portando la Collegiata all'aspetto at-tuale, vanto della Comunità di Broni. Il culto per il nostro Santo si mantenne sempre circoscritto nella zona,per le scarse conoscenze che di Lui si avevano, fino a quando, sul finiredel '500 e nel primo quarto di secolo successivo, ebbero origine gli scrittiora presentati. Così, l'eco della Sua santità raggiunse altre contrade, spe-cialmente per l'interesse suscitato nell'influente famiglia Estense, attrattadalla facoltà del consanguineo Contardo di mediare tra chi soffre e l'on-nipotenza divina, manifestandogli una totale devozione. L'impulso venne da Suor Angela Caterina, Principessa d'Este, figlia diCesare d'Este duca di Modena e Reggio, che promosse la Storia della Vitadi S. Contardo d'Este e della Beata Beatrice II d'Este 1, affidando il compito alPadre Ippolito Ciarlini da Carpi, dei Servi della B.V.M.. Ma già dal 1609Pietro Maria Campi 2, incaricato l'anno precedente dal Vescovo di Piacen-za, Claudio Rangoni, di ordinare gli Uffici dei Santi della sua chiesa, perprocurare poi a Roma l'approvazione di formare anche le proprie Lezionidi S. Contardo e d'iscriverle in detti Uffici, si rivolse al duca di Modena,Cesare d'Este e al figlio Alfonso III d'Este, ravvivando in loro l'attacca-mento al Santo. \"Infervorati ambedue per un tale avviso\", così scrive ilCampi, ottennero nel luglio dello stesso 1609, dalla Congregazione deiRiti, l'estensione deIl’ Ufficio piacentino a tutto il loro Stato; presto la famacrebbe e menzione venne fatta anche da Filippo Ferrari, Generale dei Ser-vi della B.V.M., nella sua Nuova Topografia, Venezia 1609. Al Ciarlini (1627) seguirono, con le loro opere: Padre Gianoli Cappuc-cino, Milano ( 1650) - Pietro Maria Campi, Piacenza (1651) - PP. Hensche-nio e Papebrochio, Venezia, 1738 - Giovan Battista Maggi, Milano (1822)- Luigi Maini, Modena (1857) - Alessandro Cerioli, ricerche pubblicatein L'Eco di S. Contardo, dal 1904 al 1918 in Broni - Giacomo Bascapè, Mi-lano (1946) - Luciano Chiappini, Ferrara (1946) - Vittorio Felisati, Ferrara(1969) 3. (segue) 7
Altre testimonianze antiche, di grande interesse, sono state conservateed ora raccolte: In Ferrara: un ritratto del Santo con il pendant della sorella Beata Bea-trice d'Este. Un altro identico ritratto e pendant (1516), di matrice ferrare-se ha una ubicazione ignota. Un Oratorio dedicato a Contardo d'Este, poi demolito: nei pressi vi fi-gura una lapide a ricordo (1440). Due Pale d'altare, una conservata oggi nella Pinacoteca Estense diModena (XVI sec.) e la seconda (XVI sec.) ubicata nell ' Oratorio dellaDiamantina in Vigarano (perduta?) , dove figura rappresentato anche S.Contardo. In Modena: due Pale d'aìtare, due statue e l'antico Gonfalone della città,in cui è rappresentato il Santo (XVI, XVII e XVIII sec.). Una Gloria di S. Contardo, di cui è in atto il restauro e un ritratto, perdu-to?, affrescati nel Palazzo Ducale (XVII sec.). Alcune monete, con la figura di S. Contardo d 'Este, coniate per la zeccadel Ducato di Modena, da Rinaldo e Francesco IV d'Este (1706 - 177S).Conii e punzoni numismatici della zecca del Ducato di Modena, con lafigura di S. Contardo d'Este (1706 -1778), conservati dalla Soprintendenzaai Beni Artistici. L'Ordine Equestre intitolato Dell'Aquila Estense sotto l'invocazione di S.Contardo, creato nel 1855 da Francesco V d'Este, ultimo duca di Modena,ebbe vita breve. In provincia di Modena: nel Palazzo Ducale di Sassuolo un’affresco,in cui vi è rappresentato il Santo. A Reggio Emilia: una Pala d'altare con l'immagine del Santo (XVIIsec.). In provincia, a San Martino in Rio, un ritratto del Santo ora perdu-to? (XVI sec.). A Parma: una Pala d'altare, dove pare sia rappresentato il Santo (XVIIsec.?). (Non avendo riscontri in loco pare più plausibile riconoscere inesso San Giacomo) Nella Diocesi di Piacenza la devozione era testimoniata da una pre-benda, associata alla chiesa di S. Alessandro in Piacenza nel 1498 4. Nel1609 si ottenne per il Santo l' Ufficio proprio, come abbiamo accennato inprecedenza, concesso da Urbano Vili, dietro relazione del Cardinale Bel-larmino, ed esteso in seguito agli Stati Estensi. In Altoè, frazione di Podenzano, dove il Santo è Compatrono si con-servano diverse testimonianze, in Lugagnano Val d'Arda dove il Santo èCompatrono vi sono diverse attestazioni. A Castell'Arquato, Travazzano e Bassano di Rivergaro, vi erano testi-monianze antiche del culto. In provincia di Genova: a Sant'Andrea di Foggia (Rapallo) una Palad'altare, a Sarissola un altare ora demolito e nella vallata di Fontanabuo-na di Coreglia Ligure, un Oratorio ben conservato. 8
In Milano: un ritratto, nella sede dell'Ordine del Santo Sepolcro. In Pavia: un ritratto ora perduto (XVI sec.). In provincia, a Sant' Alber-to di Butrio un affresco pare raffiguri il Santo (XV sec.), (anche quì comea Parma non avendo riscontri in loco pare più plausibile riconoscere inesso la figura di San Giacomo) e a Soriasco si conserva un paliotto con lafigura del Santo (XVIII sec.?). In provincia di Alessandria: a Frugarolo una cappella dedicata al san-to, ora perduta (XVI sec.?). Nella Diocesi di Tortona, con Bolla di Papa Pio VII del 7 luglio 1817 5,il culto di S. Contardo venne esteso a tutta la Diocesi; conferma ottenneIgino Bandi Vescovo di Tortona nel 1894 da Leone XIII. Al Prado di Madrid: in una tela del Veronese, tra le figure disegnaterisulta un pellegrino con bordone e Croce Gerosolimitana sul petto, sicrede rappresenti S. Contardo. A Broni, infine, parrocchia appartenente in origine alla Diocesi di Pia-cenza e dai primi anni dell'Ottocento alla Diocesi di Tortona, fu fondatauna Cappellania (1358), giurispatronato di Castellino Beccarla, ricordatanegli statuti della Pieve redatti nell'anno 1378 6. Presso la Basilica Minoredi S. Pietro, nella Biblioteca della Collegiata si conserva il Codice Vita Beati Contardi del Crosnis (1376); nella Cappella del Santo si ammira un ciclodi affreschi che illustra la sua Vita secondo il Codice bronese, (1662); untondo sulla volta della cappella. Gloria di S. Contardo (1754); Altare in marmo policromo, sormontato da una statua del Santo (1822); un'Arca ligneadorata (1668), rimaneggiata nel 1905, conserva le spoglie del Santo. Sullaparete del Fonte Battesimale della Basilica troviamo l’affresco Il Battesimodi Gesù con S. Contardo che assiste in preghiera (1937). Nel luogo ove la tradizione vuole sia morto S. Contardo 7 fu erettoun'Oratorio titolato fino XVII secolo Santa Maria degli Angeli, ora SantaMarta, con un altare a Lui dedicato, vi figura una Pala d'altare con il Santoin agonia. Sul Monte dove il Santo nel suo soggiorno bronese si ritirava in pre-ghiera, in seguito chiamato Monte di S. Contardo, la comunità di Bronieresse nel XIX secolo una piccola cappella 8 con una sua statua lignea. Il 16 aprile, in Broni, nella ricorrenza del la morte, S. Contardo, vienefesteggiato con una Fiera detta di S. Contardino, in aggiunta alla più im-portante Fiera Patronale, effettuata annualmente il lunedì dopo dell'ultimosabato di agosto, a ricordo della Sua ultima traslazione; la festa richiamagran numero di pellegrini, che raggiungono tradizionalmente la vetta delMonte di S. Contardo in preghiera, percorrendo una amena strada tra ivigneti, ora abbellita da una suggestiva Via Crucis. Tutta la letteratura biografica di S. Contardo si rifà al Codice mano-scritto Vita Beati Contardi, documento ritenuto la testimonianza più si-gnificativa del Santo: la prima pagina testimonia che Contardo era nato aFerrara ed apparteneva alla nobile famiglia degli Estensi, in breve tracciala vicenda che lo portò in quel di Broni, durante il pellegrinaggio verso 9
S.Giacomo di Compostella e verso la santità. Molti studiosi indagarono sul personaggio S. Contardo, ma nessundocumento fu trovato a testimonianza delle sue origini. Il Muratori, che pubblicò il più importante lavoro sulla genealogia diCasa d'Este, non lo elenca tra i membri della famiglia e cita tra i suoi scrit-ti soltanto la Vita di S. Contardo del Ciarlini. I più si chiesero come mai tante testimonianze contemporanee allaprima metà del XIII secolo (Cronaca di Rollandino, Cronachetta di Ferrara,Cronaca Parmigiana, Cronaca Estense, Parisio da Cerete, Riccobaldo Ferrarese,al Monaco Padovano e tanti altri scrittori e cronografi) non fanno cenno aContardo. La pubblicazione a cui abbiamo dato vita raccoglie quante più memo-rie vi siano del Santo, ma vuole anche chiarire, pure consapevoli del va-lore irrilevante dell'argomento - rispetto alla figura di Contardo - la Suapresunta appartenenza alla Casa d'Este. Tra le documentazioni più antiche, scoperte recentemente, sono deter-minanti per le nostre ricerche: l'accenno in Memorie Historiche delle chiesedi Ferrara, dello Scalabrini (Ferrara 1773) e nel contenuto del Catalogo isterico dei Pittori e Scultori ferraresi e delle loro opere, più ampiamente trattato,del monaco ferrarese Cittadella (1776). Nel capitolo dedicato ai pittoridel XIII secolo egli annota quanto ha trovato in un antico manoscritto edaccenna al fatto che Azzo VII d'Este, nella seconda metà di quel secolo,commissionò al pittore ferrarese Gelasio, \"i ritratti [dei nipoti figli delfratello Aldovrandino] Contardo pellegrino e Beatrice\", a ricordo, si sup-pone, della loro memorabile esistenza; nonché un \"ritrattino del nipoteObizzo [II], ancora giovinetto\" -figlio del primogenito Rinaldo d'Este-.Queste testimonianze hanno anche il pregio di non essere influenzatedalla Casa d'Este, che ormai da tempo non avevano più autorità in Fer-rara e che a volte si crede abbiano accentuato certe notizie per interesse.Per renderci un po' conto dei tempi di cui si parla, va rilevato che i ritrattimenzionati - episodio che possiamo ritenere di grande interesse - furonocommissionati ed eseguiti a pochi anni dalla morte di Contardo. Le im-magini, non più conservate, si ricostruiscono attraverso i rifacimenti diubicazione ignota ed alle copie che si trovano presso le Monache Bene-dettine nel Monastero di S. Antonio in Polesine di Ferrara. Si è sempre ri-tenuto che chi aveva ordinato questi ritratti doveva aver conosciuto inti-mamente i due personaggi. Infatti l'abito da sposa indossato da Beatrice,rievocante il suo matrimonio regale, la Croce Gerosolimitana disegnatasul petto e l'età posta in calce per Contardo, non è credibile siano stateinvenzioni del ritrattista o del committente. E chi, se non Azzo VII d'Este,quasi coetaneo, poteva richiedere questi segni distintivi? Dopo l'affezione dimostrata da Azzo VII d'Este, l'amore per Contardoe Beatrice si spense a causa delle lotte intestine avvenute nel XIV seco-lo nella famiglia Estense, palesandosi di nuovo soltanto nel XV sec. conNiccolo III d'Este Signore di Ferrara, Modena, Parma e Reggio. Egli mani- 10
festava con il desiderio di intraprendere un pellegrinaggio a S. Giacomodi Compostella 9 il proposito di emulare Contardo (1414): se questo erail suo preciso intendimento, con sicurezza non lo sappiamo, ma rimanela testimonianza del fatto; catturato, a scopo di lucro, in Piemonte, fuimprigionato senza poter raggiungere la meta. Una ulteriore occasioneper consolidare la memoria di Contardo, questo insigne personaggio diCasa d'Este la colse quando gli dedicò un Oratorio in Ferrara, sepolcrodella famiglia (1437) (cfr. Appendice). Anche in Broni fu edificato un Ora-torio, titolato al medesimo nome Santa Maria degli Angeli, le cui originisi ignorano. Il luogo di culto bronese fu innalzato a ricordare il precisopunto ove morì Contardo e poiché si trovava allora, nella parte internadel Castello di proprietà dei Visconti, potrebbe essere stato costruito periniziativa di Niccolo durante gli anni trascorsi a Milano al loro servizio, oquando infine gli fu conferita da Filippo Maria la nomina a Governatoredel Ducato (1441), che comprendeva l'Oltrepò Pavese e Broni. Nel XVI sec. anche Alfonso I d'Este (1516), duca di Ferrara, Modenae Reggio, conferma grande interesse verso Contardo e Beatrice pur nonsindacando a fondo sulla loro origine si prodiga nel rinnovare le ope-re già accennate del Gelasio. In seguito, oltre al duca Cesare ed ai figliAlfonso III e Angela Caterina (1609) furono devoti a S. Contardo ancheFrancesco I (1639), Laura Martinozzi vedova di Alfonso IV (1662), Rinal-do I (1707), Francesco IV (1741) e Francesco V d'Este (1855). Per puntualizzare a proposito della appartenenza o meno di Contar-do alla Casa d'Este, consideriamo invalidata dal Muratori ed esclusa apriori, l'affermazione impropria fatta dal Ciarlini che divulgava conside-razioni imprecise fatte anche dagli Estensi nel XVI sec. - sfortunatamentel'evidente errore causato dalla interpretaziune avvenuta dipingendo il ritrattodella Beata Beatrice III, confusa con la cugina Beata Beatrice II causò anchel'errata paternità di Contardo - e seguiamo la recente tesi di Monsignor Fe-lisati, canonico della Cattedrale di Ferrara, che considera AldovrandinoI d'Este - fratello di Azzo VII e della Beata Beatrice I d'Este - l'unica figura acui si può ascrivere la paternità di Contardo. Tale ipotesi è avvaloratadall'opinione dello storico ferrarese Antonio Frizzi (1848), che ritenevala moglie di Aldovrandino illegittima 10, presupposto questo non esclusodai riferimenti che si incontrano anche nel Codice Bronese del Crosnis. La storia della Vita di S. Contardo d'Este, che non sembra ancora avertrovato il suo epilogo - in relazione alle difficoltà oggettive che si incontra-no nel ricostruire le vere e reali sue origini, comuni alla maggior parte, sesi vuole, dei Santi medievali - ora guadagna un nuovo tassello di verità,ed apre ad una più approfondita revisione biografica. Mino Baldi 11
Notizie biografiche su Contardo d'Este Contardo d'Este Pellegrino, Confessore, Santo, n. Ferrara 1216,m. Broni il 16 Aprile 1249. Il Ciarlini, suo primo biografo, concedendo fiducia a precedentiautori ed agli argomenti di Alfonso I d'Este, sostenne che Contardoera figlio del quasi coetaneo Azzo Novello VII d'Este (1205 -1264),condizionando - con indicazione risultata poi errata - gli studiosisuccessivi, che dubitarono sulla sua reale appartenenza alla Casad'Este; ma la notizia apparsa nel XVIII sec, che Azzo VII d'Este fecedipingere i ritratti di Contardo e della sorella Beatrice, dissipa ognidubbio in merito alla sua discendenza. Così, dallo studio intrapreso liberando la tradizione che lo ac-compagna, si conviene che Contardo ebbe per padre Aldovran-dino I marchese d'Este e d'Ancona (1190 - 1215), il quale per ledrammatiche vicende storiche di quel momento, impegnato nellariconquista della Marca d'Ancona per conto del Papa, morì \"avvelenato dai suoi avversari\" prima di aver contratto matrimonio. Poiché era in uso, in quel periodo, dare il nome del casato dellamadre ai figli maschi, come accadde per lo stesso Aldovrandino,nato da una Aldobrandini dei Conti di Toscana e Maremma e daAzzo VI d'Este, si crede che Contardo vide la luce due anni dopola sorella Beatrice, qualche mese dopo la morte del padre, da unaGontardi, appartenente ad una delle maggiori famiglie di Ferrara,\"che viveva a quel tempo nella parrocchia di S. Clemente\". Indovinare il perché della controversa nascita, non è facile, emolti motivi potrebbero essere plausibili. La madre di Contardoprobabilmente partorì presso i genitori in Ferrara, allontanata daAlisia terza moglie e vedova di Azzo VI d'Este, dopo la morte diAldovrandino al governo della Casa Estense e preoccupata di pre-servare la successione al proprio figlio Azzo VII d'Este. Per le ragioni esposte, Contardo non è mai menzionato dallacronaca dell'epoca e visse quasi ignorato, mentre la sorella è citatapiù volte; infatti è ricordata la sua nascita in Este, sede del casa-to, a dimostrare che Aldovrandino I era ben intenzionato a portareall'altare la sua compagna, non appena gli eventi lo avrebbero con-sentito. La sorella Beatrice (1214 - 1245) fu cresciuta rinnovando il nomedella zia, Beatrice I d'Este (1191- 1226), e per distinguerla pure dallacugina Beatrice II d'Este (1221 - 1262) è stata identificata come terza,anche se spettava a lei la distinzione di seconda, essendo nata nel1214. 12
Beatrice III d’Este dovette influenzare non poco l’esistenza delfratello; giovane e bella fu data in sposa ad Andrea II Re d’Ungheria, noto per aver guidato la Quinta Crociata e inoltre nipote di Ali-sia; matrimonio che pare combinato per escludere definitivamente idiscendenti di Aldovrandino I d’Este dalla successione di Azzo VI. Per Contardo fu probabilmente l ‘esempio del cognato ad influire sulla sua formazione, avviandolo per la strada di Gerusalemme(1241 ?). E nell’anno 1249, non potendo ripetere il viaggio alla CittàSanta poiché riconquistata dai mussulmani (1244), si incamm inòverso S. Giacomo di Compostella. Il santuario suppliva allora, perchi si votava a quell’ideale, la precedente meta palestinese. Durante il pellegrinaggio, giunto a Broni, colpito da malattia,concludeva la sua sofferta esistenza, rendeva l’anima a Dio e prodi-giosamente si rivelava il taumaturgo di ogni male che per constata-zione conosciamo. Incontrò immediatamente nei bronesi un attac-camento ed un affetto tale da essere proclamato Patrono, difeso eonorato fino ad oggi, considerato la più illustre figura della storiabronese ed anche il principale benefattore. Non fu mai solennemente canonizzato* ma nel settembre del1628, per consuetudine e tolleranza, gli venne concesso ufficialmente dalla Chiesa, con Papa Urbano VIII, l’onore degli altari. Il 10 ottobre del 1698 fu nominato dagli Estensi compatronodella città di Modena, con S. Omobono e S. Geminiano Vescovo,quest’ultimo protettore principale, nel 1855 patrono dell’OrdineEquestre dell’Aquila Estense. Risulta inoltre compatrono nel Co-mune di Lugagnano Val d’Arda (PC) (XVI sec), in Altoè frazione diPodenzano (PC) (XVII sec). * Canonizzazione:“... Nei primi anni della Chiesa il culto di venerazione era riservato ai martiri;in epoca successiva detto culto fu esteso anche a defunti che in vita avessero datoinsigne esempio di virtù, e questi furono detti “Confessori”. Esempio: S. BasilioMagno, S. Ambrogio, S. Girolamo e S. Agostino ...”. Da Enciclopedia Univer-sale Fabbri, Milano, 1971, p. 589, vol. III. 13
Note (1) I. Ciarlini, Vita et Historia di S. Contardo d'Este Confessore, Tav. II dell'indice,p. 84, \"... sua vita descritta dall'autore, ma non ancora pubblicata ...\". Dell'opera dedi-cata alla Beata Beatrice II d'Este non si ha nessuna notizia. (2) Canonico della Cattedrale di Piacenza. (3) Un'opera di narrativa è stata dedicata a S. Contardo, anche da GiuseppinaSilva, bronese, Dal fasto Ducale al saio pellegrino, Milano, 1959. (4) A. Cerioli, Il culto in onore di S. Contardo in Broni, 1918, p. 24: \"... Circa alCulto in onore di S. Contardo nella Chiesa di S. Alessandro della città di Piacenza osservo che dalla visita pastorale dell'anno 1510, die vero mercury, quartadecima Augusti,non risulta che in ivi esistesse una cappellania di S. Contardo, mentre dalla visita dellastessa chiesa dal 1570 appare che vi era una prebenda sub titolo S. Gottardi (invece di S.Contardo, errore che facilmente si riscontra) che si osserva di patronato dei Fasoli, coll'onere di celebrare quattro Messe per settimana. Tale prebenda era realmente in onore diS. Contardo. Da atto pubblico del 18 Novembre 1857 rogato dal Rev. don Angelo Testa,prevosto della Cattedrale di Piacenza, si apprende che ne era investito il sacerdote Guidotti Giovanni Parroco di Pittolo ... (notizia da me letta nell 'arch. della Curia Vescoviledi Piacenza, sez. Fondazioni Cappellanie, ecc.)..:'. (5) A. Cerioli, Il culto in onore di S. Contardo in Broni, 1918, p. 27. (6) A. Cerioli, L'Eco diS. Contardo, agosto 1905, pp. 6-7 e giugno 1906, pp. 5-9;mentre, il Ciarlini, op. cit., p. 73, scrive: \".. .225 anni sono fu fondato un beneficio...\",(1402 ?). D. Balboni, Bibliotheca Sanctorum , - Contardo d'Este - p. 158 ; A. Cerioli,L'Eco di S. Contardo e della Madonna di Riofrate, settembre 1916, p. 347: \"...Si notiche la cappellania con messa quotidiana in onore di S. Contardo venne istituita verso lametà del secolo XIV. E negli statuti Plebis Bronae dell'anno 1398 è fatta menzione delfondatore di essa senza nominarlo, ma secondo i miei studi (pubblicati nell 'Eco di S.Contardo, giugno, luglio, agosto 1906) sarebbe il magnifico Castellino Beccaria di Musso(Papia princeps) Signore di Pavia, morto l'anno 1358...\" (7) P. Saglio, Notizie storiche di Broni..., vol. II, p. 145: \".. .Lo ricordava una lapideora perduta...\". (8) A. Cerioli, L'Eco di S. Contardo, giugno 1907, p. 5. (9) L. Muratori, Antichità Estensi, T. II, p. 184. (10) A. Frizzi, Memorie per la Storia di Ferrara, Voi. Ili, p. 80, \"... Morì il March.Aldovrandino li 10 Ottobre 1215 e lasciò una figliuola unica nomata Beatrice della qualela madre s'ignora, ma si nega che fosse moglie legittima di lui ...\". 14
ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo Il Codice bronese del Crosnisooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo 15
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Il sacco di Broni - ai tempi borgo feudale di Galeazzo Visconti sco-municato dalla Chiesa - che il capitano di ventura John Hawkwoodcon la sua banda di mercenari sotto Gregorio XI 1 perpetrò il mesedi giugno dell’anno 1372, provocò tra le altre perdite il deteriora-mento del documento che tramandava la Storia del nostro Santo 2.Era allora Arciprete della chiesa di S. Pietro di Broni don PetrusFrambalia 3, e potrebbe essere stato Lui il primo autore del Codicebronese. Venne sostituito nel suo mandato, l’anno seguente, da donPetrus De Crosnis, che ne fece riscrivere una nuova copia - datata1376 - forse senza aver mai completamente consultato l’originale, eprodigandosi, nel ricostruirlo, a ricercare fonti orali dai superstiti;è possibile che alcuni cenni primitivi si siano persi e surrogati danotizie verosimili. A confermare la data del 1376 è necessario rilevare che, a queitempi, tra il Papa e i suoi alleati si stipulò la pace con Galeazzo eGian Galeazzo Visconti soltanto il 19 luglio 1376 4. Perciò la nuova scrittura della pergamena, risulta giustamenteavviata quattro anni dopo il funesto evento, ossia in tempi menoturbolenti, quando l’esistenza si era riavviata alla normalità 5. Il Codice bronese del Crosnis che costituisce la gemma della ric-ca e rara biblioteca della Collegiata S. Pietro di Broni, contiene oltrealla Storia, sempre manoscritta, la Messa di S. Contardo, eloquentetestimonianza liturgica del Suo culto. 17
Note (1) I. Ciarlini, op. cit. p. 69:”... Il Papa..., da Avignone subito mandò in Italia sottola condotta del Cardinale di Ginevra, (che fu poi Antipapa contro Urbano VI nel 1378.)sei mila uomini d’arme Bretoni, i quali scendendo da Torino nelle pianure della Lombardia con insolenza presero la Terra di Broni..., (Platina in Urbano VI, Biondo lib. 20)...” (2) Il capitano Hawkwood, passato alla storia come Giovanni Acuto, in questacircostanza si fa una cattiva reputazione ma, doveva avere ben altre qualità, secome risulta dai suoi dati biografici, dopo aver servito Firenze, ebbe il privilegiodi essere sepolto in Santa Maria del Fiore ed immortalato da Paolo Uccello. (3) A. Cerioli, L’Eco di S. Contardo, Broni, Novembre Dic. 1908, p. 5 . Elencodegli Arcipreti della chiesa plebana (ecclesia plebis) e Collegiata di S. Pietro Apo-stolo di Broni. “... (1373 -1398) Petrus de Crosnis, da atto rogato M. Porzi del 20/IV/1373 ... (1361) Pietro Frambalia. È ricordato nell’atto di fondazione di unadelle più ricche Cappellanie della nostra pieve (quella di S. Bartolomeo) rogatoCamillo Prera il 7/V/l 361 ...”.- L. Chiappini, Realtà e leggenda di S.C., p. 6, ritieneil periodo dell’Arciprete Crosnis (1375-1398), mentre quella del Cerioli pare piùesatta. (4) G. Giulini, Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione dellacittà, e della campagna di Milano ne secoli bassi, T. II, p. 279; G. Romano, La Guerratra i Visconti e la Chiesa, (13^m-1376). (5) L. Chiappini, op. cit., p. 5: In disaccordo con il Bascapè, ritiene il 1376 la datadel testo originale. 18
Crosnis, Petrus de. Vita beati Contardi Ferariensis.Scheda di Maria Antonietta Casagrande (Università di Udine) Memb; 1376; ff. 19 = pp. 38 ( paginazione a inchiostro del sec.XIX ), bianca p. 30; p. 3 = mm. 312x247 ( 230x165), margine sup.:mm. 30, interno: mm. 41, tra le coll.: mm. 15; linee 30 su 2 coll.; ri-gatura pressoché scomparsa ( a piombo? ); 3 fasc: 110, 25 (caduta delterzultimo f., presumibilmente bianco), 34. Spazio riservato per le lettere iniziali dell’estensione di linee 10alle pp. 1 e 31, col. b, di linee 5 a p. 27, col. a, di linee 2 per le inizialiminori; alle pp. 2-11 piccole iniziali a inchiostro aggiunte posterior-mente; estese rubricazioni. A p. 1, col. b, per danneggiamento della pergamena 10 linee ri-sultano pressoché illeggibili; alcune lettere ripassate a inchios troposteriormente. Al ms. membr. segue il ms. cart. di ff. 10, con f. 10v bianco, conte-nente la trascrizione della Vita da parte dell’Arciprete della Colle-giata di Broni Rocco Antonio Rocchetta, in data 23 novemb re 1624. Le due parti, membr. e cart., sono state rilegate in un unico volu-me; l’attuale legatura, in pelle con impressioni a secco, decorazioniin oro, borchie e angoli in bronzo, è della “Artistica Premiata Lega-toria” del Cav. Dante Gozzi, Modena 1928.1 (pp. 1-12 ) < Vita del beato Contardo > inc: < I >n nomine domininostri Ihesu <sic> Christi amen. Incipit beati Contardi ystoria quinatione et prolle dicitur fuisse de Feraria et de stirpe dominorumFerariensium descendisse et ad eum Ferariensis dominatio preci-pue spectabat. Qui totaliter Deo deditus et nolens se de munda-nis dominationibus impedire ipsam dominationem habere penitusrecusavit et dispositus corpus sancti Iacobi presentialiter visitarediscedens de Feraria iter aripuit et processit ut capitulatim inferi-us apparebit. Quam quidem istoriam dominus presbiter Petrus deCrosnis archipresbiter plebis sancti Petri de Brone ob reverentiamcorporis ipsius beati Contardi iacentis in dicta ecclesia in hac formascribi fecit millesimo trecentesimo septuagesimo sexto. indictionequartadecima; expl.: cui Deo omnis debetur gloria laus et potestasimperium tribuitur in secula seculorum, amen. Millesimo ducen- 19
tesimo quadragesimo nono, indictione septima, die sextadecimamensis aprilis beatus Contardus decessit. 2 ( pp. 13 - 26 ) Tavole rubricali dell’ufficio divino e della messadalla settimana precedente la Natività fino alla Pasqua compresa. 3 ( pp. 27 - 29 ) Messa dell’Assunzione. 4 ( pp. 31- 35 ) Ordinario della messa, che inizia col Prefazio eprosegue fino al ringraziamento del sacerdote dopo la com unionequod ore sumpsimus, cui segue subito et verbum caro factum est et cetera. 5 (pp. 36 - 38 ) Messa del beato Contardo. 1 Acta Sanctorum aprilis, t II, Antverpiae 1675, pp. 448 - 452 Provenienza: Patrimonio della Collegiata segn. 144 20
Vita beati Contardi Ferariensis Trascrizione e note di Fabio Gasti (Università di Pavia) Prologus In nomine Domini nosim Ihesu Christi. Amen. Incipit beati Contardi ystoria. Qui natione et prolle dicitur fuisse de Feraria et de stirpe dominorum Ferariensium descendisse et ad eum Ferariensis dominatio precipue spectabat. Quitotaliter Deo deditus et nolens se de mundanis dominationibus impedire, tpsamdominationem habere penitus recusavit, et dispositus corpus sancti Iacobi presentialiter visitare discedens de Feraria iter aripuit et processit, ut capitulatiminferius apparebit. Quam quidem istoriam dominus presbiter Petrus de Crosnis,archipresbiter plebis sancti Petri de Brone, ob reverentiam corporis ipsius beati Contardi iacentis in dicta ecclesia in hac forma scribi fecit millesimo trecentesimo septuagesimo sexto, indictione quartadecima. Et tempore captionis lociBrone facte per gentes armigeras ecclesie romane, ipsa istoria deperdita fuit etpenitus asportata. Et considerans idem dominus archipresbiter quod ipsius beatiContardi vita et sepulcrum sine historia nequit faciliter haberi, ideo ipsam ystoriam adhuc rescribi et renovari fecit, in hunc modum videlicet. Primum capitulum Quomodo beatus Contardus volens ire ad sanctum Iacobum ob Dei et Sancti reverentiam, licentiam a parentibus humiliter petens pariter et obtinens,quamquam cum amaritudine cordis, iter aripuit versus sanctum Iacobum cumplurium sociorum et venerabilium copiosa multitudine non tamen sine fletu etangustia cordis, inito inter ipsos fidelitatis fraterne federe firmiter et sincere. Secundum capitulum Quomodo beatus Contardus iter humiliter et devote cum suis confratribuscontinuans, orans jeiunans et flens et passionis dominice et apostoli Iacobi merita corde revolvens, per diversa terrarum spacia transiens cum laboribus eterumnis iugum obedientie humiliter baiulans, pacientie clipeum viriliter tenensutfortis athleta a Christi, ad locum Brone cum sociis sospites pervenerunt horamane. Qui dispendia itineris tam sui quam sociorum et passiones ut prudensiugiter cernens, nolens ipsos in via Domini deficere, sed ut alter Helyas eosdemcupiens confortare decrevit ibidem in loco Brone cum sociis per residuum dieicomorari, et refici tam corde quam mollis gravedine carnis. (a) ms atereta 21
Tercium capitulum Cupiens vero Domini servus quod corde perfecerit idem promere, dum carnismisere quieti locum aliqualiter conquassate donassent, nec torpentes sed ferventes animo propter zelum domus domini, ad montem ibidem propinquum velutMoyses Domini precepta suscepturi unanimiter conscenderunt. Et videntesamenam patriam et uberem, loca et castra vicina venusta, et aeris preter solitumtemperiem, in spiritu prophetico Deum suppliciter exoravit ut, uhi Providentiadivina eundem in itinere deficere previdisset, saltem in loco Brone ei iam prestitocorpus eius tumulo relassaret, et animam in celorum sede dignativa clementiamisericorditer colocaret. Quod utrumque paulo post a Domino exaudiri promeruit. O miranda res! vix orationem ore complevit, iussu domineo cepit viribusdestitui in tantum quod opportuit velut Paulus in Damasco a sociorum scapulisde monte breviter baiulari. Qui mons post eiusdem transitum carnis felicem suffragiis eius meruit mons beati Contardi usque nunc crebrius nominari. Quartum capitulum Baiulato corpore servi Domini per fratres itineris ad locum Brone in hospicioad quod applicuere ceperunt gementes confratres eundem sic infirmitate gravatum in lectulo colocare, ut infirmitati sue remedium posset salubre deposcere, etiter quod ceperat cum sociis feliciter terminare. Quo peracto volente Deo, invaluit infirmitas furibunda, et cum doloribus cepit augere, ita ut nichilo sumto quodad nutrimentum faceret, die noctuque gemitus et suspiria emittebat e pectore.Quod cernentes confratres eius et socii videntes longam infirmitatem et quasiincurabilem, affectantes satisfacere votu quod promiserant, ab eo licentiam recedendi animo gemibundo petierunt. Qui illari vultu valefaciens, signaculo crucisseseque muniens, ibidem remansit solus. Et ipsi profecerunt ad iter areptum,promitentes in remeatu ipsum in Domino visitare, et eumdem ad lares propriosprospere et feliciter traducere. Quintum capitulum Premebant ergo eum dolores et ardores pariter desicabant, cumulabatur penepena et dolor supra dolorem dietim crescebat et meror tristem aliqualiter ebetabat. Sed ut verus Iob nulla fractus pena nulla gravitate turbatus omnia equalaude ferebat, se in cruce dominica glorians nichil se putabat habere nisi Yesumsolum, cuius amore crucem propriam baiulabat. Sed cum in tot angustiis premeretur, hospes ad plenum eidem fraterna non compaciebatur caritate. Undepropter inquietationem eius alii hospites suum denegabant hospicium, nisi isvir Dei sic doloribus cruciatus alio causa deportaretur hospicii. Quod et factumfuit. Hinc est quod ad domum cuiusdam pauperis vilici homo dei defertur excubaturus in ergastulo velut bidens, nullum murmur reddens sed omnia sufferenspacienter; secundoque ad aliud pauperioris hominis ergastulum fuit inutiliterpertractatus. 22
Sextum capitulum In tali ergo grabato velut in presepe quiescens, nil minus mente inherens Deo,prementibus angustiis carnis corporeum solvit carcerem, et dignum deo spiritum redidit, hora none sabato et finem miserime vite posuit Deo se incolumenrapresentans. Tunc cunctis mirantibus, prenominati loci Brone campane plebisedis sacre, nullo humano iuvante presidio, signum premortiti hominis peragerunt. Invalult namque talis sontts hora taxata, quod fere omnes agricole in arviscircunstantes cum eorum laboriciis et laborum instrumentis Brone precipitanteroccurebant, mirantes quid in causa accidisset, summa cum diligentia indagantesunde hiis campanarum sonitus plus solito oriretur. Presentiam denique ecclesiepredicte rectoris adiere et huius tam stupende rei causam summa cum instantiapostularunt. Quibus rector motus arbitratus aliquos insolentes et iuvenes incampanilis vertice fore, qui sonitum hunc trufatice causarent, diligentem inquisitionem misit usque ad summum instantius explorari. Cernensque nullum foreibidem, stupefactus ad yma rediit nuncians se vel mininimum reperisse. Septimum capitulum Nam stupor vicinorum circunstantium corda intrinsecus lacescibat, nec abhoc cessabat sonus, ymo nec humano iuvamine poterat coherceri. Tunc omnesquasi uno ore prophetantes et aclamantes dixerunt: «vere vere aliquis Inter nosiustus homo hac vita peracta arcem celestis glorie peremniter regnaturus cumSanctorum et agminibus Angelorum hodie acquisivit, in cuius transitu gloriosus Deus in insensibilibus mirabilius operatur». Compuncti igitur corde et ansio spiritu hunc virum sanctum dilligentius perquirebant. Statimque homo ille,qui in paleaceo b tugurio eum exceperat, dixit; «Nescio quid sit, unum pauperemromipetam debilem et infirmum iampluribus diebus hospitor in area mea cuiuspatriam penitus ignoro; nescio utrum is ad Dominum migraverit vel utrum divina lux ei luceat in humanis». (b) ms palceo Octavum capitulum Percunctanter namque omnes ad domum huius properant, quesituri huncquem omnium Rector in mundo rexerat et eum pro meritis in celorum sublimiatransmiserai, veniuntque ad locellum, in quo vir dei thesaurum suum per pacientie clipeum velut intrepidus debellator congregaverat, et eum ut rosa interspinas redolentem et sicut lilium in tribulis virentem et sicut gemma in sordibusrelucentem comperiunt, cuius odor suavissimus totam patriam iam repleverat.Festinanterque debita cum reverentia, per se semper pulsantibus campanis, huncgloriosum ad ecclesiam deferunt tumulo condendum. O stupor gaudio commixtus! Numquam per se cessare campane quousque defunctorum officio perlecto eiusdem beati viri corpus fuit debite et honorifice tumulatum; tunc tanquamobedientie iugo inmobiles permanserunt subiecte. 23
Nonum capitulum Pluribus iam post hec replicatis diebus, nocte qualibet supra tumulum quatuor luminaria miro modo lucentia intuebantur a pluribus. Nec mirum si luxvisibilis ei preter naturam obtemperat, qui supreme lucifirmiter mixtus utiliterserviebat. Qua grandi re inspecta rectori ecclesie celerius nunciatur. Ipse quidem,quodammodo dubius corde, sese hoc visurum fideliter repromisit ut tante rei affectantius inspiceret veritatem; nocte surgit et vigil tantum misterium perscrutatur. Miratur et ipse et simul qui ei predixerant stupente. Tunc populo nunciatur ignaro huius rei causa. Confestim populus, quasi suam culpam recognoscensarbitrabatur se male egisse eo quod beati viri corpus in peregrinorum sepulturatuxta ecclesiam fabricata non condierant. Disponunt igitur corpus eveilere desepulcro, et illud immittere in peregrinorum sepultura, dumque hoc opere complent subito de novo incipiunt per se pulsari campane; et hunc gloriosum viruminnumeris miraculis coruscantem ad sepulturam peregrinorum traducunt, quivere peregrinus et advena in seculo vixerat. Ad hunc adducuntur ceci et subitoilluminantur, claudis gressum tributi, mortuis vitanda leprosi mundantur, tortuosi eriguntur, et variis vexati langoribus huius sanati viri meritis perfectiusredduntur illesi. Decimum capituium Tunc plurimum prodigiis redolet, lune Domini servus dignosjBwur, iam crescunt opera, et celestia munera hominibus propinantur: iam sydus darei, iam solumbrosis noctibus fulget, iam lilium candet inter sentens, iam virtus aromaticafragrat, et nova miracula in servo suo Rex regum liberaliter operatur. Ad huncmultitudo populi confluit, hunc frequentant diversarum artium homines, nemoredit vacuus, quilibet desiderio suo gaudet impleto. Per hunc demones fugiunt,huius gloriam fatentur tartaree regiones. interea quedam mulier a demonio vexata quae in villa Lidi propins ibidem comorabatur, sicut amens hinc inde vagabat.Contigit eam per locum Brone diutius amendo morari. Cumque una dierum indefrementer transiret, dum prope Beati sepulturam se sentirei proximare, illico e demonipsius cepit ore clamare, dicens; «Hey, heu transire nequeo, nam ille Contardushic sepultus me religatum tenet», Tunc circumstantes plurimi hec audientes,dixerunt: «Transi per aliam viam ex transverso». Quod atentare presumens dumprope Sancii sepulcrum propius accessisset, nullatenus poterai pcrtransire. Tuncomnes qui astabant ceperunt eam sagaciter interogare, quisnam esset hic Contardus quem tantalum formidabat. Tandem nutu divino Sathan eiusdem virivitam, prollem, patriam, et rem gestam per os multeris fere omnibus innota, cepitpredicele, cuius metuens d merita nequibat ulterius pertransire. (e) ms illi [ ... ] (d) ms metuens metuens 24
Undecimum capituium Innotescentibus hiis populo Brone que antea incognita crani, procuraveruntparentibus nuntiare et eins merita pariter affirmare. Cumque de paedicta Estensidomo, quae inter ceteras Ytalicas domos in nobilitate moribus et potentia antiquum in marchionatu Ferarie sceptrum possedit esset ille Beatus oriundus, tactimedulitus amore sanguineo parentes et calori divino intrinsecus precalentes, adsepedictum locum Brone saltem ipsum tumulatum visure venire procuranti aveminus opere complent. Ceterum cum magno apparatu, ut solent mundi principes, Brone cumveniunt. Quibusstatim tumulum ostenditur. Illi autem eundemquasi invisum plangentes, multo tamen in Domino congaudentes, de cuius vitamiraculis premunita, nobile depositum satagunt Ferariam facere transmeari.villicis illis innondi, et subito ut gens indomita occio surgunt, et sicut veri defensores Custodis et Patroni armis et violentia inhibent corpus ibidem transfetart.Subito lux parentum corda celitux illustrava, et ne rumor tantipatris veneranda comercia prepedir et, animo decreverunt in loco quem Sanctus preellegerateiusdem reliquaias quietari. Sed ut decentius corpus eius sic lustratum veneraretur suplicibus precibus postulavere ut idem in ecclesia celeriter translatarent. Annuunt precibus et voto iusto cosentiunt. Plane parentes sumtuosumsepulcrum subteraneum operari iubent in quo venerande reliquie possint debitecelebrari. Mox sarcophago Sancti disposito, denuo campane incipiunt prepulsariper se, usquequo ymnis et canticis eundem cum aromatibus in ecclesia condierunt. Ibi non minus solito fulgent presidia, miracula conferuntur, ibi cantus, ibimelodiosa in Domino solacia inpopulo exercentur. Condito igitur a parentibuscorpore honorifico decore, parentes ecclesie iam diete muneribus preciosis relictisad honorem Sancti etpluribus emtis prediis versus Ferariam iter aripiunt, eostamen illis de Brone maioribus comitantibus usque ad itineris medium et ultroplus, si predictorum procerum nobilitas postulasset. Duodecimum capitulum Remanet ergo tantisprecibus venerabile comercium, eteius tumulum per Ytaliam undique propulsatur. Irruunt quam maximis Longombardorum partes, etLiguria presertim annuatim confluii, et more bidentium ad sepulcrum egri diversis langoribus confluunt, ut Sanctus opituletur eisdem. Tandem sic languentium invaluit multitudo, ut pene se invicem supra tumulum necarent, querentesanime et corporis sospitatem. Videntes ergo ecclesie rectores tantum excidiumpersonarum et periculum mortis orende de proximo imminere, decreverunt Beati corpus supra terram in aere levari, ut frequentantium populorum multitudo vicissitudinibus non opprimeretur. Placuit igitur eis quemdam marmoreumlapidem, qui e alias pro batisterio in ecclesia servabatur, Sancto Dei uteumquedonare, quem vis iuga bobum decem in plaustris post terga traxissent. LibuitDeo ob Sancti merita foris ecclesiae clausis nocte, quatuor dumtaxat sacerdotesin nomine Yehsu et Sancti meriti lapidem tanti ponderis veherent ad locum ubicorpus erat. Et ibidem denuo in lapide exciso de petra in quo nullus fuerat, vesti 25
gia Christi sequens, tumulatus in Domino requiescit. Nuperrimede circunstantibus partibus Sancti reverentiam invalidi perquirentes, subito visotumulo, a langoribus liberabantur. Inter cetera quidam de Laude nobilis et divesfuerat longa ydropisi infirmitate detentus; et audiens civium et populorum adSanctum reverentiam frequentantium, corde compunctus ad Sanctum se intimecommendavit; statimque voto facto Sancti meritis ab infirmitate liber extitit, etex tunc, antequam biberet et comederet, equum consedens Beati tumulum visitavit. (e) ms que Terciumdecimum capitulum Verum nisi gesta Sanctorum miraculose narrarentur, penitus Sanctos esseignoraremus, ac etiam divine gratUgffi&nctis viris concesse modo nullo scirentur. Expedit ergo mira et miracula beati Contardi procedendo nescientibusnunciari, ut eiuspia etmirabilis grada cunctisfidelibus innotescat. Unde quidamBassaninus de ...de Laude, nobilis progenie, et divitiis mundanis opulentus, duma nativitate sua semper mmet pedibus et cruribus deperditus, taliter quod volensgradi semper prò eius iuvamine duobus scabellis ligneis utebatur; tandem audiens infinita miracula Sancti huius a vulgo narrari, eiusdem tumulum deditusvoto presentialiter visitavit; non tamen oblitus quod homines firma credulitaterepleti a Sanctis gratta cohoperante divina misericorditer salvi fiunt. Quo firmiter credito, gressus ipse suos dirigerti scabellos cum sospitate penitus relassavit,videntibus hoc innumerabilibus gentibus manifeste; et quousque vite sue diemclausit extremum semel in anno semper dictum tumulum cum magnis muneribus visitavit. Quartumdecimiim capitulum Dum etiam quedam nobilissima domina Piacentina audiret talia miraculadivulgari, lacrimis et suspiriis commota, ad presentiam SaSmi prelibati firmiter vovit se ducturam quandam eiusfiliam strumosam f et facie post terga versaprospicientem. Cum autem precibus cuiusdam presbiteri Johannis de Raynerio,canonici ecclesie prelibate sancti Petri de Brone, habitantis in Placentia, coramSancto filiam suam presentasset, et etiam simul cumfilia perfectissima devotionesepulcrum ipsius visitasset gratiam sospitatis filie petens; omnibus astantibusmaximum murmur ossium que miraculose dirigebantur puelle notum fuit. Quomurmure ossium completo inmediate sine mora grafia sospitatis filie gavisa est.Merito cuius Sancti et miracula nullus sufficit enumerare, que dietim hominibusdare gloriosu g demonstrat in servo suo Contardo. Cui Deo omnis debetur glorialaus et potestas imperium tribuitur in secula seculorum. Amen. (f) ms strumam (g) ms glorisus Millesimo ducentesimo quadragesimo nono, Inditione septima, die sextadecima mensis Aprilis beatus Contardus decessit. 26
Vita del beato Contardo di Ferrara Traduzione e note di Fabio Gasti (Università di Pavia) Prologo Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Amen! Inizia qui la sto-ria del beato Contardo. Egli — si dice — era ferrarese per nascita e per famiglia: discen-deva dalla stirpe dei Signori di Ferrara 1 e sarebbe andata proprioa lui la signoria della città. Dedito interamente a Dio e non volen-do crearsi ostacoli con il potere sulle cose del mondo, rifiutò finoall’ultimo di assumere appunto la signoria. E, determ inato a recarvisita personalmente al sepolcro di San Giacomo, parti da Ferrara,si mise in cammino e andò, come si vedrà nei capitoli successivi. Nel 1376, nella XIV indizione, il sacerdote don Petrus de Crosnis,arciprete della pieve di San Pietro in Broni, fece scrivere appuntoquesta storia secondo lo schema qui seguito, spinto dalla devozio-ne per le spoglie dello stesso beato Contardo custodite in questachiesa. Al tempo dell’occupazione della città di Broni a opera degliarmati della Chiesa di Roma questa storia andò perduta e fu por-tata via per intero. E poiché l’arciprete riteneva che vita, luogo disepoltura e storia del beato Contardo non possono esser conosciutefacilmente, per questo curò che questa stessa storia fosse ora riscrit-ta nuovamente nel modo che segue. 1. Il beato Contardo, volendo recarsi presso San Giacomo 2 per de-vozione verso Dio e verso il Santo, dopo aver chiesto in umiltà ilpermesso ai familiari e dopo averlo ottenuto (seppur a malincuo-re), si mise in cammino alla volta di San Giacomo con un nutritostuolo di numerosi e venerabili compagni, non senza tuttavia pian-to e ansia nel cuore, dopo aver stretto con essi un saldo e sinceropatto di fedeltà fraterna. 2. Il beato Contardo, proseguendo con umiltà e devozione il cam-mino con i suoi confratelli, pregando, digiunando e piang endo,nonché ripensando in cuor suo al valore della passione del Signoree dell’apostolo Giacomo, attraversando varie regioni, fra fatiche e 27
stenti, sopportando umilmente il giogo dell’obbeedienza, reggen-do virilmente — da vero atleta di Cristo — lo scudo della pazienza,di buon mattino giunse pellegrino con i compagni in terra di Broni.E considerando a fondo, saggio qual era, i disagi e le pene del cam-mino sia per sé che per i compagni, e non volendo che essi venis-sero meno lungo la strada segnata da Dio bensi desideerando —novello Elia 3 — che si rifocillassero, stabili di trattenersi insiemeai compagni li, in terra di Broni, per il resto della giornata e di darristoro sia allo spirito che alla carne debole e stanca. 3. Dunque, poiché il servo del Signore desiderava far fruttare inquel luogo i vantaggi spirituali conseguiti, fino a che tutti non aves-sero dato modo di riposare alle loro misere membra piuttosto pro-vate, salirono insieme su un monte vicino a quel luogo, e non pigra-mente ma con animo ardimentoso per la volontà di andare versola dimora del Signore, onde ricevere — come Mosè — i precettidel Signore. E poiché trovarono bello e rigoglioso il sito, piacevolii territori e i paesi vicini e fuori dall’ordinario la mitezza del clima,con ispirazione profetica egli pregò Dio supplicandolo che, qualorala provvidenza divina avesse decretato per lui la morte nel corsodel viaggio, almeno concedesse la pace del tumulo al suo corpo interra di Broni, già destinata a lui, e nella sua misericordia collocassela sua anima in cielo mostrandosi beneevolo e clemente: preghiereche entrambe meritò di vedere esaudite da Dio poco dopo. Oh, meraviglia! Appena ebbe finito di pronunciare la preghiee-ra, per volontà divina le forze cominciarono ad abbandonarlo, tan-to che dovette — come Paolo a Damasco 4 — essere trasportato infretta giù dal monte sulle spalle dei compagni. Questo monte, dopoil sereno trapasso di lui, grazie alle sue preghiere ottenne di esserechiamato ancor oggi molto di frequente «monte del beato Contar-do». 4. Trasportato che fu il corpo del servo del Signore dai compagni dicammino a Broni, nell’ osteria dove si erano fermati, i confratelli,visto che era vittima di tale malattia, piangendo presero a distenderlo su un letto, affinché potesse trovare un rimedio efficace allasua malattia e concludere felicemente con i compagni il camminoche aveva iniziato. Fatto ciò, per volontà di Dio la malattia prevalseassai acuta e cominciò a essere aggravata da dolori, così che eglinon ingeriva nulla che lo nutrisse e giorno e notte emetteva dal 28
petto gemiti e rantoli. Alla vista di questo i suoi confratelli e compagni, rendendosiconto che la malattia era lunga e pressoché incurabile, per lo zelodi adempiere al voto che avevano pronunciato gli chiesero con ani-mo afflitto il permesso di andarsene. Egli li salutò con volto serenoe, munitosi di un crocifisso, rimase in quel luogo da solo; ed essiproseguirono il cammino iniziato promettendo di fargli visita innome del Signore durante il viaggio di ritorno e di ricondurlo acasa soddisfatti e lieti. 5. Dunque lo opprimevano i dolori e pure lo bruciava l’arsura:l’affanno si aggiungeva all’affanno e il dolore giorno per giornocresceva sul dolore, l’affanno intontiva non poco il poveretto. Ma,da vero Giobbe 5, per nulla abbattuto dall’affanno, per nulla pre-occupato dalla gravità della condizione, sopportava ogni cosa ren-dendo serenamente grazie e, gloriandosi della croce del Sig nore,credeva di non possedere nulla se non Gesù soltanto, per amore delquale portava a sua volta la propria croce. Ma nonostante fosse oppresso da tante sofferenze, l’oste nonIo confortava con carità fraterna; inoltre, a causa del disturbo chequello arrecava, gli altri avventori rifiutavano di trattenersi a menoche quell’uomo di Dio, messo così in croce dal dolore, fosse traspor-tato a casa di qualcun altro: il che avvenne. Ed è così che l’uomo diDio viene condotto alla casa di un povero contadino e fatto giacerequasi in un tugurio, come un agnello che non emette un lamento esopporta tutto con pazienza; e di nuovo fu inutilm ente martoriatoper passare a un altro tugurio di un uomo ancor più povero. 6. Ora, in un giaciglio del genere (era come se giacesse in una man-giatoia), nondimeno con la mente sempre rivolta a Dio, oppressodalla sofferenza della carne, abbandonò il carcere del corpo ed esa-lò la sua anima degna di Dio all’ora nona di un sabato, e terminò lasua vita di grandi stenti presentandosi senza peccato a Dio. Allorafra il generale stupore le campane di quel luogo sacro che è la pievedi Broni, di cui si è detto, senza che fosse intervenuta nessuna cau-sa umana, diedero il segno dell’avvenuta morte dell’uomo. E cosìsi diffuse un tale suono in quel momento preciso che quasi tutti icontadini che erano nei campi all’intorno corsero precipitosamentea casa a Broni con i loro strumenti e gli attrezzi da lavoro, chieden-dosi stupiti quale fosse la causa di ciò che succedeva e cercando di 29
sapere con la massima diligenza perché mai si levasse quel suonodi campane più insistente del solito. Si presentarono infine al Rettore della chiesa menzionata e glidomandarono con la massima insistenza il motivo di quel fattocosì strano. Il Rettore sollecitato da quelli, pensando che nella cellacampanaria si trovassero alcuni giovani insolenti che avevano datoorigine a quel suono per fare uno scherzo, predispose un controllometicoloso così da ispezionare con molta cura fin lassù; l’incarica-to, constatando che li non v’era alcuno, stupito tornò a terra e riferidi non aver trovato nulla di nulla. 7. Dunque la meraviglia insinuava l’inquietudine nell’animo deipresenti li intorno, ma non per questo il suono cessava, e anzi nonpoteva essere fermato da nessuna mano d’uomo. Allora tutti, quasia una sola voce, come profeticamente acclamarono dicendo: «Dav-vero, davvero qualche uomo giusto fra noi oggi ha terminato que-sta vita e ha raggiunto la vetta della gloria dei cieli per regnarein eterno con le schiere dei Santi e degli Angeli: in occasione deltrapasso di costui il Dio della gloria sta compiendo meraviglie inmodo a noi incomprensibile». Pertanto colpiti nell’animo e ansiosiandavano cercando con gran cura questo uomo santo. E ben prestoquell’uomo che lo aveva accolto su uno strato di paglia disse: «Nonso chi sia, un povero pellegrino debole e malato lo ospito già daparecchi giorni nella mia corte, ma ignoro del tutto da dove venga:non so se si sia innalzato a Dio o se la luce divina risplenda per luisulla terra». 8. Tutti allora si recano ansiosi a casa sua per trovarvi colui che ilRe dell’universo aveva prediletto in terra e per i suoi meriti ave-va innalzato nella parte più elevata dei cieli; arrivano dunque aquel piccolo sito in cui l’uomo di Dio aveva raccolto il suo tesorograzie allo scudo della pazienza, come un guerriero senza paura;e lo trovano come una rosa profumata tra le spine, come un gigliorigoglioso tra i rovi, come gemma splendente tra i rifiuti: il suo pro-fumo assai soave già aveva riempito tutto il paese. E subito con la dovuta venerazione tra il suono continuo dellecampane, trasportano quel beato alla chiesa per consegnarlo al se-polcro. O meraviglia mista a letizia! Le campane non cessarono un atti-mo di suonare da sole finché, celebrato l’Ufficio dei Defunti, il cor- 30
po di quel sant’uomo fu tumulato con i dovuti onori: allora, comesottomesse al luogo dell’obbedienza, si fermarono. 9. Passarono parecchi giorni dopo questi fatti, e una notte parecchiepersone scorgevano sul tumulo quattro lumi che risplend evano inmodo mirabile. Né c’è da stupirsi se la luce visibile obbedisce, aldi là delle leggi di natura, a colui che, stabilmente congiunto allamassima luce, si era fatto servo di essa per il bene altrui. Osservatoquesto fatto straordinario, lo riferiscono in gran, fretta al Rettoredella chiesa. Ed egli, per quanto scettico in cuor suo, assicurò chesarebbe andato a vedere di persona; per conos cere fino in fondola verità su un fatto così rilevante, si alza di notte e osserva atten-tamente un mistero tanto grande. Resta sbalordito anch’egli, e in-sieme a lui sono stupiti coloro che glielo avevano preannunziato.Allora lo si annuncia alla popolazione, che non comprendeva lacausa di quel fatto. Subito la popolazione, quasi riconoscendo unapropria colpa, pensava di essersi comportata male per il fatto che ilcorpo del sant’uomo non era stato sepolto nel cimitero dei pellegri-ni situato vicino alla chiesa. Decidono quindi di riesumare il corpodal sepolcro e di tumularlo nel cimitero dei pellegrini, e mentreattendono a quest’opera all’improvviso le campane iniziano nuo-vamente a suonare da sole; trasportano dunque quell’uomo beato,fulgido di innumer evoli miracoli, al cimitero dei pellegrini, lui cheaveva vissuto in questo mondo davvero pellegrino e forestiero.A lui si conducono i ciechi e subito ritrovano la luce, egli dona ilpasso agli zoppi, la vita ai morti, i lebbrosi vengono mondati, glistorpi camminano eretti e coloro che sono afflitti da varie pene ven-gono completamente risanati grazie all’intercessione del sant’uo-mo. 10. Come si sparge l’intenso profumo dei miracoli, allora viene rico-nosciuto come servo del Signore; già si moltiplicano le sue graziee agli uomini vengono dispensati doni celesti; già risplende comestella, rifulge come il sole nelle notti tenebrose, biancheggia come ilgiglio tra i rovi; già l’aroma delle sue virtù è fragrante e il Re dei renella sua misericordia opera miracoli inauditi attraverso il suo ser-vo. A lui si riarsa una massa di popolo, gli recano visita rappresen-tanti di diverse professioni: nessuno se ne va a mani vuote, chiun-que si rallegra per essere stato esaudito nella propria richiesta. Peropera sua fuggono i demoni e le dimore infernali riconoscono lasua gloria. 31
In quel tempo una donna posseduta dal demonio che abitavanegli immediati dintorni, nella tenuta di Lido, come fuori di sé va-gava senza meta. Nella sua pazzia le capitò di trattenersi per qual-che tempo a Broni. E mentre un giorno passava delirando da quel-le parti, il demonio, sentendo di avvicinarsi al sepolcro del Santo,subito iniziò a gridare tramite la bocca di quella dicendo: «Ahimè!Ahimè! Non posso andare oltre, perché mi domina e mi trattiene ilgrande Contardo che è qui sepolto!». Allora le numerose personeche assistevano e che avevano ascoltato ciò consigliarono: «Passaper una strada diversa, fa’ il giro!». Tentò di farlo ma, poiché si eraavvicinata troppo al sepolcro del Santo, non c’era verso che potes-se passare oltre. Allora tutti i presenti iniziarono a chiederle concuriosità chi mai fosse questo Contardo di cui aveva tanta paura. Finalmente per volontà divina Satana iniziò a svelare per boccadella donna la vita di quell’uomo, la sua stirpe, la patria e le opere,particolari ignoti praticamente a tutti: e non poteva passare oltreperché temeva le sue virtù. 11. Quando la popolazione di Broni venne a conoscenza di questenotizie che prima ignorava, ci si diede da fare per informare i fa-miliari e nel contempo per testimoniare le sue virtù. E dato cheil Santo discendeva dalla menzionata casa d’Este, che fra le altrecasate nobiliari italiane regge lo scettro antico per nobiltà e potenzanel marchesato di Ferrara 6, i familiari, toccati sul vivo dal vincoloaffettivo del sangue nonché infiammati nell’animo dal calore pro-veniente da Dio, fanno in modo di recarsi in terra di Broni, più vol-te nominata, almeno per vederlo nel sepolcro, e in breve compionoil viaggio. Allora giungono a Broni in gran pompa, come di solito fannoi re di questo mondo, e sùbito viene mostrato loro il sepolcro. Edessi piangendolo perché non l’avevano più rivisto e tuttavia ralle-grandosi molto nel Signore per la sua vita colma di grazia, fanno ditutto per traslare a Ferrara l’augusto deposito. Gli abitanti di Bronilo vennero a sapere: immed iatamente, come una folla indomabile,insorgono pronti e, da veri paladini del loro custode e patrono, conle armi e con la forza impediscono che il corpo venga rimosso da li.Subito una luce dal cielo rischiarò il cuore dei familiari e, affinchéun tumulto non turbasse la devota traslazione di un tanto grandepatrono, decisero in cuor loro che nel luogo che il Santo aveva scel-to, li i suoi resti mortali dovevano riposare in pace. Ma, affinché ilsuo corpo così visitato fosse venerato in modo più decoroso, chie- 32
sero con supplichevoli preghiere che lo traslassero quanto primaalla chiesa. Acconsentono alle preghiere e danno soddisfazione allagiusta richiesta. Solennemente i familiari dispongono che si costru-isca un sontuoso sepolcro sotterraneo, in cui le venerande reliquiepossano debitamente essere onorate. Non appena viene appronta-to il sarcofago del Santo, ancora le campane iniziano a suonare dasole, finché, fra inni e cantici, lo tumularono con essenze profumatenella chiesa. Li non meno del solito rifulgono le sue grazie, vengono operatimiracoli; li s’innalzano canti, li la popolazione innalza melodioselodi al Signore. Tumulato dunque a cura dei genitori il corpo con solennità e de-coro, i familiari, dopo aver lasciato alla menzionata chiesa preziosidoni in onore del Santo e dopo aver creato un consistente bene-ficio fondiario, si mettono in viaggio alla volta di Ferrara: tutta-via i maggiorenti di Broni li accompagnano fino a metà percorso,e avrebbero proseguito con loro se solo l’avessero richiesto quellenobili personalità. 12. Continua dunque fra tanto grandi preghiere il devoto ricorso alSanto e la fama del suo sepolcro si spande ovunque in Italia. Accor-re gente innanzitutto da ogni parte della Lombardia e annua lmentene affluisce soprattutto dalla Liguria, e al sepolcro come un greggeaffluiscono persone afflitte da varie infermità per essere aiutate dalSanto. Insomma, crebbe tanto la folla degli ammalati che quasi si ucci-devano l’un l’altro sopra il sepolcro nel cercare la guarigione dell’a-nima e del corpo. Il Rettore della chiesa allora, vedendo che tantepersone potevano farsi male cadendo e che incombeva continua-mente il pericolo di una fine orribile, stabilirono di collocare in alto,staccato da terra, il corpo del Beato, affinché alla folla delle perso-ne che lo visitavano non capitasse una qualche disgrazia. Quindipiacque loro di donare al Santo di Dio un avello di marmo che eraconservato nella chiesa per altro uso, come battistero: a stento diecipaia di buoi l’avrebbero trascinato su carri alle loro spalle; Dio vol-le che, in grazia dei meriti del santo, di notte, chiuse le porte dellachiesa, soltanto quattro Sacerdoti, nel nome di Gesù e per i meritidel Santo, trasportassero un avello di quel peso al luogo dove sitrovava il corpo. E li, nuovamente tumulato in un avello tagliatonella pietra che non aveva ancora accolto il corpo di nessuno (esegue in questo le orme di Cristo 7), riposa nel Signore. 33
Negli anni addietro, gli invalidi provenienti dai dintorni alloscopo di rendere onore al Santo, non appena vedevano il sepolcro,venivano liberati dalle loro sofferenze. Tra gli altri episodi, un taledi Lodi, nobile e ricco, era da lungo tempo affetto da idropisia; evenuto a conoscenza della devozione di cittadini e di popoli nelvisitare il Santo, contrito nel cuore si affidò di tutto animo al santo:e non appena pronunciato il voto, in grazi dei meriti del sant risul-tò liberato dalla sua malattia. E allora, prima di bere o mangiare,saliva a cavallo e rendeva visita al sepolcro del santo. 13. In verità se non si raccontassero i lutti compiuti miracolosamente dai Santi, ignoreremmo del tutto clic i Santi esistono, e anchele grazie divine concesse agli uomini santi non si conos cerebberoin alcun modo. Proseguendo conviene dunque rivelare a chi nonli conosce le meraviglie e i miracoli del beato Contardo, affinché sidiffonda tra i fedeli la conoscenza della sua grazia pia e mirabile. Un tale Bassanino... di Lodi, nobile di famiglia e ricco dei beniterroni, l’in dalla nascila era sempre stato paralitico nei piedi e noIle gambo, al punto elio se voleva camminare si serviva sempre didue grucce di legno per aiutarsi; finalmente, sentendo la gente par-lare dei numerosissimi miracoli di questo Santo, pronunciò un votoe si recò personalmente visita al sepolcro, senza tuttavia dimentica-re che gli uomini pieni di lede e costanti in essa vengono dai Santisalvali por l’azione misericordiosa della grazia divina. Ben risolutonel credere ciò, egli tornò a dirigere i propri passi e, riavuta la sa-lute, abbandonò del tutto le grucce apertamente, davanti a mol-tissime persone che avevano assistito a tutto. E finché non arrivòall’ultimo giorno di vita, una volta all’anno per sempre si recava invisita al menzionato sepolcro portando grandi doni. 14. Anche una nobilissima signora di Piacenza, poiché sentiva par-lare di miracoli di tal genere, con lacrime e sospiri di commozionepronunciò il risoluto voto di condurre alla presenza del menzio-nato Santo una sua figlia affetta da scrofola che aveva il volto ri-volto dietro le spalle. Portò quindi la figlia davanti al Santo, graziealle preghiere di tal sacerdote Giovanni Rainerio, canonico dellamenzionata chiesa di San Pietro in Broni e abitante a Piacenza, einoltre insieme alla figlia visitò il sepolcro nella più completa de-vozione chiedendo la guarigione per la figlia stessa: tutti i presentiavvertirono il gran scricchiolio delle ossa della ragazza che mira- 34
colosamente si raddrizzavano e, cessato tale scricchiolio delle ossa,immediatamente e senza indugio potè rallegrarsi per aver ottenutoalla figlia la grazia della guarigione. Nessuno potrebbe elencare le grazie di questo Santo e i mirac oliche di giorno in giorno Dio glorioso mostra chiaramente nel suoservo Contardo. A Lui si deve ogni gloria, lode e potenza, e a Lui siriconosce l’impero nei secoli dei secoli. Amen! Il beato Contardo mori il 16 aprile del 1249, nella VII indiz ione. Note ( l ) Il termine è utilizzato in senso generico, in quanto agli appartenenti dellaCasa d’Este non spettava ancora, di fatto, all’epoca il titolo di Signore. (M. Baldi) (2) Si tratta della presunta tomba dell’apostolo miracolosamente scoperta, se-condo la tradizione, agli inizi del sec. IX in Spagna: su di essa presto nacque ilsantuario e poi la città di Santiago de Compostela, divenuta dal sec. XI una dellemete preferite dai pellegrini; (3) Il riferimento al profeta Elia ricorre nella letteratura agiografica e patristicacome esempio dello scrupolo di Dio nei confronti dei suoi figli devoti. Infatti Eliain tempo di siccità viene sfamato dai corvi e dissetato nel torrente Kerith (1 Reg.17, 5-6), dalla vedova di Sarepta, cui miracolosamente assicura a sua volta il cibo(1 Reg. 17,10-16), dall’angelo di Jahvé nel deserto sulla strada per l’Oreb (1 Reg.19, 4-8). (4) Cf. gli Atti degli Apostoli, 9, 8:”...E Saulo si alzò da terra e, aperti gli occhi, nonvedeva nulla. Guidandolo allora per mano, lo condussero a Damasco..”. (5) La figura biblica di Giobbe (in ebraico Jiob, cioè il perseguitato) è divenutaproverbiale perché rappresenta l’eterno problema del dolore umano e della retri-buzione divina; nonostante le prove cui il principio del male lo costringe (stragedel bestiame, dei servi, piaghe corporali), Giobbe perseverava nella riconoscen-za e nella fiducia in Jahvé, e al termine sarà premiato. (6) L’espressione è imprecisa: gli Estensi erano marchesi d’Este e d’Ancona,ma Ferrara all’epoca non era marchesato. (M. Baldi) (7) Cf. il Vangelo di Luca, 23, 52-53: “...Si presentò a Pilato e chiese il corpo diGesù. E levatolo, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in un sepolcro scavato nella roccia,nel quale nessuno mai era stato deposto...”. 35
Note di Luciano Chiappini alla Vita beati Contardi Ferariensis nella versione latina degli Acta Sanctorum Aprilis dei Bollandisti Henschenio e Papebrochio Scrive il Chiappini, nella sua Realtà e leggenda di S. Contardo: “... La storia sarebbe stata compilata nel 1376 a cura di Pietro Crosni,arciprete di S. Pietro di Broni, il quale l’avrebbe fatta riscrivere e rinnovare - in hac forma scribifecit- et tempore captionis lociBrone - ipsamhistoriam adhuc rescribi et renovari fecit, in hunc modum videlicet- qualche tempo dopo. La redazione del 1376 fu la prima e sostanzialmente rappresentò il testo originale da cui fu tratta la seconda, la quale potèpresentare qualche variazione - renovari -, chiaramente riscontrabili neiprimi due capitoli. A differenza degli altri essi incominciano infatti conun - quomodo -, segno evidente, a mio parere, di un riassunto della redazione precedente, determ inato forse o dal minore interesse rappresentatoper i bronesi dai fatti di Casa d’Este, di cui dovevano certamente parlare,o dal desiderio di sorvolare su dati storici, che potessero venire con unacerta facilita confutati. La prova sta nella reticente espressione del prologo- qui natione et prole dicitur fuisse de Ferrarla, et de stirpe Domi-norum Ferrariensium descendisse -, in contrasto con le citazioni piùsicure della storia, e nell’espressione - de praedicta Estensis domo -,che non trova riscontro alcuno nei capitoli precedenti così come sono nellaredazione da noi posseduta; la quale, dati i molteplici errori affioranti neltesto, potrebbe rappresentare una copia della seconda redazione, di manoforse di un copista forestiero poco pratico dei luoghi (vi si scrive - VillaLidi - anziché - Villa Liri -, borgata vicina a Broni). Dunque il codiceda noi posseduto e copia un po’variata (o forse trascrizione della copia) diun manoscritto risalente a qualche anno prima e contenente il raccontodi circa un secolo e più addietro. Se si pensa alla deformazione delle notizie, specialmente quando vengono tramandate dalla pietà popolare, ed allaproblematicità di alcune situazioni della storia ... (gli Estensi vengono aBroni per piangere sulla tomba del figlio, poi non si fanno più vedere; il 16aprile 1249, presunta data della morte del Santo, cadeva in venerdi e nonin sabato come vuole il testo; ecc), non si può prestare fede cieca ai varidettegli della storia e mi pare fuori posto discutere sull’interpretazione piùo meno appropriata di certe parole o di certe espressioni (ad es., parentes,significa, genitori o parenti ?). La storia va accettata nel suo complesso, ma con beneficio di inventarioper i particolari...”. 36
Il Chiappini, nella trascrizione ha le seguenti discordanze, ri-spetto al testo dei Bollandisti. -al Capitolo quinto:se in cruce dominica gtorians. Cambia in se in cruce dominici- giorians. -al Capitolo sesto:campane plebis edis sacre. Cambia in campane plebis edis sacrare. -al Capitolo ottavo:Festinanterque debita cum reverentia. Cambia in Festinanrer debite cumreverentia -al Capitolo decimo;iam sydus claret iam sol umbrosis noctibuts fulget, iam lilium candet inter sentes, iam virtus aromatica fragrat, et nova miracula in servo suo rexregum liberaliter operatur. Cambia in iam virtus aromatica fragrat, etnova miracula in servo suo rex regum liberaliter operatur. -al Capitolo undicesimo:parentum corda ceiitus. Cambia in parentum corde ceiiius. -al Capitolo quattordicesimo;die sextadecima mensis Aprilis beatus Contardus decessit. Cambia in diesextadecima Aprilis beatus Contardus decessit. Note biografiche Chiappini, Luciano, nato a Ferrara 1922: giornalista. Collaboratore dell’Av-venire d’Italia e Avvenire Padano: autore di voll. storici. Pubbl. : Realtà e leggendadi S. Contardo, AB.: Via Madama 31, Ferrara. Da Pan orama Biografico degli Italianid’Oggi a cura di Gennaro Vaccaro, Vol. I. Roma, 1956. 37
Nuove annotazioni alla Vita beati Contardi Ferariensis Il Codice (Codice bronese) nel Prologo riporta: - Qui natione et prolle dicitur fuisse de Ferraria - (tutta la Storia ha rimandi a questo primo concetto) Confermando la nostra ipotesi biografica (cfr. Introduzione), ri-sulterebbe plausibile una spiegazione data dai compagni di viag-gio di Contardo, immediatamente dopo la morte, o dopo il ritornoda Compostella; in quell’occasione l’espressione:« Era di Ferrara,ed apparteneva alla stirpe degli Estensi» concorderebbe con quanto èemerso nelle nostre ricerche e col contenuto del Codice bronese,aderente alla realtà e privo di forzature. È chiaro che l’avviso aifamiliari dell’accaduto, ossia della Sua fine edificante, è stato datodai compagni, una volta ritornati a Ferrara - anche senza la leg-genda della spiritata di Villa Lidi - Nella parte centrale della Storiapoi - quando giunsero a Broni i familiari di Contardo - scelserodi tacere sulla questione, come risulta dal testo del Codice, che nonaggiunge altro. Quindi si dice non meritava conferme. - Et de stirpe dominorum Ferariensium descindisse et ad eumFerariensis dominatio precipue spectabat - Già dal 1208 l’avo di Contardo, Azzo VI d’Este, era stato elettodal popolo Ferrarese Signore perpetuo - nonché marchese d’Este ed’Ancona 1 -. Anche Aldovrandino I d’Este, in una Allocuzione diInnocenzo III Papa 2, nel 1214 figura come marchese d’Este e d’An-cona. Al capitolo I troviamo: - iter aripuit versus sanctum Jacobum cumplurium sociorumet venerabilum copiosa moltitudine - È il Ciarlini (op. cit. p. 34) che corregge a modo suo (forse su sug-gerimento del Campi) il Codice e stabilisce che i compagni di viag-gio erano due (correzione che finora è stata recepita per buona). Al capitolo III troviamo: - ad montem ibidem propinquum - In Broni a quei tempi il sentiero col quale si raggiungeva la cima 38
del monte saliva dalla attuale Via Recoaro 3. Per la medesima Via siraggiungeva anche il vicino castello dei Gabbi, nobile famiglia pa-vese, forse già da allora patroni dell’Ospitale S. Biagio 4, che risul-tava in seguito prospiciente all’imbocco di questa, a cinquecentometri circa dalle porte della “Terra di Broni” verso Piacenza. Que-sto Ospitale potrebbe anche essere il motivo per cui la comitiva diContardo si fermò proprio in Broni. Il Bascapè scrive a proposito di un ipotetico Ospitale dei Romei 5:“... La Historia Beati Contardi c’informa che esisteva a Broni una sepoltura peregrinorum, cioè un cimitero speciale come a Voghera ed altrove- o meglio una sezione del cimitero comune, sul sagrato della chiesa ... SeBroni era dotata d’un cimitero pei romei, a più forte ragione doveva avereun ospizio o ricovero pel pernottamento e per la cura dei pii viaggiatori, iquali, come è noto, percorrevano in media venti o venticinque chilometrial giorno. La distanza da Broni a Voghera - che, coi suoi dieci ospizi, erauna delle grandi tappe della Via Romea corrisponde appunto ad una giornata di viaggio ...”. - a sociorum scapulis de monte breviter baiulari -,Se è fondata la supposizione del Bascapè, e l’Ospitale patrocinatodai Gabbi dedicato a S. Biagio già esisteva, Contardo non venneportato in Broni, ma, come abbiamo detto in precedenza, alle portedel Borgo, secondo una nuova interpretazione delle varie trasla-zioni.Al capitolo IV i confratelli abbandonano Contardo con il propositoche al ritorno lo avrebbero raccolto e portato alla sua terra: - confratres..., videntes longam infirmitatem..., ab eolicentiam... petierunt..., promittentes in remeatu ipsum in domino visi-tare, et eumdem ad lares proprios prospere et feliciter traducere 6 - Nella narrazione il ritorno dei compagni è omesso 7, e pare in-comprensibile data per scontata l’appartenenza di Contardo allaCasa d’Este. È evidente che poi ripassando per Broni, apprendendoi fatti prodigiosi capitati dopo la morte ne svelassero l’identità,portando a conoscenza dei parenti la fine edificante di Contardo.Questa pare la conclusione più logica della storia, e considerandole date indicate dovrebbe essere avvenuta nell’autunno dell’anno1249. 53 39
Al capitolo X troviamo: - vexata in villa lidi ... inde vagabat -A proposito della donna che riconosce l’identità di Contardo, alcu-ni autori vedono in Villa Lidi Villa Lirio, una frazione di MontaltoPavese, che però dista da Broni circa sette chilometri. Può essereche a quei tempi esistesse una tenuta chiamata Lidi, di cui oggi siè persa l’ubicazione; infatti anche l’arciprete di Broni, Rocco Anto-nio Rocchetta, nel 1624 nella sua copia del Codice bronese trascriveVilla Lidi. Al capitolo XI: - in marchionato Ferarie -Lo scambio tra Ferrara ed Este pare un errore plausibile del Cro-snis, come nel Prologo, quando detta “... et de stirpe dominorumFerariensium descendisse ...” infatti all’epoca della compilazionedel Codice, gli Estensi erano ormai, oltre che Marchesi d’Este e An-cona, anche Signori di Ferrara, Modena e Reggio 8. Nel medesimo capitolo: - tacti medullitus amore sanguìneo parentes -L unica parola in tutto il testo, con una abrasione sottos tante, che sipresenta in seguito riscritta correttamente è parentes 9. Particolarequesto che indica con quale attenzione sia stata inserita nel Codice. I familiari dovrebbero essere giunti a Broni nell’anno 1250, rap-presentati dalla madre di Contardo 10 ma di questo si dubita,il nipote Stefano d’Ungheria (nato 1234 morto nel 1270), figlio diBeatrice III d’Este (morto nel 1239), pare il più probabile. Così anche dove si legge: - Allora giunsero a Broni [i fam iliari]in gran pompa, come di solito fanno i re - lo conferm erebbe questainterpretazione, in quanto Stefano era Principe Reale. In seguito anche Azzo VII d’Este (morto nel 1264), potrebbe es-sere giunto in visita a Broni, ma almeno dieci anni dopo la mortedi Contardo, poiché nel 1249 Ezzelino da Romano occupava Estee l’anno seguente anche la località fortificata di Calaone, e per gliEstensi si ristabiliva la pace soltanto nel 1259, con la morte del ti-ranno 11. 40
Note (1) L. Muratori, Delle Antichità Estensi ed Italiane, T. I, p. 389. (2) L. Muratori, op. cit., T. I, p. 417. (3) La strada per raggiungere direttamente dal Monte il borgo di Broni, fucostruita probabilmente in epoca più tarda. (4) A. Cerioli, L’Eco di S. Contardo, novembre dic. ,1908, p. 5: ”... Elenco degli Arcipreti della chiesa plebana (ecclesia plebis) e Collegiata di S. Pietro Apostolo diBroni. (1274) Riccardo Gabbo (Pergamena nell’archivio delle Monache del Monastero di S. Maria della caccia (deposit. in arch. notarile pavese) I nobili Gabbi fondatori(fondatori non pare esatto) del castello di Montué (Monf Acutello de’ Gabbi) eranopadroni dell’Ospitale e relativa chiesa di S. Biagio, alle porte del Borgo di Broni...”. (5) G. Bascapè, S. Contardo pellegrino, p. 12. (6) G. Bascapè, op. cit., p. 25, nota 2:”...Racconta Jacopo da Voragine, come erauso, che i compagni non abbandonassero gli ammalati, durante il viaggio a S. Giacomo almeno uno sì fermava a soccorrere l’ammalato...”. (7) Sostituito dall’aneddoto dell’ossessa di Villa Lidi. (8) L. Muratori, op. cit., T. II, p. 76:”...Investitura di Stati conceduta da Lodovico il Bavaro re dei Romani ai marchesi d’Este Rinaldo II d’Este, Obizzo III d’Este eNiccolò I d’Este nell’anno 1324 ...”. (9) P. De Crosnis, op. cit., XI. Cap., p. 8, II. col., riga 27. (10) È tramandato oralmente tra la gente di Broni l’aneddoto che ricordala visita della madre alle spoglie di Contardo, la quale si sarebbe rivolta alfiglio chiedendo di dare un segno della propria identità e, sempre secondola leggenda, il Santo alzò un braccio verso di lei, braccio che poi conservò lamadre. Ma pare una delle tante leggende costruite dal popolo, poiché il Capodi Contardo, se nel XIX secolo era ancora incorrotto, lo era maggiormentedopo un anno dalla sepoltura, e riconoscibile dalla madre. (11) L. Muratori, op. cit., T. II, p. 9 e 13. 41
Missa Beati Contardi (Messa votiva del Beato Contardo contenuta nel Codice del Crosnis) Trascrizione di Fabio Gasti Incipit Missa beati Contardi Gaudeamus omnes in Domino diem sestum celebrantes sub honore beati Contardi, de cuius solemnitate gaudent Angeli et colaudant Filium Dei. Ps. Noli emulari in malignantibus neque zelaveris facientes iniquitatem. V. Gloria Patri et Filio, etc. Alius introitus. Require in Missa sancti Antonii. s. Os iusti meditabitur sapientiam et lingua eius loquetur iudicium. Lex Deieius in corpore ispsius. Ps. Inveni David servum meum, olleo sancto meo unxi eum. V. Gloria Patri, etc. Adesto, quesumus, pro beati Contardi Domine precibus nostris quas in beatiContardi confessoris tui commemoratione deferemus, ut, qui nostre iusticie fiduciam non habemus, eius qui tibi te placuit precibus et meritis adiuvemur. PerDominum. Comemoratio sancti Petri. Oratio Deus, cuius dextera beatum Petrum ambulantem influctibus ne mergereturerexit, et quo Apostolum eius Paulum tercio naufragantem de profundo pellagiliberavit, exaudi nos propicius et concede ut amborum meritis eternitatis gloriam consequamur. Per Dominum. Oratio sancti Antonii Deus, qui cecis obtentu beati Antonii confessoris tui morbidum ignem extinguisti et membris egris refrigeria prestìtisti, fac nos propicius ispsius meritis aGehenne incendii liberatos integros mente et corpore tibi feliciter in gloria presentari. Per Dominum. Lectio libri Sapientie Dedit Dominus confessionem Sancto suo et Excelso in verbo glorie, de omnicorde suo laudavit Dominum et dillexit Eum qui fecit illuni et dedit illi contrainimicos potentiam, et stare fecit cantores contra altare et in sono eorum dulces fecit modullos. Et dedit in celebrationibus decus et ornavit tempora usquead consumationem vite, ut laudarent nomen sanctum Domini et amplificarentmane Dei sanctitatem. Christus purgavit peccata ipsius et exaltavit in eternumcornu eius. Et dedit illi testamentum regum et sedem glorie in Israel. Sapientialaudabit animam suam et in Domino honorificabitur, et in ecclesiis Altissimiapperiet os suum et in conspectu virtutis illius gloriabitur. Et in medio populisui laudabitur et in plenitudine Sancti admirabltur et in multitudine ellectorumhabebit laudem et inter benedictos benedicetur. 42
[Graduale] R. Domine prevenisti eum in benedictione dulcedinis, posuisti in capite eiuscoronam de lapide precioso. V. Vitam peciit a Te, tribuisti eì longitudinem dierum in seculum seculi. Alleluia. Desiderium anime eius tribuisti ei, et voluntate a labiorum eius nonfraudasti eum Domine. Alleluia. (a) ms voluntatem Secundum Matheum In ilio tempore dixit Yesus discipulis suis verba hec: Qui vos audit me audit etqui vos spernit me spernit. Qui autem me spernit, spernìt eum qui me misit. Reversi sunt autem septuaginta duo eum gaudio dicentes: Domine, etiam demoniosubiciuntur nobis in nomine tuo. Et alt illis: Videbam sathanam sicut fulgur decelo cadentem. Ecce dedì vobis potestatem calcandi supra serpentes et scorpioneset supra omnem virtutem inimici, et nichil vobis nocebit. Verumtamen nolitegaudere in hoc, quia spiritus vobis subiciuntur, gaudete autem quod nominavestra scripta sunt in celis. Offerenda Inveni David servum meum et alleo sancto meo unxi eum, manus eius meaauxiliabitur ei et brachium meum confortabit eum. Secreta Propiciare, quesumus, Domine supplicantibus nostris et intercedente pro nobis beato Contardo confessore tuo his sacramentis celestibus servientes ab omniculpa liberos esse concede, ut purificante nos gratia tua hisdem quibus famulamur misteriis emundemur. Per Dominum. Offerimus tibi Domine preces et munera, que ut tuo sint digna conspectuApostolorum tuorum, quesumus, precibus adiuvemur. Per Dominum. Sacrificium nostrum, quesumus, Domine benignus intende, quod sicut beatiAntonii precibus cruciatus temporales sanare non desimus, ira eum ab eternismisericorditer impetremus. Per Dominum. Communio Beatus servus quem eum venerit dominus eius invenerit vigilantem. Amendico vobis super omnia bona sua constituet eum. Postcommunio Omnipotens sempiterne Deus, cui cuncta famulantur elementa, exaudì propicius oracionem nostram et intercedente pro nobis beato Contardo confessoretuo tribue nobis misericordiam tuam, ut quecumque precipis ut agamus Ipseadiuva ut implere possimus. Per Dominum. Alia Postcommunio Protege Domine populum tuum et Apostolorum tuorum patrocinio confidentem perpetua deffensione conserva. Per Dominum. Alia Postcommunio Prosit nobis ad salutem Domine sacri muneris oblatio, per quam beati Antonii confessoris tui fulti suffragio ipsius omnia tella nequissimi ignea extringentes Sanctorum consorcio mereamur adiungi. Per Dominum nostrum. 43
Missa Beati Contardi (Messa votiva del Beato Contardo contenuta nel Codice del Crosnis, studio liturgico del teologo Don Mario Lecchi Arciprete di Broni) Pubblicato in L’Eco di S. Contardo nel VII centenario di S. Contardo (1916). “... Una delle prove più belle dell’antichità del culto che Broni presta al suoceleste Patrono S. Contardo l’abbiamo in un manoscritto assai prezioso del XIVsecolo, conservato gelosamente nel nostro Archivio Parr.le ove tra l’altro troviamo la Messa propria che in quel tempo già si celebrava in onore del Santo. Questa Messa presenta delle particolarità tutte speciali. Vi sono due Introiti,e se ne lascia all’arbitrio del celebrente la scelta. Il primo è il noto introito divarie feste delle Madonna e di altri Santi che incomincia Gaudemus omnes inDomino: il secondo come dice lo stesso manoscritto, trovasi nella Messa di S.Antonio, ed e il comune dei Confessori non Pontefici e degli Abbati, tratto dalSalmo 36, che incomincia colle parole: Os justi. In questo secondo troviamo una diversità dal sacro testo, dovuta, cred iamo, aderrore più ortografico che altro dello scrittore. Infatti il testo dice: Lex Dei eiusin corde ipsius: qui invece troviamo: in corpore ipsius. V’è poi una seconda diversità ben più importante. Nella Messa [Os justi]per i Confessori non Pontefici e per gli Abbati troviamo sempre dopo l’introitoil versetto: Noli emulari che viene tratto dallo stesso salmo 36: qui invece abbiamo il versetto: Inveni David tolto dal Salmo 88, che liturgicamente si trovaall’Offertorio della Messa dei Confessori Pontifici. In questa Messa poi troviamoassociati a S. Contardo anche S. Pietro apostolo e Santo Antonio abbate, perchédi questi due Santi e prescritta la commemorazione con gli opportuni Oremus.Perché vengono uniti questi due Santi al nostro Patrono? Per la Messa di cui cioccupiamo non è fissato il giorno della celebrazione, dicendo il manoscritto semplicemente Incipit Missa Beati Contardi : non possiamo perciò dire quando aBroni si celebrasse, se in Aprile nel giorno della commemorazione della solennetraslazione, oppure in altro tempo, ad ogni modo non sappiamo come ci potesseroentrare i due Santi nella Messa di S. Contardo non cadendo la sua festa in giornigià ad essi sacri. Può darsi che chi ha composto questa Messa, con o senza l’approvazione superiore, sia stato o uno dei Parroci di Broni od un Sacerdote qualunque a ciòincaricato, il quale abbia voluto unire a S. Contardo il cui culto andava alloraingigantendo di giorno in giorno, S. Pietro ap. che di Broni è il titolare, essendola Collegiata a lui dedicata, e S. Antonio del quale qui è antichissimo il culto,come ne fanno prova non pochi documenti ed un altare a lui innalzato, culto checontinua tuttora e richiama quasi l’intera popolazione attorno alla sua statua,ogni anno il 17 Gennaio (giugno 1916, p. 327). Gli Oremus 44
Ogni Messa porta con se per lo meno tre Oremus, di cui il primo precedeimmediatamente la lettura dell’Epistola o del tratto scritturale che ne fa le veci:l’altro detto più propriamente (segreta], segue l’offertorio e l’ultimo vien letto dalSacerdote dopo la Comunione e chiamasi perciò liturgicamente. Postcommunio. Nella Messa del nostro Santo il primo Oremus non è proprio ma vien trattodalla Messa comune ai Confessori non Pontefici ed è il seguente: «Sii tu presente, o Signore, alle nostre suppliche, che ti innalziamo interponendo l’interceccione del tuo Confessore S. Contardo, affinché noi che abbiamofiducia nella nostra giustizia, possiamo essere aiutati dalle preghiere di Colui cheti fa tanto caro» Gli altri due sono proprii, cioè non appartengono all ‘ufficiatura di altri santi,ma vennero fatti espressamente per il nostro Santo. La Segreta è questa: «Placati o Signore, te ne scongiuriamo per le nostre preghiere, ed intercedendo per noi S. Contardo, tuo Confessore, usando noi di questisacramenti celesti, concedici di essere liberi da ogni colpa onde, purificandoci latua grazia, possiamo essere resi sempre più mondi da questi misteri ai quali serviamo» Il Postcommunio poi è il seguente: «O Dio onnipotente e sempr’eterno, al quale servono tutte le cose, esaudiscile nostre preghiere e per l’intercessione del tuo Confessore S. Contardo concedicila tua misericordia affinchè col tuo aiuto possiamo fare sempre tutto ciò che tucomandi .» Queste le preghiere che in nome di tutti i fedeli faceva il Sacredote nell’anticaMessa del nostro Santo Patrono, preghiere che vorremmo fossero bene appresedai nostri lettori perché efficacissime per ottenere grazia presso il trono dell’Altissimo (agosto 1916, p. 340). L’Epistola ed il Graduale Dopo la traduzione degli Oremus, passiamo a dare quella delle altre partiliturgiche di questa Messa. E cominciamo da quella detta comunemente Epistolaperché tratta per lo più dalle lettere degli Apostoli. In questa Messa invece secondo quanto è scritto nella Messa stessa il tratto scritturale sarebbe preso dal librodella Sapienza. Incomincia infatti così: « Lectio libri Sapientiae.» Viceversa poi è preso dal libro dell’Ecclesias tico chei Greci chiamano il libro della Sapienza di Sirach per distinguerlo da quellodella Sapienza di Salomone, ed è preso precisamente dal capo XLVII ed è ilpanegirico che l’inspirato scrittore fa del re Davide. Tradotto nel nostro idioma suona così: «In tutte le sue azioni egli diede gloria al Santo e all ‘Eccelso con parole disomma lode. Con tutto il cuore celebrò il Signore, ed amò il suo Creatore, il qualelo aveva fatto forte contro i nemici. Egli collocò dinanzi all’altare i cantori, e ailoro canti diede dolce armonia. Aggiunse maestà alla celebrezione della solennità,e sino alla fine della sua vita, diede ornamento ai tempi (sacri), facendo che silodasse il nome santo del Signore, e di gran mattino, si celebrasse la santità diDio. Il Signore lo purificò da’suoi peccati, ed esaltò in eterno la sua potenza e a 45
lui confermò il patto del regno e il seggio di gloria in Israele». A dire la verità, questo bellissimo panegirico del re David mi pare molto pocoappropriato per S. Contardo e sarebbe stato meglio scegliere altro tratto in cui simettessero più in avidenza la sua particolare virtù, come il disprezzo delle coseterrene, l’amore alla mortificazioni ecc. Può darsi che chi ha composto questaMessa in onore del nostro Santo, si sia senz’altro servito di altra Messa già inuso per altro Santo o che non sia andato tanto pel sottile trattandosi di cosa cheha già la bellezza di sei secoli. Graduale. Dopo l’Epistola, nella massima parte dell’anno, v’è il Graduale. Commossidalla ascoltata parola di Dio, tutta satura di altissimi sensi, pieni di cuore delleinspirazioni della Spirito Santo, i primitivi fedeli, mentre il Diacono ascendevai gradini del pulpito per cantarvi il Vangelo (di qui forse il nome di graduale),davano sfogo per alcun tempo alla compunzione dell’animo. Erano accenti dimeraviglia o di gaudio, o erano espressioni di dolore, o un plauso alla virtù chesi commemorava allora ricordando la vita del santo festeggiato, tratti dalla sacrascritturae più generalmente da qualche salmo di cui ripetevansi due versetti seguiti da due alleluja, e da altro versetto. Nella nostra Messa abbiamo pure il Graduale ricavato dal Salmo XX. Nediamo qui la traduzione che come l’altra dell ‘Epistola è di Mons. Martini:«O Signore, tu lo hai prevenuto colle benedizioni di tua bontà, hai posta a luisulla testa una corona di pietre preziose. Egli domandò a te la vita, e tu gli haidato lunghezza di giorni pei secoli ed in sempiterno. Alleluja, Alleluja. Tu haiadempiuti i desideri dell’anima sua e non hai renduti vani i voti delle sue labbra». I due primi versetti sono proprii della Messa degli Abbati: l’ultimo si trovapure in questa, ma all’offertorio. Questo Graduale conviene in ogni sìngola parteal nostro Santo. Non fu egli forse prevenuto, a dire così dalle grazie del Signore,fin dai primi anni della sua esistenza? Non ricevette egli da Lui, la preziosa corona della gloria? Come il Signore gli diede la vera vita! In cambio di pochi giornidi gloria terrena, dopo della quale, anche se principe di Ferrara, non si sarebbequasi più parlato dì Lui, il suo nome passa glorioso attraverso ai secoli ed è inbenedizione presso i posteri più lontani. Manco oggi, dopo quasi 700 anni i suoivoti sono vani, perché nel cielo la sua voce è vivamente sentita dal Signore, cheriversa sui suoi devoti torrenti di grazie (novembre 1916, p. 364). Il Vangelo.Anche nel Vangelo di questa Messa dobbiamo registrare diverse imperfezioni. Eprima di tutto ci si annunzia che il tratto proposto vien ricavato da S. Matteo,mentre invece il tratto è di S. Luca e precisamente dal versetto 16 al 20 inclusodel capo X. In S. Matteo, come presso gli altri Evangelisti, non abbiamo che undebole riscontro di quanto qui è detto. In secondo luogo poi essendo qui riferitoun tratto di discorso del Divin Maestro viene annunziato così. «In quel tempodisse Gesù ai suoi discepoli queste parole.» Formula quasi mai adoperata perchéquando non sì tratta di parabole non si dice generalmente: «disse Gesù questeparole, » ma solo «disse Gesù:» e si continua un discorso diretto. Ma veniamo al sacro testo, che presentiamo nella solita traduzione del Mar 46
tini (S. Luca cap. X, 16 - 20). «Chi ascolta voi, ascolta me: e chi voi disprezza,disprezza me. E chi disprezza me, colui disprezza, chi mi ha mandato. E i settantadue (discepoli) se ne ritornarono allegramente, dicendo: Signore anche idemoni sono a noi soggetti in virtù del tuo nome. Ed egli disse loro: Io vedeva Satana cadere dal cielo a guisa di folgore. Eccoche io vi ho dato potestà di cacciare i serpenti, e gli scorpioni e di superare tuttala forza del nemico: né cosa alcuna a voi nuocerà. Con tutto ciò non vogliate rallegrarvi, perché sieno voi soggetti gli spiriti: ma rallegratevi perché i vostri nomisono scritti in cielo». Il quale testo evangelico ci pare bene appropriato al nostro Santo, ricordandoi molteplici miracoli che, specialmente sugli spìriti maligni, si verificavano tra isuoi devoti per sua intercessione. Offertorio e Communio. Il primo è tratto dal Salmo 88 e suona così: « Ho trovato Davide mio servo:l’ho unto coll’olio mio santo, imperocch’è la mano mìa lo assisterà a far allo forteil mio braccio.» Il secondo è ricavato dal capo XXIV di S. Matteo dice : «Beato quel servo, cheil padrone venendo troverà vigilante. In verità vi dico che gli affiderà il governodi tutti i suoi beni». Abbiamo così data la completa traduzione dell’antica Messa del nostro caroPatrono, la quale se in un tutto non corrisponde alle sane regole liturgiche, pureha un altissimo valore storico perché dimostra quanto antico sia il culto a Lui quiprestato e quanta fiducia fosse riposta nel suo valido patrocinio. Questa Messa ora non si dice più. essendo stata sostutuita da un’altra che sidice il 16 d’Aprile in tutta la nostra Diocesi. Questa è con qualche leggera variante la Messa dei Confessori non Pontefici detta comunemente Messa: Iustusut palma dalle prime parole dell’Introito. Ha comune con questa Messa l’Introito, gli Oremus, il Graduale, l’Offertorio ed il Communio, Varia nell’Epistola. Invece dì avere quella comune di questa Messa, ai Corinti,ha quella posta infine della stessa Messa, indirizzata da S. Paolo ai Filippesi, e hal’Evangelo proprio della Messa degli Abbati. Queste due variazioni sono state introdotte molto sapientemente perché ricordano l’abbandono completo delle persone più care, delle cose e delle gioie mondane, fatto dal nostro Santo per seguire unicamente il suo diletto Gesù, dal quale,come dice il Vangelo stesso, egli ebbe certamente il cento per uno e la gloria dellavita eterna. Ci aiuti il nostro Patrono, nel quale riponiamo ogni nostra fiducia, a sostenere qualche sacrificio pel Signore sicuri di ritrovare un largo premio nel cielo (dicembre 1916, p. 373). *** *** 47
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tav. 1. Frontespizio del Codice Vita Beati Contardi del Crosnis (1376). Broni, Biblioteca della Collegiata S. Pietro.tav. 2 Brani dal Codice Vita Beati Contardi del Crosnis (1376) - Broni Biblio-teca della Collegata S. Pietro: I° - Particolare della data del testo. II° - Particolare della pagina ove si riscontra l’unica parola abrasa eriscritta con la parola “parentes”. III° - Particolare della data della morte di Contardo. 49
ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo I ritratti di Contardo e Beatrice e Beatrice IIIoooooooooooooooooooooooooooooooooooooo 50
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